Warm Bodies

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Regia – Jonathan Levine (2013)

È una vera seccatura quando bisogna fare pubblica ammenda per aver sparato a zero su un prodotto ancora prima di vederlo. Quindi, a scanso di equivoci, lo dico subito: Warm Bodies mi è piaciuto. Nonostante non racconti nulla di nuovo e sia, più o meno, la solita favoletta sull’amore tra due mondi diversi che abbatte le barriere e i pregiudizi, tratta l’argomento con ironia e delicatezza. Ed evita la trappola del banale sentimentalismo, preferendo i toni della commedia a quelli del drammone adolescenziale. Il tutto con gli zombie, che si chiamano zombie, che camminano in un universo cinematografico in cui Romero è esistito (più Fulci di Romero, in realtà) e dove, quando vedi un morto in putrefazione tornato dalla tomba, sai che devi sparargli alla testa perché ci sono centinaia e centinaia di film in cui è così che gli zombie si eliminano. Già questo è un passo avanti rispetto a molte produzioni analoghe contemporanee. Una a caso, The Walking Dead, in cui pare che nessuno, nell’anno del Signore 2013, abbia mai sentito parlare di zio George e dei suoi cadaveri straccioni.

Non ho mai letto il romanzo da cui Warm Bodies è tratto. L’idea di una love story tra uno zombie e una ragazza viva e vegeta mi ha sempre fatto storcere il naso. E anche in questo film, qualche piccolo problema di sospensione dell’incredulità c’è. Lo zombie protagonista ha il bel faccino di Nicolas Hoult, truccato in maniera tale da risultare sì pallido, sì vagamente decomposto, ma mai troppo repellente. Sono esigenze narrative giustificabili, su cui non è neanche il caso di discutere troppo. Come nella serie televisiva In the Flesh, lo zombie non è lì per suscitare orrore o raccapriccio, ma un altro tipo di reazioni nello spettatore.
È anche vero che In the Flesh ha tutt’altre ambizioni e tutt’altro spessore. Ma Warm Bodies, in maniera molto più superficiale, si occupa delle stesse tematiche e usa la stessa tipologia di personaggio: lo zombie autocosciente.

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Un’acquisizione della consapevolezza della propria condizione di cui, lo ripetiamo per la milionesima volta, aveva già parlato anche Romero, ma che è forse l’unico punto d’arrivo coerente di una figura che ha fatto, e continua a fare, la storia del cinema.
Che avvenga per un processo quasi di presa di coscienza di “classe”, come ne La Terra dei Morti Viventi, o come evoluzione spontanea (Fido), o grazie all’intervento della scienza (In The Flesh), si va a finire sempre lì: dopo averli combattuti, dopo averli distrutti, dopo averli giudicati nostri nemici e del tutto alieni a noi, dobbiamo venirci a patti e specchiarci in loro.
Ed è quello che accade anche in Warm Bodies. Solo che qui la rinascita dello zombie in quanto parte integrante dell’umanità avviene tramite l’amore. Ci sono modi peggiori per ritrovare se stessi, in fondo.

La storia tra R (il protagonista che del suo nome ricorda solo l’iniziale) e Julie (Teresa Palmer) è il fattore scatenante di una specie di rivoluzione collettiva, che risveglierà la memoria dei morti viventi, ne riporterà a galla le sensazioni legate a quando erano in vita e li spingerà fino a un cambiamento radicale nel loro rapporto con la controparte a cui ancora batte il cuore e che ancora respira.
Alla fine, si tratta sempre di accettazione del diverso che, quando lo conosci, non è così mostruoso come potrebbe sembrare.
Io sarò una sempliciotta, ma preferisco un milione di volte un messaggio del genere a quello, sottilmente reazionario, messo in scena da Twilight e cloni vari, in cui esseri potentissimi riducono praticamente a schiavette delle ragazzine adoranti e felici della loro sottomissione.
Nel personaggio di Julie, è possibile almeno trovare un modello di libertà e indipendenza di giudizio. Non è poco.

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A dirigere e scrivere Warm Bodies è stato chiamato Jonathan Levine. Operazione pericolosa, per lui e per il film. Levine è un regista di talento, con uno stile personale, un indipendente, insomma. Poteva essere schiacciato dalla sua prima esperienza con un progetto dalle forti connotazioni commerciali, o al contrario, poteva sbagliare completamente l’obiettivo, portando il prodotto all’insuccesso al botteghino. E invece è stato in grado di destreggiarsi alla perfezione, creando una commedia intelligente, leggera, per alcuni tratti addirittura commovente.
Sì. Io ho pianto come se avessi sei anni.
Levine descrive la nascita di una storia d’amore ad alto rischio farsa, mantenendosi sempre in equilibrio tra comicità e tenerezza. Lo sviluppo del sentimento tra i due è naturale e spontaneo, privo di qualsiasi forzatura ricattatoria. Non arrivano ad amarsi perché sì: R scopre che può ancora essere umano e ancora può provare un certo tipo di trasporto nei confronti di qualcuno; Julie, invece, supera il ribrezzo e il terrore iniziali per arrivare, solo dopo molto tempo e solo dopo che in R sono avvenuti una serie di cambiamenti fisici e comportamentali, a ricambiare un sentimento che ci viene presentato senza alcun tono cupo o disperato. Sono due giovani che si stanno innamorando. Il fatto che uno dei due sia morto è accidentale.

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Il merito della riuscita del film è tutto di Levine, della sua messa in scena da commedia sofisticata, nella gestione dei flashback e della voce fuori campo che, per una volta tanto, ci sta e non serve a piazzare spiegoni non richiesti, ma a esplorare l’interiorità di un personaggio, quello di R, che non ha ancora i mezzi per esprimersi, nell’uso molto elegante delle musiche di repertorio (altra caratteristica tipica del cinema di Levine) e, in generale, nella capacità di non eccedere mai, di non far deragliare il film, ma di dargli una direzione ben precisa e di restare coerente dall’inizio alla fine.

Non è un capolavoro, Warm Bodies. Ha i suoi difetti, che magari potrebbero infastidire parecchio qualcuno: la componente horror è del tutto azzerata, per esempio. E io avrei preferito che le venisse dato un po’ di spazio. Viene accantonato con troppa facilità il problema delle discutibili abitudini alimentari degli zombie, e anche il passaggio da massa di cadaveri antropofagi senza altro impulso se non la fame a individui socialmente accettabili è troppo repentino, quasi ingiustificato. Ma Levine aggira l’ostacolo girando una scena così bella e poetica che alla fine ci si passa anche sopra.
Per essere un film che ha un target ben preciso e che si inserisce nel bieco filone youg adult, il risultato è molto al di sopra delle aspettative. Soprattutto, è emozionante.
E io in questo periodo, ho bisogno di film emozionanti.

22 commenti

  1. a parte che peggio di twilight penso sia impossibile,ecco..ieri ho recensito la notte della cometa,descrivendola come una commedia dolceamara sul rapporto tra sorelle in un contesto di genere,mi sa che anche questo film va a parare da quelle parti.
    Dici che emoziona e va bene così’,ma sta parlando la spielberghiana o la spettatrice di in the flesh? scherzo!

    ps: mi hanno messo sulla chiavetta usb la serie Black Mirror,te o i tuoi gentili commentatori,avete mai visto codesta serie?Che ne pensate?E a proposito di zombi..quella serie francese ,si trova sottotitolata è come in the flesh?

    ultimo atto:siccome mi son sforzato tutto ieri..dimmi se ti piace questa recensione de la notte della cometa,che ci tengo al tuo giudizio,(vabbè se hai tempo,chiaramente)

    http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.it/2013/05/la-notte-della-cometa-di-thom-eberhardt.html

    1. Black Mirror è un gioiello inglese fatto con intelligenza e molto curato. Se dovessi pensare a un paragone mi vengono in mente le rivisitazioni fumettistiche di Alan Moore, fortemente consigliata sia la prima che la seconda serie.

      1. grazie!hai anche citato un nome che io adoro Moore,ok allora nei tristi pomeriggi domenicali mi metterò a vederla,penso che mi abbia registrato sia la prima che la seconda!
        grazie ancora,ciao

  2. neanche un lammerda piccolo piccolo? E pensare che fino ad ora l’ho accuratamente evitato ma ora credo che dovrò dargli una possibilità…poi saprotti dire!

  3. L’ultima frase che hai scritto mi fa pensare quasi che questa tua interpretazione “positiva_” del film sia quasi indotta dal tuo bisogno di trovare qualcosa di diverso in questo film. Sbaglio? Se si, scusa. Non l’ho ancora visto, ma ho ancora il sospetto che sia un twilight-clone a malapena mascherato da commedia.

  4. Insomma, c’è speranza sul pianeta Cinema?

  5. ohsantoiddiodelcielointuttalasuapotenzadellamadonnaicoronata… 😉
    Vuoi dire che adesso mi tocca di vederlo che l’ho evitato come la peste!?
    ok, ci sto. Se però rientra ne lammerda giuro che ti spammo il blog con un trattore concimatore XD

  6. Visto pure io e mi trovi sostanzialmente d’accordo: al di là dei difetti e senza la necessità di imbastire parate e spettacoli a base di fuochi d’artificio, l’ho trovato godibile. Però le lacrime non mi sono sgorgate, per quel che ricordo.

  7. Helldorado · ·

    Devo dire che il bluray di Fulci nel trailer mi aveva sorpreso moltissimo! Anche se reputavo il film una roba troppo assurda. Mo m’hai messo la curiosità 🙂

  8. Sono fortemente dubbioso ma vedrò il film in settimana eppoi esprimerò un giudizio. Ieri tutto sommato ho visto un film “leggero” come Iron Man 3 e l’ho trovato gradevole, credo che ogni tanto ci voglia per allentare la tensione.

  9. Da zombie-lover ho odiato come sono resi gli zombie, ma capisco che e’ utili ai fini della storia. Perche’ se gli facevano pure i pezzi mancanti o le parti putrefatte non se ne usciva piu’. Ho apprezzato il fatto che il film, al contrario di merdate come Twilight, non si prende sul serio e scherza molto sulle tematiche, invece di farne un nervo saldo. Divertente e godibile. Sinceramente ho visto l’argomento zombie usato in modo migliore (vedi In the Flesh), ma comunque carino.

  10. stavolta mi tocca dissentire!
    secondo me è un film che ha toppato in ogni dove e, pur accantonando l’horror che risulta non pervenuto anche se si parla di zombie, ho trovato scadenti anche commedia e romanticismo, che avrebbero dovuto sopperire a questa mancanza. dalla prima mi aspettavo un qualcosa di più, soprattutto visti i precedenti di levine, ma non c’ho trovato nulla di sofisticato né di divertente. il romanticismo invece mi sembrata la solita solfa, la classica variazione sul tema romeo e giulietta, solo che invece delle classi sociali (chessò, alla tre metri sopra il cielo) ci sono umani e zombie. tutto molto poco interessante e melenso. arrivare alla fine è stato faticosissimo.

  11. Io ho sempre pensato che potesse essere una buona idea, se gestita nella maniera giusta.
    Anche la mancanza dell’elemento horror conclamato è comprensibile e accettabile.

    Ricordo una compagna di scuola che odiò Ghostbusters perchè “copia da l’Esorcista e invece di far paura fa ridere.”
    Sì, io ho visto i primi sintomi della pandemia…

  12. Sono contento che tu riesca a commuoverti, è sempre una condizione assolutamente positiva. Il film francamente non mi attrae per nulla ma devo dire che i tentativi fatti in questi anni di mescolare comedy e figure classiche dell’horror mi hanno lasciato piuttosto freddo.

  13. Il film l’ ho evitato come la peste, mi aspettavo il peggio del peggio, ma leggendo questa recensione alla fine non sembra nemmeno male … mah boh forse una possibilità la darò… forse eh! 😉
    http://lovedlens.blogspot.it
    M.

  14. no,vabbè ha fatto mandy lane uno dei film più brutti che mi sia capitato di vedere..e anche gli altri mi par non brillino…mah…

    ps:chiedo venia so che mandy lane a te piace,ma cosa..cioè cosa hai visto di così carino in quella pellicola ?Magari è sfuggito a me,forse….

  15. Giuseppe · ·

    Devo dire che la tua recensione mi ha spiazzato, perché io l’avevo già inserito senza pietà nel novero dei film sacrificabili (young adult…regola fissa, un titolo/una sòla 😦 ).
    Da quello che hai scritto invece sembrerebbe quasi essere -fatte le debite proporzioni- una sorta di In The Flesh virato in misurata commedia romantica, praticamente un qualcosa che -volendo- dal filone young adult potrebbe anche chiamarsene fuori (e andrebbe tutto a suo vantaggio, ovvio)…

  16. Il film non l’ho ancora visto, ma ho letto (e recensito) il libro da cui è tratto. Non mi è dispiaciuto, anche se mi sembra che abbia più o meno tutti gli stessi difetti del film, compresi alcuni “buchi” di sceneggiatura, cose che si risolvono grazie alla “forza dell’ammore”.
    Il libro aveva anche alcuni spunti di rriflessione filosofica sparsi qua e là, che a volte stonavano un po’… Ma nel complesso non era male.

  17. Chiedo scusa, ma rispondo in generale a tutti perché ho avuto giornate un po’ infernali e non ho fatto in tempo a rispondere a tutti i commenti uno a uno.
    In realtà non ho guardato il film sperando che fosse diverso. Io l’ho guardato con l’intenzione di triturarlo. Ho iniziato a vederlo che già lo odiavo.
    però, come dice anche Davide da qualche parte qui nei commenti, l’idea in sé, se trattata in un certo modo, potrebbe essere interessante.
    A me è parso che Levine sia riuscito a conciliare l’esigenza di fare un grosso incasso con la love story e di suscitare qualche riflessione non banale.
    Il film è una commedia romantica, non è un horror. La cosa può infastidire. E io ho sentito la mancanza del fattore horror. Ma, nel contesto della storia, forse non era neanche necessario.

  18. La verità è che sei diventata troppo buona, t’hanno edulcorata drogandoti il caffè quotidianamente, confessalo 🙂 😉
    Per rimediare la prossima recensione dovrà essere un “lammmerda” obbligatoriamente 😉

    PS: Mandy Lane è un signor film.. 😉

    1. Sì, perdo colpi e divento pucciosa 😀
      E Mandy Lane è un grandissimo slasher

  19. […] nel genere horror young adult/paranormal romance, è un discreto film. Ringrazio Lucia Patrizi per avermi messo la pulce nell’orecchio, viceversa non credo che lo avrei visto, nemmeno tra un trilione di […]

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