
Regia – Paul Andrew Williams (2021)
Succede più o meno ogni anno che sbuchi un film dal nulla e, senza il clamore che circonda altre produzioni, si ritagli il suo posticino nel cuore di chi è stato così fortunato da scovarlo nel mare di proposte e posarvi gli occhi sopra.
Questo 2022, almeno fino a ora, e lo abbiamo anche già detto, si sta rivelando un po’ fiacco. Ci sono delle cose meravigliose, al solito, e i film più attesi ancora devono uscire o sono usciti ma qui non sono ancora arrivati (X, sto parlando con te), eppure sembra che il genere sia un po’ in confusione. Cosa facciamo quando ci sentiamo confusi e non sappiamo a chi rivolgerci?
Esatto, cerchiamo un film inglese, possibilmente di un regista affidabile e con attori che, lo sappiamo, è difficile prendano cantonate. Abbiamo quindi Williams, che ha diretto almeno un paio di ottimi film di genere (Cherry Tree Lane e London to Brighton su tutti), e davanti alla macchina da presa c’è il signor Neil Maskell, che molti di voi ricorderanno per Kill List.
Maskell interpreta il personaggio che dà il titolo al film, Bull appunto, un avanzo di galera che lavora per un piccolo boss della malavita locale. È sposato con la figlia del suddetto boss e ha un figlio a cui vuole molto bene, passa le sue giornate tra un’estorsione e una minaccia e alla fine gli gira anche abbastanza bene, fino a quando non succede qualcosa di molto grave e sparisce dalla circolazione per qualche anno. I suoi ex compari gli giocano un brutto tiro, il suocero gli toglie il figlio, ma Bull ritorna, incazzato come non mai e pronto a vendicarsi di tutti quelli che gli hanno fatto dei torti.
A leggerla così, sembra la trama di un tipico revenge movie con metodo, e in effetti la struttura narrativa di Bull è più o meno quella, ma non lasciatevi ingannare, perché questo è un film dell’orrore tra i più atroci, nichilisti e tetri mai realizzati. Il motivo per cui è un horror non ve lo posso dire, perché è materia di spoiler, quindi dovete fidarvi di me a scatola chiusa, ma vi posso assicurare che arriverete in coda al film con i brividi.
Bull rientra nella nobile tradizione dei neo-noir britannici brutti sporchi e cattivi. Non so se avete presente Dead Man Shoes o la filmografia di Shane Meadows in blocco. Ecco, una cosa di quel tipo, ma che vira in maniera decisa nei territori del cinema soprannaturale e addirittura demoniaco, assumendo l’identità di una belva selvaggia e ferocissima che ti azzanna alla gola e non molla un secondo la presa. Per compiere questa operazione, Williams, anche sceneggiatore, adotta uno stile narrativo non lineare, con frequente ricorso a flashback e flashforward, così da farci scoprire gradualmente cosa è successo a Bull, perché è così inviperito e spogliato da qualunque forma di umana pietà, tanto da non fare distinzioni tra colpevoli e innocenti, coinvolti e spettatori, amici e nemici. Il nostro protagonista è una macchina per uccidere e mutilare in maniera indiscriminata, che ha come unico scopo quello di ritrovare suo figlio e farla pagare a chi glielo ha sottratto, a prescindere dal ruolo ricoperto ai tempi del fattaccio.
Di conseguenza, Bull diventa una sorta di uomo nero in agguato nei vicoli di questa provincia britannica il cui desolato squallore è ormai quasi un marchio registrato; diventa la nemesi ultraterrena di un gruppo di criminali piccoli piccoli, così anonimi e insignificanti che la loro morte passa inosservata anche quando avviene in mezzo a una folla di gente; diventa il mostro che arriva a rinfacciarti i tuoi peccati, la tua coscienza lurida e agonizzante. Bull, nella sua ferocissima scalata al vertice della catena di potere, assume dei connotati che sono quasi diabolici: non puoi sfuggirgli, ti trova ovunque, non esiste un rifugio abbastanza sicuro o un nascondiglio abbastanza remoto. Come i mostri di Stephen King, Bull alla fine ti prende, e la morte è quando i mostri ti prendono.
La violenza allucinante del film è quindi un necessario corollario alla vicenda raccontata. Non c’è alcun compiacimento nel mostrarla e gran parte delle sequenze più forti basano il loro impatto soprattutto su un calibrato uso del fuori campo. A volte, ciò che Bull fa alle proprie vittime è talmente orrendo che non lo si può mostrare.
Anche per tutti questi dettagli, Bull appartiene più all’horror che ad altri generi cinematografici. O meglio, usa gli altri generi cinematografici come un travestimento, ma la sua anima è quella di orrore puro e sfrenato. Il paesaggio in cui questa storia di vendetta si svolge è, già da solo, un paesaggio da incubo, un non luogo fatto di piccoli luna park che sorgono in mezzo al niente, interni in cui predominano i toni dei beige e del marroncino sbiadito, tanto per mettere un po’ di sana allegria, agglomerati urbani che somigliano a città fantasma, pub deserti e fetidi e via così. È un disfacimento estetico e ambientale che fa da perfetto contraltare a quello etico dei personaggi, operai del crimine ai quali non resta neppure più un codice atto a romanticizzarli quel minimo sindacale per cercare la simpatia dello spettatore. E lo stesso Bull non è estraneo a questo degrado, anzi, ne è in un certo senso il demiurgo, quello che lo porta a compimento.
Ci vuole stomaco per attraversare indenni il film, e non perché si veda chissà che, ma perché è una storia che, per come Williams l’ha concepita e messa in scena, ti mette dritto di fronte al concetto di ineluttabile, ti fa fare i conti con la tua mortalità e, in un certo senso, ti mostra cosa vuol dire ritrovarsi a fissare il vuoto assoluto che ci attende, prima di andarcene per sempre. Ti mostra cosa vuol dire essere quel vuoto e agire tenuto insieme da quel vuoto. Non è quindi un’esperienza piacevole, soprattutto nel momento in cui il suo regista procede senza alcun limite o freno inibitorio e arriva agli ultimi istanti di film con un carico di rabbia e dolore che per non accusarli bisogna essere fatti d’acciaio.
Io, che d’acciaio non sono, ne sono uscita un po’ malconcia, ma lo stesso felicissima di aver scoperto questo viscido gioiello quasi per caso. Se siete in vena di una storia sporca e violenta, fateci un pensierino.
Adesso mi hai veramente incuriosito. Voglio sapere perché è anche un horror e ammetto che il mood in cui viene narrata la storia mi affascina. Grazie del consiglio.
Segnato, parto alla ricerca.
Ps: X è in giro e secondo me è bellissimo.
Eh, lo so che è in giro, figurati. Ma aspetto che esca in sala, perché so che lo hanno acquistato per distribuirlo in Italia, e non voglio vederlo la prima volta sul piccolo schermo.
Questo film mi ha demolito. Ma proprio mi pesta dove mi fa piu male.
Quindi grazie per la segnalazione, me lo sarei sicuramente perso.
Così, a pelle, sotto la patina del neo-noir riesce a darmi l’impressione di essere una sorta di feroce versione britannica (e, ovviamente, del tutto agli antipodi rispetto allo stile Marvel) di Ghost Rider, dove al posto di un Johnny Blaze abbiamo Bull, appunto. O, ancora, uno Spawn con Bull al posto di Al Simmons…