
Regia – William Brent Bell (2022)
Il ritorno dopo un lungo periodo di vacanza deve essere soft, e dei film impegnativi ce ne occuperemo con tutta calma quando sarà. Quindi, dopo aver parlato di Prey, è la volta di questo sequel che arriva la bellezza di 13 anni dopo il suo predecessore; un film che nessuno si aspettava, di cui nessuno sentiva la necessità e, ammettiamolo, a cui nessuno avrebbe dato una lira nemmeno per sbaglio. Ma appunto, una delle lezioni più importanti impartitemi da più di trent’anni di visioni di film dell’orrore, è che l’horror è un genere capace di sorprenderti sempre, e bisogna sempre prestare attenzione a tutto, anche a quei film che magari avresti lasciato passare senza degnare loro di uno sguardo. Orphan: First Kill si è forse la rivelazione più piacevole di questo 2022 meno entusiasmante del solito (ma mi mancano troppi pezzi grossi per poter formulare un giudizio sensato), proprio perché era un’operazione che tutti pensavano fosse fallimentare in partenza.
Non bisognerebbe partire mai prevenuti, però qui il rischio di combinare un pastrocchio era alto: hai un regista il cui massimo contributo alla causa è stato The Boy, una protagonista venticinquenne chiamata a interpretare un personaggio che deve, per esigenze narrative, dimostrare meno della metà dei suoi anni, e una vicenda alla quale hai tolto in partenza il colpo di scena che la teneva in piedi nel film del 2009. In altre parole, sulla carta Orphan: First Kill è un film che non potrebbe neppure esistere.
E invece, con tutto che l’impresa era quasi impossibile, lo sceneggiatore David Coggeshall, il regista Bell e Isabelle Fuhrman in testa a tutti, hanno fatto un piccolo miracolo, tirando fuori il meglio da un progetto ad alto grado di improbabilità. E sarebbe anche ora che qualcuno si accorgesse di che attrice straordinaria sia Fuhrman. Prima che sia troppo tardi, possibilmente.
Ma voi ora vorreste sapere in che modo il miracolo è stato portato a compimento. Non è semplicissimo da spiegare, perché è regola di buona creanza evitare gli spoiler per film così recenti, ma ci si può provare: se abbiamo detto prima che il vecchio Orphan del 2009 basava la sua efficacia su un colpo di scena imprevedibile e in grado di stravolgere del tutto la prospettiva con cui guardare il film, First Kill non è da meno, sia per quanto riguarda la nozione di colpo di scena sia per quanto riguarda quella di prospettiva. Per ovvi motivi, del colpo di scena non ve ne posso parlare, ma posso parlarvi del cambio di prospettiva adottato da questo prequel, che ha due ragioni d’essere: distinguerlo dal predecessore e andare sin dalle prime battute sopra le righe in maniera tale da sfidare il senso del ridicolo senza tuttavia caderci mai. Orphan: First Kill abbraccia il camp e l’assurdo con una consapevolezza d’alta classe e ci invita a giocare a divertirci insieme a cast e troupe.
Ritroviamo la nostra Esther un paio d’anni prima dei fatti narrati nel film di Collet-Serra: solo che si chiama Leena ed è rinchiusa in un ospedale psichiatrico in Estonia dal quale riesce a scappare e, una volta fuori, a spacciarsi per una bambina americana data per scomparsa, Esther, appunto. Finisce quindi per essere accolta da una famiglia ricchissima, con il padre al settimo cielo per aver riavuto indietro la figlia creduta morta, la madre (una Julia Stiles fenomenale) che invece sembra molto più diffidente, e un fratello maggiore insopportabile e tendente al bullismo e alla violenza. Succederanno cose e moriranno persone, ma non nel modo in cui pensate voi. Bell è molto bravo nell’illuderci di volersi limitare a una replica due anni prima dello schema di Orphan. Ha funzionato una volta, può funzionare due. Ma non è quello il suo obiettivo. E qui arriva lo stravolgimento di prospettiva: Esther non è qui l’antagonista o la villain, Esther è la protagonista.
A differenza di Orphan, durante il quale ci trovavamo, per la maggior parte del tempo, nella testa di Vera Farmiga, qui è nella testa di Esther che passiamo quasi tutta la durata del film. Ed è interessante, perché, essendo un prequel, non si tratta di redimere un villain, ma di dare delle motivazioni al personaggio che vadano oltre quelle legate alla mera manipolazione dei sentimenti altrui e al divertimento sadico di rovinare famiglie belle ricche del primo film.
Qui la famiglia ideale è ideale solo all’esterno. Ciò che si nasconde dietro l’apparenza dei filantropi e artisti Albright è così marcio che Esther ne esce come un esempio di inattaccabile integrità morale.
È interessante vedere come sono cambiate la visione e la rappresentazione dell’altissima borghesia nello spazio di 13 anni. Si potrebbe quasi ipotizzare che First Kill sia anche un film che prova a parlare di differenze di classe e di privilegio dato per acquisito (irreversibile, immutabile, monolitico) usando il linguaggio un po’ sguaiato del B movie.
Alla fine Esther, più che l’ennesima incarnazione del mostruoso femminile del primo film, qui è quasi una specie di forza soprannaturale calata sugli Stati Uniti per dispensare un po’ di giustizia. A modo suo, ovvio, ma pur sempre giustizia. Invece della famiglia in crisi, ma tutto sommato amorevole e vittima della cattiveria caotica di Esther di Orphan, in First KIll ci si confronta con un concetto molto diverso di mostruosità, e non è affatto detto che Esthter sia il mostro, anzi. In questo modo, Firs Kill è un prequel perfetto, perché aggiunge davvero dei dettagli necessari alla storia futura del personaggio, le dà delle motivazioni molto solide per l’odio furibondo che si porta dentro e, per una volta tanto, costituisce un arricchimento, non un orpello inutile.
Ma anche lasciando da parte queste considerazioni accademiche, è un film che vi farà passare un centinaio di minuti scarsi all’insegna del puro divertimento, e non vorrete indietro nemmeno un secondo del vostro tempo.
Sono curiossimo di vederlo, Lei è molto brava è perfetta per il ruolo, come lo è stata per il precedente film. Speriamo arrivi presto in Italia
Io sono tra quelle che non gli avrebbe dato due lire. A questo punto mi è venuta la curiosità