Regia – Hèctor Hernández Vicens (2015)
Vedere un film di questo tipo, per me che ancora devo riprendermi dal trauma di Deadgirl, ha necessitato un notevole sforzo. Anzi, devo dirvi la verità: non volevo proprio vederlo. Su certe cose sono vigliacca fino in fondo. Ma poi mi è arrivata la notizia che il regista, lo spagnolo Vicens, che qui firma il suo esordio in un lungometraggio, è da poco sbarcato a Hollywood per dirigere il remake di un film che mi sta giusto un tantino a cuore. Per la precisione, si tratta del film che ha dato il nome a questo blog, una cosetta senza pretese, insomma, di scarsa importanza per la storia del cinema horror. Come minimo ti devo tenere d’occhio, se sei il regista del rifacimento de Il Giorno degli Zombi, no?
A quel punto sono obbligata a farmi coraggio e ad affrontare la visione di questo film che, è vero, non ha nulla a che vedere con i morti viventi, ma si occupa di un argomento che si può considerare contiguo o, in parte, affine al modo in cui la filmografia sugli zombi si è sviluppata negli ultimi anni e proprio a partire da quel personaggio memorabile che fu Bub, lo zombi autocosciente nel capolavoro di Romero.
Anna Fritz è un’attrice famosissima, giovane e molto amata che muore, durante una festa, in circostanze non chiare. Il suo corpo viene portato all’obitorio, dove un inserviente del turno di notte pensa bene di fotografarlo e inviare gli scatti a due amici, che si precipitano alla morgue per ammirare il cadavere ancora fresco della diva.
Dalla semplice ammirazione, si passa facilmente alle vie di fatto. E qui il film, che potrebbe essere scambiato per una specie di torture porn ad alto tasso di perversione, prende una piega inaspettata e si trasforma in un thriller psicologico.
Il twist è inserito a pochi minuti dall’inizio e cambia tutta la prospettiva da cui stavamo osservando le azioni dei tre personaggi. Analizzare il film ignorando quella svolta particolare è impossibile. Si può soltanto dire che il tema necrofilia è affrontato con un pudore e una delicatezza rari e che, a parte un seno visto di sfuggita, alla povera Anna non si scopre neppure un centimetro di pelle. Vicens è bravissimo a non precipitare nel triviale, ed è altrettanto bravo a trasformare noi spettatori in una massa di guardoni, costretti a spiare un atto innominabile prima da lontano e poi andando stretto sul volto di chi lo sta perpetrando.
Se non avete visto il film, non proseguite nella lettura, perché da qui in poi abbonderò in SPOILER. Se invece lo avete visto o non pensate che conoscere il twist potrebbe rovinarvi la visione, andate avanti a vostro rischio e pericolo.
Il cadavere di Anna Fritz non è un cadavere. La ragazza è ancora viva e si risveglia, paralizzata e senza voce, proprio mentre uno dei tre la sta violentando. Credo che una delle cose che ricorderò finché campo è l’espressione di assoluto terrore stampata sul viso di Alba Ribas nel momento in cui apre gli occhi e realizza cosa le stanno facendo. È un attimo che non mi vergogno a definire di grande cinema, pur in un prodotto del tutto indipendente, costato tre lire, girato in una sola location e con appena quattro attori. Grande cinema perché, con una sola inquadratura e nello spazio di pochi secondi, Vicens ci fa precipitare nel punto di vista della vittima, cancellando dall’equazione (e dal fotogramma) lo stupratore, che resta un’ombra sfocata sullo sfondo. Non è da tutti riuscire a raccontare una vicenda tanto ignobile con questa eleganza, rimanendo concentrati su chi la violenza la sta subendo, colpire lo spettatore allo stomaco, ma senza alcun intento scandalistico o exploitativo. Scusate se insisto tanto, ma di come portare sullo schermo una faccenda delicata come lo stupro, se ne è discusso fino alla nausea, arrivando addirittura a chiedersi se sia lecito farlo. Io credo che sia lecito, a patto che lo si faccia con cognizione di causa.
La parola chiave, in questo caso è disumanizzazione. Per i ragazzi arrivati apposta all’obitorio per vedere il corpo nudo di un’attrice morta da poco, Anna Fritz non è un essere umano. E infatti, quando si risveglia, il più carismatico dei tre decide di ucciderla, affinché tutto venga messo a tacere. In fondo, nella morgue ci sono solo loro e Anna è ufficialmente morta. Non cambia niente.
La ragazza viene ripetutamente apostrofata dai suoi aguzzini come “cagna”, “troia” e altri gradevoli epiteti di questo genere: te la sei cercata, se ti sei risvegliata la colpa è tua, noi stiamo solo dei bravi ragazzi che volevano un po’ di trasgressione. Non vi suonano familiari questo tipo di giustificazioni?
Ma che siano loro a disumanizzarla è una cosa normale, è l’impianto su cui si regge tutto il film. Non sorge mai, neanche un solo minuto, il dubbio che di questa disumanizzazione sia partecipe anche il regista. E deve essere questo il metro per giudicare come vengono resi su grande e piccolo schermo certi temi a rischio.
Cosa c’entra tutto ciò con il remake prossimo venturo di Day of the Dead? Io sono convinta che ci sia solo un modo per svecchiare la filmografia sui morti viventi, quella strada che lo stesso Romero aveva cominciato a delineare più di trent’anni fa e che è stata seguita da pochissimi epigoni del maestro creatore dello zombi moderno, ovvero l’indagine sui concetti di disumanizzazione e oggettivazione delle vittime. Non so se ricordate una scena de La Horde in cui i protagonisti si mettevano a torturare, per divertimento, una morta vivente, con delle dinamiche che avevano delle sinistre assonanze con un uno stupro di gruppo.
Vittime che però non ci stanno a rimanere tali, che si rialzano e mordono.
Anna Fritz combatte e si difende. Non si rassegna a essere un corpo che passivamente subisce una serie di aggressioni, ma lotta come può, con tutte le circostanze a sfavore. E, quando la sua furia si scatena, ciò avviene in maniera indiscriminata, com’è giusto che sia, ma senza alcun compiacimento da parte del regista nel mostrarci la sua vendetta. A quel punto non ha importanza con chi si siano stipulate alleanze temporanee, quale dei ragazzi abbia offerto un minimo di aiuto, chi di loro sia più o meno “cattivo”: la rivendicazione della propria identità di persona, da parte di Anna, è tale da non badare a queste sottigliezze, non la si può più fermare, qualsiasi dilemma etico si siano posti i personaggi nel corso del film, perde automaticamente il suo valore. È stata la scelta iniziale, quella di considerare quel corpo morto su un lettino di un obitorio niente altro che un corpo su cui sfogare i propri istinti, a condannarli. Perché quel corpo, quell’oggetto è, ora più che mai, un essere umano.
E non ha intenzione di perdonare nessuno.
Mi hai fatto venire in mente due film,Il Branco dove gente di un paesino di Roma violentavano in un casolare ripetutamente due ragazzine tedesche con la scusa che erano 2 autostoppiste e Big Bad Wolwes dove il padre di uno vittima si rivela un torturatore senza umanità e comunque qualche mese in America una ragazza svenuta per l’alcol in un cortile di un college viene violentata dalla stella sportiva che viene punita in modo molto blando in più il padre di costui insultò la ragazza sui social,In pratica se dormite all’aperto e vi succede qualcosa è colpa vostra!
Speriamo nel remake de Il giorno degli zombi
Infatti il film, estremizzando e semplificando, parla proprio di questo. Ed è molto intelligente e delicato nel farlo.
Speriamo bene sul serio.
anche questo lo avevo in lista, avendone letto bene pressochè ovunque. il tema non è certo dei più facili e parecchio disturbante, ma dato che ne parli così bene mi è salita una discreta curiosità 🙂 quasi quasi ci faccio un pensierino nei prossimi giorni, ti farò sapere 🙂
Io temevo molto di non riuscire a digerirlo. Certe storie mi fanno stare malissimo, poi va a finire che la notte non dormo, che mi prendono gli attacchi d’ansia e somatizzo persino un po’.
E tuttavia, non è che non sia un film duro, però è molto più delicato di quanto pensassi.
Interessante! Non ho proseguito per non spoilerarmi tutto. Come posso procurarmelo?
Soliti canali… però non so se ci sono i sottotitoli in italiano. Io l’ho visto con quelli in inglese
Un film di un regista che ha il fegato di dirigere il remake nientemeno che de Il Giorno degli Zombi mi incuriosisce a prescindere, lo ammetto, e no, conoscere il twist non mi rovinerà la visione (anche perché mi aspettavo qualcosa del genere, a dire il vero)…
Sono contenta che abbiano scelto un regista europeo per un’operazione del genere. Le prime immagini dal set promettono bene. Io credo che potrebbe sorprenderci in positivo
La necrofilia è al momento attuale al di là delle mie (pur ampie) possibilità di spettatore, ma l’idea resta interessante.
Non conoscevo, sembra davvero un buon film
Visto per pura curiosità via streaming, ma devo dire di non averlo granché apprezzato, certo bisogna mettere da parte il cervello, per non domandarsi come abbiano potuto dichiararla morta se era solo in catalessi, siamo nel XXI secolo; encefalogramma piatto? Boh.
Siamo dalle parti del Buio Omega, e sono passati quasi 40 anni da quel film.
Non è stato apprezzato neppure nella natia Spagna dato che ha guadagnato solo 36.000€.Immagino che sarà costato qualche euro di più. Se il regista puntava alla denuncia contro gli stupri sulle donne incoscienti, penso che ha mancato il bersaglio.