
Regia – Alan Parker (1987)
Per il settimo giorno, le istruzioni della challenge propongono un vaghissimo From Hell, che può voler dire tutto e niente. Ne ho approfittato per rivedere un film che, da ragazzina, mi ossessionava a ogni passaggio televisivo e che non mi capitava di rispolverare da tantissimi anni: Angel Heart di Alan Parker, regista da poco scomparso, e dalla vostra affezionatissima mai amato, se non per quel gioiellino di The Commitments, e appunto per questo film. Ma poi, mi piaceva davvero, Angel Heart? No, perché io non mi ricordavo quasi nulla, se non un’atmosfera appiccicosa e malsana, con tutti i personaggi sempre un po’ sudaticci e i vestiti umidi. Mi ricordavo De Niro che faceva il diavolo con un nome abbastanza ridicolo, che quello chi se lo scorda: Louis Cyphre; Mickey Rourke all’apice del suo splendore stropicciato e, più di tutto il resto, il romanzo dal quale il film è tratto, ma solo perché l’ho letto di recente. Che nella mia distorta concezione del tempo è un termine applicabile a una settimana come a vent’anni fa.
Il libro si intitola Falling Angel ed è uscito nel 1978. Il suo autore, William Hjortsberg, è famoso per aver scritto la sceneggiatura di Legend di Ridley Scott, ma ha pubblicato un discreto numero di romanzi e ha lavorato in diverse occasioni per cinema e tv. La storia dell’adattamento di Falling Angel è lunga e travagliata. Parker entra nel progetto nel 1985, mentre Hjortsberg cercava di realizzare la sua versione del film sin dalla prima pubblicazione del romanzo, con la Paramount che acquista i diritti, ma poi lascia lo sviluppo del film in naftalina. Parker è abbastanza furbo da capire che, per vedere davvero Falling Angel sullo schermo, bisogna affidarsi a una produzione indipendente. Interviene la Carolco Pictures (quelli di Rambo e Terminator, per capirci) e finalmente il film si fa.
Parker, in collaborazione con Hjortsberg, cambia molte cose rispetto al romanzo; la più importante riguarda lo spostamento di ambientazione da New York a New Orleans. Il film si svolge a New York per la prima mezz’ora, ma poi si cambia città. Nel romanzo, invece, l’intera azione è a New York.
Lo spostamento dà un tocco esotico al film, ma non solo: il libro, splendido, più che fare riferimento in maniera univoca al vudù, racconta di una cultura imbevuta di fascinazione per l’occulto e il soprannaturale; magia nera sì, ma anche lettura delle carte, freak show, sedute spiritiche e via così. Come sempre il cinema tende e anzi, deve semplificare certe cose, per cui la scelta di Parker di trasferire la vicenda in un luogo fortemente connotato come magico non è affatto sbagliata. Si perde qualcosa a livello di atmosfera, la si guadagna in chiarezza e precisione.
Angel Heart racconta di un investigatore privato, Angel, che viene assunto dal misterioso, ma niente affatto sottile, signor Louis Cyphre per cercare una persona scomparsa che gli deve qualcosa. Non sappiamo bene cosa, ma Cyphre fa riferimento a un contratto di qualche tipo, e si comincia sin dall’inizio a sentire la puzza di zolfo lontano un miglio.
La peculiarità della storia di Hjortsberg, nonché il motivo per cui Parker ha voluto fare il film, è che si tratta di un noir soprannaturale. Anzi, diciamo pure un hard boiled soprannaturale, con Angel che fa il classico detective privato anni ’50, sempre con la sigaretta tra le labbra, sempre arruffato, un po’ menato dalla vita, ma in fondo combattivo e strafottente, e molto più intelligente di come appaia, soprattutto quando l’indagine si complica. Parker gira Angel Heart con un piglio da thriller erotico patinato anni ’80, perché la presenza di Rourke lo manda per forza di cose in quella direzione, ma è molto bravo a infondere al tutto un senso di minaccia perenne, di predestinazione, come in ogni noir che si rispetti. Se non fosse per il finale, durante il quale il complotto si rivela, l’elemento soprannaturale viene esplicitato (anche se solo fino a un certo punto e solo attraverso il punto di vista di Angel), Angel Heart sarebbe un neo-noir tipico con metodo. A renderlo un film interessante sono il “condimento” a base di riti voodoo e satanismo, e la capacità di Parker di spargere tensione erotica a ogni fotogramma, coadiuvato in questo da un Rourke che, all’epoca, riusciva a essere sexy qualunque cosa facesse.
In generale, lo stile di Parker continua a non convincermi del tutto: troppo patinato, troppo pubblicitario. Eppure, in questo contesto funziona benissimo, è surreale quanto basta, è caldo, è gotico, se mi passate il termine, soprattutto nella parte iniziale a New York. Quando poi si arriva a New Orleans, tutto diventa più lurido, ma pare anche più impostato e meno sincero, nel senso che fa un po’ la cartolina del luogo esotico dove si sgozzano le galline e l’umidità rende le persone simili a brutti fiori appassiti. Una cosa va detta: mai, in tutta la storia del cinema, i ventilatori sono stati così minacciosi come in Angel Heart. Vedere per credere.
Ultima postilla su De Niro, stranamente poco sopra le righe e molto efficace, anche se con un minutaggio limitato. Di solito, quella in Angel Heart non è riconosciuta tra le sue migliori interpretazioni, ma credo che lo sia.
E voi, che film “From Hell” avete intenzione di vedere oggi?
New Orleans e Hell… oggi nell’immaginario più che vodoo vento; più che fuoco acqua; più che Louis Cyphre Katrina. Due titoli dall’inferno: Baskin (2015) e il Martyrs di Laugier.
Be’, per tutti i motivi che hai elencato Angel Heart è un ottimo candidato per il tema di oggi (ed è vero che lo stile di Parker si adatta bene alla storia)… Io, di mio, consiglierei di stare attenti a una certa scatola cubica capace di richiamare dalle nostre parti dei tipi molto poco simpatici. Pinhead e i suoi hanno tutte le carte in regola per la sfida di oggi, no? 😉
Angel Heart mi manca e dovrò rimediare…
Per il tema “From Hell”, invece, proprongo un film di cui proprio From Hell credo sia (anche) un po’ remake: “Assassinio su commissione” di Bob Clark. Dopo Piramide di Paura (per motivi biografici e perché i coming of age belli mi fanno stare bene) è il film con Sherlock Holmes che mi colpisce di più (spaventoso, drammatico, politico, con un rapporto tra i protagonisti estremamente tenero e umano, commovente e straziante, avventuroso…), ambientato in una città/società dove di “hell” ce n’è a palate. Non ho mai saputo che esistesse fino ad un paio di anni fa e magari non piace solo a me:-)
Besos!
Personalmente non ho mai amato questo film,anzi oserei dire che l’ho sempre trovato soporifero ed insopportabile,un film tronfio e troppo lungo che aveva la pretesa di avere un colpo di scena finale grandioso,mentre io l’ho trovavo ridicolo,presentava De Niro con quel nome così ovvio,le unghie a mò di artigli con tanto di anellone satanico in primo piano,chiaramente avevo già capito la prima volta che lo vidi l’identità segreta del protagonista perseguitato com’era da quei sogni,non mi servivano 2 ore di noia ed ovvietà per capirlo,ben girate ma comunque 2 ore noiose restavano,come dimenticare poi l’orribile testa sovraimpressa del bambino sul finale,mio dio l’orrore ed era il 1988,si poteva fare di tutto,ma era piuttosto evidente che Alan Parker non amava i film di genere,altrimenti non mi spiego l’assenza di un bel lavoro di effetti speciali che poteva essere fatto invece di quella zozzeria! Anzi di dirò di più Lucia,io ho sempre preferito “L’avvocato Del Diavolo”,per il semplice fatto che intratteneva 100 volte meglio,oltre al fatto che non basava tutto il film su un colpo di scena,era chiaro sin dall’inizio la natura diabolica di Al Pacino,l’unico che non lo comprendeva era Keanu Reeves a causa della sua cieca ambizione mentre tutti intorno a lui impazzivano! Fammi sapere se ti va Lucia se mi trovi completamente pazzo nell’apprezzare un film da sempre considerato inferiore ad “Angel Heart”,CIAO CIAO!!!!