
Regia – Joseph Winter, Vanessa Winter (2022)
Il Day 14 della challenge recita semplicemente Michael Myers. Io andrò a vedere Halloween Ends stasera, ma ho comunque rivisto Halloween 2018 e Kills per preparami all’evento, quindi ho fatto una scorpacciata di Michael Myers che levati proprio. Faremo un post dedicato a Ends o alla fine della challenge, proprio il 31, oppure quando arriveremo alla categoria slasher, da qualche parte la prossima settimana, ancora non so come muovermi, non ho un programma preciso e sto, come al solito, improvvisando. Ma di Michael Myers ne riparleremo. Che Halloween sarebbe senza, altriment?
Per il Day 15 il tema richiesto è “Mostly Ghostly”; ora, di ghost story è piena la storia del cinema horror, ma io avevo la necessità (a novembre capirete perché. La challenge mi impedisce di scriverne adesso) di qualcosa di leggero, breve, che mi facesse ridere.
Deadstream si è rivelato il film giusto al momento giusto, proprio quello che mi serviva e, al di là della questione personale legata al mio umore, è senza troppi rivali l’horror più scemo e divertente dell’anno.
Deadstream ha debuttato al SXSW la scorsa estate e, come ormai capita a tantissimi horror indipendenti, è stato acquisito da Shudder che lo ha distribuito in questi giorni. Ne avevo sentito parlare in uno degli innumerevoli podcast horror che seguo e di sicuro Mary Beth McAndrews ne ha parlato da qualche parte in toni entusiastici, da grande appassionata di found footage qual è.
Alla stessa maniera di Glorious, Deadstream si concentra in un’unica location e su un solo personaggio alle prese con eventi al di là dell’umana comprensione. Solo che, in questo caso, il nostro protagonista se l’è proprio andata a cercare.
Shawn, interpretato dallo stesso Joseph Winter, è uno youtuber caduto in disgrazia dopo una serie di video decisamente inappropriati, che gli sono costati tutti gli sponsor e anche un’esclusione dai canali di live stream. Il suo stile era sempre stato quello di organizzare dei grotteschi stunt con la scusa di “affrontare le sue peggiori paure”, ma aveva finito per fare del male a qualcuno e per fare incazzare un sacco di gente. Terrorizzato dalla perdita di followers e, soprattutto, dalla demonetizzazione, decide di mettere in piedi un ritorno sulle scene in grande stile: passerà la notte in una vera casa infestata e in diretta, garantendo ai propri fan la sua permanenza qualunque cosa accada. Ha infatti un accordo con il suo sponsor secondo il quale, se Shawn dovesse abbandonare la casa o non andare a investigare un qualsiasi fenomeno paranormale si verifichi durante la sua permanenza, non riceverebbe alcun compenso.
Deadstream è la storia della notte passata da Shawn in questa sinistra magione abbandonata a partire dagli anni ’50, infestata, pare, da diverse entità.
Found footage, dicevamo: ormai è una definizione di comodo, perché Deadstream tecnicamente non lo è. Gioca con il genere in diversi momenti, ma se si vuole essere pignoli, andrebbe etichettato come live stream horror, perché ciò che caratterizza il film è proprio il fatto di svolgersi in diretta, con la partecipazione dei followers, la lettura dei loro commenti, l’invio di alcuni video in supporto a Shawn. È ovvio che il filone che per pura tassonomia continuiamo a chiamare found footage, ha subito un’evoluzione importante dai primi 2000 e si stia trasformando in una creatura differente da quella che abbiamo imparato a conoscere da Blair Witch Project in giù.
È molto interessante che Shawn, più volte nel corso della sua diretta, dica agli spettatori di volergli far vivere “the most cinematic experience”, perché in effetti lui ha a disposizione gli strumenti tecnologici più avanzati nel suo campo: una telecamera fissa montata in testa per le riprese in soggettiva, più un’altra fissa attaccata al petto per riprendere sempre il suo volto, un braccialetto che, con un movimento del polso, effettua un rapido passaggio da un punto di vista all’altro, così da simulare un vero e proprio montaggio in diretta; in più, monta in giro per la casa una serie di telecamere che comanda da un tablet; ha anche diversi altri giocattolini e, per concludere, il delizioso tocco vintage di un registratore con tanto di audiocassetta che riproduce una colonna sonora horror da lui composta.
Insomma, Deadstream ha una grammatica diversa rispetto al found footage classico e credo che ne diventerà presto il linguaggio standard. Una messa in scena molto elaborata e molto costruita che si avvale di diverse prospettive e riporta, in un certo senso, il genere nell’alveo del cinema più classico.
Il paragone con un altro film molto recente, Dashcam, viene spontaneo non soltanto perché si tratta di live stream horror in entrambi i casi (anche se Dashcam è esteticamente molto meno sofisticato), ma perché i protagonisti dei due film condividono alcuni tratti caratteriali. Certo, Shawn è molto più simpatico di Annie Hardy ed è soprattutto un personaggio di fantasia, non un vero essere umano orribile sguinzagliato per il mondo. E tuttavia, alcune cose in comune ce le hanno, tipo quella di non prendersi mai la vera responsabilità delle proprie azioni o di non avere percezione dei propri privilegi o ancora di presentarsi ai propri follwers come le vittime e mai come i carnefici. Entrambi, in fin dei conti, vengono puniti per le loro arroganza e superficialità e passati al tritacarne dai registi. Per quanto riguarda Deadstream, non esistono tuttavia tratti di ambiguità su Shawn: il ragazzo è un coglione per il quale dopo un po’ si comincia a provare un certo attaccamento, dovuto in particolare a quanto è spaventato e a quanto è facile identificarsi con una persona che si sta cagando sotto in quel modo.
Deadstream è un film pieno di trovate esilaranti, ma credo che gran parte della sua efficacia risieda nel fatto che comunque riesce lo stesso a fare paura. Certo, il tono è leggero, la natura dell’infestazione, una volta palesata, assume una forma molto simile a Evil Dead, quindi caotica, casinista, dispettosa, folle e ridanciana. Però i due Winter dietro la macchina da presa non si prendono gioco dell’horror soprannaturale, che è affrontato con estrema serietà; lo scherzo è tutto ai danni del protagonista, ed è uno scherzo davvero crudele e ben riuscito, come si evince dal magnifico finale.
Deadstream è la visione perfetta per una notte di Halloween o per una maratona nel mese della spooky season. È un giro su una giostra dell’orrore che vi farà ridere, vi spaventerà, vi disgusterà e vi lascerà a bocca aperta per una novantina di minuti scarsa. Sono sempre più convinta che il genere abbia un disperato bisogno di film così.
Sembra imperdibile questo Deadstream!
Per il day 14 racconto un aneddoto. Io ho visto Halloween a 30 anni (sì, lo so…) pur leggendo Zio Tibia e Dylan Dog fin da molto piccolo. Anche se ho sempre amato l’horror (quello che riuscivo a intercettare) fin da ragazzino, in epoca pre-rete c’erano dei titoli che non mi attraevano: Halloween era uno di questi (ma anche Nightmare e Venerdì 13 eh: senza vergogna, proprio). Quando l’ho finalmente visto mi ha colpito molto (e mi ha colpito molto anche rispetto all’immagine che mi ero fatto passando da Scream – dove, credo, viene volutamente “superficializzato”), mi ha spaventato ed emozionato. Se lo avessi visto da ragazzino (con l’abitudine a Vermoni preistorici, armate di scheletri, mostri vari, vampiri, auto assassine…) non l’avrei capito probabilmente e mi sarebbe sembrato… vuoto? Benché Michael fosse un mito assoluto (meno di Freddy o Jason, comunque, almeno da noi) e nel film sia una presenza potentissima, l’immagine che mi è rimasta più impressa è il pianto di Laurie alla fine del film. In quel momento mi è parso come se umanamente avesse compreso qualcosa di tremendo che rompeva traumaticamente e irreversibilmente un equilibrio protetto: la presenza del male e della morte, del lutto. In quel finale senza sollievo ho provato spavento, empatia e pena allo stesso tempo. Ecco, per me Halloween è in quel viso stravolto, più che nella maschera di Myers.
Ognuno ha il suo rapporto con le storie.
Per il Mostly Ghostly, cito un film piccolo piccolo che mi ha colpito per il suo mix di tenerezza e tristezza insieme (infatti sono ancora sottosopra): The Witch in the Window (2018). E siccome dopo avevo bisogno di un po’ di zucchero (baby), mi sono dovuto andare a rivedere, sempre in tema fantasmi, Harry Belafonte che “possiede” i commensali in Beetlejuice: ecco, ora va meglio:-)
Besos
Che figo!
Praricamente è La Casa con molto nastro adesivo! 😉
E molto moderno, a suo modo.
Vero? Una cosa piccola, ma adorabile.