
Regia – Yernar Nurgaliyev (2020)
È un anno che sto dietro a questo film e non riesco a trovarlo da nessuna parte. Ne sento meraviglie in giro, ma niente, lui ha deciso di nascondersi. E quasi me ne ero dimenticata, se non fosse che ne ha parlato Erica qualche giorno fa e ha risvegliato in me il ricordo della sconfitta. Finalmente, l’infamone si è fatto reperire e, ve lo dico subito a scanso di equivoci, è valsa la pena di aspettare perché questo strambissimo, sbilenco e delirante survival kazako è una delizia per l’anima e si merita di essere conosciuto da quanta più gente possibile, un po’ come era successo nel 2019 con Why Don’t You just Die. Solo che, in questo caso, è tutta roba nostra, perché Sweetie, You Won’t Believe It non è solo vagamente contiguo al genere horror, ne fa parte nella sua essenza più profonda: al netto delle contaminazioni con il crime e con la commedia, è in tutto e per tutto un film dell’orrore coi bifolchi. E chi siamo noi per non esultare di fronte a un horror coi bifolchi che arriva dal Kazakistan?
Dastan è un tipo incasinatissimo con grossi problemi economici e una moglie incinta che è la caricatura di tutte le mogli rompicazzo del cinema, come del resto lui è la caricatura di tutti i mariti zerbino (così lo chiamano gli amici) del cinema. Asfissiato dai guai e dai continui rimproveri della consorte, decide di prendersi una giornata insieme a due vecchi amici per andare a pescare, cosa che nessuno di loro ha mai fatto. Caricano canne da pesca e altre cose che poco hanno a che spartire con lo sport (vedere il film per credere) sul camioncino di uno dei tre e si dirigono verso il fiume. Il problema è che una famiglia di quattro fratelli impelagati con la mafia ha scelto proprio quella zona per giustiziare un poveraccio, e i nostri si trovano ad assistere all’omicidio. Già sarebbe complicato così, ma nelle campagne vicino al fiume si aggira un bel gruppetto di degenerati che, per motivi che non sto qui ora a spiegare, diventeranno molto aggressivi. Roba che i mutanti cannibali di Wrong Turn al confronto sembrano pacifici. Riusciranno il nostro eroe e quei due adorabili idioti con cui si accompagna a tornare a casa in tempo per il parto della moglie di Dastan, o anche solo a tornare a casa interi?
Ecco, questa, per sommi capi, è l’ossatura del film, ma io ho volutamente appena grattato la superficie della baraonda messa in scena da Nurgaliyev, con l’esplosività delle commedie più sguaiate e la violenza degli horror più truci.
Da un punto di vista strutturale, il regista ricalca in maniera abbastanza fedele le tappe del survival classico: presentazione dei personaggi, partenza verso un luogo distante dalla civiltà, sosta alla minacciosa stazione di servizio, inevitabile incontro con il male che si annida nel placido paesaggio campestre e via così. Ma ognuno di questi passaggi obbligati è condito con un tocco surreale e straniante, per cui il familiare (la struttura) diventa all’improvviso destabilizzante, e non si capisce quale direzione prenderà la storia, e cosa ancora potrebbe accadere nell’accumulo di situazioni sempre più assurde che il buon Nurgaliyev ti spiattella con noncuranza davanti agli occhi.
Sweetie, You Won’t Believe It è un film leggero e molto divertente, in cui si è davvero impossibile trattenere le risate, ma questo non significa che non faccia tremendamente sul serio; la prima volta che vediamo il bifolco con un occhio solo in azione, colui deputato a rivestire il ruolo di principale boogeyman, non c’è nulla da ridere o da scherzare: è brutale, repentino, feroce e con una bella esplosione di gore ad accompagnarlo. Esplosione che arriva senza alcun preavviso, perché fino a quel momento il film era stato una commedia con un paio di siparietti da crimine organizzato, ma molto all’acqua di rose; e invece è lì che si entra nei territori cari a questo blog e a chi lo legge: la cara, vecchia provincia dove si nascondono i mostri che, a quanto pare, è identica dappertutto e non conosce distinzioni geografiche o culturali. Se ti allontani dal confortevole caos dei centri commerciali, dei condominii, degli appartamenti piccolo-borghesi, sprofondi in luoghi oscuri in cui smarrirti e morire male.
Però, e dovrebbe già essere evidente ma è sempre meglio ribadirlo, Sweetie You Won’t Believe It non è un clone di omologhi americani, anche se mi pare ovvia la conoscenza enciclopedica del filone da parte del regista, nonché la ormai consolidata presenza di questo serbatoio di incubi rurali nel nostro immaginario collettivo; il film ha una sua specificità, e credo ce l’abbia anche da un punto di vista culturale, sebbene io non possieda proprio gli strumenti per condurre un’analisi di questo tipo. Anzi, chiunque sia in grado di farmi una lezione sul Kazakistan è benvenutə.
La specificità che posso rilevare con i mezzi a mia disposizione è relativa al modo in cui Nurgaliyev gestisce il trio di personaggi principali, e in particolare Dastan, nella sua relazione con gli amici d’infanzia ormai diventati adulti e con la moglie. Qui c’è un discorso molto interessante sul crescere, sul prendersi le proprie responsabilità, su che cosa significhi essere un “vero uomo”, sulle circostanze della vita che ci allontanano dalle vecchie amicizie, e su quanto però se ne abbia bisogno per non impazzire e, in questo caso, letteralmente essere accoppati da un pazzo armato di falcetto.
Oltre a essere quindi uno spasso che fila come un proiettile e non cala di ritmo nemmeno per sbaglio e nemmeno per un microsecondo, il film è anche intelligente nel ribaltare i cliché con cui si apre, nel dare ai propri personaggi una vitalità che va oltre il generico “moglie stronza”, “marito zerbino”, “amici un po’ sfigati e rimasti eterni adolescenti”. Non che queste componenti manchino, ma sono soltanto il punto di partenza di una storia che stravolge il loro senso una volta arrivata in fondo. Sempre col sorriso sulle labbra e sempre inanellando una pazzia dietro l’altra. Sempre dando questa impressione di caos altamente organizzato da una regia con un dinamismo che molti colleghi statunitensi di Nurgaliyev, con qualche milione di dollari in più, se lo sognano la notte e pregano, un giorno, di poterci arrivare.
Quindi vedetelo, che non ci sono scuse. Il film è del 2020, ma la sua distribuzione internazionale risale al febbraio di quest’anno, quindi potrebbe entrare di diritto tra gli horror migliori del 2022. Io ve l’ho detto.