Bisognerebbe fare uno studio accademico sul casting dei film d’azione anni ’80. Non tanto sui protagonisti, quanto sui comprimari o gli antagonisti. Esisteva, all’epoca, un esercito di attori con delle facce che erano romanzi. In questo film diretto da Walter Hill da una storia di John Milius, l’esercito è presente quasi al completo e in gran spolvero: c’è Powers Boothe che fa il narcotrafficante, Michael Ironside che fa il capo della Zombie Unit, Rip Torn che fa il vecchio sceriffo; poi ci sono loro, i membri della Zombie Unit, tra cui spiccano due faccini come quelli di Clancy Brown e William Forsythe. Senza tenere in considerazione che il personaggio principale è interpretato da Nick Nolte.
Volti scavati e poco raccomandabili, ma in grado di raccontare, da soli, la loro storia. Proprio ciò che serve al cinema di Hill, così povero di parole e così ricco di gesti. Gente capace di farti capire con una semplice occhiata tutta la storia che si porta sulle spalle, evitando al regista la necessità di raccontarla. Oggi, con i divi ragazzini, diventa un imperativo spiegare le loro motivazioni, perché il loro aspetto, da solo, non dice niente, non ha storia, non ha passato, narra il nulla. E questo nulla va riempito in qualche modo. Forse è anche per questo che i film durano 180 minuti, mentre a Hill bastava un’ora e mezza, titoli di coda compresi.
Milius doveva girare Extreme Prejudice nel 1976. Aveva la sceneggiatura pronta, ma scelse di dedicarsi a Un Mercoledì da Leoni. Il copione rimase allora in naftalina per anni, quando venne acquistato dalla Carolco Pictures, che assunse Hill alla regia. A sua volta, Hill fece riscrivere la sceneggiatura a Harry Kleiner, già autore di Bullit, dove Hill era stato aiuto di Peckinpah. E già qui dovremmo aver capito dove il film sarebbe andato a parare.
Non si tratta, quindi, di una vera e propria collaborazione tra Hill e Milius. Per quella bisogna aspettare il 1993 e, quando sarà il suo turno, ne parleremo.
Nel caso di Extreme Prejudice (uso il titolo inglese per pigrizia), la storia originale di Milius è rielaborata da Hill e Kleiner e il film, montato e tagliuzzato diverse volte e mancante di ben 40 minuti rispetto alla prima stesura, è uno strano ibrido tra western e spy story. A partire da metà film in poi, la parte di spionaggio è del tutto lasciata perdere (sempre per i problemi di montaggio di cui sopra) e deflagra quella western, in un omaggio finale a Il Mucchio Selvaggio di una bellezza da lasciare senza fiato.
Extreme Prejudice parla innanzitutto di due amici d’infanzia divenuti nemici in età adulta. Il primo, Nolte, è un integerrimo Teas Ranger; il secondo, Boothe, è un boss del traffico di droga. I due condividono anche l’amore nei confronti di una donna (Maria Conchita Alonso), che ora è la compagna del Ranger, ma ha avuto, in passato, una storia con il personaggio di Boothe.
In questa dinamica si inserisce la Zombie Unit, un gruppo di soldati dichiarati morti in combattimento e ora operanti sotto copertura, e apparentemente sguinzagliati dal governo per fermare il traffico di droga tra Stati Uniti e Messico.
Queste tre forze in rotta di collisione arriveranno a scontrarsi in una cittadina messicana di confine. E lì parte la famosa sparatoria, tra le cose più violente mai girate da Hill. Una vera e propria strage della durata di diversi minuti, dove si sente il dolore per ogni ferita inferta dalle armi, dove i fori di proiettile eruttano spruzzi di sangue a favore di macchina da presa e dove si muore male e in mezzo alla polvere e al sudore. Che cosa meravigliosa, il cinema.
Il resto del film è una lunga ed estenuante preparazione a quello scontro, inevitabile, data la granitica cocciutaggine dei personaggi. Tutti fermi nelle loro posizioni di partenza, inflessibili, i “buoni” come i “cattivi”.
C’è posto per un briciolo di rimpianto, ma senza alcun sentimento nostalgico (e qui si vede quanto il soggetto di Milius sia stato fatto proprio da Hill, quasi stravolto, oserei dire) per l’amicizia perduta. Ma è roba che ormai appartiene al passato, non si torna più indietro, neanche con i ricordi. Il ranger non si sposta di un millimetro nella sua incorruttibilità quasi caricaturale; il trafficante non ci pensa proprio a cedere; i membri della zombie unit vanno avanti come carri armati verso il loro destino. Cosa può venire fuori da questi caratteri di pietra?
La morte, semplice.
Fa eccezione l’unico personaggio femminile del film. E qui mi prendo un minuscolo spazio per controbattere a quanti sono convinti che, nel cinema di Hill, non esistano protagoniste femminili di spessore. A parte che il termine spessore, riferito a personaggi che, spesso, sono mere funzioni narrative, è da ritenersi fuori luogo, quando si parla di Walter Hill, più interessato all’azione e al dinamismo che all’introspezione. Ma (e ci sarebbe anche da parlare della Mercy de I Guerrieri della Notte) l’unica donna presente in Extreme Prejudice non si limita a essere la fidanzata del Texas ranger e l’ex fiamma del suo amico/nemico boss della droga. Maria Conchita Alonso è il solo essere umano con un briciolo di raziocinio e flessibilità in una gabbia di matti scatenati. Ed è importante anche sottolineare come sia, alla fine, lei a uscirne a testa alta. Tutto senza fare un uso eccessivo di dialoghi e didascalie, limitandosi a mostrare in campo differenti linee di condotta e sistemi di valori.
Perché Extreme Prejudice non è un racconto epico. Al contrario, sembra avere, in alcune estremizzazioni caratteriali, dei tratti addirittura satirici, se non proprio parodistici. I Cavalieri dalle Lunghe Ombre raccontava un certo tipo di epica, sempre e comunque della sconfitta, ma di epica si trattava. Qui è finito nel dimenticatoio anche l’afflato epico, nonostante i ralenty della sparatoria e il duello vecchio stile tra i due vecchi amici dopo la strage. È come se gli espedienti stilistici e narrativi tipici del western americano venissero utilizzati da Hill con lo scopo di svuotarli di senso ed enfasi.
Girato da Milius, il film avrebbe avuto tutt’altro tono. Hill ne ha fatto un altro tassello della sua personalissima revisione del cinema americano classico, con quel pizzico di disillusione aggiunta e un atteggiamento più da professionista molto ben pagato che da autore vero e proprio, com’è tipico di gran parte della sua filmografia post Strade di Fuoco.
Forse Extreme Prejudice soffre un po’ di un andamento a singhiozzio, con il troncone dello spionaggio che fa fatica ad amalgamarsi alla perfezione con quello western. Di sicuro i rimaneggiamenti al montaggio non hanno aiutato, in tal senso.
E tuttavia, ha un paio di sequenze che bilanciano alla grande queste lievi mancanze: oltre alla sparatoria già citata, ci sono una rapina al cardiopalma e un bell’agguato per rifarsi gli occhi con li stile chirurgico di Hill. E, ribadiamolo, la parata di caratteristi esibita è davvero di lusso. Attori così non li fabbricano più. O forse sì, ma nessuno ha più il coraggio di costruire loro un film intorno.
Infatti mi ricordo in un’articolo di aver letto che ha Hollywwod facevano fatica a trovare attori con le facce giuste per il genere d’azione a me l’unico che viene in mente e Jason Statham di quella scorza,nel film è Nolte vestito da cattivo in nero mentre Power Boothe(senon ricordo male anche in Southern Comfort) e vestito di bianco e anche in Danko il cattivo dice ha Arnold “se io non esisto ,tu non esisti”e Ironside era la voce originale di Sam Fisher della serie videoludica Splinter Cell,il film l’ho ricordo non male ma nemmeno riuscitissimo comunque grazie al post ho capito il motivo.
Uno dei miei Hill preferiti. Se non sbaglio in tv non lo passano mai.
Volti che ti dicono chi sono, senza bisogno di parlare inutilmente. Volti che non sperano in niente (la speranza, ammesso ci sia mai stata, è stata dimenticata da un pezzo), ma sparano molto bene perché lì, ormai, a parte Conchita nessuno crede più che ci siano altri modi per regolare i conti in sospeso. Un ancora grande e disincantato Hill, in un film dai pochi difetti e dai molti pregi…
Mi hai fatto scoprire un film che mi sembra molto interessante.
Si deve ripescare, via