Cinema degli Abissi: L’Avventura del Poseidon

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Regia – Ronald Neame (1972)

Oggi, pare che il film catastrofico se lo sia inventato Emmerich, perché il pubblico ha la memoria corta. In realtà i più grandicelli ricorderanno che il sottogenere ha avuto una sua bellissima età dell’oro nel corso degli anni ’70.  In una periodizzazione un po’ facilona e approssimativa, il periodo comincia con il primo Airport e si conclude con The Swarm e Meteor (questo sempre di Neame).
Quando ero bambina i film a base di disastri naturali e umani passavano in tv in continuazione. Io ero fissata con Airport ’77, quello dell’areo in fondo al mare (ma guarda un po’).
Poi, una sera, facendo zapping col mio papà, incappo in questo Poseidon. E, tanto per cambiare, fu amore. Se avessi un euro per tutte le volte in cui mi sono innamorata di un film credo che sarei miliardaria.
Ma, a mia discolpa, posso dire che è difficile non prendersi una cotta micidiale per L’Avventura del Poseidon, soprattutto se si è una ragazzina impressionabile e avida di film con aerei che si schiantano e navi che affondano. 

Il Poseidon è una nave da crociera che sta compiendo il suo ultimo viaggio prima di essere rottamata. Nella notte di capodanno, un’onda gigantesca la investe e la fa capovolgere a testa in giù. Un gruppetto di superstiti, guidato dal prete ribelle Scott (Gene Hackman), risale lungo lo scafo per arrivare alla sala macchine e alla zona di alloggiamento delle eliche, dove l’acciaio è più sottile e dove è probabile che i soccorsi in arrivo riescano a liberarli.

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Come moltissimi disaster movie del periodo, L’Avventura del Poseidon può contare su un cast stratosferico. Non solo Hackman, ma anche Shelley Winters, Ernest Borgnine e Leslie Nielsen in un piccolo ruolo, quello del capitano della nave. Il film, insieme al già citato Airport, è il capostipite del filone catastrofico hollywoodiano anni ’70 e in un certo senso, ne fonda le regole e ne setta gli stereotipi: prodotti corali, incentrati non tanto sulla spettacolarizzazione del cataclisma di turno, quanto sulle reazioni dei personaggi e sulla loro lotta per la sopravvivenza. Ed è per questo che il cast assume un ruolo fondamentale. Oltre al compito di dover portare la gente al cinema con una serie di nomi di richiamo sulle locandine, doveva garantire un livello di professionalità elevato: un film come il Poseidon si regge quasi tutto sulle spalle della recitazione.
Se ci pensate bene, è così anche in parte dei catastrofici contemporanei: Emmerich soprattutto, usa spesso volti non legati al cinema di genere e li inserisce in un contesto da blockbuster commerciale. Un meccanismo che si perpetua negli anni.
Solo che adesso è tutto semplificato dal progresso degli effetti speciali che permettono di mostrare il disastro nei minimi dettagli. All’epoca, ci si affidava a regia e attori. Attori di una certa età, aggiungerei. E bisognerebbe, prima o poi, chiedersi che fine abbiano fatto gli adulti nel cinema di intrattenimento contemporaneo. Ma non mi va di allargare il discorso a dismisura.

Dietro L’Avventura del Poseidon c’è il signor Irwin Allen, “The Master of 1970s Disaster”, produttore, regista, sceneggiatore, nonché geniaccio della fantascienza televisiva anni ’60 (Lost in Space, Viaggio in Fondo al Mare). Allen ci mise un bel po’ di tempo a convincere i dirigenti della Fox a stanziare i fondi per il film: lo studio era reduce da una serie di flop al botteghino (quasi tutti musical) e non se la sentiva di investire tanti soldi in un film catastrofico che non era ancora garanzia di successo. Andò a finire che il Poseidon costò circa cinque milioni di dollari.
E ne incassò un centinaio.

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L’Avventura del Poseidon è tratto da un romanzo di Paul Gallico (sì, quello di The Snow Goose). Lo scrittore ebbe l’idea per la storia mentre viaggiava sulla Queen Mary. E fu proprio la Queen Mary il transatlantico utilizzato per costruire il modellino del Poseidon che vediamo investito dall’onda gigantesca nella sequenza dell’incidente. Non solo, ma alcune scene iniziali furono girate proprio a bordo della Queen Mary. Paradossalmente, durante la seconda guerra mondiale, alla nave capitò una cosa molto simile a quella messa in scena nel film. Rischiò infatti di rovesciarsi grazie all’impatto con un’onda oceanica di dimensioni spropositate mentre trasportava truppe nell’Atlantico del Nord.

E così Gallico si chiede cosa succederebbe se una nave carica di passeggeri si capovolgesse sul serio. E Allen decide che è il caso di portare sullo schermo questa storia e di guadagnarci un mucchio di soldi.
Neame sceglie di girare in sequenza cronologica, per dare una patina di realismo alla vicenda e rendere veritiero lo stress dei personaggi. Quasi tutti gli stunt vengono eseguiti dagli attori. La Winters, oltre ad allenarsi per mesi come apneista, ingrassò anche di parecchi chili e si beccò la nomination all’Oscar.
A detta di tutti, lavorare a L’Avventura del Poseidon fu un bel massacro.
Ma il risultato è semplicemente perfetto: 117 minuti tesissimi, drammatici e intensi, a dimostrazione di come il grande cinema hollywoodiano fosse una macchina da intrattenimento formidabile e molto diversa da quella odierna, forse più ingenua, certo, ma in grado di regalare allo spettatore emozioni vere, senza bombardarlo, rappresentando caratteri verosimili e ben scritti, anche se per ovvi motivi non troppo approfonditi. Eppure bastano un paio di dialoghi tra Borgnine e sua moglie Linda (Stella Stevens) per affezionarsi, stare in pena per loro e soffrire con loro.

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Ogni volta che rivedo il Poseidon, la scena della festa di capodanno, poco prima dell’arrivo dell’ondata, spero sempre che il capitano riesca a evitare la catastrofe all’ultimo istante, spero che non succeda niente di brutto a tutte quelle persone. Puntualmente, vengo smentita e mi sento male.
E non so se sono io che sto fuori di testa, o se invece L’Avventura del Poseidon è un filmone della Madonna che viene ricordato troppo poco.
La parte finale, con il monologo di Hackman che si incazza con Dio (“vuoi un’altra vita? Prendi la mia”) fa venire i brividi. Il primo piano di Borgnine in lacrime, mentre i soccorsi aprono uno squarcio nello scafo per liberarli, ti manda in frantumi il cuore.
Perché il cinema si fa coi veri attori. E dovrebbe sempre rappresentare esseri umani, anche inseriti in situazioni estreme, in grado di scuotere lo spettatore dal torpore e farlo precipitare nella storia che si sta raccontando. Come un sogno lungo 117 minuti.

Del film esistono ben due remake, uno televisivo e l’altro cinematografico, uscito nel 2006 e firmato da Petersen. Una roba che non si può vedere neanche per sbaglio.
Colonna sonora di John Williams da urlo.

16 commenti

  1. ho visto entrambi originale e remake. L’originale chiaramente da bambino , perchè c’era Ginetto,come mio padre chiama Hackman,e a noi son sempre piaciuti quei tipi di attori e uomini,(immagina quando qualche anno dopo ho cominciato a delirare per Allen e la roba da occhialuti),e insomma:grande film.
    Perchè,appunto, tifi per i personaggi.

    1)L’inferno di cristallo
    2)Terremoto
    3)Poseidon
    4)Airport
    5)Airport 77

    questa la mia top five disaster movie . Ti piacciono anche a te?

    ps:il remake l’ho visto quando lavoravo al carrefour,il mio posto era in vicinanza del settore tv,maddo..maddo….ed ho detto tutto

    1. A me i disaster movie del periodo piacciono praticamente tutti e, come ho scritto anche nel post, ho una predilezione per Airport ’77 perché è talmente paradossale e folle che lo amo.

  2. Irwin Allen è stato uno dei primi registi specializzati in effetti speciali ad elevato budget – diciamo l’ideale terza persona di una trinità che comprende George Pal e Ray Harryhausen negli anni ’50-’70.
    Allen lavorava molto bene coi modellini e con l’acqua – e ammetto un colpevole sentimento di simpatia per gran parte delle sue pellicole (a cominciare da Journey to the Bottom of the Sea).

    È inoltre interessante notare che gran parte dei disaster movies degli anni ’70 – inclusi quelli elencati nel commento qui sopra – erano basati su romanzi – come d’altra parte molti dei colossal dell’epoca.
    Oggi normalmente il giocattolone roboante è basato o su un soggetto originale (prendendo la parola “originale” con le dovute pinze) oppure su un franchise extra-cinematografico – fumetti, videogiochi, cartoni animati.
    Che forse è il motivo per cui tanti di questi nuovi giocattoloni non reggono il paragone – dal punto di vista della ricchezza di sfumature – coi vecchi baracconi.
    Perché il settore marketing della Hasbro, che inventò i Transformers, non sarà mai al livello di Paul Gallico.

    1. Io credo che sia sempre un problema di abbassamento di target: un tempo si aveva un’idea del cinema più narrativa, più per un pubblico considerato capace di apprezzare certe sfumature. E quindi anche un disaster movie poteva avere una matrice letteraria e attestarsi su un livello di approfondimento più alto.
      Oggi invece c’è un problema legato al fatto che chi riempie le sale e alimenta l’industria sono i giovanissimi. E allora si tende ad appiattire tutto su quella fascia di pubblico.
      e ci sarebbe da chiedersi quanto gli studios considerino incapaci di intendere e di volere i giovani americani…

  3. Helldorado · ·

    Mi vergogno a dirlo, ma devo aggiungerlo alla lista! 😀

    1. Nuuuuuuuuuo!!!!
      :O

      1. Helldorado · ·

        ecco ora mi vergogno ancora di più 😀

  4. narratore74 · ·

    I film catastrofici di quel periodo sono stati il mio svezzamento.
    Visti tutti, o quasi, e non rimpiango nulla. Be’, forse gli ultimi Airport non erano proprio all’altezza, ma in quei giorni si perdonava un po’ tutto.
    Poseidon l’ho rivisto da poco, e come la prima volta l’ho adorato.
    E non è possibile fare altrimenti… u_u

    1. Assolutamente impossibile U__U
      il Poseidon rulleggia!

  5. Giuseppe · ·

    Ecco, questo è un film che devo aver visto tante volte quante sono le lettere che compongono il titolo (cosa che in genere mi capita quando c’è Allen coinvolto) :D…sono d’accordo che venga ricordato troppo poco, come mi pare venga sempre meno ricordata quanto dovrebbe la produzione televisiva dello stesso Allen. Al netto di Lost in Space -di cui comunque ero riuscito a recuperare qualcosa- almeno quello che in Italia è già stato trasmesso (come Viaggio in Fondo al Mare, che hai citato nel post, e Kronos -Sfida al Passato) meriterebbe qualche sacrosanta e -cosa che non guasterebbe- facilmente reperibile replica…

    1. Bisognerebbe andarsi a ripescare le edizioni in DVD di importazione, se esistono…vado a farmi un giretto su Amazon 😉

  6. Sono letteralmente ammirato. Per prima cosa perché fai una bella recensione (come sempre) di un film fuori dal tuo genere, in più parli di un film “vintage” genere che io tratto quotidianamente e per finire un ottimo approfondimento sulla realizzazione, metterei due mi piace ma non posso. Il film l’ho visto diverse volte, con un angoscia crescente, paragonabile a quella della serie Airport. Scena memorabile: la gente aggrappata ai tavolini dopo l’onda. Rimanendo nel genere consiglio un film a me caro , stesso filone, stesso periodo : Terremoto.

    1. Ma grazie!
      Ammirato è effettivamente troppo. Poi io arrossisco… 🙂
      Terremoto è un altro filmone della madonna. Se si pensa poi al fatto che all’epoca non c’erano effetti speciali evoluti come quelli di oggi, ci si rende conto che il lavoro dietro queste produzioni era enorme

      1. Esatto!! La genialità era proprio quella, senza algoritmi precompilati ci si doveva spaccare la testa per creare da zero l’effetto speciale e solo la creatività e l’esperienza riuscivano a spuntarla. Era la quintessenza della magia del cinema (pensando proprio a Georges Melies).

  7. Commento proprio interessante e film piuttosto carino! 🙂 Dai, il remake di Petersen non era così terribile; comunque i film con l’acqua li sa fare (“La tempesta perfetta” è buono, “U-boot 96”, magnifico 😀 )

    PS: Lucia hai posta 😉

    1. Letto e risposto 😉

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