Ouija: L’Origine del Male

ouija-origin-of-evil-4 Regia – Mike Flanagan (2016)

Considerando che:
1) È il prequel di un film di merda.
2) Si ispira a un gioco da tavola della Hasbro.
3) È un prodotto Blumhouse PG13 realizzato appositamente per uscire ad Halloween e quindi rastrellare tipo rete a strascico ogni tipologia possibile di pubblico.
4) È costato 9 milioni di dollari e ne ha incassati 43 in tutto il mondo anche prima di Ognissanti.
Si può dire che Flanagan riesce a cavare il sangue dalle rape.
Perché di questo si tratta, di tirare fuori qualcosa di decente dal nulla più assoluto. Un’impresa che il nuovo stakanovista del cinema horror è riuscito a compiere non so neanche io bene come. Intendiamoci, a scanso di equivoci: Ouija 2 non è un capolavoro, non è Oculus e non è neanche Hush, ma è un buon film, al netto di tutti i suoi limiti intrinseci che abbiamo già elencato. Diverte, spaventa e, se si ha la pazienza di sopportare quella decina di jump scares piazzati alla bisogna (credo servano per svegliare gli adolescenti che si abbioccano), può persino vantare un’ottima scrittura. E ce ne vuole a scrivere una sceneggiatura che abbia un minimo di senso partendo dall’idea di dover sponsorizzare un giocattolo. È chiaramente un film girato su commissione (di Jason Blum e Michael Bay), ma è altrettanto chiaro quanto Flanagan ci abbia lo stesso voluto mettere del suo. Lo ha scritto (insieme al suo collaboratore fisso Jeff Howard), diretto e montato e si vede, per nostra fortuna. Vedere come la resa finale, tutto sommato, tenga senza troppi problemi, oltre a essere un passo avanti gigantesco rispetto al suo predecessore, dovrebbe essere la dimostrazione pratica del fatto che, se proprio devi compiere un’operazione biecamente commerciale come questa, almeno falla bene e tutti saranno contenti. Soprattutto, affidala a uno con le idee molto chiare e che il cinema è in grado di farlo anche a partire da presupposti ridicoli.

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Già la trovata di farne un prequel, ambientato negli anni ’60, è significativa, perché lascia Flanagan libero di buttare nel gabinetto il primo film e di procedere per conto suo. Certo, alcuni elementi vanno ereditati per forza, e sono tutti quelli relativi alla tavoletta Hasbro, alle regole da seguire (e immancabilmente infrante) per utilizzarla senza correre rischi, a tutta una iconografia visiva che va dal buco nel segnalino attraverso cui si vedono le entità, alle bocche cucite con ago a filo. Ma Flanagan ha il buon gusto di risparmiarci la struttura da teen horror del primo capitolo e va a rifugiarsi in un territorio a lui più consono: la famiglia. In particolare, il rapporto tra sorelle.
Una donna rimasta vedova da poco che, per crescere le sue due figlie (Doris, di 9 anni e Lina, di 15), organizza false sedute spiritiche. Per renderle ancora più reali, acquista una tavoletta Ouija, un giocattolo, appunto. Solo che la piccola Doris è una medium vera e, con la tavoletta, diventa il tramite di forze soprannaturali presenti nella casa dove la famiglia abita. All’inizio, sono tutti convinti che Doris riesca a comunicare con il padre scomparso, ma ci si renderà conto presto di non avere a che fare con degli spiriti benevoli.

La prima cosa che differenzia in maniera netta il film di Flanagan dal suo predecessore è la presenza di una storia forte. Non la semplice trama, che è derivativa com’è ovvio che sia. Il nucleo narrativo di Ouija 2 risiede nelle tre figure femminili protagoniste, in quello che insieme hanno passato, nel modo in cui cercano di sopravvivere, collaborando e sostenendosi a vicenda. Sono personaggi di cui ci interessa conoscere il destino, per cui stare in pena e sperare che non accada nulla di brutto. Le dinamiche tra loro tre sono molto naturali, realistiche, umane. Ouija 2 è un film con un’anima, cosa rara nel serraglio Blumhouse, un film dove si è lavorato più alla costruzione di personaggi credibili e profondi che all’allestimento del teatrino degli spaventacchi a buon mercato, che purtroppo non mancano, ma almeno non è stato loro costruito intorno tutto il film.

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C’è poi un’ambientazione anni ’60 diversa dal solito. Non sono gli anni ’60 un po’ posticci e sfavillanti di tanti film, sono degli anni ’60 grigi e quotidiani, che sembra riposino sotto strati accumulati di polvere. Forse ricreare un’epoca così caratterizzata nel nostro immaginario cinematografico dandole un’impronta di povertà (ma non sciatteria, sia chiaro) è dovuto ai 9 milioni di dollari di budget di cui sopra. Ma io credo sia stata una scelta molto ponderata, in parte per far quadrare i conti e in parte affinché il film avesse un’atmosfera dimessa e piccolo-borghese, in linea con le sue protagoniste.

Ed è molto bello il contrasto che tutto questo crea con la regia di Flanagan, al solito preziosa, elegante, piena di piccoli tocchi di classe. Quando non è obbligato per esigenze di scuderia a piazzare il balzo sulla sedia, Ouija spaventa in maniera sofisticata. Fanno più paura il monologo di Doris sullo strangolamento o la terribile fionda al contrario, di tutte le volte in cui ci vediamo spuntare la ragazzina da dietro un angolo buio. Ma, in alcuni casi, persino il jump scare non lo vedi arrivare e ti coglie impreparato, perché la macchina da presa ti depista e non riesci a capire in tempo da quale punto del fotogramma sbucherà l’apparizione o quando. Nel novanta per cento dei casi, si tratta di momenti del tutto fini a loro stessi ed evitabili. Ma vi assicuro che quel paio che Flanagan piazza a tradimento non si dimenticano.

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Insomma, Ouija 2 si è rivelato un ottimo compromesso tra un tipo di horror più intelligente e “adulto” e il classico prodotto marchiato Blumhouse, ovvero lo spettacolo circense per ragazzini. Ed è il terzo film in un solo anno per Flanagan, che neanche mi pare troppo stanco, dato che sta già girando l’infilmabile Il Gioco di Gerald per Netflix, con Carla Cugino (sempre una gioia rivederla), questa volta senza Jason Blum alle spalle e, come spesso accade quando si tratta di Netflix, con la possibilità di agire in completa libertà creativa. Si vocifera, inoltre, che sia a lavoro sulla sceneggiatura del remake di So Cosa Hai Fatto. E sarebbe un sogno realizzato vederlo alle prese con uno slasher.

Piccola postilla: oramai ho sperimentato un parametro infallibile della qualità di un horror, se visto al cinema: è sempre inversamente proporzionale al gradimento del pubblico di adolescenti seduti in sala. Se cominciano a sbuffare, a giocare coi telefoni, a ridacchiare come tanti imbecilli, allora state certi di star assistendo a un bel film.

10 commenti

  1. valeria · ·

    io avevo evitato come la peste il primo ouija (già solo il trailer era orripilante), ma non mancherò di dare un’occhiata a questo prequel; un po’ per l’ambientazione (che adoro), un po’ per il regista, che fino ad ora non mi ha mai deluso. recensione splendida, come sempre 🙂

    1. Grazie!
      Guarda, il primo film mi aveva fatto resistere mezz’ora e poi avevo mollato. In seguito, sono riuscita a vederlo sino alla fine, perché pensavo fosse necessario per capire il prequel. Invece lo puoi vedere tranquillamente ignorando il primo film.

  2. The Butcher · ·

    Stavo evitando di vedere questo film visto la qualità che aveva il primo (che considero un disastro sotto tutti i punti di vista), ma il fatto che il regista abbia messo qualcosa di suo e sia riuscito a fare uno script niente male mi fa ricredere. E poi l’ultima frase da te detta mi ha fatto ridere. Quindi vale veramente la pena di vederlo.

  3. A volte un titolo è talmente compromettente da far alzare difese a priori. Non Mi attirava proprio per niente!

    1. Sì, dopo il disastro del primo, aspettarsi un flop era lecito e naturale.

      1. E’ anche troppo facile diventare prevenuti

  4. Giuseppe · ·

    Beh, Flanagan rimane sempre una grande garanzia. Di stile e di contenimento dei danni, direi, in caso di un film legato a un predecessore molto poco illustre come il dimenticabilissimo Ouija: anzi, leggendo la tua rece, mi viene anche da pensare che non sarebbe poi una cattiva idea farne subito un remake diretto da lui medesimo…
    P.S. Sul parametro infallibile della qualità di un horror non posso che concordare al 100% 😉

    1. È una sentenza, te lo assicuro 😀

  5. Quella cosa della tavoletta assieme ad altri compagni l’abbiamo fatto a scuola vicino alla capella dove c’erano sepolti i fondatori della scuola stessa,noi eramo entrati e uno dei gemelli De Conto(identico al Kurgan di Highlander di faccia e altezza 2 m quasi) rimase fuori,dentro le tombe erano tutte sfondate con le ossa tutte in giro,per forza di notte ci passava una setta a fare riti,i muri erano pieni di scritte innegianti Satana,666 e altro,infine non ci andammo più.
    Scusate l’uscita nostalgica
    Sicuramente sarà meglio di quello che ho visto su Rai 2 Dean Koonz Whispers,da questo romanziere ho notato che ne hanno tratti molti di film

  6. Visto anche questo (poi commento gli altri) – 1, Somnia (speriamo bene)
    Il film non e’ brutto, ma… c’e’ un ma, forse e la storia che e’ un po’ stupida, certo la regia di Flanagan fa miracoli,
    non oso pensare che cosa poteva uscire da un altro regista, sicuramente una boiata.
    Ritroviamo Annalise Basso (Oculus), Kate Siegel (Hush, Il gioco di Gerald),
    e Doug Jones (Absentia).
    Ho notato una cosa strana guardando il film, durante la visione appaiono dei segni strani, come dei cerchi gialli lampeggianti in alto a destra sullo schermo, inoltre in un’altra scena c’era qualche altra immagine che non sono riuscito a vedere (non cerchi). Devo riguardarlo al computer per vedere cosa sono.
    Voto 7, sono di manica larga, ma solo per Flanagan.

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