Regia – Corin Hardy (2018)
C’è da dire che avevo degli standard di partenza molto bassi, ovvero quelli dei due Annabelle, che se ci penso comincio a piangere sangue, ma non è poi così malaccio questo terzo spin-off della saga cinematografica dedicata ai Warren; sarà perché qualunque cosa è meglio dei due Annabelle, persino un pugno in un occhio, o sarà perché Corin Hardy riesce a portare un briciolo della sua estetica in un ingranaggio macina incassi che ha ormai un’impostazione predefinita dalla quale non si esce, o ancora, forse il merito è tutto di Maxime Alexandre, che ha una comprensione delle atmosfere gotiche cento volte superiore a quella di Leonetti. Qualunque sia la ragione, credo di essermi abbastanza divertita e di aver anche assistito a delle belle sequenze, messe in scena con cognizione di causa.
Poi sì, purtroppo il film è la solita fiera del jump scare gratuito e citofonato, che non ti coglie mai con la guardia abbassata e l’unica cosa che ti fa saltare per aria è lo sbalzo di volume improvviso. Ma ai ragazzini piace così, per loro l’horror è questo e a vedere una cosa come Hereditary si annoiano.
Però magari, la prossima volta, potrebbero anche prendersi il disturbo di scriverlo, il film, perché quello che continua a distinguere i film della linea narrativa principale di The Conjuring dagli spin-off è proprio la qualità delle storie raccontate e, soprattutto, la simpatia dei personaggi. A Ed e Lorraine Warren si vuol bene; della suora e del prete protagonisti di The Nun (per non parlare del “Francese”) non ce ne può fregar di meno.
Wan è bravo a raccontare questi drammi piccolo borghesi pieni di calore umano: la scena in cui Ed canta Elvis nel secondo The Conjuring è l’esempio perfetto di ciò che intendo per horror caldi e carichi di sentimenti.
Anche lui abusa della tecnica del jump scare, ma spesso ti prende davvero di sorpresa e, quasi sempre, lo fa tramite la macchina da presa, ovvero non si limita a far entrare qualcuno in campo all’improvviso o a staccare sul primo piano del mostro con allegata impennata degli archi; il primo esempio che mi viene in mente si trova nel primo The Conjuring, con quella panoramica a schiaffo sull’armadio a mostrare il demone appollaiato in cima.
Leonetti questa capacità non ce l’ha, per non parlare di Sandberg, che non è neppure in grado di scimmiottare James Wan e al massimo si limita a far saltare fuori cose dal buio, come in quella stronzatella del cortometraggio che gli ha valso l’accesso alle alte sfere dell’horror commerciale, Lights Out. E infatti sta bene dove sta a giocare con Shazam.
Hardy viene dal folk horror irlandese e, in generale, dal cinema indie, quindi possiede già una personalità maggiore, e deve essersi studiato a memoria tutti i film della Hammer, perché The Nun più che un horror vero e proprio è un film gotico con i jump scares messi lì per accontentare il suo pubblico di riferimento, a cui poco cale dell’estetica hammeriana o della sofisticata illuminazione di Alexandre: loro vogliono vedere la suora che sbuca dagli angoli bui e la suora che sbuca dagli angoli bui, insieme ad altre apparizioni assortite, avranno, fino allo sfinimento, fino all’autoparodia.
Ma per noi che siamo un po’ grandicelli e abbiamo qualche visione in più sulle spalle, The Nun diventa interessante solo ed esclusivamente per il suo essere un’opera gotica come non se ne girano più. Forse l’unico modo di far digerire il gotico alle platee cinematografiche contemporanee è infarcirlo di BOOO! dispensati con precisione millimetrica ogni tot minuti, che magari il quindicenne si è addormentato mentre chattava e bisogna dargli una svegliata.
Eppure, c’è modo e modo di dar quello che vogliono in pasto ai ragazzini che pare, in questo particolare momento, chiedano horror, horror e solo horror.
Come lo fa James Wan, come lo fa in parecchie circostanze Blum è, a mio avviso, il modo giusto. Quello di The Nun si situa giusto a metà tra delle ottime intuizioni e delle cadute di tono e stile imbarazzanti.
Infatti, che bisogno c’è di mettere un personaggio che ha l’unico ruolo di fare battutine idiote che smorzano la tensione?
E poi, ci voleva tanto a caratterizzare meglio i due protagonisti, soprattutto Taissa Farmiga, che è molto brava, una scream queen nata, degna sorella di Vera, mortificata tuttavia in un santino monodimensionale?
Soprattutto, è necessario che un film sia solo un collage di sequenze miranti alla conclusione con jump scare e non abbia un’ossatura narrativa che sia una? Il tutto per dar ragione a chi crede che l’horror sia solo divertimento di cattivo gusto per decerebrati?
In altre parole, The Nun è un film sbilanciatissimo sul lato estetico, cui non fa da riscontro una struttura solida, un racconto che riesca a supportare la confezione curata e professionale. Da un certo punto di vista, un passo avanti nel Warrenverse, da un altro, un’ulteriore occasione sprecata con la forte impressione che, allontanato dalla MdP e senza le sue due creature più riuscite, i coniugi Warren, James Wan non abbia ancora trovato la quadratura perfetta come produttore, quella che renderebbe vivo e interessante il primo e, dopo la dipartita prematura del Dark Universe, unico universo condiviso del cinema dell’orrore.
Si tratta di un esperimento che non ha precedenti e che sta dimostrando di funzionare benissimo a livello di incassi, ma è come se agli spin-off non venisse data la stessa dignità dei film dove sono presenti i Warren, come se fossero dei prodotti di seconda fascia, realizzati per capitalizzare il più possibile, privi di alcuna velleità artistica.
Ingranaggi, come dicevo prima. E dispiace, perché, con una scrittura più attenta, The Nun avrebbe potuto funzionare alla grande: Hardy, oltre a dimostrare una conoscenza approfondita della messa in scena Hammer, riempie il suo film di riferimenti a La Chiesa di Soavi e va a pescare persino qualcosina da Fulci, che è sempre un bene; purtroppo tutti questi sforzi si risolvono non solo nell’ennesima baracconata che, lo ribadisco, è esattamente ciò che vi dovete aspettare quando andate in sala a vedere un horror di questo tipo, ma proprio in una vicenda che non lascia la minima traccia di sé nello spettatore, a parte un divertimento epidermico e, per chi bada a certe cose, una cura formale superiore ad altri titoli dagli intenti e dalle (povere) ambizioni simili.
Per il momento, la macchina di The Conjuring non ha alcuna intenzione di fermarsi: stanno arrivando The Conjuring 3, con riprese in partenza a gennaio e senza Wan alla regia, un altro capitolo di Annabelle, perché di brutte notizie non ce n’è mai abbastanza, e The Crooked Man, di cui non si sa quasi nulla, neanche il nome del regista. Procede tutto quindi a pieno regime e, fino a quando gli incassi daranno ragione alla New Line, c’è davvero poco da fare gli schizzinosi.
Lo dico ormai da anni: la stagione straordinaria che sta vivendo l’horror non si arresta in nessun modo e questi film, anche se non rappresenteranno mai la “mia” concezione di cinema dell’orrore, ne fanno parte, e anzi, ne sono il traino principale; quindi, ringraziate Wan e compagnia, e toglietevi quel sorrisetto sussiegoso dalla faccia.
Magari non è malissimo, ma l’idea di vederlo al cinema non mi assilla per niente. E non è perchè odio Wan (non lo odio), perchè odio Blum (non lo odio) e neanche perchè non mi sono piaciuti i due Annabelle (pur trovandoli mediocri, non posso dire mi abbiano fatto schifo): semplicemente, il trailer è imbarazzante (con quel placcaggio che ulula vendetta al cielo, sembra il finale dell’episodio in cui Jason si risveglia nello spazio)
Per carità, speriamo che i giovani accorrano a frotte, se non altro per alimentare economicamente il mercato dell’orrore, ma pavidamente mi defilo.
Però in questo caso Blum non c’entra 😀
Lui con la saga dei Warren non ha niente a che spartire. Di sicuro ha contribuito a riesumare Wan, quando sembrava perso, facendogli girare Insidious, ma poi Wan se ne è andato per altri lidi, dalla WB e dalla New Line!
Ooops 😀
A conferma del mio grande interesse nei confronti della pellicola…
Ma infatti non ti perdi niente, eh… È solo che pensavo davvero fosse molto, molto peggio.
Concordo in ogni singola parola da te scritta. Film che ha superato le basse aspettative e più per una cura estetica sopra la media che per una storia o costruzione dei momenti riuscita.
La speranza è che assumano anche degli sceneggiatori, per gli spin-off!
Giusto perchè amo contraddirmi, ieri l’ho visto con amici. E praticamente concordo al 100% con la tua rece.
Alla fine, il tempo in sala lo passi senza annoiarti. Poi, se vai a scavare nella storia, escono fuori tutte le magagne possibili, ma almeno intrattiene