E quindi un po’ pazzerelle, come da tradizione, perché oggi ci dedicheremo a quasi tutti film molto difficili da catalogare, andando a scavare nel cinema indie che tante soddisfazioni di ha sempre dato, e tuffandoci in una serie di storie una più assurda e improbabile dell’altra. Non mancherà l’horror puro, almeno in un caso, ma sempre un po’ imbastardito. Armatevi di taccuino, quindi, perché in questi momenti di psicosi, quarantena e isteria di massa, abbiamo tutti bisogno di qualche stramberia che ci alleggerisca l’esistenza.
Se San Valentino non fosse passato da un paio di settimane, vi direi che After Midnight è il film perfetto per celebrarlo. Si tratta infatti di una commedia romantica con mostro, poverissima per quanto riguarda il budget (e la realizzazione gommosa della creatura), ma deliziosa per forma e contenuto. Alla regia troviamo il duo di The Battery, mentre in produzione ci sono due grandi amori di questo blog, Justin Benson e Aaron Moorhead, con il primo che si ritaglia anche un piccolo ruolo nel cast, credo per mancanza di gente disposta a lavorare gratis.
Hank (interpretato da uno dei due registi, Jeremy Gardner) e Abby sono una coppia all’apparenza felice: vivono in una grande casa in mezzo ai boschi alla porte di un minuscolo paese in bifolcolandia e gestiscono insieme un bar. Un bel giorno però, lei se ne va senza dare spiegazioni e lasciando soltanto un bigliettino. Hank, sgomento e abbandonato, non deve vedersela soltanto con la fine della sua relazione, ma anche con uno strano (e molto aggressivo) essere che si presenta alla porta ogni notte dopo mezzanotte e sembra intenzionato a fargli la pelle.
Come dicevo, è un film costato davvero poco: il mostro appare in un’unica sequenza verso la fine, e tutto il resto è basato su Hank e la sua graduale presa di coscienza di essere stato un fidanzato di merda; c’è una scena di dialogo che durerà sette minuti, ed è tutta girata senza stacchi, con i due attori che danno veramente tutto, ed è il momento migliore del film.
Ma è, seriamente, la miglior commedia romantica dell’anno.
Restiamo nell’ambito di prese di coscienza un po’ forzate, ma questa volta grazie ad allucinogeni potentissimi e salti temporali, e parliamo un po’ di The Wave, esordio in un lungometraggio di Gille Klabin, ed epopea psichedelica di Frank (Justin Long), avvocato di una compagnia assicurativa che, dopo aver scovato un cavillo utile a non pagare il premio di una polizza, esce a festeggiare con un suo collega, incontra una ragazza (la divina Sheila Vand), si fa abbindolare da uno strano tipo che prima gli offre a gratis un tiro di coca e poi gli fa provare un’altra droga. Si risveglia il giorno dopo senza ricordare neanche come si chiama e, soprattutto, senza portafogli. Parte quindi la ricerca delle carte di credito perdute, mentre sua moglie vorrebbe giustamente farlo fuori, e c’è pure una importante riunione di lavoro di mezzo, dove Frank rischia davvero di restare disoccupato.
Se vi piacciono di film tutti di corsa, con il protagonista che cerca di risolvere un problema e invece ne crea altri cinquanta, The Wave è adattissimo a voi; se poi non vi crea alcun fastidio non capire nulla di quello che succede per almeno 45 minuti, fatevi pure avanti e non ve ne pentirete.
Visivamente, il film è spettacolare, soprattutto per i vari trip da cui Frank viene investito senza preavviso e che lo sballottano da un luogo all’altro della città, e avanti e indietro nel tempo. C’è qualcosina di Donnie Darko, in The Wave, e forse questo è il suo difetto principale, perché si rischia di avere sin dall’inizio parecchi sospetti su dove andrà a parare. Ma, a parte questo, è un viaggio molto divertente.
Ya’ll motherfuckers wanna get weird?
Sono le prime, uniche e ultime parole pronunciate dal personaggio che dà il titolo a The Death of Dick Long, diretto da Daniel Scheinert. Ora, è probabile che il nome del regista vi dica poco o nulla, ma se avete visto e amato Swiss Army Man, allora dovete sapere che Scheinert è uno dei due registi. Ora che avete questa informazione preziosissima, è d’uopo che abbiate un’idea, seppure vaga, di cosa aspettarvi da un suo film.
E no, mi dispiace, ma non ce l’avete.
Weird non basta, weird non funziona, weird è come un vestito troppo piccolo da infilare sul corpo enorme di questo film inqualificabile.
La premessa pare quasi normale: un terzetto di amici (luogo, sempre bifolcolandia) intenti a passare una serata alcolica. Uno dei tre muore durante la notte e gli altri due devono coprire la causa della sua morte. Che detta così pare quasi un noir, mentre è soltanto l’apertura a una vicenda che non lo so neanche io se consigliarvi o no, perché siamo oltre, ma molto oltre la morale comune e ciò che è considerato lecito rappresentare.
Una storia più “normale”, ma neanche troppo, e sempre al confine con l’horror, è quella di Come to Daddy, un film che spiega come mai le riunioni di famiglia siano il male assoluto e vadano evitate come la peste: Norval (Elijah Wood) riceve una lettera dal padre che se ne è andato quando lui era poco più di un bambino. Nella lettera, il padre gli chiede di andarlo a trovare e il povero Norval, sperando in ricongiungimento tardivo, si reca subito nella casa sperduta sulla riva dell’oceano ove risiede il genitore, ma scopre presto che sarebbe stato meglio se non lo avesse mai fatto.
La bellezza di un film come Come to Daddy sta nelle rapidità e naturalezza con cui riesce a cambiare genere quando meno te lo aspetti. Sembra di assistere a un horror cerebrale sulla falsa riga di The Lighthouse per i primi venti minuti, poi comincia a seminare indizi che dovrebbero portare dritti a degli sviluppi di natura soprannaturale e, infine, con un voltafaccia a trecentosessanta gradi, diventa proprio un’altra cosa, che ha poco a che spartire con l’horror, ma resta sempre molto piacevole da seguire. Elijah Wood sembra nato per interpretare questi personaggi stralunati e i comprimari (tutti da scoprire) non sono da meno.
Chiudiamo, al solito, col meglio a disposizione, e trasferiamoci a Taiwan a goderci il magnifico Mon Mon Mon Monster! per la regia di Giddens Ko, unico horror vero e proprio presente nella cinquina di oggi. Però, anche questo è un film da maneggiare con cura, perché se guardate un qualsiasi trailer o anche vi fermate al titolo, potrebbe apparire (e in un certo senso, è stato anche presentato così) come una commedia horror, quando invece è una delle opere più pessimiste e cupe io abbia mai visto. E ne ho viste tante. Il problema è che affronta argomenti pesanti e tostissimi con piglio leggero e scanzonato, per cui la botta ti arriva soltanto dopo. Racconta di un gruppo di studenti, bulli della peggior specie, che catturano e tengono prigioniero il mostro del titolo, una bambina mutata (come dovete scoprirlo da soli) in una creatura deforme e cannibale, sottoponendola alle peggiori torture. Com’è ovvio in questi casi, le conseguenze saranno nefaste.
È un film su vittime che diventano carnefici e viceversa, è violento nonostante gran parte degli omicidi sia fuori campo, e il finale, signori miei, il finale vi lascerà una bella cicatrice. C’è chi lo ha trovato eccessivo, chi ha segnalato come difetto principale l’assenza di personaggi positivi. Di sicuro, la natura umana non ci fa un’ottima figura, ma lo dico sempre e lo ripeto: l’horror ci deve portare le cattive notizie e a lui spetta, il più delle volte, il lavoro sporco. In questo caso, è particolarmente sporco, e siete avvertiti perché potrebbe rovinarvi la giornata.
Grazie Lucia, After Midnight e The Death of Dick Long (il titolo lascia subodorare che trattasi di film sul bizzarro andante) non li ho ancora visti, mentre devo confessarti che non mi è piaciuto The Wave e ho proprio odiato Come to Daddy.
Di tutt’altro livello è Mon Mon Mon Monster!, che ricordo di avere visto un paio di anni fa e di esserne rimasto impressionato.
Proprio detestato Come to Daddy? E posso chiedere come mai?
Mon Mon Mon Monster! è un film davvero magnifico. Visto tardi perché non riuscivo a trovare i sottotitoli, ma sono rimasta impressionata anche io.
Ti copio-incollo quello ho ho scritto nella rece:
Imperscrutabile pasticcio pseudo-pulp che ancor più imperscrutabilmente è stato apprezzato dalla critica, Come to Daddy è un thriller senza senso, un horror senza vigore, un action a corto di fiato. Sfugge oltretutto quale sia il messaggio che il film intende veicolare: che i millennials piagnoni e imbranati si godono gli agi garantiti loro dai genitori, ruvidi boomers che si sono sporcati le mani in passato? Se è veramente questo, bisognerebbe informare gli autori dell’esistenza di Tone Deaf.
Incredibile che, in tempi di magra come i nostri, si sia assemblato un cast così prestigioso attorno ad un progetto così delirante.
The Death of Dick Long è un film che, per quanto assai bizzarro (anche se meno di quel piccolo capolavoro che è Swiss Army Man), è ispirato ad un vero fatto di cronaca (alquanto agghiacciante in se stesso), preso a soggetto anche di un documentario di elegante fattura (Zoo del 2007)., Considerato che la vicenda fa ribrezzo, mi ha colpito l’atteggiamento quasi affettuoso nei confronti del protagonista: coglione integrale ma anche talmente infantile da suscitare tenerezza (il suo tentativo di far fuggire il “colpevole” mi ha commosso nella sua stupidità). Ho invece trovato molto divertente Come to Daddy per l’humor nero (il punto top: la discussione sul valore nutritivo di due certe cose) ed il bonus costituito dalla presenza di due caratteristi che adoro come Stephen McHattie e Michael Smiley,
Per quanto riguarda gli altri titoli, tutti annotati per le prossime visioni – grazie dell’excursus :o)
Sì, la scena a cui fa riferimento è trattata in maniera così “umana” che è quasi commovente, nonostante quello che è accaduto sia, di fatto, disgustoso. Per questo è un film da prendere con le molle.
E in Come to Daddy ci sono dei comprimari fantastici.
Mon mon monster mi ispira tantissimo, lo voglio tanterrimo.
E ho una nuova fonte di… ehm, approvvigionamento, perciò non escludo di riuscire a vederlo 😁
Ti segnalo invece, nel brano su The death of Dick Long (ahah), che forse gli amici devono scoprire la causa della sua morte, non coprire. Credo, eh.
Buona orrida nuova settimana!
Ahahahah! No, no, la devono proprio coprire, nel senso che devono evitare a tutti i costi che si scopra 😅
Buona tremebonda settimana a te!
Eh, avevo quel dubbio infatti!
Capirò meglio quando lo vedrò… perché ne sono convinta, ci riuscirò… ciao! 😉
Ora che hai un nuovo “spacciatore di film”, non ti ferma più nessuno!
😎
Scusa, Celia, se riesci a reperirlo in modo easy, non è che potresti aiutarmi? Io ho trovato solo un torrent che in 2 giorni mi ha fatto scaricare solo il 9.1%… Grazie mille 😦
Niente, alla fine, dopo 3 giorni, ci son quasi riuscito (99%)
Segnati tutti, grazie mille!
Figurati! Sempre un piacere!
Tutte proposte interessanti! A pelle, quella che mi attira più di tutti è proprio Mon Mon Mon Monster, essendoci di mezzo una tematica alla quale sono sempre stato molto sensibile (il maledetto, bastardo bullismo)…
Un tema che, secondo me, in questo film viene trattato benissimo.
Certo, senza un briciolo di ottimismo o fiducia nel genere umano, ma benissimo!
Sembrano interesantissimi, infatti ora voglio vederli tutti!!
Tanto, in questi tempi di quarantena, il cinema ci viene in soccorso!