Regia – George A. Romero (1993)
C’è chi ama parlare di film brutti, sia che si tratti di film usciti male sia che, al contrario, si tratti di film realizzati apposta per essere brutti. In entrambi i casi (e soprattutto nel secondo) è un atteggiamento che faccio fatica a capire, dato che cerco di dimenticare un pessimo film dopo pochi minuti dalla visione e quei prodotti confezionati allo scopo di essere coperti di ridicolo mi fanno rabbia e tristezza.
Tuttavia, a me piace parlare di film sfortunati, quelli che non necessariamente possono essere definiti “brutti”, ma che hanno qualche mancanza, qualche difetto che ne rende claudicante il cammino. Film che vengono rimossi con facilità dalla memoria collettiva, film considerati estranei alla carriera del regista che li ha diretti. Ecco, La Metà Oscura fa parte del gruppo, molto ampio, dei film sfortunati. Non è un ottimo film, per carità: dura quasi due ore e, davvero, con una trentina di minuti in meno, non si sarebbe perso nulla e, anzi, ne avrebbe giovato il ritmo, in alcune sequenze da colpo di sonno; ha delle scelte discutibili in fatto di trucco e costumi, per cui l’antagonista è abbigliato come un sosia di Elvis e, se forse tutto questo funzionava su carta, al cinema è al limite del ridicolo involontario; più di tutto il resto, soffre di una fedeltà al romanzo di riferimento che sa tanto di stanca acquiescenza, quasi Romero temesse di far scontento l’amico Stephen King. Non c’è un guizzo, non c’è un tradimento autoriale in grado di far capire al pubblico che si tratta di un film di George Romero. E tuttavia, non è neanche un film pessimo. Intrattiene il giusto, ha degli splendidi effetti gore dal vero, anche se dosati con il contagocce e lasciati quasi solo per il finale, un protagonista (Timothy Hutton) in un doppio ruolo, che offre una interpretazione efficace in entrambi e una regia, per quanto anonima, di buon livello professionale.
La Metà Oscura è un filmaccio (per la definizione di filmaccio, vi rimando a questo post) tratto da un romanzaccio, uno di quelli che più mi diverto a leggere di King, perché è davvero, al netto di tutte le velleità sul tema del doppio e sulla scrittura, una roba da B movie o da un episodio di Ai Confini della Realtà. Uno pseudonimo stronzo che prende vita e uccide tutti quelli che hanno contribuito a far si’ che la sua identità fosse rivelata al mondo e quindi a decretarne la fine. Uno pseudonimo che non ci sta a morire e vuole prendere il posto del suo creatore. Il fatto che tutto abbia inizio quando, nel cervello del protagonista da bambino, trovano un occhio, una narice e un dente che appartenevano a un gemello assimilato prima della nascita, aumenta a dismisura quell’atmosfera da racconto della cripta che si può assaporare nei lavori più riusciti di King.
E quello che i critici hanno imputato al film come suo principale difetto, ovvero la mancanza di una spiegazione logica per la materializzazione di uno pseudonimo nella vita reale, lo si ritrova pari pari anche nel libro. Non credo ci sia bisogno di una spiegazione: George Stark esiste e basta, è arrabbiato, è vendicativo e non vuole sparire nel nulla da cui è venuto. Nel momento in cui si cerca di dare un senso logico alla sua vendetta, crolla tutto l’impianto su cui libro e film sono costruiti. Sta a voi decidere se valga la pena di sospendere l’incredulità.
Ma io penso che ne valga la pena, lo penso sia da lettrice sia da spettatrice, anche perché una percentuale molto ampia di racconti dell’orrore si basa sull’ingresso, inspiegabile e inspiegato, dell’impossibile nel quotidiano, quindi mi rimane difficile da capire l’accanimento proprio su questa storia in particolare. Forse è dovuto al fatto che Romero ha impostato il film più come un thriller psicologico che come un horror vero e proprio, dando troppo spazio a quelle che, in un normale B movie, sarebbero semplici scene di raccordo. Da un thriller psicologico ci si aspetta una struttura di ferro, cosa che La Metà Oscura non ha e che pure il romanzo era lungi dal possedere. È una storia che, se presa seriamente, diventa molto farraginosa, infarcita di troppi elementi: il gemello morto ancora prima di formarsi, la funzione di psicopompi dei passeri, l’elefantiasi letteraria e la verbosità del libro trasferite di peso anche nel film. Per questo, pensando a La Metà Oscura, il primo aggettivo che mi viene in mente è “sfortunato”.
Una sfiga che ha colpito questa opera di Romero da tutti i punti di vista: era la seconda volta che il regista lavorava con un budget alto e con una produzione di un certo livello ed era, invece, la prima in cui si trovava a dover gestire degli attori importanti. Non solo Hutton, ma anche Michael Rooker (a interpretare lo stesso personaggio cui avrebbe anche prestato il volto Ed Harris, lo sceriffo di Castle Rock Alan Pangborn) e, in un piccolo ruolo, addirittura quel mostro sacro di Julie Harris. La Orion Pictures ,che aveva già finanziato e distribuito Monkey Shines, il film precedente di Romero, sarebbe andata in bancarotta a riprese quasi ultimate e questo avrebbe comportato un ritardo di quasi due anni nell’uscita del film nelle sale. La Metà Oscura, pronto nel 1991, arriva al cinema solo nel 1993 e non riesce neppure a recuperare i costi. La breve incursione di Romero al di fuori delle produzioni a basso costo termina qui e c’è chi dice che l’intera carriera del regista finisca proprio con La Metà Oscura. Non siamo poi troppo lontani dalla verità: Romero non sarebbe tornato dietro la macchina da presa fino al 2000, con Bruiser e, per alcuni (non per me) La Terra dei Morti Viventi, targato 2005, è da considerarsi un fallimento.
Non so che sorte poteva avere La Metà Oscura se fosse stato realizzato come un B movie senza troppe ambizioni o se Romero avesse provato a metterci del suo, invece di appiattirsi su un immaginario, quello kinghiano che, nonostante l’amicizia e la collaborazione con lo scrittore del Maine, poco gli apparteneva.
Sta di fatto che il film funziona soprattutto nelle rare esplosioni di violenza, quando Romero, invece di lasciarli fuori campo, insiste sui dettagli macabri e sul gore. E così abbiamo l’operazione iniziale al cervello e il finale, con tanto di orgia di passeri e George Stark letteralmente divorato vivo.
Sul set, per girare quella scena, erano presenti 4000 uccelli. Oggi li si ricreerebbe tutti in CGI, ma all’epoca era necessario, oltre agli innesti in post produzione, comunque utilizzati, che gli animali fossero presenti nel corso delle riprese. Inoltre venne ricostruito (come potete vedere qui sopra) un modello a grandezza naturale della parte superiore del corpo di Hutton, per una sequenza che è una vera e propria perla di effettistica artigianale. Di gran lunga la scena migliore del film, l’unica in cui si avverte la presenza dell’idea di cinema viscerale di George Romero e il momento in cui ci si rende conto di quanto La Metà Oscura fosse un progetto dai costi elevati, un vero e proprio banco di prova per il regista, obbligato a confrontarsi con tutte le difficoltà, le restrizioni e i problemi derivanti dal non operare in un circuito indipendente.
Ecco, esistono forse autori incapaci di essere se stessi in simili contesti, autori che, se posti di fronte alla grande casa di produzione, alle presenze ingombranti (lo scrittore, il cast), si snaturano e si bloccano.
Ed è proprio ciò che è accaduto a Romero con questo strano, sfortunato e un po’ zoppo filmaccio, che però non è così brutto come lo si dipinge.
Ho letto il libro e devo dire che non é uno dei migliori di King, lento in molte parti e straordinario in altre, soprattutto il finale. Comunque, nulla di così nioso, come Tommyknocker per esempio.
Niente, recupero il film!
Il libro mi ha sempre divertito molto, saltando le parti che ne appesantiscono un po’ il ritmo. Il film è identico al romanzo, ne ha i pregi e i difetti.
Mi dispiace per la fine che ha fatto questo film. Per quanto riguarda invece lo pseudonimo che prende vita io direi di lasciare da parte la logica. Non credo proprio che sia King che Romero avessero di dare spiegazioni logiche a riguardo. E’ più un qualcosa di “metaforica” se così vogliamo dire. Ha i suoi difetti tra cui uno che hai riscontrato sta proprio nella lunghezza eccessiva. Ha delle mancanze ma considerarlo un film orrendo è un’esagerazione.
Come hai già detto, è stato un film sfortunato.
Molto sfortunato. Quando ti fallisce la produzione a riprese quasi ultimate, di solito va sempre a finire malissimo.
E infatti…
Stranamente , proprio il punto debole maggiore di King , il finale …. , nel romanzo riesce a puntino !
Peccato per il pasticcio in uscita , due anni di fermo sicuramente non hanno giovato ….
Verissimo: i finali di King sono sempre deboli e, in questo caso, su carta funzionava anche peggio del solito. Invece al cinema è bellissimo, nonostante sia praticamente identico al romanzo.
L’ho sempre considerato un Romero su commissione (travagliatissima, come s’è visto): non così memorabile ma certo non da buttar via, anche se chiaramente è un film che gli appartiene molto poco. Ridicolo, poi, accanirsi sulla mancanza di spiegazione logica all’esistenza di George Stark: al soprannaturale io non richiedo una logica (né qui né nel romanzo di King) e in quest’ottica anche il finale è perfetto, oltre ad essere gore come George comanda…
No, da buttare via infatti proprio no. Su commissione e un po’ in sudditanza psicologica nei confronti dell’amico scrittore, a mio parere.
Sì, in queste circostanze King è stato più d’impaccio che altro per lui…