Tanti Auguri! 50 anni di Children Shouldn’t Play with Dead Things

Regia – Bob Clark (1972)

Bisognerebbe creare una categoria cinematografica a parte in cui inserire un film come questo. La si potrebbe chiamare “mattate anni ’70”, con quella punta di allitterazione che fa sempre alta cultura. L’opera seconda di Bob Clark, che poi avrebbe diretto nientemeno che Black Christmas (ma anche La Morte dietro la Porta), è un classico film girato in cortile insieme agli amici, a bassissimo costo e con un impianto concettuale che poteva essere concepito solo in una determinata epoca. Una trama strampalata, un ritmo completamente sbilenco, un gruppo di personaggi surreali, alle prese con situazioni ai limiti del grottesco. Da un punto di vista tassonomico, Children Shouldn’t Play with Dead Things (in italiano, L’Assedio dei Morti Vivent) è una horror comedy, ma se non avete familiarità con le mattate anni ’70 e pensate di vedere una commedia con gli zombi, rischiate avere qualche difficoltà di comprensione.

In teoria, Children Shouldn’t Play with Dead Things appartiene al filone dei fine settimana fuori porta con conseguenze nefaste: abbiamo infatti un insieme di personaggi che si avventurano fuori dalla civiltà per un paio di giorni e si ritrovano alle prese con minacce di tipo soprannaturale. E tuttavia, è molto diverso dal classico horror vacanziero, a partire dalla composizione del nostro gruppo di protagonisti: trattasi di una compagnia teatrale, guidata dal regista Alan (Alan Ormbsy, anche sceneggiatore e tecnico degli effetti speciali) e intenta ad avventurarsi si un’isola-cimitero senza una ragione precisa. Non sono lì in vacanza, non sono lì per allestire uno spettacolo. Sono lì perché Alan è un despota, un sadico e, in generale, una sgradevolissima persona piena di sé e dotata di ego spropositato, che ha deciso di mettere in difficoltà i suoi sottoposti e far prendere loro un grosso spavento. Gli altri lo seguono perché hanno paura di perdere il lavoro. Come vedete, il punto di partenza è già abbastanza teso e le relazioni tra personaggi più complesse della media. 

Le cose peggiorano quando ad Alan viene in mente di inscenare un’evocazione, di profanare delle tombe e di portare nel cottage abbandonato dove la compagnia passa la notte un cadavere per “giocarci”. No, non come in Nekromantik; qui è tutto molto infantile, sciocco e, appunto, teatrale. Il titolo del film è così spiegato, anche perché Alan, tra le sue varie discutibili abitudini, ha anche quella di chiamare i membri della compagnia “children”. E si sa, i bambini non dovrebbero giocare con le cose morte, non è vero?
Non credo di farvi un grosso spoiler se vi dico che Alan e gli altri subiranno le conseguenze delle loro azioni e che, da un certo punto in poi, non ci sarà più nulla da ridere. Il problema è che non c’è stato molto da ridere neppure prima. Assistere a Children Shouldn’t Play with Dead Things è come vedere delle persone non particolarmente simpatiche che si divertono e tu non capisci cosa ci sia di tanto divertente. Mentre il film prosegue, a divertirsi sono sempre meno, fino a che l’unico che ancora crede si stia giocando è Alan. Negli ultimi 15 minuti o giù di lì, nessuno si diverte più. Ma forse cominciamo a divertirci noi. 

Definire questo film lento è usare un eufemismo. Per gran parte della sua durata, vi avviso, vi ritroverete a fissare lo schermo attoniti, mentre davanti ai vostri occhi sempre più sbigottiti, l’insieme di personaggi meno sopportabili del pianeta si esibisce in una serie di dialoghi sopra le righe, una vera e propria rappresentazione senza pubblico, e nemmeno recitata benissimo, a dire la verità; i ragazzi vagano per questa isola, in mezzo alle tombe, riesumano cadaveri, cadono nelle bare, subiscono gli scherzi crudeli di Alan, fanno a gara a chi è l’attore migliore e a chi riesce a evocare Satana nella maniera più efficace. Le loro battute vanno sistematicamente a vuoto, non dicono una cosa sola che riesca a strappare una risata, si mettono in imbarazzo e, ne sono certa, metteranno in imbarazzo voi che avete deciso di sottoporvi a questa visione che pare davvero non andare da nessuna parte. Bambini che giocano a “facciamo finta che” in mezzo ai cadaveri, che non si rendono conto, che nel loro scollamento totale dalla realtà, non capiscono a cosa stanno andando incontro, e alla fine vengono puniti nella maniera più feroce e spietata possibile.

Children Shouldn’t Play with Dead Things è stato girato in due settimane ed è costato in tutto 70.000 dollari. Ha una qualità fotografica bassa anche nel formato blu-ray, quell’aspetto scalcinato e polveroso da cinema indipendente anni ’70 che a me fa impazzire ma ad altri potrebbe fare l’effetto contrario. È, in pratica, un reperto archeologico di mezzo secolo fa, di un cinema d’avanguardia che abbracciava la follia e si rivolgeva allo spettatore senza alcun compromesso, un cinema che non aveva niente da perdere e, proprio per questo, si permetteva di essere radicale. La sensazione principale che si ha, guardando questo film, è quella di una progressiva degenerazione, non soltanto delle circostanze, ma dei personaggi stessi che, nella loro inconsapevolezza, raggiungono uno stato sempre più allucinato, perdono i residui freni inibitori, si fanno trascinare dal loro padre-padrone Alan, un po’ per timore, un po’ per semplice inerzia, in una farsa che può soltanto diventare tragedia.  

Che ciò avvenga, la tragedia dico, è scontato, è ineluttabile, ma Clark riesce comunque a rendere la cosa sorprendente, operando un cambio di registro così repentino e stridente da stordire non soltanto i suoi personaggi che già sono abbastanza storditi di loro, ma lo spettatore stesso, che quasi era scivolato in un torpore soporifero (leggasi: abbiocco) e viene risvegliato da una cacofonia di urla strazianti e gemiti dall’oltretomba, orde di cadaveri rigurgitati dal terreno fangoso dell’isola e morti atroci per i ragazzi della compagnia. Nei pochi minuti che separano la vendetta degli spiriti per la profanazione subita dai titoli di coda, Clark scatena l’inferno sulla terra. Children Shouldn’t Play with Dead Things diventa ciò per cui siamo qui: un film dell’orrore che, soprattutto per come usa il sonoro e per come sfrutta l’ambientazione nebbiosa e umidiccia dell’isola, fa accapponare la pelle e riserva anche un paio di shock visivi niente male. 
Spesso, in questi complehorror, parliamo di film ottimamente invecchiati. Children Shouldn’t Play with Dead Things è un’opera radicata nel periodo storico di appartenenza, imbevuta di cultura hippie (della quale fa anche una discreta satira), un esemplare da manuale di una stagione selvaggia del cinema, non soltanto horror. Difficile quindi giudicare il suo grado di invecchiamento. Di certo è datato, di certo può risultare ostico a un pubblico contemporaneo e abituato a un linguaggio molto distante da questo. Però è un’esperienza da fare, se non altro per conoscere un regista famoso per aver dato vita allo slasher, ma che ha avuto una interessante carriera anche oltre e prima di Black Christmas.

6 commenti

  1. Ohh, il buon Bob Clark! Io ho adorato il suo Deathdream, forse il film di zombie più dichiaratamente politico mai fatto. E anche A Christmas Story, ma quella è un’altra storia 😉

    1. Deathdream è un capolavoro. Forse Black Christmas è un film più “perfetto”, ha una struttura migliore, e tutto il resto. Ma Deathdream ti colpisce al cuore come poche altre cose.

  2. Chi, adolescente, non ha abbozzato una seduta spiritica (salvo poi non dormire la notte e guardarsi le spalle per giorni); o lasciato a metà una partita di calcio per correre in spiaggia a spizzarsi la ragazzina che gli piaceva e che usciva dall’acqua con un costume bianco… Il papà dello slasher Bob davvero uno di noi.

  3. Visto almeno un paio di volte: un horror “sperimentale” che si prende tempi e strade tutte sue, lasciando una costante sensazione di straniamento e pericolo incombente fino al momento in cui Clark non decide di fare sul serio, e allora sî che non ce n’è più per nessuno (come del resto per nessuno noi riusciamo a davvero a empatizzare, essendo stati tutti troppo incoscienti, fessi e manipolati per meritarsi una fine diversa)… Ottima recensione 😉

  4. Della serie “finirà non male, malissimo”
    d’altronde, se ti metti a giocare coi morti…

  5. Black Christmas era uno di quei film che sapevi che esisteva, che era importante ma che non riuscivi mai a beccare. Io l’ho visto (e rivisto) infatti con parecchio horror alle spalle e mi è piaciuto davvero tanto.
    Ho poi un debole per Assassinio su commissione, il mio Sherlock Holmes preferito.
    Questo mi manca ma recupererò!
    Come per Shyamalan, anche per Clark mi piacerebbe una panoramica generale (un articolone, un podcast…) per valorizzare, raccontare e comprendere il suo variegato percorso.
    Besos!

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: