Rovistando nel catalogo Prime Video: Dead Silence

Regia – James Wan (2007)

Rovistiamo prima del previsto, questo mese, perché lo sapete anche voi com’è gennaio: se non fosse per l’imminente arrivo di Scream, nel settore delle nuove uscite horror ci sarebbe calma piatta. A breve comincerò a recuperare alcune visioni che ho perso nel corso dell’anno passato, ma in verità vi dico che non c’è nulla che mi interessi davvero e tutti i film del 2021 che ci tenevo a vedere li ho già visti, quindi, Scream a parte, aspettatevi un paio di settimane complicate.
Che poi, non avere a disposizione nulla di nuovo ha i suoi vantaggi, tipo ripescare su Prime Dead Silence, l’opera seconda di James Wan e un film sfortunatissimo sin dal concepimento. Quando uscì, venne preso a male parole dalla critica e snobbato dal pubblico. Il budget, che si aggirava intorno ai 20 milioni di dollari, venne a stento recuperato, mentre la carriera di Wan e del suo sceneggiatore Whannell rischiò di essere seriamente compromessa: non fosse stato per la macchina Saw, che ai tempi girava a pieno regime e sfornava un sequel all’anno, forse oggi nessuno dei due sarebbe la potenza che è. 
In seguito, come spesso succede, Dead Silence è stato rivalutato, ma non dai suoi stessi creatori; Whannell, soprattutto, lo ha disconosciuto e lo considera la peggior esperienza della sua vita professionale. Io cerco di prendere il film per ciò che è, un tentativo, forse un po’ troppo in anticipo sui tempi, di far tornare il genere alle sue radici gotiche, purtroppo viziato sul nascere da una sceneggiatura non all’altezza e da una serie di scelte estetiche poco coerenti con le intenzioni.

Il problema, quando ti inventi un’estetica, o meglio, quando copi tutta una serie di elementi di un’estetica complessa e la rendi fruibile a tutti e replicabile all’infinito, è che poi gli studios vogliono che tu continui a fare la stessa cosa nei secoli dei secoli e amen. Wan e Whannell avevano creato Saw, e ci si aspettava che quello continuassero a fare, ma l’idea alla base di Dead Silence non aveva nulla a che spartire con Saw. Era una storia gotica, un omaggio al cinema degli anni ’60 e ’70, principalmente a quello italiano, la vicenda di una cittadina maledetta e di uno spirito vendicativo che torna a tormentare gli eredi dei suoi carnefici.
Quando Whannell vende il soggetto alla Universal, gli mettono subito dietro un loro uomo a revisionare la sceneggiatura, e qui comincia il pastrocchio: Saw aveva funzionato perché era un minuscolo film a basso costo girato in completa libertà creativa e senza intromissioni. Con Dead Silence abbiamo dei set magnifici, una ricchezza della produzione evidente anche a chi non è un addetto ai lavori, ma il prezzo da pagare è stata la rovina del film. 

La sceneggiatura di Dead Silence è evidentemente frutto di tutta una serie di rattoppi e rabberciamenti effettuati in corso d’opera: ditemi voi che cosa c’entra il poliziotto interpretato da Donnie Wahlberg se non a metterci quella spruzzata di procedural che tanto piaceva ai fan di Saw, oltre che a servire da gancio diretto alla saga, in cui Wahlberg interpreta quasi lo stesso personaggio, soltanto meno manesco. La successione degli eventi è, inoltre, molto macchinosa e sfilacciata, perché il film non decide cosa vuol essere di preciso, se un horror soprannaturale o un mistery e, nel dubbio, fa un po’ di questo e un po’ di quello, creando parecchia confusione e risultando, in estrema sintesi, di legno. 

C’è poi il problema del gigantesco cortocircuito estetico che è Dead Silence; lo stile barocco e sontuoso che poi sarebbe diventato il marchio di fabbrica di Wan a partire da Insidious fa a cazzotti con degli inserti che ricordano al povero spettatore di trovarsi non soltanto in un film del regista di Saw, ma nel pieno degli anni ’00. Sequenze dall’atmosfera senza tempo si alternano ad altre con il classico montaggio fatto di tagli ogni tre secondi, flash bianchi tra un’inquadratura e l’altra, velocizzazioni, inserimenti di flashback. Il finale, per esempio, potrebbe tranquillamente essere infilato a tradimento in un qualunque seguito di Saw e nessuno noterebbe la differenza. Santo Dio, persino il tema musicale è un plagio diretto dalle avventure dell’Enigmista in torturlandia, e infatti il compositore, Charlie Clouser, è lo stesso e si autocita in maniera svergognata. Ditemi voi se non è vero

Ammesso tutto questo e acclarato che Dead Silence è un film molto difettoso, io non riesco a volergli male, anzi. 
Per prima cosa, si tratta di un film che mi fa molta paura. La sequenza iniziale, con la morte della moglie del protagonista, mi frega tutte le volte, e tutte le volte sfido me stessa a non coprirmi gli occhi, fallendo miseramente. Ma non è soltanto quella: tutta la parte ambientata nel passato, dallo spettacolo da ventriloqua di Mary Shaw, fino a quando il bambino non fa cadere a terra il suo cadavere nell’obitorio, è una cosa da togliere il sonno, e ti mostra con quei sei anni di anticipo, cosa sarebbe poi stato in grado di fare Wan manipolando emozioni e percezioni dello spettatore. Ci sono poi alcune cose completamente fuori di testa in cui si riconosce il futuro regista di Malignant, quel ragazzino crudele e dispettoso che si diverte a impiastricciarsi col body horror. 

Le location e le scenografie sono uno spettacolo di rara bellezza: la cittadina fantasma di Raven Fair, il cimitero delle bambole, il vecchi teatro ridotto in rovina e allagato, la villa del padre del protagonista: sembra davvero di entrare in una dimensione diversa dalla nostra, un luogo irreale, fiabesco e macabro, una culla dell’estetica gotica filtrata attraverso quarant’anni di cinema.
Il trucco, in particolare quello di Mary Shaw, quando non è disinnescato dal ricorso a una mediocre CGI, è anche quello efficacissimo e ti fa entrare a calci nel sedere nella zona perturbante. 
Insomma, sotto tutti i problemi che abbiamo evidenziato, ci sono le braci di un film bellissimo che ancora bruciano e basta non fermarsi alla superficie delle cose per vederle brillare.
A me dispiace tanto che Dead Silence abbia avuto questo triste destino, ma la sua è una storia esemplare per mettere in evidenza quanto sia diverso muoversi da indipendenti rispetto al dover combattere con le ingerenze di una grossa produzione, in questo caso la Universal. 
E infatti, qualche anno dopo, Wan e Whannell incontrano il produttore indipendente Jason Blum e la musica cambia di colpo. Il motto della Blumhouse è infatti “non ti do una lira, ma fai come cazzo ti pare”. Dopo il successo di Insidious, Wan sarà così potente da dettare legge alla Warner, ed ecco The Conjuring, ecco il Warren-verse, ecco Malignant. 
Dead Silence diventa quasi un incidente di percorso, ma comunque da riscoprire, se in una di queste gelide sere di gennaio, non avete di meglio da fare. 

8 commenti

  1. È un film che apprezzo tantissimo. Giustamente hai sottolineato degli elementi difettosi o poco equilibrati, ma ha delle sequenze davvero impressionanti. L’inizio mi ha sempre stupito per la sua cattiveria e anche l’evolversi di certi eventi. E poi Mary Shaw è un personaggio veramente inquietante.

  2. Blissard · ·

    Io fui tra i delusi. Lo dovrei rivedere ma mi blocca sempre la faccia slavata del protagonista, cane maledetto ad onorem. L’effetto sorpresa per lo spettatore che si aspettava qualcosa di simile a Saw è indubbio, dato che se quest’ultimo è una sorta di lercio torture porn dallo sviluppo “epico”, Dead Silence è un gotico minimalista; in comune, in pratica, hanno solo il gusto per il coup de theatre finale, marchio di fabbrica della premiata ditta Wan-Whannel.
    Perfetta la tua analisi di pregi e difetti. Non sapevo delle ingerenze della Universal (che in teoria sarebbe anche stata la casa perfetta per un film del genere),

    1. Era la Universal del 2006. Non ci dobbiamo mai dimenticare cos’era l’horror ai tempi.
      Anche sul twist finale, io non so quanto fosse previsto dal soggetto originale e quanto sia stato imposto perché “è quello che vuole il pubblico”.

      1. Blissard · ·

        Più che altro cosa era l’horror americano all’epoca, altre cinematografie nazionali se la passavano meglio

  3. Andrea Lipparini · ·

    Concordo pienamente con la tua analisi.. è uno di quei film ai quali vuoi bene, perché sono così sbilanciati che fanno tenerezza… però a me è piaciuto molto,mi ha divertito e spaventato e andrebbe davvero rivalutato.

    1. Sì, è vero, è un film che fa tenerezza, così malnato e maltrattato!

  4. Giuseppe · ·

    Malnato sì, ma maltrattato da me certo non lo fu: già ai tempi, nonostante squilibri e difetti (dovuti alle cause da te elencate), lo presi decisamente in simpatia 😉 Va comunque detto che, a differenza della stragrande maggioranza del pubblico, non ho mai davvero considerato Saw la proverbiale gallina dalle uova d’oro per la carriera di Wan e Whannell, intesa come una solida gabbia nella quale sarebbero dovuti restare vita natural durante. Di conseguenza, nessunissimo problema (per me) nel riconoscere loro il pieno diritto di proporre cose totalmente differenti dal franchise incentrato su Jigsaw… Chissà, se la coppia fosse stata intercettata da Jason Blum solo qualche anno prima, allora forse anche la terrificante Mary Shaw avrebbe potuto dar vita a un franchise di successo.

  5. Commento di “panza”, considerato che lo vidi n anni fa: FILMONE.
    Divertente, cattivo, spaventoso.
    Pasticciato quanto si vuole (tanto), ma un gran giro sulle giostre del luna park.
    E voglio bene pure alla figura del poliziotto.

    [SPOILER]

    Specie quando si trova a combattere a fianco del protagonista (si, cane vero, ma vabbé)
    Come raramente mi accade, mi spiace solo che il finalone sia così negativo

    [/SPOILER]

    Molti lo considerano un film da cestone, ma per me rimane un gioiellino

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