Eco-Horror: Prophecy

Regia – John Frankenheimer (1979)

Amo questo film di quell’amore assoluto e incondizionato che è tipico dei sentimenti proibiti e considerati sbagliati dal resto del mondo. E quindi è pure un amore molto ostinato, perché è dovuto passare attraverso una discreta quantità di prese per i fondelli di varia natura. Ma davvero ti piace quel film con l’orso mezzo spellato? 
E la mia risposta è sempre stata sì. Senza alcun dubbio sì. 
Intendiamoci, lo so anche io che Profezia non è un capolavoro e forse (ma non ne sono sicura) non lo si può neanche definire un buon film secondo un canone che pretende di essere oggettivo. Ha dei momenti risibili, dei tempi morti che levati, parecchi elementi che sembrano buttati lì e la sceneggiatura, o ciò che ne era rimasto, non ha alcuna intenzione di risolvere. Sono quindi consapevole dei suoi difetti e lo amo lo stesso. 

Profezia è, per usare un termine intraducibile che tuttavia andremo a spiegare, uno schlock inconsapevole; il suo regista, Frankenheimer, non proprio l’ultimo arrivato, gli attori, che sono tutti ottimi, lo sceneggiatore, David Seltzer, pluripremiato e con una certa esperienza in eco-horror, non avevano la più pallida idea di star realizzando uno schlock, perché in teoria lo schlock è un horror a basso costo con pessimi effetti speciali, recitazione approssimativa e sensazionalismo un tanto al chilo. Restando in un ambito più o meno eco (e con una storia in realtà molto simile a quella di Profezia), Humanoids from the Deep è un vero schlock. Profezia è un film serio, o meglio, ha l’ambizione di esserlo, e tutte le persone coinvolte lo stanno prendendo maledettamente sul serio. 

Sulla carta, ne hanno anche ben donde: Profezia racconta di un medico di Washington, il dottor Robert Verne, che viene spedito dal dipartimento della salute a fare da mediatore in una disputa tra nativi americani e proprietari di una fabbrica di carta da qualche parte in mezzo ai boschi del Maine. Ad accompagnarlo c’è sua moglie Maggie (Talia Shire), una violoncellista che ovviamente molla tutto per seguire il marito, perché si sa che noi donne non abbiamo un cazzo da fare anche se lo script ci concede di avere un lavoro diverso dal restare tutta la notte alzate a fare i biscotti. Ora, il problema di Maggie è che è incinta, ma non dice nulla a Robert perché il buon dottore è contrario all’idea di far nascere bambini in questo mondo di merda. Lungi dall’essere una semplice nota di colore caratteriale, lo stato di Maggie è molto importante, perché una volta lì, i nostri eroi scoprono che l’acqua del fiume è avvelenata dal mercurio, che la cartiera è responsabile dello scempio, e soprattutto, che l’avvelenamento causa mutazioni in chi beve l’acqua o si nutre del pesce ivi sguazzante. Maggie ha mangiato parecchi salmoni pescati da Robert. Immaginate la sua costernazione.

Cosa c’entra l’orso mezzo spellato? Si chiederà qualcuno a questo punto. C’entra perché il mercurio ha già fatto danni enormi nel momento in cui Maggie e Robert sono arrivati sul posto: ha fatto impazzire i procioni, ha contaminato i nativi che vivono nelle vicinanze del fiume e ne traggono sostentamento, ha creato dei veri e propri mostri. Secondo la leggenda, lo sfruttamento senza limiti della terra e delle sue risorse ha causato l’arrivo di Katahdin, lo spirito vendicativo della foresta, che ora se ne va in giro con un’elevata gradazione di incazzatura a fare fuori tutto ciò che si muove, senza distinguere tra colpevoli e innocenti. Che si tratti davvero di uno spirito o semplicemente di un animale mutato non fa molta differenza. Potrebbe anche darsi che Katahdin abbia posseduto il corpo della bestia e lo usi per vendicarsi dei torti subiti dalla natura. In qualunque modo si guardi alla creatura che aggredisce i protagonisti e fa passare loro una brutta nottata, Profezia è (o sarebbe) il più classico e tipico esempio di eco-horror anni ’70: la natura, abusata, si ribella assumendo connotati mostruosi, e a quel punto non conta più se si abbia contribuito personalmente al disastro. Ovvio che il direttore della fabbrica farà la fine peggiore, ma nessuno è al sicuro. Il solo fatto di appartenere alla specie umana ti rende colpevole in automatico. 

Come vedete, c’erano tutte le ragioni per prendere sul serio Profezia. Frankenheimer ci prova con ogni mezzo a dare un tono grave alla vicenda, soltanto che poi, quando si tratta di mettere in scena il primo vero attacco del mostro (quello del prologo del film è tutto fuori campo) il massimo che è in grado di fare è letteralmente fare esplodere un ragazzino dentro al suo sacco a pelo giallo (giuro!), e allora lo capite anche voi che diventa difficile non lasciarsi andare a una scomposta sghignazzata. Come se non bastasse, e questa è tutta responsabilità del povero Frankenheimer, la creatura non doveva avere l’aspetto di un orso che si è preso una bella ustione, ma doveva somigliare molto di più a quanto mostrato nella locandina. Poi il regista, per motivi ancora oggi imperscrutabili, prese un’altra strada, lasciando sulla locandina una promessa non mantenuta. Non solo: sempre Franknheimer, non a suo agio nell’horror, scelse di tagliare le parti più esplicite delle sequenze in cui finalmente arrivava il mostro a fare strage, e questi tagli, ve lo dico da addetta ai lavori, si sentono tanto, come se qualcuno fosse arrivato e avesse cominciato a prendere ad accettate il film, lasciandolo ridotto a brandelli. 

E allora, scusa, ma cosa ti piace di questo eco-cataclisma? La domanda è lecita, anche perché Profezia è pure un film che tracima di roba parecchio problematica, come Armand Assante nel ruolo del leader dei nativi o la solita storia del protagonista bianco che deve essere l’eroe quando non sarebbero neppure più di tanto cazzi suoi.
Però c’è Talia Shire, ma soprattutto c’è la strana relazione che si viene a creare tra il suo personaggio, una donna incinta “di nascosto” dal marito, quei luoghi deturpati (anche se in maniera invisibile) dall’avvelenamento da mercurio, e le creature, anch’esse mutate, che vi abitano. 
È impossibile non pensare, quando il nostro gruppetto di protagonisti trova due esemplari appena nati, due cuccioli dell’orso mostruoso con le stesse caratteristiche fisiche della madre, a Maggie e a quello che il suo corpo sta passando e al suo terrore, che alla fine è la cosa più interessante del film. 

Shire sembra inoltre l’unica ad avere la cognizione profonda di questo aspetto cardine di Profezia, che non viene poi tanto preso in considerazione e nessuno si dà neanche il disturbo di risolverlo nel finale, forse perché, una volta messo in campo, era troppo complesso maneggiarlo nella maniera corretta. Eppure il conflitto tra i due personaggi principali (Robert e Maggie) è proprio sull’idea stessa di mettere al mondo un nuovo essere vivente, e assume una sfumatura quasi da body horror nel momento in cui Maggie si rende conto che, avendo mangiato il salmone del fiume contaminato, probabilmente a suo figlio toccherà la stessa sorte delle creature trovate nel bosco. Ora, io ho sempre avuto una passione infinita per Talia Shire, ho sempre creduto fosse un’attrice capace di sottigliezze insospettabili, anche  in un film di questo tipo. Se ci si concentra su di lei e si lascia perdere l’andamento caotico del film, si percepisce con chiarezza la sua lacerazione interiore ed ecco che Profezia diventa la storia di una donna che condivide con la natura che la circonda lo stesso tipo di violazione, e il film assume tutta un’altra caratura: non è più un eco-horror come all’epoca se ne trovavano tanti, ma un eco-horror intimo e personale, oserei dire quasi antispecista, se vogliamo proprio portare questa interpretazione alle estreme conseguenze. 
Per questo, nonostante sia uno schlock, continuo ad amare e amerò per sempre Profezia, anche se alla fine nessuno, su quel set, sapeva cosa stava facendo davvero. 

8 commenti

  1. Non discuterò di certo con te Lucia che nutri del sincero affetto nei confronti di un film come “Prophecy”,perchè sarebbe scortese e poco rispettoso da parte mia! L’unica cosa che posso dire è che questo film ci ho provato più e più volte a visionarlo nel modo più naturale possibile,ma niente da fare,non sono mai riuscito a farmelo piacere e non mi si è mai tolta di dosso la fastidiosa sensazione di stare assistendo ad un beast-movie diretto da una persona che non amava il beast-movie,o peggio ancora non amava il cinema di genere in generale,per qui che lo dirigi a fare,diciamo il classico film che in mano ad una persona più consapevole del genere che trattava poteva venir fuori tanta roba!Molto bella la locandina del film(eeh si promesse non mantenute!) è tutta la parte dedicata al cucciolo deforme e i tormenti interiori di Talia Shire,ma purtoppo per tutto il resto per me è un enorme NO! Ma ripeto,per me non è affatto un problema che a te piaccia,in fondo tanti di noi hanno il loro personale film incasinatissimo,ma che nonostante tutto gli vogliamo un gran bene,eh se dicessi i miei mi metterebbero alla gogna pubblica!! Ciao Ciao!!.

  2. Ciò che io ho trovato sempre molto interessante, di questo film e del libro annesso, è che si tratta dell’ennedimo caso in cui i primi a occuparsi di un problema serio (i Nazisti, la sovrappopolazione, l’inquinamento da mercurio) siano non i film “seri”ma i film “popolari” (le commedie, la fantascienza, l’horor).
    Gli effetti dell’avvelenamento da mercurio (anche noti come Sindrome di Minamata) vennero riconosciuti in ambito scientifico nel ’56, in ambito legale nel ’73, e sei anni dopo Frankenheimer ci diede il suo orso mutante. Il film “serio” su Minamata è uscito, mi pare, l’anno scorso (ammesso che sia uscito, perché non ne ho più sentito nulla).

    1. Beh, ma lo diciamo sempre anche nel podcast: i filmacci arrivano sempre in anticipo sui film seri, forse perché sono argomenti che si ha paura di toccare, mentre quando fai il filmaccio del caso ci vai con la delicatezza di un carro armato.

      1. Il film di genere ti lascia una via d’uscita (“è solo una storia inventata”), ma se è fatto bene è una via d’uscita che non puoi prendere.

  3. Giuseppe · ·

    La tua chiave di lettura nobilita parecchio un eco-horror che, se esaminato nel suo complesso con severo occhio critico, infila delle serie di buone intenzioni mancate una dietro l’altra pur rimanendo vedibile, senz’altro: chiaramente Frankenheimer dà a vedere quanto il genere non sia materia sua e, stando così le cose, avrebbe fatto forse bene a privilegiare il lato umano e personale dando molto più risalto al tormentato personaggio di Talia Shire… Volendo rimanere dalle parti di un eco-horror meno intimo e più tradizionale, invece, arrivo a pensare che il William Girdler del Grizzly di qualche anno prima sarebbe stato un regista decisamente migliore.

  4. Alessandro 山Yama山 Cassanmagnago · ·

    Aspettavo questa puntata di Eco-Horror! Prophecy l’ho appena visto per la prima volta due mesi fa, conoscendo solo la bellissima locandina e le poche cose che avete accennato tu e Davide. Devo dire che mi ha colpito molto. Da l’idea di un film mutilato proprio come la sua sfortunata protagonista ursina. Ci sono temi interessantissimi: inquinamento, sovrappopolazione e condizioni abitative disumane, conflitti razziali ed economici, sfruttamento del territorio ecc. Peccato per il montaggio fatto con l’accetta, il mostro non riuscitissimo (ma affascinante, credo abbia ispirato più di un film, fumetto e videogioco successivi, tra cui Annientamento di Garland) e attori non nativi adattati in quei ruoli. Al netto di tutto questo capisco perfettamente il tuo affetto, una bel monster movie che con un po’ di cura in più poteva diventare un piccolo capolavoro. Magari potreste dedicarci una puntata del podcast!

    1. Credo che Davide piuttosto che rivedere Profezia si farebbe sparare a un piede, ma mai dire mai 😀

  5. Quando ero un ragazzino che andava alle elementari mi imbattei per caso nella novelizzazione del film a casa di mia nonna paterna. Come ci fosse arrivato lo ignoro totalmente, ma da quel momento presi a leggerlo con curiosità, soprattutto andando a cercare le parti più “intense”.
    Qualche anno dopo mi imbattei ancora casualmente in un passaggio televisivo che prontamente registrai… devo dire che nonostante tutti i difetti già elencati rimasi un po’ impressionato dalla scena del sacco a pelo. Nonostante tutto con me aveva funzionato :-p

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