King al Cinema: Ep 30 – Desperation

Regia – Mick Garris (2006)

Si torna anche a soffrire con Stephen King (o a causa di), e ripartiamo da Desperation perché la riduzione televisiva del 2004 di Salem’s Lot è stata una prova troppo dura anche per la sottoscritta: l’ho abbandonata dopo circa mezz’ora di agonia e mi sono detta che i miei lettori avrebbero capito, anche perché credo che molti di voi non abbiano neppure idea dell’esistenza di quella sciagurata miniserie con Rob Lowe.
E forse neanche eravate a conoscenza del film tv Desperation, quindi potete farmi causa per danni morali quando preferite. 
Dovete sapere che Desperation, il romanzo, è uno dei miei preferiti del corpus kinghiano; si troverebbe su un ipotetico podio, se avessi in mente un podio. Magari non starebbe proprio sul gradino più alto, ma nei paraggi di sicuro. 
Nonostante questo, o forse proprio per questo, non avevo mai visto la trasposizione di Garris, anche perché ne avevo letto malissimo praticamente ovunque. E invece…

Sarà perché le mie aspettative erano sotto lo zero, sarà perché c’è Ron Perlman, e io potrei apprezzare anche un episodio di Don Matteo se vi apparisse Ron Perlman, sarà perché, curiosamente, Garris apporta dei tagli molto saggi al solito elefante kinghiano, ma mi sono goduta le due ore e passa di film senza annoiarmi neppure un istante. 
Facciamo un po’ d’ordine, altrimenti non ci capite niente e la colpa è mia: Desperation è un romanzo del 1996 che racconta di un gruppetto di persone intrappolate nella cittadina del titolo, una specie di buco infernale nel deserto del Nevada. Un tempo prospera per la presenza di una miniera, nel corso degli anni Desperation è diventata una città fantasma, fino a quando una multinazionale non decide di riaprire la miniera. Il problema è che, nel farlo, fa uscire dalle viscere della terra un’entità maligna di nome Tak che prima stermina tutti gli abitanti, e poi comincia ad accanirsi sui poveri viaggiatori che hanno la sfortuna di transitare lungo la statale più vicina. 
Del libro ho sempre amato molto l’atmosfera di desolazione che si respira lungo la strada in mezzo al deserto, nonché il terrore puro di trovarsi alla mercé di una figura autoritaria che, invece di fare il suo mestiere e proteggerti, ti si rivolta contro e ti uccide a casaccio: lo sceriffo Collie Entragian, qui interpretato dal nostro Ron Perlman, rappresenta l’incarnazione della paura che ognuno di noi prova quando viene fermato dalla polizia. E non dite che è così perché non vi credo. 

C’è poi tutto il lato religioso della questione, che ci riporta dopo tanti anni in zona The Stand, con la presenza di un Dio spietato, crudele e anche un po’ vendicativo: “Vuoi sapere quanto può essere crudele il tuo Dio?”, dice lo scrittore Marinville (Tom Skerrit nel film) al giovane e devoto David Carver, “A volte ci lascia vivere”. 
Credo, tuttavia, ci sia una differenza sostanziale tra il Dio di The Stand, e la sua profetessa Abigail, e quello di Desperation, e il suo portavoce e piccolo schiavo personale David: il Dio di Desperation è capriccioso e non ha giustificazioni, stermina intere famiglie perché la sola esistenza di Tak a Desperation lo offende e lo urta, non perché Tak faccia male alle persone, per le quali Dio non mostra interesse, ma perché è un bubbone sul suo magnifico creato. 
King è molto chiaro in questo: il Dio di Desperation non è molto dissimile da Tak; sono due forze che si contrappongono e ognuna di esse sceglie le proprie truppe da mandare al macello. 

Desperation doveva essere una miniserie, ma poi ci sono stati tanti di quei problemi produttivi (non ultima l’intera distruzione di un set a causa di un incendio) che si è optato per il film tv di oltre due ore da mandare in onda in un’unica serata, quella del 23 maggio 2006, sulla solita ABC, e in diretta competizione con American Idol della Fox, un affronto per cui a King rode ancora oggi, pare. Il risultato è un indice d’ascolto di parecchio inferiore alle precedenti miniserie e in generale a quanto la rete si aspettava dal nome di King. Credo che anche per questo motivo Desperation sia stata destinata a un immeritato oblio, mentre robaccia che neppure su Canale 5 a metà pomeriggio, come Rose Red, è ricordata con una benevolenza sospetta. 
Non so come siano andate le cose con esattezza, ma il limite delle due ore ha fatto bene a Garris, lo ha obbligato a non riportare tutto il romanzo su schermo parola per parola; lo ha portato, magari contro la sua stessa volontà, a essere davvero creativo, specialmente nella gestione dei flashback della storia della miniera e del China Pit, il pozzo da cui Tak è uscito strisciando. 

C’è un dazio da pagare, ovvio: una maggiore fluidità nella narrazione porta con sé dei personaggi che non possono, per forza di cose, godere dell’approfondimento dato loro da King nel romanzo. Garris stralcia tutte le informazioni non indispensabili a portare avanti la storia, elimina insomma le miriadi di rivoli e diramazioni che King di solito inserisce nei suoi libri per arricchire le caratteristiche dei vari protagonisti o dell’ambientazione; se ne sente la mancanza, soprattutto per chi ha amato visceralmente il libro come la vostra affezionatissima, e tuttavia si comprende anche che a qualcosa, in due ore di durata, si deve pur rinunciare, e di solito il racconto cinematografico va a togliere proprio lì dove il romanziere approfondisce; è il compromesso cui ogni autore si trova davanti a ogni adattamento. Soltanto quelli davvero bravi riescono a portare sullo schermo tutto il complesso mondo di una storia scritta senza rinunciare a niente. Ma Garris lavora con mezzi abbastanza limitati e più di così proprio non poteva fare. 

Dalla sua, Desperation ha anche il fattore tempo: il 2006 è un anno di una certa importanza per il piccolo schermo. Le cose stavano, lentamente ma inesorabilmente, cambiando, le maglie della censura si stavano cominciando ad allargare, e anche uno show per un grosso network come Desperation ne trasse qualche giovamento. 
Di sicuro, Desperation è la miniserie più esplicita e violenta tratta da un romanzo di King fino a quel momento, e sarebbe stato assurdo adattare il romanzo dovendo omettere i dettagli più raccapriccianti, di cui la scrittura di King pullula. 
Sì, perché Desperation è anche un romanzaccio splatter e questa dimensione di serie B fa parte della sua specifica identità, nonché di quella di Garris, che lavorando molto in tv ha sempre avuto le mani legate. 
Qui, sempre considerando che si tratta di un prodotto di 15 anni fa, e che all’epoca una cosa come Fear Street neppure ci permettevamo il lusso di sognarla, il regista si sente più libero e indugia sulla deformazione dei corpi ospiti di Tak. E così abbiamo braccia che si staccano, volti pieni di tagli e pustole, Ron Perlman che starnutisce sangue sul parabrezza della sua auto da sceriffo e via così, con un campionario di nefandezze che in un 2006 cinematografico dominato dal torure porn al massimo potevano fare il solletico a uno spettatore smaliziato, ma sulla ABC doveva rappresentare una relativa novità. 

Come spesso succede sia a Garris che a King, Desperation perde un po’ di mordente nel lungo finale alla miniera: è un problema del romanzo, perché King risolve l’orrore cosmico che lui stesso ha scatenato in maniera molto prosaica e concreta; un po’ lo stesso vizio, su scala minore, di IT, se vogliamo; ma è un problema del film, perché Garris si fa prendere la mano dal delirio mistico e, in questo modo, perde di vista quella connotazione tutto sommato neutrale che King aveva conferito a Dio nel libro, ma che nel film è molto più sbilanciata verso una visione cristiana tradizionale della divinità. Anche questo è in parte dovuto alla mancanza di spazio per approfondire la questione, ma soprattutto temo sia imputabile a un’eccessiva ambiguità concettuale che in tv non si poteva (ancora) portare. 
Proprio nell’ultimo episodio di questa rubrica, scrivevo che l’opera più matura di Garris era Riding the Bullet. 
Ma non avevo visto Desperation e mi sbagliavo, di grosso. 
Per l’ennesima volta nella mia vita, mi tocca chiedere scusa a qualcuno. 

6 commenti

  1. Visto non male, chissà se Tom Skerrit si è modellato su King, c’è pure Annabeth Gish e Steven Weber.

    1. Sicuramente il personaggio del romanzo è modellato in parte su King. Però è soprattutto modellato sullo scrittore maledetto della beat generation.

  2. Ricordo che lo incrociai anni fa in televisione,ma cambiai canale perche era iniziato da oltre 40 minuti,una cosa che non sopporto sono le persone che girano a caso fra i canali televisivi e si guardano qualcosa che non hanno visto dall’inizio pensando che sia la stessa cosa,se provi a spiegargli che un film e iniziato gia da quasi un’ora e che per questo non converrebbe guardarlo in quel momento,ti guardano scocciati come se fossi un rompiscatole di professione! Guai a provare ad instillare un po di cultura e buon senso a coloro che non interessa!

    1. Ma è il mezzo televisivo che è fatto così, per una fruizione casuale. È per questo che io non la tv da 12 anni 😀

      1. Quando eravamo troppo piccoli per poterci permettere di aquistare le edizioni fisiche ufficiali,al limite aquistavamo un sacco di VHS vuote per registrarci sopra i film passati alla tv in seconda serata,meglio se erano da 4 ore,così ci potevo registrare 2 film assieme,eh eh che tempi!

      2. Giuseppe · ·

        Il bello di una tv è che ci puoi sempre collegare qualche buon lettore, magari multiregione per poterti gustare certi cofanetti DVD momentaneamente disponibili solo in Regione 1… 😉
        Purtroppo dell’esistenza di quella sciagurata miniserie con Rob Lowe (e altri nomi famosi gettati alle ortiche) io ne sono venuto a conoscenza eccome, mentre Desperation a tutt’oggi non l’ho ancora visto, scoraggiato anche dalla paura di trovarmi davanti a qualcosa di livello molto simile (tanto s’è parlato male in giro del lavoro di Garris) alla roba diretta da Mikael Salomon… La tua rece, però, mi ha convinto a dargli una possibilità 👍

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