Regia – Zak Hilditch (2017)
Settimana decisamente kinghiana, questa. All’interno dell’anno più kinghiano da che io mi ricordi. Non tanto per la quantità degli adattamenti, ma per la loro qualità: se un tempo girava la stramba leggenda secondo la quale tutti i film tratti dai romanzi di King facevano schifo, oggi quella leggenda non ha più senso di esistere. Non che lo abbia mai avuto perché, a fronte di decine e decine di trasposizioni, quelle buone superano di gran lunga quelle pessime. Il problema semmai erano le versioni televisive di romanzi e racconti troppo pesanti per il povero mezzo (sterco di satana) che si era arrogato il diritto di sostenerli. Inoltre molto spesso (e soprattutto nel periodo di collaborazione con De Laurentiis), i film tratti da King erano serie B pura e semplice. Uno dei miei preferiti, anzi, forse il mio preferito in assoluto, è The Night Flier e se non è un B movie quello, non saprei a cosa altro applicare la definizione.
Nell’anno del Signore 2017, il muro che divideva serie A da serie B cinematografiche è stato in parte abbattuto: vediamo B movie multimilionari in sala e produzioni di serie A ma con un budget che avrebbe impensierito un produttore di exploitation anni ’70 arrivano addirittura gli Oscar: è tutto mischiato, tutto confuso. Per esempio, cos’è Netflix? O meglio, come possono essere catalogate le produzioni originali Netflix? Serie A o serie B?
I budget non sono mai faraonici, ma la confezione è spesso esteticamente superiore allo sforzo economico che sta dietro ai film. Roba per il piccolo schermo, ma fino a un certo punto, perché alcuni campi lunghi di 1922 non sfigurerebbero affatto in sala e comunque parecchi film finanziati da Netflix nei cinema ci sono arrivati senza problemi.
Difficile quindi rispondere a un quesito simile. O forse è proprio in Netflix che risiede la nuova serie B, quell’intrattenimento solido e non decerebrato, che si situa esattamente a metà tra la voglia di sperimentare degli autori e l’esigenza della produzione di realizzare a getto continuo film e serie tv con cui nutrire a nastro un pubblico enorme e vorace.
La libertà creativa di cui godono i registi che lavorano alle produzioni Netflix è infatti nota a tutti. In fin dei conti, sulla piattaforma streaming quello che scegli di vedere è responsabilità tua, non ci sono censure né autocensure preventive e di questo l’horror ringrazia sentitamente. Non c’è neanche la paura di sfornare film troppo “lenti” per il pubblico che frequenta le sale cinematografiche o di fare cose troppo strane, fuori dai parametri del cinema (che odio per questa etichetta) “commerciale”.
E infatti il miglior adattamento kinghiano dell’anno (seguito a ruota da IT e di pochissimo) lo hanno sfornato loro con Il Gioco di Gerald, mentre questo 1922 non si situa poi così lontano dai picchi di Flanagan. Forse ha meno fascino perché la novella da cui è tratto non è così conosciuta e si trova all’interno di Notte Buia, Niente Stelle, che è forse la raccolta più scialba mai pubblicata da King, almeno secondo la mia modesta opinione, sempre bene sottolinearlo.
Nella raccolta, comunque, 1922 spicca come la migliore delle quattro novelle presenti, una storia tipicamente kinghiana, dove un personaggio che potrebbe essere il modello di tutti i “cattivi” raccontati da King narra le vicende che hanno portato alla sua autodistruzione a posteriori. Non ci sono dunque sorprese o colpi di scena particolari, ma soltanto la lenta discesa di un uomo nell’inferno della sua cattiva coscienza.
Regista della trasposizione (e autore della sceneggiatura) è quel Zack Hilditch che, un paio di anni fa, aveva diretto These Final Hours, amatissimo da queste parti, ma mai rivisto perché capace di ridurre in pezzi anche il cuore più insensibile. Australiano, Hilditch è alla sua prima prova oltre i confini del suo paese, e a lavoro su un materiale di partenza non suo. Dall’Australia si porta dietro un occhio privilegiato per i campi lunghi e da These Final Hours la capacità di analizzare i meccanismi della colpa e del rimorso a essa legato.
Kinghiano di vecchia data è invece quel figo della Madonna di Thomas Jane, che finalmente pare aver ripreso ad apparire al cinema e in tv con una certa regolarità. Per lui, questo è il terzo adattamento kinghiano da protagonista, dopo The Mist e Dreamcatcher. Interpreta qui un personaggio molto sgradevole e negativo, l’agricoltore Wilf, che uccide la moglie con la complicità del figlio (da lui manipolato fino a convincerlo a partecipare all’omicidio) per qualche acro di terra.
Non è una storia piacevole, 1922, non ci si può identificare con nessuno, perché ogni individuo rappresentato nel corso del film ha la sua dose di grettezza e di avidità, nessuno si salva e non ci sono scappatoie. Sono vite profondamente segnate, quasi predestinate dalla malvagità.
1922 più che un horror, è un melodramma gotico americano che sconfina nel soprannaturale in alcuni punti, ma lascia molti dubbi sulla sua effettiva presenza nella storia. Una volta compiuto il delitto, per Wilf e il figlio Henry non ci sarà più pace. E se per Wilf la persecuzione assume la forma tangibile dello spettro della moglie assassinata, alla guida di un esercito di ratti, per il povero Henry, vittima e colpevole allo stesso tempo, la punizione sarà forse ancora più atroce, perché non del tutto meritata. Ma è così, nell’universo kinghiano in cui si è abbandonati a noi stessi e dove ogni scelta sbagliata si paga tre volte tanto. Una volta che ci si è macchiati con il sangue, non si torna più indietro.
Sono concetti che abbiamo imparato a riconoscere nelle pagine di King, soprattutto nei racconti brevi, quelli più perfidi e spietati, e Hilditch sembra averli assorbiti pienamente e fatti propri, realizzando un adattamento che è fedele in maniera quasi filologica e, allo stesso tempo, del tutto autonomo rispetto al testo, nel senso che non è necessaria la lettura della novella per godersi il film, non viene utilizzata come una stampella, ma come base solida di un film che ha una vita tutta sua.
Thomas Jane, che sfodera un accento del Midwest che a tratti è un biascicare quasi incomprensibile e un’aria ottusa e stolida, ma con dei lampi di furbizia animale, ci regala una delle sue interpretazioni migliori, talmente bella da eclissare il resto del cast, non da buttare (molto brava è anche Molly Parker, nel ruolo di Arlette), ma soverchiato da Jane, un attore che ha sempre sofferto di una incomprensibile sottovalutazione. Il suo Wilf emerge poco e poco, dalla rozza ignoranza dei primi minuti di film alle sottili manipolazioni psicologiche di cui è capace per raggiungere i suoi scopi, fino al ritratto di un uomo devastato, nel corpo e nella mente, e che aspetta soltanto la morte per porre fine al dolore che ha rivestito le macerie della sua vita.
L’andamento di 1922 è quello di un veicolo lento e corazzato: procede piano, sonnecchia quasi, ma poi ti passa sopra e ti spezza tutte le ossa una a una. Slow burn è il termine più usato per descrivere questo film nelle recensioni americane, ed è azzeccatissimo: 1922 è un film che non ha mai fretta di arrivare al dunque, che si conquista il suo pubblico minuto per minuto: è uno stillicidio fatto di sguardi, di piccoli gesti, di atti irreparabili che però non sembrano tali sul momento, di attimi di puro terrore che spiccano come acuti in una nenia sommessa. In alcuni frangenti, soprattutto quando racconta l’avanzare del tempo e l’alternarsi delle stagioni, quando si immerge nei filari di granturco (con vari ammiccamenti a I Figli del Grano), quando mostra i campi spogli sotto la neve, diventa addirittura grande cinema da grande schermo.
Niente spaventi a buon mercato nell’incedere solenne di Arlette, perché l’orrore sussurra nelle orecchie dei colpevoli e mostra loro il destino che gli è stato riservato a partire dall’esatto istante in cui hanno deciso di diventare assassini.
Allora non sono l’unico a pensare che Thomas Jane sia sottovalutato! Personalmente ho fatto fatica a riconoscerlo nei primi minuti di film, quando ho realizzato che era lui mi è venuto un colpo. Penso che qui abbia fatto un gran lavoro di attore.
Non ho letto il racconto (mia piccola mancanza), ma penso che per poter apprezzare appieno la personale discesa all’inferno del personaggio sia necessario conoscere un minimo King e il modo che ha di descrivere i suoi personaggi. Motivo per il quale, secondo me, ho letto commenti da ghigliottina in giro.
Il film mi ha stregato, comunque. Davvero notevole, finale lovecraftiano e poi, cazzo, Thomas Jane.
Thomas Jane è uno dei miei eroi. Mi piace persino il suo Punitore, per dire…
Qui è impressionante, ma anche in The Mist era un protagonista eccezionale. Il problema è che gli danno pochi ruoli con questo spessore-
Che commenti hai letto in giro? Dai, fammi soffrire con te 😀
Dai vari MAH e BAH, a cose tipo “da noia”, “un po’ monotono”, ma monotono de che? Poi “caratterizzazione inesistente”, gente che non lo ha finito di vedere e il migliore te lo cito testualmente:
“Potrei definire il personaggio principale”monoespressione”. Film di un piatto allucinante e noioso. Attori scadenti, senza personalità, inespressivi e deludenti. Per me è no assoluto. ”
Ti avevo avvisato eh 🤗
Mio Dio, la gente quanto mi fa schifo 😀
Quanto ti capisco!
Questo devo ancora vederlo, ma non ho letto il racconto quindi non sto col fucile puntato. Però mi sono voluto togliere le ragnatele dalla memoria e ho fatto la conta di quanti adattamenti da King non ho apprezzato, in parte o per nulla – esclusi i film per la tv – e insomma, ce ne sono. Per esempio Cell, Cimitero vivente, Fenomeni paranormali incontrollabili, Cujo, Grano rosso sangue, Il tagliaerbe, Cimitero vivente. Anche Brivido, ma quello non conta, se l’è adattato da solo. Ovvio, ce ne sono poi di molto, molto belli. In generale, forse ciò che spesso è mancato è una personalità cinematografica all’altezza di quella letteraria. Forse.
Tu pensa che invece a me Firestarter, Cujo e soprattutto Pet Sematary sono piaciuti tantissimo.
Mi aspettavo una bacchettata del genere 🙂 Vabè, volevo solo dire che a mio gusto qualcosa di vero nella leggenda c’è. Poi io questi li ho visti al cinema e negli stessi anni ne uscivano altri secondo me decisamente superiori (tipo Christine) e nel ricordo subiscono.
Ma non era una bacchettata, ci mancherebbe. Cujo e Firestarter sono proprio B Movie, mentre Pet Sematary, secondo me, sul finale supera addirittura a destra il romanzo.
Se devo nominare un adattamento cinematografico brutto, ti dico subito Dreamcatcher, ma anche il romanzo non era poi questa gran cosa.
Ho voluto rivedermi Pet sematary e, non dico piaciuto tantissimo, ma certamente è molto meglio di quel che ricordavo. Sinistro e malsano al punto giusto, con diverse scene che rimangono impresse (altre un po’ così, specie nella seconda metà) il bambino risorto inquietantissimo per non parlare del gatto. Chissà, quella volta al cinema ero malgirato, oppure dopo trent’anni sono migliorato anch’io 🙂
Ma infatti io sono convinta che sia uno degli adattamenti più interessanti da King. Ho una predilezione per quelli degli anni ’80 con la patina da serie B. Questo sta un po’ a metà tra serie A e serie B. E ti dirò, pure il seguito non era male, anche se non c’entra più niente con King era più Kinghiano di King stesso.
Accidenti a te, mi costringi pure al bis.
Eh sì, carino anche questo. PIù sbracato, ma con una vena sardonica che al primo manca.
Sì, pure quello. Naturalmente il fatto che Cujo e Firestarter siano B-movie non influiva sul giudizio, li ricordo semplicemente come poco riusciti. Mi sa che il peggiore comunque è l’unico diretto da King medesimo.
Per chiudere vagamente in tema, ti è capitato di sentire l’Anthology dedicata ai temi dei film di Carpenter riarrangiati da John e figlio? Ascoltati uno dopo all’altro non si può fare a meno di pensare che se anche avesse fatto solo il compositore per il cinema, Carpenter sarebbe lo stesso un gigante.
Sì, la sto ascoltando proprio in questi giorni. Sono anche andata a vederlo dal vivo qui a Roma l’anno scorso, il buon Carpenter ed è stato il concerto più bello della mia vita. E io ne ho visti parecchi 😀
Sono due ore che cerco un concerto più cult con cui ribattere, ma non ce l’ho 🙂 (uno dopo all’altro invece è un refuso di vecchiaia)
Ecco, stavo per scrivere che ti invidio un po’ per questo, ma non sarebbe stato del tutto vero: sì, perché io ti invidio TANTISSIMO per questo! 😀 Il Maestro dal vivo, cazzo! Non è che un giorno ci potresti dedicare un post, per caso? 😉
Per quanto riguarda 1922 anch’io sono a digiuno del racconto, cosa che di conseguenza contribuirà a non crearmi preconcetti circa l’adattamento. E per Thomas Jane parto avvantaggiato, non avendo MAI avuto preconcetti su di lui 😉
Ora manca solo il racconto del tizio che fa un patto col diavolo e la raccolta è completa! 🙂
Scherzi a parte, non mi aspettavo molto dal film anche se il racconto mi era piaciuto molto, invece l’ho trovato veramente bello: ragionato, per nulla frettoloso, angosciante come piace a me.
E sì, Thomas Jane con la parlata da patata in bocca e quello sguardo assurdo è perfetto 🙂
Vero, perché hanno fatto sia quello del camionista sia quello del marito serial killer. Ma non li ho visti 😀