Regia – Terence Fisher
“Seems I’ve spent the better part of my life amongst the dead.”
Dopo aver riesumato Frankenstein e Dracula, la Hammer torna a pescare dai classici Universal producendo un rifacimento de La Mummia. Questo è però il primo horror della Hammer successivo agli accordi commerciali con la Universal, che avrebbe distribuito i film dello studio inglese negli Stati Uniti e avrebbe concesso l’autorizzazione a utilizzare personaggi e nomi presenti nei film di mostri degli anni ’30. E infatti la mummia interpretata da Christopher Lee si chiama Kharis, come nel ciclo di sequel spuri de La Mummia di Freund, usciti negli anni ’40 sotto l’egida Universal.
Nonostante si chiami semplicemente La Mummia, è da quei tre film, The Mummy’s Hand, The Mummy’s Tomb e The Mummy’s Ghost che lo sceneggiatore Jimmy Sangster (autore di quasi ogni successo Hammer da Dracula in poi) fa derivare gran parte della trama della prima incursione della Hammer nei territori esotici dell’antico Egitto e delle sue maledizioni.
Dietro la macchina da presa troviamo Terence Fisher, regista simbolo della Hammer tanto quanto Sangster ne era lo sceneggiatore ufficiale.
Si rinnova anche, come in Dracula e Frankenstein, la contrapposizione tra le due star della casa di produzione britannica: Christopher Lee a impersonare le forze del male e Peter Cushing a dare volto e corpo a quelle del bene.
Nel corso degli anni, e dei film, i ruoli non sarebbero stati sempre così chiari e, soprattutto nella saga più ambigua e interessante, ovvero quella dedicata a Frankenstein, Cushing si sarebbe trasformato in un dottore sempre più folle e sadico.
Ma è proprio a partire da La Mummia che Sangster e Fisher iniziano a infondere uno spessore maggiore ai personaggi. Il vero antagonista della situazione non è infatti il pover Kharis, condannato a un’eterna non-vita per amore, ma l’egiziano Memhet, che tiene la mummia in suo potere e le ordina di uccidere tutti i colpevoli di aver profanato la tomba della principessa Ananka.
Lee, che recita coperto di bendaggi lungo tutta la durata del film, a parte un lungo flashback nella parte centrale in cui si racconta la storia della maledizione che lo ha colpito, qui regala un’interpretazione interamente fisica e straordinaria: la sua camminata, dovuta anche a una serie di infortuni sul set, rende davvero l’idea di un corpo rimasto immobile per millenni e i suoi occhi, unica parte visibile dell’attore, raccontano tutta la disperazione, la rabbia e il dolore provati da Kharis. Una prova d’attore davvero fuori scala, tanto da mettere in ombra il sempre ottimo ed efficiente Cushing. Pensare che la bravura di Lee emerga anche quando nascosta in costumi così ingombranti (e debilitanti) dà la misura di che razza di attore fosse.
Kharis è un personaggio tragico e, allo stesso tempo, un’implacabile macchina omicida, capace di sfondare un muro a mani nude e spezzare la schiena di una persona con un solo gesto.
La sequenza in cui la mummia irrompe nella stanza d’ospedale dove si trova la sua prima vittima, è ancora oggi da brividi. Lee è l’unica mummia realmente spaventosa della storia del cinema, ed è anche quella per cui si prova più pietà.
Non è solo merito di Lee: il trucco di Roy Ashton (che avrebbe lavorato tantissimo con la Hammer e con la Amicus) è impressionante, e fa sorridere, nel 2018, vedere gli sforzi un po’ goffi compiuti di recente per realizzare una mummia su grande schermo e paragonarli ai risultati strabilianti di un film che si porta quasi 60 anni sul groppone.
Anche Sangster ci mette del suo, nel sintetizzare in un’ora e venti minuti il contenuto di ben tre film e Fisher è bravissimo quando deve mettere in scena la storia della maledizione che ha colpito Kharis senza usare neanche una linea di dialogo: basta vedere la scena in cui al sacerdote viene tagliata la lingua per capire la maestria che c’è dietro a questo film.
È difficile fare paragoni tra la mummia Universal e la mummia Hammer, perché sono due oggetti diversissimi tra loro: influenzata dall’espressionismo e ancora non del tutto disancorata dallo stile del cinema muto la prima, scatenata nella sua estetica che già si proiettava, soprattutto per l’uso dei colori, negli anni ’60 la seconda.
Se il film di Freund è un gioiello di tensione, quello di Fisher è più selvaggio e sanguigno, una messa in fila di episodi violenti tenuti insieme da una coerenza narrativa molto blanda. Ma non è che avesse poi tutta questa importanza, nell’economia Hammer, che proprio a cavallo tra gli anni ’50 e il decennio successivo, stava impostando il suo stile, riconoscibile come un marchio di fabbrica in quasi ogni horror girato nel periodo di massimo splendore della casa di produzione: i colori Hammer, gli interni Hammer, l’erotismo Hammer, la violenza Hammer.
Qui, se si esclude il fattore erotico (c’è anche quello, ma a uno stadio appena embrionale) tutti i tratti distintivi sono presenti, forse per la prima volta a livello compiuto.
La Maschera di Frankenstein, Dracula il Vampiro e La Vendetta di Frankenstein erano stati degli esperimenti riusciti, ma è qui che la Hammer prende una reale confidenza nei propri mezzi: gli incassi dei due film precedenti permettono un budget appena un po’ più alto, una certa diversificazione delle location e un cast composto da un maggior numero di attori e, soprattutto, comparse; le scenografie sono di lusso, le luci del mitico Jack Asher non sono mai state così spettacolari; il flashback ambientato in antico Egitto sta lì a dimostrare che la Hammer stava facendo sul serio e la colonna sonora di Franz Reizenstein segna l’ingresso trionfale della Hammer nel campo dell’epica.
Si possono preferire gli horror gotici targati Hammer (e io, concettualmente, li preferisco), ma La Mummia è un traguardo fondamentale nella storia di una piccola produzione indipendente europea che, per la prima volta, si mette di traverso e dà anche del filo da torcere a Hollywood, sul suo stesso terreno.
Era un’operazione rischiosa, un cambio di atmosfere e passo rispetto ai due film precedenti. E fu condotta in grande stile, portando la Hammer al suo apice.
Come si suol dire, da qui in poi il resto è storia. E, parlando di storia, colgo l’occasione per dirvi che ottobre, su questo blog, sarà il mese della Hammer: mi tengo libero solo il lunedì per proseguire con questa rubrica e per recensire qualche nuova uscita, mentre gli altri giorni, per tutto il mese, analizzeremo solo film Hammer. Ho sempre sognato di farlo e Halloween mi sembra il momento più adatto.
Si dia dunque inizio all’Hammer Horror Halloween e speriamo che l’idea vi piaccia, perché tanto non la cambio.
E ora che abbiamo fatto l’annuncio, è l’ora del sondaggio per il 1969: cominciamo con The Oblong Box, di Gordon Hessler, uscito in Italia con il titolo de La Rossa Maschera del Terrore; proseguiamo con What Ever Happened to Aunt Alice? (in italiano, La Terza Fossa); per concludere, esco un istante dall’ortodossia cinematografica della vostra rubrica preferita per proporvi l’episodio pilota di Night Gallery, regia di Boris Sagal, Barry Shear e… Steven Spielberg. Il 1969, stranamente, se si considera quello che era successo l’anno precedente, è un anno un po’ povero, ma non è per questo che ho voluto inserire anche Night Gallery; la verità è che si tratta di un trittico di storie sopraffino, con il picco qualitativo rappresentato dall’episodio di Spielberg, la cui protagonista è nientemeno che Joan Crawford.
Let there be Hammer!
De La Mummia di Fisher non ho praticamente alcun ricordo, devo assolutamente recuperare.
Non conosco nessuno dei tre film del 1969 che citi e quindi mi astengo.
Era da quando ho aperto il blog che volevo fare una cosa del genere con la Hammer. Dopo sette anni, è arrivato il momento!
Penso che sia giunta l’ora di recuperare i film Hammer sulla Mummia. Ho visto quasi tutti quelli di Dracula (ma il primo rimarrà sempre nel cuore) e i primi due di Frankenstein, ma della Mummia niente.
Recupererò tutto. E comunque hai fatto veramente un’ottima recensione!
Oramai il compleanno è quasi finito e poi non vuoi gli auguri eccetera, ma ti regalo lo stesso un consiglio libresco: oltre a essere una lettura piacevole ha anche un titolo perfetto per questo blog e la sua padrona. https://www.amazon.it/zombie-privata-carriera-dellhorror-integrale/dp/8869840921
Wow!
Innanzitutto, auguri per ieri!
E poi, il consiglio è favoloso! Me lo regalo subito, anche se non so quando riuscirò a leggerlo.
Bella recensione come sempre ❤
Il mio voto va La Rossa Maschera del Terrore
l’Hammer Horror Halloween? Sì, credo che l’idea piaccia e pure parecchio! 😉
Per il resto cosa dire di più, se non che la recensione è del tutto degna di questo indimenticabile gioiello Hammer (gli occhi di Kharis/Christopher Lee… incredibile la gamma emotiva che da soli riescono ad esprimere, davvero) e che se, tra i titoli del sondaggio, a un fan come il sottoscritto piazzi nientemeno che il pilot di Night Gallery gli faciliti il voto come non mai? 😉