La Pasajera

Regia – Raúl Cerezo, Fernando González Gómez (2021)

So che ve le sto facendo a brandelli con l’horror spagnolo, però in questo periodo va così e mi dovete sopportare. È anche un modo per non parlare sempre degli stessi film, giusto? In questo caso, abbiamo una piccola produzione indipendente, due registi giovani alla loro prima collaborazione in un lungometraggio (è da poco uscito il secondo film della coppia, ma io ancora non sono riuscita a vederlo) e un cast che, per il 90% del minutaggio, è composto da quattro attori dentro a un van in viaggio lungo le strade della Navarra.
La Pasajera giunge a noi, al solito, dal festival di Sitges di un paio di anni fa, ed è stato intercettato dalla vostra affezionatissima con un certo ritardo, setacciando la rete alla ricerca di horror in lingua spagnola. Ma sempre meglio tardi che mai, soprattutto perché si tratta di un gioiellino di body horror che, ne sono certa, vi farà passare una bellissima serata all’insegna di parassiti alieni e schifezze assortite. 

L’ambientazione del film è un van su cui viaggiano quattro persone: l’autista, Blasco, che mette a disposizione il veicolo per spostamenti economici, una madre e una figlia che devono andare in un remoto villaggio della Navarra per andare a trovare l’ex marito e padre della ragazza, e una donna messicana molto religiosa. Blasco è un tipo abbastanza spigoloso, a voler usare un eufemismo: rozzo, maleducato, maschilista e sboccato, va subito in diretto contrasto con le sue passeggere adulte, mentre sembra andare d’accordo con la giovane Lidia, se non altro perché condividono il fatto di avere il volto sfigurato per motivi che saranno chiariti in seguito. Durante il tragitto, che è abbastanza lungo, investono una persona lungo una stradina di campagna male illuminata. Dato che la donna è ancora viva, la caricano sul van per portarla nell’ospedale più vicino, ma non è una buona idea. 

Questa, in estrema sintesi e saltando tutta una serie di dettagli più o meno importanti, è la base di partenza di un film che sarà costato quanto un pacchetto di patatine e una birra e, nonostante questo, è girato con grande gusto, parecchie inquadrature che non esito a definire magnifiche e una sorprendente pulizia visiva. Il corpo centrale del film si svolge di notte e in esterni e, al contrario di quanto accade anche in produzioni molto più costose e di prestigio, si vede ogni cosa, i contrasti sono molto accentuati, i volti degli attori si distinguono e, per farla il più breve possibile, non esiste quella lurida patina fangosa che oramai è lo standard di molti prodotti cinematografici e televisivi, quasi che ci si fosse all’improvviso tutti dimenticati di come si illumina un set. Ritrovare, al contrario, questo impegno creativo in un minuscolo film europeo mi ha riempito di gioia e di speranza. Non c’è una legge che impone alle riprese notturne di somigliare a una puntata di Game of Thrones e i colori sono una cosa bella, anche al buio. Usiamoli. 

Il reparto effetti speciali protesici è, anche quello, eccellente: tra muco alieno, volti deformati, teste staccate come tappi di bottiglia e una faccia che, a un certo punto, viene letteralmente strappata via, non ci possiamo di certo lamentare. È quasi commovente la cura con la quale sono realizzate le sequenze a più alto tasso di splatter: come body horror extraterrestere, La Pasajera se la batte con il recente, e divertentissimo, The Seed, tanto per farvi capire più o meno a cosa andate incontro. Parassiti disgustosi che ci entrano negli orifizi e ci cambiano, trasformandoci in mostri assetati di sangue. 
Ciò che rende La Pasajera più interessante della media dei film sullo stesso tema è la scrittura dei personaggi, una graffiante ironia che difficilmente vedrete in un film d’oltreoceano e, sempre perché si tratta di cinema europeo, una minore rigidità e una tendenza a essere molto più indulgenti e rilassati anche nei confronti di protagonisti che saranno anche sgradevoli, ma sono soprattutto umani. 

Manca infatti, e mi riferisco al personaggio di Blasco, quell’atteggiamento che divide il mondo in buoni e cattivi e di conseguenza si priva di qualunque tipo di sfumatura, spesso un po’ troppo presente in tante produzioni che arrivano dagli Stati Uniti.  Blasco è chiaramente l’eroe del film; altrettanto chiaramente è un dinosauro che arriva da un’epoca passata, un uomo che non capisce (o si rifiuta di capire) il suo tempo, che si rifugia in un passato nostalgico e glorioso, e per questo viene sbeffeggiato spesso dall’adolescente Lidia. Ciò non toglie che i due riescano ad allearsi, a comprendersi e, alla fine, persino a volersi bene, e questo senza per forza sposare le idee di Blasco, anzi. 
Se non fosse un’interpretazione troppo ardita per un film che, in fin dei conti, è soltanto una body horror comedy a basso budget, si potrebbe addirittura affermare che La Pasajera sia una metafora del peggior incubo del maschio bianco di mezza età, quello di venire soppiantato da una razza di donne autosufficienti e in grado di riprodursi senza il suo aiuto. Ma forse mi sto davvero spingendo troppo oltre. 

Sta di fatto che potreste divertirvi parecchio con questo film: ammirerete la bravura dei registi nello sfruttare gli spazi angusti della “Vane” (il furgone di Blasco e amore della sua vita), riderete di gusto dei battibecchi tra i passeggeri a bordo, vi commuoverete in un paio di momenti davvero toccanti e per niente ricattatori, e godrete della passione e della precisione con le quali La Pasajera è stato messo in scena, fotografato e montato. Buttate anche un occhio, anzi un orecchio, alla colonna sonora che è perfetta, azzeccatissima e vi rimarrà in testa per parecchio tempo. 
Che bello l’horror spagnolo. 

2 commenti

  1. alessio · · Rispondi

    Grazie della dritta (stasera niente Champions allora). Ho visto il trailer e promette bene. Tra l’altro mi piacciono anche le facce degli attori. Ecco un’altra differenza tra un certo cinema europeo e le principali produzioni americane: i personaggi non sembrano appena usciti da una copertina diretta da Anna Wintour. Credo che in quello stesso anno (2021) al Festival di Sitges passarono anche i lavori di Alex de la Iglesia (Venecifrenia) e Paco Plaza con La Abuela, uno dei più begli horror degli ultimi anni (il regista valenziano quasi mai sbaglia un colpo, e sono vent’anni: da Second Name sino su su a Occhio per Occhio). Veneciafrenia invece è stata una bella delusione, temi impegnativi: dall’ambiente (le grandi navi dinanzi piazza San Marco) al sociale (la gentrificazione) come spunto ma svolti con discreta superficialità, approssimazione (già affidare a un siciliano il ruolo principale di rappresentanza della vecchia Venezia…); ancora, noioso, ripetitivo e con un finale un po’ troppo retorico. Ma io non sono neanche un grande fan del regista basco.

  2. Giuseppe · · Rispondi

    Il qui presente maschio bianco, che da qualche annetto la mezza età l’ha superata, ti fa gli auguri per la ricorrenza odierna (se non fossero graditi, vuol dire che mi manderai a fare in culo)😉
    Quanto al film, questo tipo di invasioni aliene (fatte salve le ovvie differenze fra cinema spagnolo e USA) mi fan sempre pensare un po’ al Joe Begos di Almost Human…

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