
Regia – Howard J. Ford (2022)
Dato che abbiamo in pratica dedicato la settimana al rape & revenge, chiudiamola con questo B movie che mi ha fatto divertire per meno di 90 minuti come una selvaggia. The Ledge non è tecnicamente un rape & revenge, ma appartiene a un filone contiguo, quello del survival incentrato su una donna costretta a scappare da un gruppo di maschi decisi a ucciderla per vari pretesi a seconda della trama. Trattasi di co-produzione anglo-serba, ambientato sulle Dolomiti italiane, ma girato in Serbia, dove si risparmia su maestranze e location. Il film è diretto dal regista dei due capitoli di The Dead, i film di zombie che spostavano l’apocalisse dai soliti UK e Stati Uniti in luoghi un po’ meno battuti come il Burkina Faso e l’India. Non erano malaccio, soprattutto il primo.
Con questo The Ledge, che scopro essere il suo ottavo film, Ford ha un’idea che, con un po’ di spessore, consistenza e soldi in più, poteva portare al thriller del secolo. Ma non si può avere tutto: ci teniamo la premessa e pure l’esecuzione, che dobbiamo fare.
Kelly (Brittany Ashworth) e l’amica Sophie sono due esperte arrampicatrici in vacanza sulle Dolomiti. Affittano un bungalow in un campeggio e hanno intenzione di andare a scalare una parete particolarmente impegnativa il giorno dopo. Al campeggio arriva un gruppo di ragazzotti che le invitano a passare la serata con loro. Una chiacchiera tira l’altra ed ecco che uno, il più stronzo tra gli stronzi, sta cercando di aggredire Sophie. Lei riesce a scappare, ma lui la butta giù da un dirupo e, insieme ai suoi amichetti, finisce il lavoro a sassate in faccia. Kelly non solo assiste alla scena, ma è anche armata di telecamera con cui riprende il tutto. A quel punto, i quattro prendono a inseguirla e lei non ha alternative se non quella di scappare arrampicandosi sulla parete rocciosa. Seguirà inseguimento.
Come vedete c’è un’idea molto interessante alla base di un film, quella di replicare una struttura narrativa arcinota inserendola tuttavia in un ambiente così aspro e ostile che il film si fa quasi da solo. È anche un metodo molto economico per portarsi a casa l’oretta e mezza canonica: una volta che hai abbarbicato la nostra protagonista a una sporgenza, se sei abbastanza in gamba, puoi anche fare svolgere tutta la vicenda lì: l’altezza, le intemperie e i tentativi dei quattro di recuperare la scheda della telecamera e uccidere la testimone, faranno il resto. Non hai bisogno di effetti speciali costosi o di sequenze d’azione elaborate. È un po’ lo stesso discorso che abbiamo già fatto a proposito di Frozen, ma senza le enormi difficoltà logistiche che quelle riprese hanno comportato.
Certo, ad avere un budget medio-alto si potevano sfruttare gli scenari naturali. Qui sulle Dolomiti vere ci saranno stati sì e no mezza giornata con un drone, quindi tutto ciò che ci è dato di vedere è questa parete decontestualizzata dove sta appesa la povera Kelly, e una sorta di terrazzamento più in alto dove stanno appostati i cattivi. Con una scrittura migliore, avremmo avuto un antagonista principale meno macchietta e più spaventoso, mentre invece il capo branco in The Ledge è un concentrato di ogni ingrediente atto a comporre il concetto di mascolinità tossica ma così esasperato che sfiora la caricatura. A interpretarlo poi c’è un attore (Ben Lamb) che sembra il fratello minore e meno carismatico di Ted Levine e che calca ulteriormente la mano con la recitazione su una base non proprio piena di sfumature, ecco.
Però sapete che c’è? Va benissimo così, almeno va benissimo così in film come The Ledge: ogni tanto, se mi metto seduta a guardare un B movie, voglio che i cattivi siano cattivi e basta, e compiano azioni così deplorevoli che vederli morire deve rappresentare un momento di estremo trionfo per il pubblico; non mi interessano gli scenari naturali mozzafiato o le inquadrature da vertigini sugli strapiombi: The Ledge è costruito per la fruizione in streaming, nessuno avrà mai il piacere (discutibile) di ammirarlo su grande schermo, tranne le poche persone che se lo sono andato a capare al FrightFest di Glasgow. A me basta che il regista gestisca bene i limiti propri dell’operazione, e Ford questo lo sa fare molto bene: sa stare stretto sui dettagli delle dita sanguinanti, gioca con la prospettiva in maniera intelligente, così sembra davvero che Kelly se ne stia attaccata con una mano sola a uno spuntone e col vuoto di migliaia di metri sotto i piedi, ma soprattutto sa tenere costanti e alti il senso di pericolo e la tensione. Di conseguenza, ci si diverte.
C’è anche un altro dettaglio di non secondaria importanza: The Ledge è un film pulito, a livello estetico e a livello (passatemi il termine) etico. Che sia povero di mezzi e anche di ambizioni lo abbiamo stabilito, ma non è mai sordido, né per quello che mette in scena né per come lo mette in scena. Non risparmia dettagli espliciti di gambe che si spezzano o di martellate in testa, e alcune morti all’interno del gruppo dei ragazzi sono particolarmente crudeli e spietate. Ma è anche un film che rifiuta a priori di sessualizzare la sua protagonista, e sarebbe stato molto facile, o di dare un risalto particolare alla tentata violenza sessuale subita dalla povera Sophie, e anche lì, sarebbe stato infinitamente facile.
Mi piace moltissimo come tratta il personaggio di Kelly, trauma pregresso escluso che è di una banalità sconfortante, sia chiaro. Quello che mi piace non è il suo approfondimento psicologico, ma il fatto che sia un’arrampicatrice parecchio più esperta dei suoi inseguitori, che li tenga in scacco con l’intelligenza, che non ricorra quasi mai in prima persona alla violenza e si limiti ad aspettare che i quattro bulli si scannino tra loro, cosa che puntualmente avviene.
Se lo prendete per il verso giusto, The Ledge è un’esperienza soddisfacente: 86 minuti che volano via in un attimo, ideali per una serata in cui si è particolarmente stanchi, non si ha voglia di nulla di faticoso o che richieda un grado troppo elevato di concentrazione, e si vogliono vedere quattro stronzi morire male.
Ammetto che il solo poster, con l’hipster che sfida la gravità (e il buon senso – con quelle scarpe? Davvero?) mi ha convinto a cercare e vedere questo film.
E poi, qualunque personaggio che “oh, stanno uccidendo la mia amica a sassate, ora li filmo” ha tutta la mia simpatia.
Grazie della segnalazione.
Mi hai incuriosito, recupero