Cinque storie di fantasmi, anzi dieci

Fantasmi, quindi, per forza fantasmi. In questi giorni, con l’uscita di Nightbird, ne parleremo molto spesso e dovrete abituarvi all’idea. Prima di affrontare però la categoria dei fantasmi cinematografici, con il mio amico Davide abbiamo pensato di proporvi una carrellata delle nostre ghost stories preferite, a blog unificati. In contemporanea con il mio post, infatti, uscirà anche quello su Strategie Evolutive, dove Davide vi parlerà di cinque racconti, romanzi o novelle che piacciono a lui, e commenterà anche quelle che piacciono a me.
Stessa cosa farò io qui. Dieci spunti per leggere qualcosa di bello all’interno della bibliografia dedicata agli spettri che è sterminata. Miracolosamente, siamo riusciti a non ripeterci e a darvi in pasto dieci storie diverse. I commenti di Davide saranno in corsivo.
Buona lettura.

Per quanto riguarda la sottoscritta, il primo romanzo di fantasmi che mi viene in mente è sempre e soltanto Il Giro di Vite di Henry James, perché, detta in maniera molto semplice, non se ne può prescindere. Se si vuole parlare di ghost story, questa è la ghost story moderna per eccellenza. James sfrutta a suo favore i classici elementi di qualunque racconto gotico e, in un certo senso, li fa rivoltare contro il lettore. Ambiguità è la parola chiave, perché James non ci fa mai capire con chiarezza quanto di veramente soprannaturale ci sia nella sua novella e quanto invece sia la mente della governante protagonista a essere uscita dai binari della razionalità. O, ancora peggio, la follia e la possessione non devono per forza escludersi a vicenda, ma possono essere l’una la conseguenza dell’altra, e viceversa.
A parte queste considerazioni, se dovessi spiegare a qualcuno il concetto di eleganza, Il Giro di Vite sarebbe l’esempio perfetto.
Ne sono stati tratti svariati film, nonché una miriade di pellicole la cui ispirazione è evidente, anche se non diretta, come The Others, per esempio. La trasposizione cinematografica migliore, tuttavia, rimane quella del 1961, diretta da Jack Clayton.

Anche Davide ha una storia di Henry James tra le sue cinque: si tratta di The Ghostly Rental: Intitolato in italiano “Il Patto col Fantasma”, è una storia all’apparenza semplice, di una infestazione di periferia. Venne scritta nel 1876. Un vecchio soldato si reca quattro volte l’anno inuna vecchia casa abbandonata per pagare l’affitto al fantasma che la abita. Il fantasma di sua figlia. Ma è molto più complicato di così. James lavora per strati, e se l’impatto non è paragonabile a “Il Giro di Vite”, la storia intrappola il lettore, fino alla conclusione,m crudele e inevitabile.
Mi ricordo di averlo letto da giovane, così giovane che mi sembra sia passata una vita. Era un’edizione della Einaudi, con addirittura una prefazione di Virginia Woolf e dovrei avere ancora il libro da qualche parte, a casa dei miei genitori. Davide mi ha fatto venire voglia di correre a cercarlo e di rileggerlo il prima possibile, per rinfrescare la memoria. Non posso dire altro, se non che, come tutto ciò che mi è capitato di leggere di James nel corso della mia vita, era straordinario.

Sempre Davide sceglie Ghost Story di Peter Straub: “Se leggerete un solo libro di fantasmi quest’anno…”
Il romanzo che segnò la fortuna di Straub, venne pubblicato nel 1979. Straub venne paragonato a King da coloro che non avevano letto il libro, ma solo la sinossi. Perché se l’impianto di base di Ghost Story è “kinghiano” – piccolo centro di provincia, gli eventi del passato che gettano la loro ombra sul presente, un approccio “generazionale” – lo stile, il linguaggio, e anche la filosofia che sottende l’orrore di Straub è lontana dall’irruenza del King deglia nni ‘70 e ‘80. Chissà, forse è perché King è un appassionato di rock, mentre Straub predilige il blues e il jazz. La trama è nota: un gruppodi anziani gentiluomini della buona borghesia di provincia si ritrovano periodicamente per narrarsi storie di spettri, ma il loro passato nasconde un crimine che sta per tornare a perseguitarli.
Ci fecero anche un film, nel 1981, con Fred Astaire, Melvyn Douglas, Douglas Fairbanks, Jr. e John Houseman, che per quanto imperfetto, riesce a sfuggire all’impressione di essere un cimitero di elefanti.

Ghost Story è un romanzo enorme e non per la sua mole, ma per come ti obbliga a non schiodarti mai dalla lettura e ti sbalordisce a ogni giro pagina. È anche un racconto originalissimo, che narra avvenimenti terribili senza calcare la mano, mantenendo anzi un certo distacco, non dico ironico, ma quasi affettuoso nei confronti del gruppo di anziani protagonisti. Mi è sempre piaciuta la scelta di Straub di usare dei personaggi non più giovani, in un momento, il boom della narrativa horror a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80, in cui (grazie anche alla spinta propulsiva del cinema) il genere cominciava a essere appannaggio esclusivo di ragazzini. In realtà, non l’ho inserito qui solo perché sapevo che l’avrebbe fatto Davide e ho preferito lasciare questo piacere a lui. Io, di questo stesso autore, ho scelto un altro romanzo.

Julia è il primo romanzo di Straub ad avere elementi soprannaturali. C’è una storia curiosa dietro la nascita di uno degli scrittori horror più importanti degli anni 80: Straub non nasce come autore di narrativa fantastica, anzi. Solo che il suo agente, dopo un rifiuto da parte di una casa editrice, gli consiglia di provare a scrivere un qualcosa di gotico. E così arriva Julia, e con esso, anche la carriera di Straub.
Forse è per questo che ci sono così affezionata: è il romanzo da cui tutto è cominciato e, a parte tutto, è un gran bel romanzo, sinistro quanto basta, con picchi di crudeltà da lasciare attoniti e con un’ottima protagonista e una storia che Straub riesce a sbrogliare un po’ per volta, mandando spesso e volutamente fuori strada il lettore, instillando seri dubbi (come ne Il Giro di Vite) sulla sanità mentale del personaggio principale e (a differenza de Il Giro di Vite) spalancando poi la porta al soprannaturale puro.
Su qualche bancarella si trova ancora. Bellissima anche la versione cinematografica con Mia Farrow del 1977.

Davide rilancia con Haunted di James Herbert: Romanzo del 1988 e primo di una serie, Haunted è una piccola storia cattiva di una infestazione personale, di un cacciatore di spettri scettico ma dotato di una sensibilità medianica nella quale non crede.
Un libro che ha dei debiti colossali con tutta la letteratura fantasmica precedente, ma che non suona come un remix tape di brani celebri, ed ambisce ad una sua originalità. Herbert, narratore popolare nel senso più profondo del termine, non va troppo per il sottile, ma mostra una energia narrativa inarrivabile.

Io ad Haunted dovrei dedicare un post a parte: il protagonista, David Ash, è una specie di medium e cacciatore di spettri con qualche tratto in comune con la mia Irene.
Herbert lo leggevo con avidità quando ero giovanissima. Di questo romanzo in particolare, ricordo soprattutto l’angoscia e la cattiveria, caratteristiche tipiche dell’autore, non certo famoso per andare per il sottile, ma sempre efficacissimo quando si trattava di far rimpiangere al lettore il momento in cui aveva preso in mano il libro.
In Italia mi pare fosse uscito con il titolo di Stregata che però non rende affatto l’idea, espressa in maniera molto precisa dal romanzo, di essere infestati, personalmente. Non maledetti che non è sufficiente, proprio infestati. Da riscoprire, di sicuro, insieme al film che non è malaccio, ma è un po’ troppo distante dalla morale crudelissima del testo di riferimento.

A questo punto, a costo di essere banale, devo per forza mettere in mezzo Shirley Jackson e il suo L’Incubo di Hill House. Ho perso il conto dei romanzi dell’orrore che ho letto. Siamo nell’ordine di centinaia, se non di più, e nessuno è riuscito a trasmettermi l’inquietudine e, in alcuni frangenti, l’assoluto terrore che mi ha trasmesso questo.
È una ghost story in cui gli spettri non si vedono mai, e molto probabilmente, neanche ci sono. E tuttavia è l’epitome della casa infestata, o ancora meglio, di quello che King chiama il Brutto Posto, che non ha ragioni precise per essere tale, esiste e basta, ed è la sede di una malvagità assoluta.
Ma la Jackson si spinge anche oltre la nozione di male quasi metafisico e inspiegabile, perché Hill House è come un gigantesco specchio distorto che riflette e sfrutta le personalità e quindi le debolezze dei personaggi per impadronirsi di loro, assimilarli, contagiarli con la sua stessa follia.
Se tutto questo non dovesse bastare, è il romanzo con l’incipit più bello di tutta la storia della narrativa gotica.
Chi non ha visto o non conosce il film di Wise tratto dal romanzo è una brutta persona.

Anche la prossima storia scelta da Davide avrei voluto inserirla io, perché è un capolavoro e, ancora oggi, mette una paura che non so spiegarvi: ci starebbe bene anche “Nostra Signora delle Tenebre”, ma la domanda è sempre la stessa: sono davvero fantasmi, i paramentali di quel romanzo? Sono spettri che infestano il paesaggio urbano, o sono qualcosa di nuovo, diverso, qualcosa di “oltre”? Meno problemi ce li dà il fantasma di fumo della storia breve omonima, uscita nel 1941, che è un fantasma fin dal titolo, e che riprende e aggiorna i temi cari a James (M.R. ma anche Henry), trasferendo nell’aria inquinata e nella notte urbana quel qualcosa di malevolo che ormai non può più limitarsi a vecchie dimore vittoriane, ma infesta NOI. Qui. Adesso.
Screen-Shot-2015-12-02-at-8.00.45-PM1Il Fantasma di Fumo di Fritz Leiber  è attuale, presente, come se fosse stato scritto da appena un paio di settimane e non più di settant’anni fa. Il modo in cui si prende sottilmente gioco degli stereotipi della narrazione gotica, con tutto l’armamentario di apparizioni gementi, catene ed ectoplasmi che fuoriescono da antichi cassettoni vittoriani è ammirevole. Ma è agghiacciante ciò con cui Leiber sostituisce questa serie di cliché: un incubo uscito dagli aspetti più deteriori della modernità. Un fantasma rinnovato e alimentato dalle mostruosità di un mondo in continuo cambiamento.
Anche questo racconto lo potete trovare, se avete fortuna, su qualche bancarella all’interno di una delle svariate antologie in cui è stato inserito. Buona caccia, ne vale assolutamente la pena.

Io, che sono meno raffinata di Davide, ho trovato un posticino per un romanzo di Matheson un po’ sottovalutato, Io Sono Helen Driscoll.
C’è chi preferisce Hell House a questa stranissima storia di ipnosi e fantasmi, e non del tutto a torto. Ma di dimore infestate ho già parlato troppo e credo che A Stir of Echoes (titolo originale molto più evocativo della sua controparte italiana) abbia dalla sua l’idea di ambientare una vicenda gotica (ipnosi, sedute spiritiche, spettri vendicativi, segreti inconfessabili) in un piccolo sobborgo americano, con protagonisti del tutto ordinari che conducono vite altrettanto ordinarie. C’è questa atmosfera piccolo-borghese che rende l’esperienza della lettura molto straniante, soprattutto se siete abituati a concepire gli ectoplasmi come un qualcosa da relegare in vecchi castelli cadenti o in dimore sperdute in mezzo alla campagna.
Invece no. Qui ci sono le casette a schiera, i mariti che escono al mattino e tornano a casa per cena, le mogli che attendono in casa occupandosi della figliolanza.
E che, forse proprio per questo, ogni tanto tendono a dare un po’ di matto.
Di Stir of Echoes esiste una trasposizione più che decente, anche se molto diversa dalla fonte, soprattutto nel finale. È datata 1999 e il protagonista è Kevin Bacon.

Questo l’ho letto anche io quando è uscito quasi quattro anni fa, autoprodotto dalla sua autrice Lily Childs. Si tratta di Within Wet Walls ed è la singolare storia di un’infestazione raccontata dal punto di vista del fantasma.
Un outsider per chiudere la serie. Nel suo racconto autopubblicato del 2014, la Childs remixa Scott, Dickens e M.R. James ma esattamente come nel caso di Herbert il risultato è pienamente originale.
Storia crudele, perversa, sensuale e grottesca, pare incredibile quante idee l’autrice riesca a comprimere in una storia breve, e come tuttavia sia l’atmosfera ad essere ciò che colpisce e cattura il lettore.
E poi, si tratta di una storia di spettri narrata da uno spettro.
Ma quelli della Childs non sono gli spettri dei nostri nonni.
Ecco, se cercate qualcosa di diverso dal solito e se volete conoscere un’ottima scrittrice contemporanea, questo breve racconto di una trentina di pagine è esattamente ciò di cui avete bisogno. È una di quelle storie che vi farà sentire a disagio e, cosa abbastanza rara per la materia trattata (i fantasmi sono incorporei per eccellenza) c’è una sensualità perversa, una voluttà nella decadenza, che vi procurerà più di un brividino lungo la schiena. È solo in inglese, purtroppo, ma è talmente breve, e talmente ben scritto che non sarà affatto faticoso leggerlo.

Chiudo con William Hope Hodgson, che non può mancare quando si parla di ghost stories preferite, ma nominare per l’ennesima volta Carnacki non avrebbe resto giustizia a questo grandissimo autore, e quindi ecco la novella che concilia la mia passione per i fantasmi con quella per il mare, e che deve essere sicuramente servita da ispirazione a John Carpenter quando ha girato The Fog. Parlo de I Pirati Fantasma, che potete trovare qui, in un’antologia contenente tutti i racconti di mare di Hodgson (sì, vi giuro che ne riparleremo).
La storia di Jessop, l’ultimo superstite del vascello Mortzestus vi farà accapponare la pelle, proprio per la sua vaghezza, l’impossibilità di essere preciso nella narrazione che ha come conseguenza il poter dare solo informazioni generiche, ricordi frammentari, forse inaffidabili.
Marinai che salgono in coffa e spariscono senza lasciare traccia, un nebbia che avvolge il ponte e impedisce di vedere, strane figure che escono dall’acqua di notte e, alla fine, il profilo minaccioso di una nave, apparso dal nulla.
Nessuna versione cinematografica, in questo caso, ed è un peccato. Ma io non dispero.

Spero che questa breve carrellata tra spettri di ogni tipo vi sia piaciuta e vi abbia dato qualche spunto interessante di lettura, oltre ad avervi fatto venire voglia di dare un’occhiata al mio Nightbird.

 

 

11 commenti

  1. […] coi miei commenti, e poi le mie cinque storie preferite. E se farete un salto sul blog di Lucia, Il Giorno degli Zombi, troverete di nuovo la sua lista, e la mia commentata dalla padrona di casa. Complicato? Certo […]

  2. Io sono Helen Driscoll l’avevo letto alle medie e l’avevo adorato anche se mi aveva abbastanza inquietata mentre L’incubo di Hill House l’ho letto solo pochi anni fa (dopo aver visto entrambi i film) e l’ho trovato elegantissimo, qualcosa di diverso da qualunque libro horror abbia mai letto.
    Giro di vite è una delle mie “promesse”, nel senso che vorrei leggerlo da anni e chissà perché rimando sempre ma gli altri non li conoscevo proprio… messi tutti in wishlist ammazzonica, qualcosa per kindle si trova, anche in inglese! 🙂

    1. Sì, per Kindle trovi tutto, almeno in inglese. diciamo che la reperibilità è un problema soprattutto nella nostra lingua. Ho cercato di mettere i link, dove possibile, alle versioni tradotte, ma non ci sono per tutti, purtroppo 😦

  3. valeria · ·

    tra questi conosco – e adoro – “il giro di vite” e “l’incubo di hill house”. al momento, manco a farlo apposta, sto leggendo “ghost story”, davvero intrigante (tra l’altro il film mi era piaciuto molto, ma a giudicare dal punto in cui sono arrivata a leggere hanno tagliato/semplificato un bel po’ rispetto al libro, o sbaglio?). avevo già in lista “io sono helen driscoll” (il film con bacon secondo me andrebbe riscoperto, lo trovo ingiustamente sottovalutato) e “haunted” (anche di questo, conoscevo la versione cinematografica, che vista a 7 anni mi aveva abbastanza impressionata, lo ammetto). aggiungo subito gli altri titoli! 😀

    1. Sì, ci sono stati parecchi tagli nella versione cinematografica di Ghost Story, ma questo succede in ogni trasposizione che si rispetti, specie quando il materiale è così complesso.
      È strano, infatti, che il film con Bacon sia stato trattato così male. Per essere un horror uscito alla fine degli anni ’90, pure troppo bene era venuto fuori 😀

  4. Fabrizio · ·

    Vergognoso che un autore come Straub non sia presente sugli scaffali delle librerie italiane dai tempi della Casa del buio, il libro scritto a 4 mani con King.
    Detto questo:
    posso segnalare (consigliarti no, lo conoscerai sicuro) di Henry James un altro grandissimo racconto di fantasmi? ‘L’angolo allegro’, reperibile anche col titolo ‘L’angolo bello’.
    Scusa della licenza
    Alla prox

  5. Fabrizio · ·

    Altra piccola intrusione e me ne vado, promesso.
    Per me la novella-capolavoro-assoluto-del-genere è (per tutto: per stile, capacità evocativa, tetraggine, malinconia, angoscia) è assolutamente
    ‘Il crollo della Casa Usher’ di Sua Maestà Edgar Allan Poe.
    Ci tenevo a dirvelo 🙂

  6. Giuseppe · ·

    Penso che mi getterò a pesce sugli unici due titoli a me ancora del tutto sconosciuti, quelli della Childs e di Leiber… ah, e nemmeno io dispero che I Pirati Fantasma (volume in collana “100 pagine 1000 lire”, custodito più che gelosamente) trovino finalmente la via per approdare su grande schermo 😉

  7. lizardinthebottle · ·

    Mi sentirei di consigliarvi il racconto “Le Horla” di Maupassant. Non è la “solita” ghost story. Trattasi di un diario allucinante scritto dal protagonista forse anch’esso allucinato. Niente fantasmi, sostituiti da una “Presenza”. A me colpì molto.

    P.S. Debutterà a Marzo su AMC “The Terror”. Serie tv horror-fantasy prodotta da Ridley Scott. Grande cast. Il trailer sembra promettere una buona dose di soprannaturale.

    1. Sì, ricordo quel racconto, perché in adolescenza ebbi una cotta mostruosa per Maupassant e lessi ogni cosa riuscissi a trovare scritta da lui, quindi anche i racconti fantastici. Andò avanti per mesi, fu un amore splendido, quello con Maupassant 😀

      E The Terror lo aspetto con tanta ansia perché è tratto da un romanzo enorme di Dan Simmons.

  8. Ciao seguo con regolarità il tuo blog e anche questo articolo l’ho letto con interesse. Non conosco quasi nulla di quello che citi a parte qualcosa di James ed Hill house, che, scusami, ho trovato un romanzo davvero, ma davvero brutto ed insulso. Mi è venuto subito da fare un paragone con Marsten House e l’ho trovato impari, perso a mani basse. Seppure sia King stesso ad ispirarsi a Hill House e la citi in Salem’s Lot, ritengo casa Marsten il vero covo del male, un male che si percepisce e regna a prescindere, senza prendere neppure in considerazione i suoi inquilini. Come lui cita nel romanzo è lei a richiamare certi personaggi e non il contrario. Tornado sul pezzo… cavolo… ma non succede mai nulla, i personaggi sono davvero tutti odiosi e ingessati, per non parlare dei dialoghi e dei siparietti comici (nel senso peggiore del termine) che mettono in piedi.
    Boh io avrei messo Poe, come sopra già citato. Per il resto ho letto cose entusiastiche sul romanzo di Straub e penso che mi ci butterò a breve.
    Un saluto 🙂

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