
Regia – Tobe Hooper (2004)
Toolbox Murder è un caso più unico che raro all’interno del gruppo di film di cui ci stiamo occupando; quasi tutti remake di inizio secolo sono diretti da registi giovani, appartenenti a una generazione che, ai tempi del New Horror era ancora sui banchi di scuola. Nispel, quando Non Aprite quella porta arriva al cinema, ha 11 anni, Snyder 12 quando ci arriva Dawn of the Dead.
A dirigere Toolbox Murders invece troviamo un regista che non solo il new horror se lo è praticamente inventato, ma si ritrova, trent’anni esatti dopo Texas Chainsaw Massacre, a rifare un film che senza di lui neanche sarebbe esistito, un film che, nel 1978, è stato prodotto nella speranza di emulare proprio il successo di Leatherface e compagnia brutta.
The Toolbox Murders (che si differenzia dal suo remake per la presenza dell’articolo) era infatti un proto-slasher violentissimo, commissionato a un gruppo di giovani sceneggiatori di belle speranze dal produttore Tony Didio, che voleva fare il suo horror a basso budget (165.000 dollari) ispirato a eventi realmente accaduti, proprio come Hooper aveva fatto il suo, e guadagnarci il più possibile. Il fatto di cronaca usato come spunto riguardava una serie di omicidi avvenuti in Minnesota, per commettere i quali l’assassino aveva usato degli attrezzi d’uso comune.
Ed ecco qua, dal massacro con la motosega agli omicidi della cassetta degli attrezzi il passo è molto breve.
Il film esce negli Stati Uniti e quadruplica il budget di partenza, quindi è un discreto successo, viene bandito in UK e diventa piccolo cult di mezzanotte. Resta comunque un film poco noto al di fuori del circuito degli appassionati di exploitation.
Perché di exploitation, pure abbastanza becera, si tratta. Con una buona dose di misoginia ad accompagnarla per non farsi mancare niente.
Ha i suoi estimatori, tra i quali Stephen King in persona, ma non è mai stato tra i miei preferiti dell’epoca: un po’ troppo sordido anche per i miei gusti.
Passano 25 anni, a Hollywood comincia a impazzare la mania del remake e la produttrice Jacqueline Quella acquisisce i diritti di The Toolbox Murders. Le intenzioni alla base del progetto sono chiare sin dall’inizio, come ha dichiarato Quella stessa nelle interviste che potete trovare all’interno del DVD (sì, ho il DVD di questo film, e lo rivendico con orgoglio): il film non andava semplicemente rifatto, ma aggiornato con un punto di vista differente; se The Toolbox Murder era interamente impostato sull’esposizione del corpo femminile, massacrato in ogni modo possibile, e mostrato con generosità e dovizia di particolari, il suo remake avrebbe cambiato direzione in maniera radicale. E infatti, il primo regista cui si pensa di affidarlo è Lucky McKee, fresco di May e pronto a spiccare il volo con una produzione importante. McKee, tuttavia, preferisce dedicarsi al suo The Woods, lasciando sotto contratto Angela Bettis nel ruolo di protagonista. A quel punto interviene Hooper, che ai tempi non se la passava benissimo (e quando mai) e fa un ottimo lavoro su un set, al solito, funestato da vari disastri, tra cui il fallimento della casa di produzione nel bel mezzo delle riprese, che furono interrotte prima del previsto, con il risultato di dover rabberciare il film al montaggio.
Dicevamo prima che Toolbox Murders è un remake anomalo, ma forse anche definirlo remake non è del tutto esatto: del film del ’78 restano il titolo (senza articolo), l’ambientazione condominiale, la maschera del killer e l’idea di fargli utilizzare per i suoi omicidi una cassetta degli attrezzi. Per il resto, è tutta un’altra storia, che addirittura deraglia nel soprannaturale verso la fine, e racconta, in estrema sintesi, del percorso di scoperta da parte del personaggio principale, Nell, della verità che si nasconde dietro lo stabile dove lei e suo marito si sono appena trasferiti.
Un ex hotel di lusso di Los Angeles, ora diventato un complesso di appartamenti per aspiranti attori squattrinati, e in generale per tutto il sottobosco che si muove intorno a mamma Hollywood. Nell non fa parte di quel mondo: lei è un’insegnante, il marito un medico. Non navigano nell’oro e le case sono economiche, l’edificio un po’ fatiscente, ma in fase di rinnovamento. Soprattutto, come non manca di farle notare l’amministratore, è un luogo carico di storia. Si sa che negli USA la storia è pochina e corta, e quindi ci si riferisce alla storia del cinema e a tutto ciò che le ruota intorno, misteri, delitti e orrori sepolti compresi. Soprattutto quelli, anzi.
Nell passa un sacco di tempo a casa da sola, perché la scuola deve ancora cominciare e il marito, da bravo ultimo arrivato in ospedale, fa dei turni micidiali. Comincia da subito a sentire strani rumori, e a fare macabri ritrovamenti, come una scatoletta con dentro dei denti umani in un’intercapedine del muro.
Nel frattempo, il killer entra in azione indisturbato e fa fuori parecchie inquiline, senza che nessuno sospetti alcunché, tranne Nell, a cui nessuno crede perché la prima sera ha chiamato la polizia a vuoto, confondendo le prove di un copione con delle urla vere. Lei è una outsider in quell’ambiente, e Bettis è bravissima a interpretare questo personaggio stralunato e fuori contesto, ma proprio perché estraneo, destinato a risolvere il mistero.
Io faccio parte della scuola di pensiero (minoritaria) secondo la quale Tobe Hooper non ha mai diretto in carriera uno slasher propriamente detto: sono fermamente convinta che The Texas Chainsaw Massacre non sia uno slasher, anche se ha contribuito a creare il filone, e pure Il Tunnel dell’Orrore lo è solo in parte. Toolbox Murders è ancora più interessante, da questo punto di vista, perché imita la struttura dello slasher, ma è in realtà la storia di un luogo infestato: “It’s not about what can get in; it’s about what’s already here”. Più chiaro di così, bisognava mettere la didascalia esplicativa.
Da cosa sia infestato il Lusman Arms, l’hotel dove si svolge quasi tutto il film, è cosa che lascio a voi il piacere di scoprire, ma di certo c’entrano i fantasmi cinematografici, in particolare quelli che sono passati per Hollywood aspettandosi chissà cosa e non hanno più fatto ritorno, sono spariti, inghiottiti dalla folla, divorati e risputati dal sogno di sfondare sul grande schermo. I dimenticati finiti nel sottosuolo ad alimentare gli incubi.
Di questo parla Toolbox Murder, se si ha la voglia di prestargli attenzione e andare oltre i suoi difetti, quasi tutti imputabili ai problemi economici avuti durante la produzione del film.
È in realtà un’opera che non mi vergogno a definire d’autore, anche se Hooper ha partecipato solo in maniera collaterale alla sceneggiatura, e arriva molto in anticipo sui tempi, perché intrattiene con il suo predecessore un rapporto molto più simile ai reboot e ai sequel “spirituali” che si fanno in questi anni che al rapporto parassitario che i remake del 2000 avevano con i loro genitori New Horror.
Bettis è fantastica, ma non ve lo devo dire io, lo sapete già da soli; il gore è abbondante, come si confà al periodo storico di appartenenza, ma a parte forse una sola sequenza, non sconfina mai nel torture porn vero e proprio; è un film molto povero, e si vede che ha avuto un processo di post-produzione durante il quale si è mirato soprattutto a tappare i buchi lasciati dall’interruzione delle riprese in corso d’opera, quindi ci sono degli stacchi un po’ disorientanti, mentre non sempre la narrazione scorre fluida e sembra che ci sia qualche passaggio saltato.
Ma, in fin dei conti, la missione della produttrice è compiuta, e questo ci deve bastare. Parliamo pur sempre di un regista, Hooper, dalla carriera molto altalenante e sempre funestata da imprevisti.
In un piccolo ruolo appare Sheri Moon, che ha recitato gratis a titolo di favore personale a Hooper. Tra i remake di inizio secolo, è l’unico per cui ho sempre provato un affetto sincero, rinnovato da questa seconda visione.
Purtroppo, lo potete vedere solo se, come me, possedete il DVD, perché non è mai stato distribuito né in streaming né tantomeno in Blu-Ray.
Rimanga fra noi tuoi lettori de ilgiornodeglizombi,ma su you tube si puo trovare il film completo con il titolo La Casa Dei Massacri,se volete recuperarlo prima che sparisca affrettatevi! Un saluto a te Lucia,che mi hai colto di sorpresa,non pensavo che avresti parlato di questo film! Ciao
Non devi stupirti! Dove c’è Angela Bettis, ci sono io!