Mettiamo caso che esista un film dove l’antagonista principale sia un vecchio e , all’apparenza, malandato nazista che tuttavia non ha perso un grammo della sua cattiveria; nel nostro film immaginario, un gruppetto di piccoli delinquenti, nell’errata convinzione di avere a che fare con un anziano innocuo, pianifica un furto a casa del nazista, perché il tipo vive come un poveraccio, ma nasconde un pacco di soldi da qualche parte in cantina. O almeno così si dice.
I ladruncoli non sono proprio degli stinchi di santo: rubare a un vecchietto indifeso non è cosa da gente perbene, suvvia, ma non sanno che, ad aspettarli in quella casa che sembra un bersaglio così facile c’è un mostro, un orco delle fiabe, nonché uno dei villain più terrorizzanti e ben riusciti della storia dell’horror recente. Ma dopotutto, abbiamo detto, nel nostro film che non esiste, questo personaggio è un nazista, è l’incarnazione del Male.
Ora ipotizziamo che ne facciano un seguito e che il nazista diventi l’eroe. Come reagireste?
La trama che vi ho appena raccontato non me la sono inventata: è quella di Don’t Breathe, con un elemento cambiato. Il Blind Man del film del 2016 non era un nazista, ma un ex militare e uno stupratore, uno che, senza usare troppi giri di parole, teneva le donne chiuse in cantina per ingravidarle con uno di quegli attrezzi che si usano per farcire i tacchini. Credo che difficilmente, nel cinema horror degli ultimi cinque o sei anni, si sia vista una sequenza in grado di rivoltare lo stomaco quanto quella in cui vediamo lo strumento in azione, e credo che, di conseguenza, ce la ricordiamo tutti. Insomma, è difficile da rimuovere dalla nostra memoria il fatto che il personaggio interpretato da Stephen Lang fosse il cattivo della situazione, anche se messo di fronte a un trio di protagonisti non canonicamente positivi. Il Blind Man non aveva caratteristiche ambigue, non si situava in una zona grigia tra bene e male: era il male, e per questo il film era particolarmente riuscito, uno dei miei preferiti del 2016, tra le altre cose.
Quando ho saputo che avrebbero realizzato un seguito, con Alvarez nel ruolo di produttore e sceneggiatore, ma non di regista, mi sono domandata che utilità potesse avere: in fondo, la vicenda era esaurita nello spazio di un unico film, non era necessario approfondire ulteriormente la storia. Ciò non toglie che io abbia guardato con curiosità allo sviluppo del progetto: poteva essere divertente, e il Blind Man aveva tutte le carte per diventare un villain storico, a patto che restasse tale.
L’esempio che vi ho fatto all’inizio con il nazista (ma potrebbe essere una qualsiasi categoria umana giudicata riprovevole all’unanimità) serve perché sono convinta di una cosa: nessuno si sarebbe mai azzardato a trasformare il Blind Man in un personaggio positivo o in un antieroe (definizione buona per tutti gli appassionati di scrittura pigra), se fosse stato un nazista.
Dato che è “solo” uno stupratore, allora lo si può redimere, dimostrando, per l’ennesima volta, che la violenza sulle donne è considerata alla stregua di un peccatuccio veniale. E che sarà mai, in fondo non è così cattivo, guardate, ha adottato un’orfanella e salva addirittura i cani!
Don’t Breathe 2 non è un brutto film, anzi, è un esempio di discreto cinema di serie B sconfinante nell’exploitation pura che, a patto di ignorarne le implicazioni etiche, può intrattenere per i 90 minuti spicci della sua durata. Ma, vedete, il problema è proprio questo, perché se si trattasse di un filmaccio da tre lire, di livello quasi amatoriale, girato alla stregua di una recita in parrocchia e recitato da una muta di cani da slitta, darebbe meno fastidio.
La fattura pregevole peggiora solo una situazione già compromessa, il dato tecnico da film di genere con tutte le cosine al posto giusto, il gore, la tensione, l’azione, i jump scares, rischia non solo di far passare in secondo piano l’idea agghiacciante di fare di uno stupratore seriale un eroe, ma di giustificarla, addirittura, perché in fondo chi se ne frega: è un filmone, il Blind Man spacca facce a badilate con dovizia di particolari.
Ignorare le implicazioni etiche di Don’t Breathe 2 può essere frutto di distrazione o di una scelta consapevole. In entrambi i casi, mi dispiace per voi, ma avete dei problemi.
Già parlarne è in partenza sbagliato: nel mio piccolo, potrei incuriosire qualcuno dei miei pochi lettori, che a sua volta potrebbe voler pagare un biglietto per vedere il film in sala, quando uscirà il mese prossimo. Però, anche tacere e fare finta di niente di fronte a una roba simile, quando sono ormai anni che si parla di cultura dello stupro e si cerca di far capire quanto sia dannosa e quanto dolore abbia causato e continui a causare, non mi pareva poi il massimo della coerenza. In verità non avrei dovuto proprio vederlo, questo film, ma (e siete padroni di pensare che io stia mentendo) mi aspettavo un colpo di scena, un rovesciamento di campo, un evento che riportasse il Blind Man nella zona di sua competenza, quella del villain, non dell’eroe. Non potevo credere che lo avessero fatto sul serio.
Vi avviso, nell’ultimo paragrafo faccio SPOILER, ma dato che il mio invito è di boicottare il film, questa volta vi sprono a leggere prima di averlo visto.
Si nota che erano in imbarazzo pure Alvarez e il regista esordiente Rodo Sayagues: per rivoltare la storia in maniera tale da rendere il Blind Man una gran brava persona, si sono dovuti inventare una banda di cattivi così esagerati, esasperati e caricaturali, che nemmeno nei fumetti de Il Punitore. Il loro piano diabolico consiste nel trapiantare il cuore di una ragazzina nel corpo della madre, cui il Blind Man l’ha strappata in tenera età. E il motivo è che la donna, in fin di vita, è un’ottima cuoca di crack, quindi va preservata. Siamo oltre l’exploitation o la serie B: una trovata del genere avrebbe fatto vergognare Roger Corman, che al suo posto avrebbe preferito mettere in piedi la produzione di Carnosaur 4 per la gioia di grandi e piccini, pur di non sporcarsi con tale colata di liquami.
Ma d’altronde, per far risaltare in positivo uno che usava le donne a guisa di tacchini, ci vogliono giusto quelli che rubano gli organi ai pargoletti.
Ma neanche questo era sufficiente, perché Don’t Breathe 2 è un classico esempio dell’espediente noto come “saving the cat” o (e in questo caso calza meglio) “petting the dog”; se si vuole generare empatia nei confronti di un personaggio che se ne sta incerto sul crinale tra bene o male, o anche che abbiamo appena incontrato e non sappiamo ancora come giudicare, non c’è niente di meglio che farlo aiutare qualcuno in una posizione più debole, molto spesso un animale.
In Don’t Breathe 2, il Blind Man salva un cane, e non solo: il cane è lì per dargli la caccia, lui fa di tutto per evitare di ucciderlo e, alla fine, se lo porta anche dietro. Lo adotta, in pratica: non è un amore?
È stato fatto di tutto, ci si è aggrappati a ogni più trito trucchetto narrativo, si è data per scontata ogni assurdità di una trama che si regge su un paio di stuzzicadenti spezzati pur di dare un ruolo positivo al Blind Man, pur di far scordare al pubblico, che magari è distratto, magari il primo film neanche l’ha visto, di chi esattamente stiamo parlando.
Prima che arrivi qualcuno nei commenti a parlarmi di redenzione o seconda occasione, lo anticipo: non basta salvare un cane per essere redenti da una vita di violenze; non basta che arrivi qualcuno ben peggiore di te per trasformarti in un eroe. Sono cose che vanno preparate, ci si costruiscono film interi intorno al concetto di redenzione.
Qui, come dicevo prima, siamo nel campo della serie B, non è interesse di regia e sceneggiatura parlare del tentativo di un uomo distrutto di lasciarsi alle spalle un passato discutibile: qui c’è solo un vecchio stupratore che fa morire malissimo dei trafficanti di organi.
Dopo averlo visto viene voglia di lavarsi con la candeggina, ma va bene così: sentirsi luridi è l’unica reazione sana a Don’t Breathe 2. Qualunque altro tipo di risposta emotiva che non implichi un senso di profondo disgusto, dice tante cose di voi, e non dice cose belle.
Sinceramente? Mi fate un po’ paura.
Se devo essere completamente onesto con te Lucia,questo sequel avevo gia deciso di non vederlo da quando vidi per la prima volta il trailer! Ma non era il cattivo? questa era la mia risposta al trailer! La tua recensione ha confermato la mia pessima sensazione,non volevo in ogni caso andare a vederlo,ora ne ho la certezza assoluta! Di recente mi sono rivisto “No One Lives” di Kitamura,i delinquentelli erano delle carogne ma il film metteva in chiaro che il personaggio di Luke Evans non era un anti-eroe,ma al limite un killer molto piu bravo e psicopatico,e ti godevi la mattanza di un branco di idioti definiti banali criminali! Mentre questo sequel di “Man In The Dark” mi lascia perplesso,che diavolo avevano in mente?
Ecco, No One Lives è un esempio di un personaggio descritto come un mostro dall’inizio alla fine e si trova casualmente a fare fuori degli stronzi. Ma non c’è mai la tentazione di farne un eroe.
Mi chiamo fuori: io ho già molti problemi con la ‘buonificazione’ del male quando la fa Disney, figuriamoci a questo livello…
Io ero già scandalizzata che avessero fatto un film su un’assassina di cuccioli…
Appunto. Ma non dimentico.
Hai ragionissima, Lucia. E ti dirò di più: a parte l’abominio di trasformare una merda in un eroe, c’è anche l’assurdità di rendere un cieco una macchina da guerra non soltanto in casa sua, ove la sua conoscenza degli spazi diminuisce lo svantaggio nei confronti di chi ha la vista, ma anche in una casa sconosciuta… Bah…
Poi io a un certo punto c’ho creduto che ci sarebbe stato un cambio di prospettiva, ed effettivamente era fattibile: quando si scopre che il capo degli “invasori” era il padre della ragazzina ho pensato “vuoi vedere che anche in questo film il cattivo è il cieco?”; e Invece no, il cieco stupratore è un supersoldato (e quindi da ammirare a prescindere, secondo il decalogo yankee) e si è scoperto affezionato a bimbe e cani…
Ecco, bravissimo. Io, presa dalla crociata, mi sono dimenticata di menzionare il fatto che il primo film funzionava ed era credibile perché si svolgeva tutto in un ambiente familiare al villain cieco.
Qui è in un ambiente ostile e i cattivi li stermina anche con minore sforzo.
Ma siamo quasi nel campo dei supereroi. Il Blind Man è il nuovo Capitan America! 😆
Se proprio devo vedermi un pesta delinquenti,cieco e che protegge i piccoli innocenti,tanto vale che mi riguardi “Furia Cieca” con Rutger Hauer!
Sono d’accordo su tutto. Ero anche rimasto perplesso già vedendo il trailer, di per sé abbastanza eloquente. Penso si tratti anche di un caso di goffo riciclaggio. L’archetipo di questo genere di racconto è Zatoichi, personaggio letterario divenuto protagonista di una lunga serie di film nonché del rip off statunitense “Furia cieca” (che di base è una sorta di remake non accreditato). Potremmo dire che per la produzione è prevalso lo stereotipo (ormai visto cento volte) di Daredevil, il cieco letale (anche lui imparentato con Zatoichi, che però non aveva senso radar indotto dalle radiazioni).
In sostanza, il passaggio da un horror con un boogieman (in quel contesto sì originale) a un racconto di stampo supereroistico. La dice lunga sulla superficialità dell’operazione. Persino Riddick in “Pitch Black” era cattivo sulla carta, ma non poi tanto esecrabile. Tutta un’altra storia.
Infatti Riddick è un antieroe, non un cattivo, ovvero, è cattivo sulla carta e secondo i canoni di una società che non fatico a definire distopica, e in realtà si rivela, almeno nel primo film, un individuo utile. Ma viene anche punito, perché è costretto ad assistere al sacrificio di Radha Mitchell per salvare proprio lui, che si ritiene immeritevole. Insomma, è complesso. Qui è solo un pasticcio.
Sì qui l’intento è quello quasi di trasformare Blind Man in una sorta di John Wick cieco,le atmosfere di Alvarez sono assenti e come hai ben detto l’idea di trasformare il protagonista stupratore in una sorta di anti-eroe è abbastanza riprovevole ma se si riesce ad andare oltra a questo(non è poco è vero) Sayages fa un ottimo lavoro con le scene action e dimostra di avere una certa mano,c’è un buon piano-sequenza ed appunto le scene d’azione sono ben ritmate e sempre chiare con anche qualche inquadratura suggestiva come ad esempio le ondine dell’acqua che fanno captare il rumore al Blind man.
Dunque salvo il lavoro tecnico di Sayages e me lo segno per i suoi progetti futuri magari appunti incentrati sul cinema puramente d’azione.
Ma che dal punto di vista strettamente tecnico sia anche un buon film, non l’ho mai negato, solo che, secondo me, peggiora addirittura la situazione.
E’ che in conclusione è un sequel di cui non c’era affatto bisogna,tanto valeva che Alvarez lanciasse Sayagues producendogli un altro prodotto anche se certo a livello di presa sul pubblico Don’t Breathe ha una fanbase forte e l’hanno voluta sfruttare.
riflessione molto interessante
io credo che non guarderò mai un film di questa saga (?), non mi interessa l’idea di fondo
invece, nel repertorio del sito c’è pure una recensione di hatchet? perke parlando di gore quello è uno degli slasher più violenti mai realizzati
Sì, mi pare, ma non vorrei dire fesserie, che ci siano le recensioni del secondo e del terzo, mentre il primo è del 2007 e questo blog ancora non esisteva.
Però non mi hanno mai fatto impazzire, a dire la verità.
sì boh
io ho visto alcune scene su yt e per me è troppo violento, mi faceva la nausea, ma ho letto critiche positive del secondo
Ciao cara Lucy in the Sky with Demons (mi garba questo acronimo Beatlesiano appena coniato, rende l’idea). Mi son bastate poche righe per non vederlo mai. Per quel che riguarda la bravura registica-tecnica, oh bhe, Leni Riefenstahl mi sa che avesse una bravura di altro livello, ciò non mi impedisce di augurarle di marcire in eterno o di avere un tipo di punizione alla Prometeo.
Detto questo, non so se sia una provocazione, cosa c’è di diverso dall’idea alla base di una serie fortunata come Dexter? La farcitura stile tacchino?
Credo che il pubblico AHINOI sia BEN PRONTO per questa roba.
Lucy in the Sky with Demons è una meraviglia!
Su Dexter, non saprei, è un personaggio estremamente ambiguo e al limite, ma la sua natura di assassino non viene mai messa in discussione. Non lo redimono tra una stagione e l’altra, insomma.
Dexter è il protagonista, ma siamo sicuri che sia un eroe?
Protagonista senz’altro, eroe direi proprio di no (e nemmeno antieroe): d’accordo, Dexter segue sì un ferreo codice di comportamento tendente a incanalare le sue pulsioni omicide in una direzione “socialmente accettabile” (perlomeno secondo gli insegnamenti del padre adottivo), ma certo non può bastare ad aprire la strada a una qualsivoglia possibile redenzione del personaggio. Ecco, tutt’al più possiamo dire che va incontro a un processo di crescita nel corso delle varie stagioni ma, appunto, questo non va mai ad intaccare la sua natura di killer seriale.
Tornando a Don’t Breathe 2, faccio francamente MOLTA fatica a capire il perché di un simile ribaltamento della figura del Blind Man, ripugnante personaggio capace di fare quello che sappiamo fin troppo bene… a questo punto, sarei anche curioso di sapere cosa ne pensa Stephen Lang dei cambiamenti (in peggio) apportati al suo ruolo.
Siamo pur sempre in un’epoca dove un personaggio come Negan (che esordisce uccidendo a mazzate in testa e beandosene pure) viene quasi eletto icona di The Walking Dead quando invece credo che non sia giusto dargli alcuna ombra di redenzione. So che non sei fan , Lucia , ma immagino ti piacerebbe ben poco , anche se in tv ha le fattezze di Jeffrey Dean Morgan e non è un cicciotto taurino.
In questo periodo vanno di moda i cattivi, a me piacciono ma ultimamente vengono glorificati parecchio. Io dico che un Negan finiva a brandelli se a scrivere c’era un Romero a caso. Porto questo esempio solo per il mio astio verso il personaggio ma è valido per tantissimi altri.
Non sono fan ma Negan lo conosco bene dai fumetti, e ho visto l’episodio in cui presentano il personaggio. Tra l’altro credo sia stato l’ultimo episodio che ho visto di TWD prima di chiudere per sempre con la serie.
L’esempio di Negan è interessante perché nel fumetto è cattivo, nella serie lo hanno addolcito e quindi è diventato un beniamino del pubblico.
Nonono per me. Non trasforma nessuno in eroe. È uno di quei film che se ne frega di tutto, verosimiglianza o che, e crea una gioia di passatempo a cervello -quasi- spento.
Senza rispetto per nulla, senza giustificare nulla o nessuno.
Credo che la vicinanza al tema ti impedisca (comprensibilmente neh) quel minimo di distacco necessario. Non è il primo film che prende un cattivone vero e ci gioca. Qua non c’è nulla di più.
…L’unica cosa che ti sconvolge nonostante il cervello spento è il futuro che può avere quella bambina…
Per il prossimo propongo lei piccina che ammazza gli zombi nazisti giganti.
Madò che abominio