
Regia – Christopher Landon (2023)
Per motivi che saranno noti martedì agli ascoltatori di Nuovi Incubi (se tutto va bene) ho dedicato la settimana a Christopher Landon, una delle menti dietro la saga di Paranormal Activity, collaboratore fisso della Blumhouse e regista di Happy Death Day, e relativo seguito, e Freaky. Per questo suo nuovo film, Landon lascia momentaneamente (si spera) Jason Blum, mette da parte il gore di Freaky e si dedica all’intrattenimento fantasy per famiglie sotto l’egida di Netflix, dimostrando di essere anche piuttosto versatile. Più soldi, cast di facce note, distribuzione in streaming, con tutte le problematiche che ciò comporta. E in effetti We Have a Ghost non ha la freschezza di Happy Death Day e nemmeno la genialità sopra di le righe di Freaky: è una commedia fantasy che strizza l’occhio ad analoghi prodotti molto in voga all’inizio degli anni ’90, tipo Casper, per intenderci, o anche Hocus Pocus, con la differenza che We Have a Ghost dura un paio d’ore buone e non si capisce a cosa serva questo minutaggio elefantiaco se non a fare “zuppa” nel calderone Netflix.
We Have a Ghost racconta di una famiglia formata da papà (Anthony Mackie), mamma e figli adolescenti al seguito, che si trasferisce in una casa acquistata a un prezzo scandalosamente basso. Come nella più classica delle storie di fantasmi, la casa costa così poco perché è infestata. Nel caso specifico, a occupare la soffitta dell’abitazione è il fantasma Ernest, interpretato da un David Harbour che si ruba la scena senza pronunciare neanche una parola per tutta la (mastodontica) durata del film.
Non siamo tuttavia in Poltergeist, dal 1982 sono passati più di 40 anni, e un innocuo ectoplasma col riporto non può pretendere di spaventare un diciassettenne armato di smartphone. Il figlio minore, Kevin, fa amicizia con Ernest, che non ricorda nulla del proprio passato, non sa com’è morto, ed è bloccato su questa terra, e decide di aiutarlo.
Il padre ha tuttavia altri piani: i filmati di Ernest finiscono sui social e il fantasma diventa un fenomeno virale, tanto da attirare l’attenzione della CIA.
Sì, c’è parecchia carne al fuoco in We Have a Ghost, e ci sono anche tante cose buone, dovute soprattutto alla capacità di Landon di frullare tra loro generi e registri differenti, caratteristica che ha fatto la sua fortuna fino a questo momento. Qui, oltre alla variazione sul tema dell’infestazione gotica, abbiamo un tocco di murder mistery, in quanto bisogna indagare sul passato di Ernest e capire cosa gli sia accaduto, un pizzico di cinema action con fughe, inseguimenti e incidenti stradali molto spettacolari, una spruzzata di spionaggio con la CIA che cerca di prendere in consegna il povero fantasma in quanto minaccia per la sicurezza nazionale, e tanti buoni sentimenti, che come sapete, qui non sono mai visti in accezione negativa.
È un film garbato, divertente, che a me ha strappato un paio di lacrimucce, in particolare quando si concentra sui rapporti padri-figli, ma forse soltanto perché mi getta un po’ di sale su ferite non del tutto rimarginate. Magari a voi non smuove di un millimetro, ecco.
Chiamarlo horror è difficile, ma anche horror comedy non gli calza poi benissimo. C’è solo una sequenza (dove tra l’altro, c’è una bell’omaggio alla Blumhouse) in cui Ernest si decide a spaventare una troupe televisiva che sta effettuando delle riprese a casa sua. Un po’ per la presenza di Jennifer Coolidge in un cammeo irresistibile, un po’ perché ci avviciniamo, per quanto in maniera molto timida, alle atmosfere che piacciono a noi, è la scena più bella di We Have a Ghost. Per il resto, si ride di gusto, ci sono un paio di ridondanze e di sottotrame che, a stralciarle, si faceva un favore al mondo, e forse si stava anche sotto i 100 minuti, c’è un personaggio, purtroppo interpretato da Tig Notaro, che non ha senso di esistere e poteva essere eliminato senza alcun problema per l’economia e gli equilibri narrativi del film.
La relazione tra Ernest e Kevin è, al contrario, molto ben costruita: in parte Ernest è un padre putativo per Kevin, che col suo non va d’accordo e ha tante cose da rimproverargli; in parte è Kevin che deve proteggere e prendersi cura di Ernest, in un meccanismo narrativo di marca molto spielberghiana. Spielberghiana è anche tutta la sezione dedicata alla CIA che perseguita i nostri protagonisti e vuole portare loro via Ernest.
Gradevole anche la satira sui social, con una challenge di Tik Tok che mi ha causato un mezzo infarto per quanto sarebbe plausibile se davvero a un certo punto si manifestasse un fantasma vero nelle nostre vite passate a scrollare timeline varie. Nulla di feroce o graffiante: ogni cosa, in questo film, è gestita con delicatezza, ed è questa la sua qualità migliore. We Have a Ghost è un film gentile con i suoi personaggi e con il suo pubblico, quindi se vi va di passare una serata poco impegnativa, di intenerirvi, di farvi quattro risate guardando ottimi attori e una messa in scena di classe, fateci un pensierino e date un senso al vostro account di Netflix, che il mio stava facendo la muffa da mesi e mesi.
Bravo Landon, hai fatto vedere che puoi essere anche un regista di commedie per tutta la famiglia. Ora, per cortesia, torna a segare in due la gente in un’aula di applicazioni tecniche, grazie.
Devo confessare che non ho mai visto un film di “Paranormal Activity” con la sola eccezione dell’ultimo diretto da William Eubank,ma solamente per cieca fiducia(ben ripagata) nelle capacità del regista ed anche perchè mi era stato fatto notare da te Lucia che era totalmente slegato nel soggetto e nello stile estetico dal resto della saga,in effetti nonostante ne dicano peste e corna,sto pensando che prima ho poi dovrei recuperarmi la saga!
Ho preferito Freaky ai due (Ancora) Auguri per la tua morte, sebbene anche quest’ultimi li abbia trovati alquanto gradevoli pero… però Freaky ha quel qualcosa in più che, se non nella scrittura, proprio grazie a Vince Vaughn e alla sua fisicità lo preserva dal non perdere quel brio che a tratti sembra smarrire (ed è quel che fa e dà anche David Harbour e il suo corpaccione in Violent Night). Di questo gigante del Minnesota bisognerà prima o poi riconoscergli qualcosa: rubare la scena comica a Owen Wilson in Due Single a Nozze e, nonostante il suo metro e 96 risultare credibile non solo nell’esilarante carattere del ca**one dongiovanni ma ancor quando si scioglie nel finale come un giovane Werther per amore della peperina e viziata Isla Fisher; ancora, girare uno dei film più violenti dell’ultimo decennio (Brawl in Cell Block 99) ma consegnare al suo personaggio una fragilità e dolcezza fuori dal comune e credibile. Per me tanta, tanta roba.
Recupero, sembra molto carino
Un po’ di delicatezza e gentilezza di tanto in tanto non fanno mai male… Ci farò un pensierino 😉