Scream VI

Regia – Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillet (2023)

A prescindere da come la pensiate sui nuovi film della saga, credo sia inconfutabile che i Radio Silence (e in generale, tutta la squadra creativa e produttiva dietro Scream) sanno cosa stanno facendo. Poi, quello che stanno facendo può non essere apprezzato, ma dopo aver visto il sesto capitolo, non si può negare l’esistenza di un progetto organico e coerente, sia con i film degli anni ’90 e primi 2000, sia al suo stesso interno. Riprendendo un discorso che avevo già fatto per gli Halloween della Blumhouse, il secondo capitolo di una trilogia annunciata fa sempre una certa fatica a sfondare, soprattutto nell’epoca dei legacy sequel e dei reboot a oltranza. Scream VI arriva infatti nelle sale con un po’ meno clamore rispetto allo Scream del 2022, e ci arriva anche con il peso di essere l’unico film del franchise a fare a meno di Neve Campbell, il cui ritorno è comunque previsto per Scream VII. In un certo senso, dato che il ruolo di Gale è abbastanza marginale e le sue apparizioni sporadiche (a parte una sequenza interamente dedicata a Gale che, da sola, vale il prezzo del biglietto), si può dire che questo è il primo Scream a camminare senza la stampella dei personaggi originali. Certo, c’è Kirby, ma non penso sia possibile paragonare Kirby a Sidney, con tutto il bene che le voglio. 

Però, e qui sta l’organicità del progetto, Scream V ha costruito così bene il quartetto di giovani protagonisti sopravvissuti al massacro del 2022 da rendere superflua la presenza dei cosiddetti Legacy Characters. Fa sempre piacere vedere Gale sullo schermo, l’entrata di Kirby è a effetto, i piccoli riferimenti a Linus (con la ripresa del suo tema musicale in un momento in particolare) sono toccanti; ma non siamo più lì per loro. Siamo lì per Sam, Tara, Chad e Mindy, “The Core Four” (i favolosi 4 in italiano), e seguiamo le loro gesta, perché questa è la loro storia, ormai. Ecco, un’operazione di questo tipo con una saga che non era mai stata incentrata sull’assassino, ma sui personaggi che lo affrontavano e combattevano, era davvero difficile da condurre in porto. Solo per esserci riusciti, bisognerebbe dare ai Radio Silence una carrettata di premi.
E hanno fatto anche di più: la nuova trilogia in divenire di Scream intrattiene un dialogo fitto e costante con i film che l’hanno preceduta, ma ci tiene a non delegare la sua efficacia a questo dialogo. Ha un’identità precisa, e lo si nota soprattutto in Scream VI, perché, oltre a fare a meno dei personaggi storici, si sbarazza con una certa eleganza anche dell’elemento meta, liquidato senza troppe cerimonie nella sequenza d’apertura, tra le migliori dell’intero franchise. 

Scream 2, se ve lo ricordate, era il meno metacinematografico e il più melodrammatico degli Scream originali: le motivazioni dietro agli omicidi erano personali, con un forte nucleo emotivo; il povero Mickey non era che una pedina nelle mani della mamma di Billy, la vera artefice dei delitti e animata soltanto da un sano e lineare sentimento di vendetta, non da qualche astrusa fissa cinefila. Scream VI è evidentemente figlio di Scream 2, quindi è anche uno slasher più lineare, più tradizionale, se vogliamo. Logico che, essendo nell’universo di Scream, il cinema horror sia comunque molto presente; il terzo atto si svolge in un vecchio cinema abbandonato, c’è un dialogo che adorerete tra Kirby e Mindy e, sempre a Mindy toccherà riassumere per l’ennesima volta le regole del gioco ai suoi amici. Ma questa volta è davvero diverso, e infatti le teorie enunciate dall’esperta Mindy si riveleranno in gran parte fallaci, rendendo quindi il film molto più interessante da seguire. 

Da un punto di vista estetico, Scream VI fa dei passi in avanti da gigante rispetto al film precedente. In parte credo sia dovuto all’allentamento delle restrizioni sanitarie sui set di tutto il mondo, in parte all’ambientazione che è più ampia e ricca (New York al posto della solita Woodsboro), in parte anche al fatto che i Radio Silence hanno pagato il tributo a Wes in Scream V, ma questa volta fanno di testa loro e si scatenano. Di sicuro sentono meno la pressione e sentono più che il film appartiene a loro. Insomma, la pratica dell’eredità è stata sbrigata l’anno scorso. Adesso non c’è nulla che li tenga a freno. Ci sono, di conseguenza, almeno quattro sequenze magistrali nel film, quella d’apertura, quella a montaggio alternato in metropolitana, quella con la fuga dall’appartamento dove vivono Sam e Tara e quella nell’attico di Gale. Scene tesissime, girate con un grande senso dello spazio, un dinamismo funambolico e una dose di cattiveria fuori scala. L’ultima mezz’ora poi è letteralmente esplosiva. Ma è tutto il film a essere potente e visivamente splendido. Infatti non vedo l’ora di tornare in sala per godermelo una seconda volta con la mente più lucida e distaccata. 

I personaggi, già introdotti molto bene in Scream V, qui vengono fuori sul serio, soprattutto Sam, che forse era stata un po’ il punto debole del film del 2022, o quantomeno messa in ombra da Jenna Ortega e la sua Tara. Ortega è sempre e comunque la scream queen per eccellenza dell’horror contemporaneo, ma Melissa Barrera si scrolla di dosso qualunque critica ricevuta in passato ed emerge in tutta la sua forza come l’anima del franchise, come la final girl riluttante e dai tratti ambigui che è necessaria per far si’ che Scream smetta di essere un nostalgico tuffo nel passato e faccia il suo ingresso nella modernità senza voltarsi più indietro. 

È anche il capitolo più gore dell’intera saga fino a questo momento, e anche in questo aspetto dialoga molto bene con Scream 2, il cui tasso di sangue e omicidi superava a destra quella del primo film. Ma dai registi di Ready or Not non mi aspettavo niente di meno. L’ultimo atto, soprattutto, è violentissimo e spietato, e credo ne sarete deliziati come lo sono stata io. 
Di più, senza fare spoiler, non posso dirvi, ed essendo uscito nelle sale ieri sera, non ho alcuna intenzione di rivelare neppure il più piccolo dettaglio sulla trama di Scream VI. Il mio consiglio è di vederlo al cinema, sullo schermo più grande che riuscite a trovare, di godervi ogni secondo di questo film straordinario. Vi divertirete, riderete, piangerete anche un po’, perché Scream è pur sempre una questione di cuore e sentimenti. Ora non ci resta che aspettare il terzo capitolo ed essere felici perché Scream continua ad accompagnarci lungo l’intero arco della nostra vita. 

8 commenti

  1. Jason13 · · Rispondi

    Non vedo l’ora di gustarmelo in sala, ahimé, la settimana prossima. Avevo molta fiducia in questo nuovo capitolo del franchise, e dopo aver letto una simile recensione da una appassionata/innamorata di Scream come te, le aspettative sono altissime.
    Una curiosità: hai visto il film in proiezione normale o nella combo con Scream V proposta da una nota catena di cinema?

    1. No, ho visto solo il VI al cinema. Il V me lo sono rivisto a casa qualche giorno fa!

  2. Vado sabato, molto hype

  3. bell’articolo, sono andato a vederlo questo pomeriggio, forse ne parlo anche io avendo già parlato del resto della saga l’anno scorso

    secondo me i dialoghi italiani (non so l’originale) hanno dei grossi problemi, soprattutto verso la prima parte mentre nella seconda o mi ci ero abituato o con l’azione sono diminuiti; i dialoghi, soprattutto quelli di Mindy e Quinn erano cringey forte…
    e secondo me sempre di sceneggiatura si parla per i personaggi secondari piuttosto vuoti; il ricciolino non ha praticamente nessun dettaglio oltre alla sfiga e stessa cosa per la coinquilina zoccola
    Kirby interessante ma secondo me l’attrice si vedeva che non recitava da un po’, era un po’ forzatina e inibita…

    cmq concordo sul lato gore e la scena di Gale, ho trattenuto il respiro negli ultimi secondi! e le due sorelle hanno una buona chimica insieme^^

  4. Mi viene da dire che Scream sia una lunga storia di crescita e cambiamento, in chiave horror, una storia dove la morte è la scelta (o il trauma, la debolezza, la paura…) per qualcuno e una lotta per qualcun’altro.
    E questo vale sia per i personaggi che per gli spettatori. A me sembra una cosa molto bella.
    Così, a caldo, intanto. Poi ci ritorno sopra di sicuro.
    Besos!

  5. Appena visto.
    Se fosse l’unico film del 2023 sarei contento così.
    Spero che domani mattina il sorriso che ho stampato in faccia sia sparito.

  6. […] Se volete qualche altro parere, qui trovate le recensioni del buon Cassidy e quella di Lucia. […]

  7. Altroquando · · Rispondi

    Condivido tutto. Bellissimo episodio.
    A questo proposito… non so se sono ancora in tempo per formulare una domanda per lo speciale di Paura & Delirio. Non so nemmeno se posso farla qui. Nel caso mi scuso.

    Ho un dubbio che riguarda il termine slasher, genere amato da te, Lucia, e anche da me.

    Solitamente tendo a pensare che lo slasher sia una declinazione horror abbastanza codificata, per quanto all’interno vi si trovino numerose varianti. Omicidi in serie, killer dall’aspetto iconico, luogo isolato e così via.
    In alcuni casi, però, sento utilizzare l’etichetta slasher a proposito di film che fatico a inquadrare come slasher veri e propri. Un esempio frequente è “Alien”, dove l’ambientazione fantascientifica e il particolare contesto, a mio parere, conducono a suggestioni di altro tipo.

    Se a rimandare all’etichetta slasher è la semplice conta dei morti, il numero dei titoli ascrivibili si moltiplica spaziando in tanti generi. L’Animal horror, dove la storia è scandita dalle vittime della belva di turno (quindi “Jaws”, “Razorback”, “Grizzly” e compagnia). Ma tecnicamente anche a un Who done it come “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, si potrebbe apporre l’etichetta di slasher.

    Mi chiedo se potremmo definire lo slasher come un canovaccio adattabile, ma che può trovarsi subordinato ad altri elementi estetici. In “Nightmare on Elm Street”, dove abbiamo tutti gli ingredienti canonici dello slasher, sul gioco delle morti in serie tende a prevalere l’idea degli scenari onirici e dei contrappassi mortali somministrati da Freddy in modo surreale.

    Per questo mi chiedo: quando lo slasher è propriamente un sottogenere horror e quando un ingrediente che possiamo trovare in titoli più variegati?

    Scusa per il pistolotto.

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