Tanti Auguri: 10 anni di Frozen

Regia – Adam Green (2010)

Nel 2010, per un certo periodo di tempo, sono andati di moda quei film basati su personaggi intrappolati in situazioni estreme. Ne sono usciti tre nell’arco di pochi mesi e uno è persino arrivato agli Oscar, diretto da uno dei registi che stimo di meno al mondo e interpretato da un attore che disprezzo.
E tuttavia, il primo in ordine cronologico, nonché il migliore dei tre, è stato l’horror di cui festeggiamo il compleanno oggi. Sì, sono passati già 10 anni. Sì, sentitevi pure vecchi. Ovviamente, Frozen non ha mai avuto l’onore di arrivare sugli italici grandi schermi. Da noi è apparso in DVD nel marzo del 2011, ma negli Stati Uniti ha avuto una distribuzione in sala a partire dal 4 febbraio 2010, e quindi lo celebriamo oggi come il piccolo grande film che è.
Non ho mai avuto una enorme considerazione per Adam Green, nonostante nutra una certa simpatia nei suoi confronti perché alla fine è uno di noi e gli si deve volere bene. Credo che Hatchet, l’intera saga escluso il terzo, quello non diretto da Green, sia una specie di grosso scherzo le cui qualità sono state ingigantite da un fandom affamato di nuovi eroi in un momento in cui ce n’erano veramente pochi; sono però certa di una cosa: Frozen è uno dei migliori horror del decennio scorso e questo non gli viene mai riconosciuto abbastanza. Sarà colpa della Disney?

Nel 2010, Green, partito come regista di spot pubblicitari per una tv via cavo, aveva già esordito con il primo Hatchet (che risale al 2006) e aveva la sua casa di produzione, la ArieScope; l’idea per Frozen era semplice e, all’apparenza, perfetta per una piccola produzione indipendente: alla fine sono solo tre persone su una sedia per un’ora e mezza, pare abbia detto lo stesso Green, prima di rendersi conto cosa avrebbe significato, a livello di riprese, una situazione del genere protratta per diverse settimane e parecchie ore al giorno. Anche perché, e su questo il regista aveva tutte le ragioni del mondo, Frozen era un film che andava girato dal vero, altrimenti la credibilità sarebbe andata a farsi benedire nel giro di pochi minuti. E così, ancora prima di cominciare a prepararlo, Green si rende conto che non ce l’avrebbe fatta a produrre Frozen da solo. Qui entra in gioco la A Bigger Boat, che permette a Frozen di avere un budget di gran lunga superiore a quello di qualunque Hatchet.

Le riprese di Frozen sono comunque un incubo: girare a marzo, con temperature proibitive e tutti, cast e parte della troupe, tra cui lo stesso Green, appesi a sei metri dal suolo per cinque settimane, non deve essere stato il massimo del divertimento. Ma alla fine, tra geloni, scottature solari, scene notturne con lupi veri e polmoniti varie, la produzione del film è completata.
E sapete che vi dico (ma ve lo direbbe anche lo stesso Green)? Ne è valsa la pena, perché Frozen sembra vero dal primo all’ultimo istante. Si percepisce il freddo come se ci fossimo noi su quella seggiovia e non so se qui c’entra qualcosa il mio rapporto di terrore e odio con tutto ciò che ha a che fare con la neve e la montagna in generale, ma ogni volta che rivedo questo film, devo andare a prendere un maglione in più o una copertina. Un effetto così violento sul pubblico non lo si ottiene mettendo gli attori dietro a un green screen. È un po’ lo stesso ragionamento fatto da Spielberg ai tempi di Jaws: girare nell’oceano e non in una piscina, per quanto difficile, aggiunge un tocco di realismo all’aspetto generale del film, lavora sugli spettatori a un livello subliminale e li porta a credere a quello che stanno vedendo sullo schermo.

Non è soltanto per questo che Frozen funziona, sia chiaro: la scrittura di Green è, in questa particolare occasione, particolarmente brillante e, pur indugiando nei consueti ammiccamenti e inside jokes, lo fa in maniera più discreta e più interna al racconto e ai personaggi rispetto ad Hatchet; i tre protagonisti, oltre a dare delle ottime interpretazioni (Emma Bell su tutti), sono figure dotate di spessore, hanno una storia personale, le relazioni tra loro sono ricche e problematiche, e si comportano in maniera estremamente plausibile, date le circostanze.
Il film, inoltre, è molto efficace nel mostrare come, da un istante all’altro, una situazione normale, giocosa e, per molti anche familiare, possa precipitare e tramutarsi in tragedia, quanto siamo ancora molto fragili in confronto alla natura, e di conseguenza quanto sia precaria la nostra illusione di poterla dominare. Non è affatto un film che pecca di quel survivalismo spicciolo per cui tre ragazzotti cittadini fanno tutte le cose giuste al momento giusto e diventano nel giro di mezza nottata degli esperti di sopravvivenza ad alta quota: com’è logico, crepano, anche piuttosto male, e chi riesce a cavarsela lo fa per mera fortuna.

Frozen è un’ordalia, un horror su eventi raccapriccianti e orribili che accadono, senza motivo, a delle brave persone, un film sulla tirannia del caso, su come la nostra esistenza sia, metaforicamente e non, appesa a un filo, su come la differenza tra salvezza e morte sia una questione di minuti o di centimetri; in questo caso, di trovarsi qualche seggiolino più avanti lungo il percorso della funivia. Forse è per questo che risuona a un livello così profondo con le nostre paure, anche con quelle di chi non ha mai messo piede (o non ha alcuna intenzione di farlo, a prescindere dal film) su una pista da sci.
È così spaventoso perché potrebbe succedere a chiunque, e chiunque farebbe la stessa fine dei tre ragazzi.
È la ragione principale per cui Green, al contrario di come fa di solito, non va mai sopra le righe, né nella caratterizzazione dei personaggi né nell’uso del gore né nello stile di ripresa. I momenti espliciti sono pochi, ma colpiscono con violenza inaudita: la mano che rimane attaccata alla balaustra, le gambe spezzate, l’attacco dei lupi. E nessuna di queste sequenze è trattata con leggerezza.

Sono consapevole della banalità di quanto sto per dire, ma girare in una location unica, con soli tre attori (due per la maggior parte del tempo) e in condizioni di movimento estremamente limitate, non è un’impresa che tutti riescono a portare a compimento senza danni o tempi morti, soprattutto se non ci si appoggia sulla facile scappatoia del flashback e, non girando in studio, anche la libertà di movimento del regista è soggetta agli stessi limiti dei personaggi. Eppure Green lo ha fatto con una disinvoltura invidiabile, e senza gli escamotage da funambolo di quel regista lì che non stimo per niente ed è arrivato agli Oscar con un film dalle premesse abbastanza simili.
Ecco, in Frozen non si avverte mai l’artificio, non si avverte mai il set. Pare quasi che il film si sia fatto da sé. Non riesco a immaginare un complimento migliore da fare a un regista.
Peccato solo che poi Green non sia mai riuscito a ripetersi a questi livelli, ma noi manteniamo alta la fiducia. Uno che ha diretto un film come Frozen non può essere una fregatura totale.

21 commenti

  1. valeria · ·

    davvero un bel film, da molti ingiustamente sottovalutato. non ne ho mai capito il motivo, date le numerose scene ansiogene (quella mano attaccata…ho i brividi solo a pensarci XD) e, come fai notare giustamente tu, situazioni non solo perfettamente plausibili, ma dannatamente realistiche. e niente, ora ho voglia di riguardarlo XD

    1. Rivisto qualche giorno fa in previsione del post di oggi: mi ha fatto stare malissimo come dieci anni fa.
      Tesissimo e disperato.

  2. Non lo riguarderò mai più, ovviamente, un plauso a te per esserci riuscita. Ero rimasta un’ora e mezza senza respirare, maledicendo poi per giorni chiunque avesse anche solo osato nominare una settimana bianca.

    1. Ma tu hai ragione, non so come diavolo ho fatto a rivederlo, anche perché è un film fisicamente doloroso. Alla fine mi sono accorta di essere stata rannicchiata per tutto il tempo 😀

  3. Non saprei cos’altro aggiungere oltre alle orribili cose che già avete detto voi.
    A parte che solo per aver letto questo post e ricordato, mi sento la lingua incollata al palato e le dita congelate sui tasti 😓

    1. Io pensavo fosse solo un effetto su chi ha già dei problemi di partenza con neve e montagne.
      E invece noto che più o meno tutti ne siamo usciti traumatizzati.
      Per dire, la visione de Lo Squalo non mi ha mai tenuta lontana dall’acqua, semmai il contrario.
      Dopo aver visto e rivisto Frozen, non credo metterei mai piede in una stazione sciistica.

      1. Eh no. Non frequento quasi per niente la neve, al massimo in inverno, quando ci si fa la grazia di una nevicata temporanea, me la guardo scendere dalla finestra o faccio l’angelo a terra e poi rientro.
        Confesso che l’idea di squali, meduse e di essere abbandonata dal mio gruppo di escursione subacquea mi turba allo stesso modo, però 😶

        1. Essere abbandonati dal gruppo di immersione è una cosa spaventosa, ma non mi ha mai trattenuta dal continuare ad andare sott’acqua 😀
          Gli squali sono tra i miei animali preferiti e il mio sogno è nuotarci insieme.
          Quanto alle meduse super velenose, sono abbastanza fatalista.
          È proprio in montagna che tutto mi sembra più spaventoso!

          1. Capisco! Sarà che io non so nuotare, ma solo restare disperatamente a galla, né sciare…

          2. No, per me l’acqua è una necessità. Non posso farne a meno, anche d’inverno. Devo nuotare e devo fare le mie immersioni ogni volta che posso, altrimenti finisco per star male. 

          3. Il che mi fa pensare… sarà possibile redigere un ciclo horror dedicato a sirene assassine e altre creature affini? 🤔 😍

          4. Se cerchi “cinema degli abissi” sul blog, trovi tante, tante storie del genere.
            Purtroppo ultimamente l’horror sottomarino è un po’ stato messo da parte (sto aspettando di andare a vedere Underwater), però ho recensito tutto il possibile 😀
            E, detesto farmi pubblicità, ma ci ho anche scritto due libri 😀

          5. Beh, se non te la fai qui! 😉
            Mi creerò una listina apposita, per l’estate *scrib scrib*!

  4. Forzen è un film che apprezzo veramente tanto per la sua messa in scena e per la tensione che riesce a creare. E, come hai giustamente detto nella recensione, riesce a darti quel senso di realismo che ti fa entrare in tutto e per tutto nel ritmo della pellicola. Una piccola perla che non dev’essere dimenticata.

    1. Davvero, è incredibile come non venga mai ricordato abbastanza, Però vedo che qui ce lo ricordiamo bene tutti quanti. E questo dice molte cose belle sui lettori del mio blog 🙂

  5. Hatchet mi era piaciuto molto, pur ovviamente prendendo in considerazione i suoi limiti e la sua natura. Questo, come mi hai fatto rivivere perfettamente nel tuo post, invece, mi è piaciuto notevolmente proprio per il suo “realismo” e la veridicità del terrore che racconta e trasmette.

    1. Non sembrano neanche due film diretti dallo stesso regista. A prescindere da quello che si può pensare di Hatchet, sembrano due persone differenti, addirittura opposte

  6. Giuseppe · ·

    A me piacciono sia la montagna che la neve ma NON le stazioni sciistiche (non so sciare e, a dirla tutta, nemmeno m’è mai interessato imparare a farlo), quindi è possibile che Adam Green sia riuscito a far leva almeno su questo punto per tenermi in tensione dall’inizio alla fine 😉
    Scherzo, ovviamente, perché il crudo e gelido (letteralmente) realismo di Frozen, gore compreso, funziona a prescindere dal rapporto che si può avere o meno con nevi, monti e affini…

    1. Io sono stata a sciare una volta quando ero una bambina, ma non ho mai avuto voglia di ripetere l’esperienza 😀
      Poi, dopo Frozen, non metterò mai più piede in una stazione sciistica in vita mia!

  7. carlo rotolo · ·

    Sono gia’ passati dieci anni?Ho buoni ricordi di Frozen e leggendo il tuo pezzo mi e’ venuta proprio voglia di concedermi una seconda visione. Per l’occasione mi preparo con la coperta di lana della nonna e tisana calmante da bere solo a temperatura che oscilli fra i 94 e i 97 gradi.
    PS: ma i due film cui alludi… uno e’ Buried, credo, ma l’altro?

  8. Nanosky72 · ·

    Visto per caso, mi ha inchiodato davanti alla tv! Tensione allo stato puro, tocca corde dell’inconscio che non pensavo potesse fare. Amo gli horror fin da piccola ed adoro che mi terrorizzino, purtroppo c’è ne sono sempre meno in circolazione. Bel blog, ma ogni tanto mettiamo i congiuntivi e sei il top. Grazie

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