I Remake del 2000: House of Wax

Regia – Jaume Collet-Serra (2005)

Se dovessi lasciare ai posteri un film, uno solo, capace di rappresentare la forma pura dell’horror dei primi anni di questo secolo, non avrei un istante di esitazione e sceglierei House of Wax. Non credo ne esista un altro che racchiuda in sé tutte le caratteristiche tipiche di quel particolare momento, che spunti ogni singola casella, dal cast allo sforzo produttivo immane (per un horror), passando per la crudeltà gratuita e un certo gusto per la pornografia della violenza, per non parlare di una struttura narrativa che, in pratica, è la bozza di qualsiasi film dell’orrore rivolto a un pubblico giovane uscito negli anni ’00. 
Non c’è niente come House of Wax: cominci a guardarlo e sei in una capsula del tempo: i dialoghi, i costumi, la musica, il taglio dei tendini d’Achille, le facce note: Elisha Cuthbert, Jared Padalecki, Chad Michael Murray e, Dio santo, Paris Hilton in carne e ossa. È il più imponente cast corale del 2000. 

Lo so che noi abbiamo cominciato con Non Aprite quella Porta, ma non è stata proprio la Platinum Dunes di Bay a cominciare con i remake; prima c’era la Dark Castle di Zemeckis e Silver, responsabile de Il Mistero della Casa sulla Collina e I 13 Spettri, nata proprio per rendere omaggio a Castle e specializzata in rifacimenti di classici anni ’60 dal gusto camp. Non ho cominciato da loro perché hanno finalità e atmosfere diverse rispetto a quelle di produzioni come la già citata Platinum Dunes, Fox Atomic e la stessa Dimension Films, che ci metterà lo zampino pure lei, come vedremo tra un paio di settimane. 
È quantomeno singolare che sia proprio la Dark Castle a portare in sala un film come House of Wax, che ha in comune con i suoi predecessori soltanto l’idea di rivolgersi a un passato meno recente e di prendere da esso solo dei vaghi spunti, come il titolo. 
Con House of Wax si può parlare di remake da un punto di vista a malapena nominale: ha davvero poco a che spartire con La Maschera di Cera, film del ’53 con Vincent Price nel ruolo di un artista sfigurato da un incendio che uccide la gente e la ricopre di cera per rimpinguare il suo museo degli orrori. 

C’è sempre un museo, e c’è l’espediente di accoppare le persone e tramutarle in sculture, ma House of Wax è una variazione sul tema del classico fine settimana fuori porta che si trasforma in un incubo. Ha più punti in comune con roba come Tourist Trap (e torniamo quindi nell’alveo degli anni ’70) che con l’horror dell’era pre – Roger Corman. 
È un film con un budget spropositato, 40 milioni di dollari, girato nel parco dei divertimenti australiano della Warner, il Warner Bros. Movie World. Lì il reparto scenografia ricostruì l’intero paesino dove si svolge la vicenda, nonché la casa fatta completamente di cera che ospita il museo, per poi darle fuoco nel gran finale. La Warner fece addirittura causa al supervisore degli effetti speciali, perché le fiamme andarono fuori controllo, distruggendo una porzione del parco.
Questo per dire cosa sono state, in termini di mezzi impiegati, quelle riprese. 

È stato detto tante volte in questa sede, ma ripeterlo non guasta: gli anni ’00 sono spietati e la cattiveria è considerata una forma di comportamento socialmente accettabile, in particolare se rivolta a due categorie, le minoranze e le celebrità. In questo ultimo caso, tuttavia, devono essere donne, altrimenti non vale. Negli Stati Uniti, ma in realtà anche da noi, comincia proprio in questo periodo la pratica, oggi raffinatissima, di rovinare la vita del prossimo a mezzo internet. 
Cosa c’entra tutto questo con House of Wax?
C’entra perché c’è Paris Hilton in un ruolo anche importante e, nonostante abbia preso un Razzie, è anche molto brava, ma i Razzie sono parte integrante della cultura della crudeltà di cui sopra. 
Ai fini della campagna pubblicitaria del film, la presenza di Hilton è un elemento cardine, ma non per sfruttarne la fama, non perché si pensa che sia quella a portare il pubblico in sala. Non è lei, è la scena della sua morte, strombazzata a ogni angolo, stampata sulle magliette e sui manifesti: “See Paris Die” è lo slogan principale di House of Wax.

E Paris muore. O meglio, muore il suo personaggio, malissimo, impalata per la testa, con la macchina da presa che indugia sul suo cadavere gocciolante sangue; l’assassino ha con sé una telecamera e si mette pure a riprenderla, concretizzando le fantasie di milioni di spettatori. 
Eppure, Paris Hilton è quasi una final girl putativa: ingaggia con il killer un bell’inseguimento, dimostra di essere più scaltra di lui, anche in condizioni di assoluta inferiorità, e ricorda altre sue colleghe storiche dello slasher anni ’80 e ’90: Wendy di Prom Night ed Helen di So Cosa Hai Fatto. 
In questo, pur rispettando quasi alla lettera lo schema risaputo del gruppo di ragazzi a cui si ferma la macchina in territorio ostile, e quindi destinati al macello, House of Wax sfida la consapevolezza del suo pubblico smaliziato facendo fuori nel primo atto personaggi insospettabili e risparmiandone altri ben oltre le loro aspettative di vita. 
È un film che funziona anche per questo, oltre che per i soldi a palate che sono stati gettati nella sua produzione, e per la regia di Collet-Serra, qui al suo esordio e già tutto muscoli e adrenalina. 

C’è ancora un ultimo fattore da prendere in considerazione: House of Wax è violentissimo, più di The Texas Chainsaw Massacre e anche più di Saw, uscito in sala l’anno prima. Un personaggio viene ricoperto di cera bollente mentre è ancora vivo e posizionato a mo’ di scultura nel museo. Quando uno degli altri protagonisti lo trova, nel tentativo di portarlo via, gli stacca la carne dalla faccia, e lui respira ancora, gli occhi si muovono, mugola, piange addirittura. Tutto questo accade in un film dal budget di 40 milioni di dollari, roba che fa impallidire anche le trappole più sofisticate dei futuri capitoli di Jigsaw. E Hostel è ancora in post-produzione quando House of Wax sbarca nei cinema americani. Oggi, se si devono investire certe cifre in un horror, si sta attentissimi a che rispetti i parametri del PG13; nel 2005, i grandi studios come la Warner, la Fox, la Miramax, ricoprivano di dollari le loro filiali dedicate all’horror per realizzare film in cui la cosa più sana che poteva capitare era una decapitazione con le cesoie. Ovviamente in campo. E con dovizia di particolari, per cortesia, che altrimenti non li va a vedere nessuno. 
Non Aprite quella Porta ha dato il via alle danze, con la sua poetica del disgusto e del lerciume, ma House of Wax ha fatto germogliare i semi gettati da Nispel e compagnia brutta in piante carnivore e grondati sangue e budella. 
Da lì in poi, è stato tutto un crescendo di orrori sempre più espliciti, ma sotto lo strettissimo controllo produttivo delle major. 
Una stagione selvaggia. E siamo appena all’inizio. 

7 commenti

  1. Una razza in estinzione il film dell’orrore ad enorme budget,gia di suo parecchio raro! L’ultimo ad averci provato andando incontro ad un flop devastante e stato “La Cura Dal Benessere”,film che ho adorato e visto in una sala completamente vuota con solo me all’interno!

    1. Oggi si spendono grosse cifre in saghe affermate come quella di The Conjuring, ma niente in confronto a una roba come House of Wax.

  2. Eh mi manca ma ne sento parlare spesso
    Paris hilton può non piacere ma è un’icona dei ’00 al pari di britney

    1. Paris e Britney non si discutono. Si amano.

  3. Andrea Lipparini · ·

    Bellissimo questo film… assolutamente strepitoso e il finale e così pirotecnico che avevo voglia di alzarmi in piedi e applaudire…ed è vero, è molto violento e non me lo aspettavo.. avercene di film così 😍

  4. Giuseppe · ·

    House of Wax, horror durissimo ad alto budget SENZA la museruola del PG13: decisamente parliamo di un’epoca differente che, paragonando il modus operandi delle major nei ’00 con quello attuale, finisce per sembrarci più lontana di quanto non lo sia in realtà… oggi, in generale, là dove più si spende si è poi sempre meno liberi (il dannato PG13) di osare.

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