
Regia – Jamie Blanks (2001)
Il miglior slasher dell’era post Scream ha compiuto 20 anni nel 2021, ma noi avevamo un altro slasher ambientato a San Valentino da festeggiare all’epoca e quindi, povero Valentine, è stato scavalcato. Non è mai, tuttavia, il momento sbagliato per parlare del secondo film di Jamie Blanks (il primo era Urban Legend, non so se rendo), ed eccoci qua, proprio il giorno degli innamorati, a dargli la propulsione che merita. Anche perché, da quando è arrivato su Shudder qualche mese fa, insieme a un altro film su cui, prima o poi, dovremmo dire due paroline, finalmente la community di appassionati di horror si è accorta di che bomba sia e se ne sta facendo un gran parlare, sottolineando soprattutto due aspetti fondamentali del film: la sua ambiguità e il suo essere l’ultimo della sua specie. Ma andiamo con ordine.
Valentine comincia con un prologo, ambientato alla fine degli anni ’80, in cui un gruppo di amiche, al ballo delle scuole medie, fa passare un brutto quarto d’ora al un compagno di scuola, lo sfigatissimo (e un po’ sinistro) Jeremy Melton. Non solo lo prendono in giro, ma una delle ragazze lo accusa anche di averla aggredita. Passano dodici anni e un assassino con una maschera di cupido comincia a fare fuori una a una le amiche diventate ormai adulte.
Tantissime volte abbiamo già incontrato questa struttura narrativa: lo scherzo andato malissimo che ha ripercussioni letali anche a distanza di decenni, la vendetta dell’emarginato e il tributo di sangue pagato dai personaggi femminili che scontano la pena di essere state troppo popolari ai tempi della scuola. Non racconta nulla di nuovo Valentine, ma lo fa da un punto di vista abbastanza inconsueto.
Abbiamo detto che è l’ultimo della sua specie, l’ultimo in ordine cronologico degli slasher tutti divertimento e lucine colorate nati sulla scia di Scream, quelli basati sull’idea che ammazzare un sacco di bellissimi adolescenti o ventenni non sia poi nulla di particolarmente serio. Film leggerissimi, con cast composti da giovani astri nascenti del cinema per ragazzi o della tv, di solito uccisi fuori campo e senza un vero accanimento atto a distruggere quei corpi perfetti. Poi arriva il 2001 e, come abbiamo visto nella nostra rassegna dedicata ai remake, cambia davvero tutto. Non fatevi ingannare dall’anno di distribuzione di Valentine: il film esce a febbraio e, per l’ondata di horror cupi, nichilisti e ultra violenti, dobbiamo attendere almeno il settembre dello stesso anno. Sappiamo tutti cosa è accaduto. C’è un terremoto di mentalità e un radicale e repentino cambio di prospettiva, e il risultato che è il cast di giovani astri nascenti rimane più o meno invariato, ma quello che viene fatto ai loro corpi diventa molto più esplicito. Questo sintetizzando al massimo.
Il cast di Valentine è così fine anni ’90 e inizio 2000 che difficilmente se ne potrebbe assemblare uno più perfetto: Denise Richards al massimo del suo splendore, Marley Shelton, Jessica Cauffiel, David Boreanaz. C’è persino una Katherine Heigl prima di Grey’s Anatomy in piccolo ruolo (e già fa il medico). Forse una potenza di fuoco simile c’era soltanto di So Cosa Hai Fatto. L’estetica del film è quella patinata e pulitissima tipica delle produzioni dei grandi studios: costa 29 milioni di dollari e sono soldi della Warner. All’epoca, quasi tutte le major cercavano il proprio Scream, quasi nessuna è riuscita a trovarlo. Il pubblico a cui ci si rivolge è, ovviamente, molto giovane (io l’ho visto in sala, ebbene sì), ma non così giovane da non classificare il film con una bella R, il che è abbastanza singolare, se si pensa che, dopo il ’99, la violenza in parecchi slasher veniva edulcorata dalle stesse case di produzione che non volevano guai con la censura.
Ma Valentine non è restricted perché troppo violento: quello che da noi sarebbe un divieto ai minori di 14 anni è derivato soprattutto dal linguaggio usato dai personaggi, che dicono un fuck ogni tre parole, e dal fatto che le protagoniste hanno quasi tutte una vita sessuale abbastanza vivace, anche se poco fortunata perché gli uomini, in questo film, sono giganteschi sacchi di spazzatura con gambe e braccia. Ed ecco che arriva l’ambiguità di Valentine, uno slasher popolato da donne che vorrebbero vivere in santa pace ma sono perseguitate da quello che oggi si definirebbe un incel e incontrano sul loro cammino alcuni tra i più squallidi e abietti esemplari di genere maschile mai apparsi sullo schermo. Non è un caso se a Denise Richards tocca attraversare l’intero film difendendosi da aggressioni di varia natura e umiliando ogni singolo maschio con cui condivide la scena.
Se in teoria Valentine è molto chiaro nel non voler colpevolizzare i personaggi femminili per il semplice fatto di esistere e di muoversi in un paesaggio che, per loro, è costellato da ostacoli di varia natura e da predatori nascosti a ogni angolo, in pratica le punisce perché fa vincere l’assassino, ribadendo il vecchio adagio per cui sì, va bene, ammazzarle una a una per non aver voluto ballare con te alle medie non è poi questa dimostrazione di sanità mentale e di maturità, ma loro se la sono pure andata a cercare.
Anche in questo Valentine è figlio dei suoi tempi, e anche in questo si nota come Scream sia un gigante rispetto a tutti i suoi epigoni, che non sono mai stati in grado di comprendere la portata eversiva del personaggio di Sidney, ma si sono limitati ad applicare le regole di Randy. Per inciso, io ce lo vedo pure Randy con la maschera da Cupido che va in giro a uccidere donne, ma forse esagero un tantino.
Eppure, con tutta la sua goffaggine nel maneggiare certi argomenti, Valentine è un film che, se non altro, si pone il problema del posto che hanno sempre occupato i personaggi femminili nello slasher, un posto scomodo, il più delle volte. Nel farlo lo perpetua anche, ma allo stesso tempo, giocando sull’esasperazione quasi parodistica dei cliché dello slasher derivato da Scream, mette in scena delle dinamiche che li assecondano e li disinnescano, perché Blanks, che purtroppo ha smesso di dirigere ed è tornato a fare il compositore a tempo pieno, conosce la materia a fondo e sa di muoversi in un recinto da cui, all’epoca, era quasi impossibile uscire, ma indovina anche le maglie più allentate nelle rete metallica che chiudeva lo slasher all’interno dei suoi stereotipi e, ancora, delle sue “regole”. L’errore più come dei film realizzati per lucrare sull’eredità di Scream è stata proprio la ricezione superficiale del lavoro di Craven. Valentine, tra tutti gli altri, è lo slasher che dichiara apertamente di essere consapevole di questo errore, ma che non si può fare a meno di compierlo. O meglio, non si poteva vent’anni fa e non si è potuto per almeno altri vent’anni.
Quindi, se volete sollazzarvi con un bel doppio spettacolo per San Valentino, il mio consiglio è di cominciare con My Bloody Valentine (quello del 1981) e poi passare a questo, senza curarvi punto del remake del 2009. Poi fate voi.
Lo avevi già citato in un altro post qualche tempo fa e sono andato al recupero allora; l’ho trovato interessante per la prospettiva ed elegante, ma anche un pò scombiccherato. Ti copio quanto scrissi:
“Partendo da uno spunto tipicamente 80ies (Prom Night, Class Reunion e affini) Jamie Blanks orchestra uno slasher visivamente competente ma macchinoso e privo di brillantezza.
Il cast femminile discreto, almeno due personaggi (Paige, donna sexy ma non spregiudicata o superficiale, e Dorothy, ricchissima ma insicura, infelice e dilaniata dai sensi di colpa e di inferiorità) ben tratteggiati e qualche scena riuscita o financo sorprendente (le preferite del sottoscritto: la rencontre appartata di Paige con il tizio conosciuto durante lo speed dating e il di poco successivo bagno caldo della ragazza con finale a sorpresa) non bastano ad animare una pellicola non troppo avvincente, un po’ ripetitiva e piagata da uno degli espedienti – il sanguinamento dal naso – più pigri e infantili del cinema horror del ventunesimo secolo.”
A me l’espediente del naso che sanguina invece è sempre piaciuto molto, perché è esclusivamente visivo e ti riaggancia all’assassino senza spiegare niente. Lo trovo molto funzionale soprattutto sull’ultima scena. Al contrario, non mi piace per niente come finisce il film, ecco.
Interessante, nn sono riuscito a vedere nessuno dei due ma ho visto il minatore pazzo remake ed era carino e creepy, ma ero piccolo.
Li devo recuperare entrambi.
Invece nn ti consiglio di parlare di incel, non fai altro che dar loro ragione 🙃
Non ne ho un ricordo brutto, e neanche di Cherry’s Fall. Dovrei rivederli. Forse non erano proprio capolavori, ma c’era sempre qualche aspetto interessante, qualche ottima idea (cose che magari son state riprese in seguito, migliorate, attualizzate…). Mi ricordo che da Scream in poi cercavo di non perdermi mai uno slasher (spesso con soddisfazione), anche se Craven rimaneva il più figo. Oggi con la rete possiamo beccare anche le “piccole” opere, ma chissà se all’epoca c’erano dei piccoli film che comunque mantenevano in vita lo slasher con cognizione di causa e che però era difficile intercettare (come, boh… “Cut” o “Ripper-letters from Hell”).
Comunque, visto che da quanto ho capito le prossime saranno settimane un po’ avare di nuovi film, ne segnalo qualcuno che che ho apprezzato nei mesi scorsi (alcuni sono – anche – slasher), per condividere con voi (questo è l’unico spazio dedicato all’horror che seguo): “Kimi”, “Fear of rain”, “School Spirit”, “Assimilate”, “Knife and skin”, “Dead body”, “Down a dark hall”, “The sisterhood of night”, “Alena”. Più il mio personale (e solitario) amore “My soul to take” e un film che mi ha preso a pugni ed emozionato tantissimo (rispetto alle mie aspettative): “Assassinio su commissione” (Murder by Decree) di Bob Clark. Besos!