Body Cam

Regia – Mark Vitthal (2020)

Non avevo aspettative elevatissime su questo Body Cam, l’ho visto soltanto perché il mio lockdown non è ancora finito (come quello di tutti i miei colleghi lavoratori dello spettacolo che non se li incula nessuno) e, per sfuggire a tedio, angoscia e depressione, sto letteralmente guardando di tutto; e poi sì, c’è Mary J. Blidge, che un paio di anni fa ha sfiorato un Oscar come miglior attrice non protagonista per il bellissimo Mudbound, e mi sono chiesta cosa ci facesse una del suo calibro in un horror di serie B uscito soltanto in VOD.
Invece mi è piaciuto davvero tanto: è un horror soprannaturale molto classico, ma anche molto solido, scritto in maniera impeccabile dal nostro vecchio amico Nicholas McCarthy, che è stata una sorpresa trovare qui tra gli autori del film, molto gradita, a dire la verità, in quanto Body Cam è soprattutto una faccenda di scrittura, questo senza nulla togliere al lavoro del giovane Vitthal, ma andiamo con ordine.

Mary J. Blidge interpreta Renee, una veterana agente di polizia pronta a tornare al lavoro dopo una lunga pausa dovuta alla morte del figlio. Non appena riprende servizio, un suo collega viene ucciso, anzi massacrato, dopo quella che sembrava soltanto un’operazione di routine: fermare un camioncino senza targa e fare qualche domanda al conducente.
La body cam del poliziotto non ha registrato nulla, mentre il filmato della telecamera della volante si cancella da solo dopo che Renee è riuscita a vederlo. Nelle immagini, dal furgone scendeva una donna di colore sulla trentina e l’agente di polizia veniva subito scaraventato in aria da una forza che può avere soltanto origini soprannaturali.
Ovviamente, nessuno crede a Renee, sotto stress per il ritorno al lavoro e provata dal tremendo lutto subito. Tutti pensano che non ci stia poi tanto con la testa.
Ma, nei giorni successivi, altri poliziotti cominciano a morire e Renee si mette a indagare per conto suo.

Body Cam è un film notturno; c’è una sola scena ambientata di giorno e in esterna, ed è pure molto breve. Per il resto è sempre buio, e per di più piove spesso. Non potrebbe essere altrimenti, dato che racconta la vita di agenti  impegnati nel turno di notte. All’apparenza e a uno sguardo un po’ superficiale, somiglia a uno di quei thriller anni ’90 di stampo un po’ televisivo. La fotografia digitale, alle volte, non aiuta il film a togliersi di dosso questa patina da piccolo schermo, ma Vitthal è molto bravo a giocare con l’illuminazione artificiale di torce, lampioni e auto della polizia e, specialmente nelle prime sequenze, infila alcune inquadrature molto suggestive, come la scoperta del cadavere della prima vittima, che è una bella mazzata e imposta subito l’atmosfera. Il gore è centellinato, eppure la modalità degli omicidi, anche se suggerita più che mostrata a tutto campo, è originale e offre del sano raccapriccio.

Però, lo dicevamo prima, dove Body Cam eccelle è la scrittura, una storia dove la polizia non ci fa la migliore delle figure e dove il ruolo della protagonista assoluta è ricoperto da una donna di colore di mezza età. Miracoli che accadono solo nell’horror DTV. Ho letto da qualche parte che Body Cam è un “social justice horror”, e credo che la definizione sia azzeccata, ovviamente intesa nel senso più positivo possibile, ché qui da noi il termine social justice non ha mai valore negativo.
Non si tratta, tuttavia, di un film a tesi; il sottotesto politico è perfettamente integrato nel racconto, che approfondisce l’elaborazione del lutto da parte di due donne, entrambe con un figlio morto in circostanze tragiche; una delle due porta una divisa, l’altra è in cerca di vendetta, ma nessuna delle due è immune dal pregiudizio nei loro confronti. È quindi normale che si specchino l’una nell’altra e si capiscano, che il dolore di Renee si trasformi in una ricerca di giustizia per questa sorella putativa.

Descritto da più parti come un monster movie, secondo me Body Cam è una storia di fantasmi. Non soltanto per la presenza di un’entità ultraterrena, ma perché tutti i personaggi principali sono, in qualche modo, haunted. Dal loro passato, dalle loro sofferenze e, non meno importante, dai loro peccati. Sapete meglio di me che gli spettri hanno dei conti in sospeso da saldare e sono implacabili nel perseguire l’obiettivo, come sapete anche che di rado i fantasmi sono malvagi, ma riparano torti, pretendono giustizia, chiedono di essere ascoltati. Hanno, in un certo senso, la funzione di pulire il mondo quando i vivi non possono o non vogliono farlo.
La natura dell’essere soprannaturale al centro di Body Cam non è ben specificata, ma non c’è alcun dubbio che faccia un po’ di sacrosanta pulizia.

Mary J. Blidge è molto intensa in un ruolo non facilissimo e credo abbia anche un tipo di fisicità molto adatta all’horror. Nel panorama recente di anomale e diversificate scream queen potrebbe ritagliarsi una fetta di film interessanti. Vedere una diva in un B movie mi fa sempre un certo effetto, perché in fin dei conti Body Cam è questo: un film di serie B con di pregevole fattura, nobilitato da un discorso politico sotto traccia e da un nucleo emotivo che punta tutto sull’empatia dello spettatore con la protagonista.
C’è qualche lungaggine di troppo, alcune scene durano un’eternità e forse tutto il film è un po’ troppo sbilanciato sulla parte drammatica, tanto che a volte sembra dimenticarsi di essere un horror. Ma in un periodo di estrema penuria di nuove uscite interessanti, credo sia la cosa migliore che può capitarvi di vedere in questo triste maggio pandemico.

3 commenti

  1. Andrea · ·

    Bellissima recensione..mi incuriosisce molto..si trova in italiano o solo in lingua originale?.. grazie mille 😊👍

  2. Giuseppe · ·

    Horror soprannaturale classico, solido e con Mary J. Blige protagonista… niente male, direi! 👍

    1. No, infatti. Sono rimasta stupita io per prima della semplice esistenza di un film così!

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