
Regia – James Wan (2021)
Dei due principali alfieri dell’horror contemporaneo più, perdonatemi il termine, “commerciale”, Mike Flanagan è il narratore puro, mentre Wan è l’artista visivo. Anche nei due The Conjuring, che mostrano una maggiore attenzione ai personaggi e al racconto, è sempre e comunque lo stile a farla da padrone, come lo era in Insidious e, non ne parliamo proprio, nel primo Saw. E infatti è raro che si scriva da solo le sceneggiature. Di solito ha un’idea per una storia e poi la fa sviluppare a uno dei collaboratori, mentre lui è impegnato in altre faccende.
Dopo la parentesi a base di bolidi sfidanti le leggi della fisica e mondi sommersi abitati da Jason Momoa, Wan torna al suo primo e vero amore, l’horror, e lo fa svincolandosi dall’odiosa (non per i film, ma odiosa in quanto tale) etichetta di regista “per famiglie” che qualcuno gli ha appiccicato; prende infatti i soldi che la DC/Warner gli ha generosamente elargito con Aquaman e decide di produrre Malignant, un film che magari a un occhio poco attento potrebbe sembrare anomalo per la filmografia del regista, ma in realtà è in linea perfetta con il suo gusto barocco e la sua firma inconfondibile nella messa in scena.
Anomala potrebbe anche sembrare la violenza, di cui Malignant abbonda, ma è pur sempre del regista di Saw, Dead Silence e Death Sentence che stiamo parlando: il gore fa parte delle radici del lavoro di Wan, è sempre stato lì, e quando ha avuto finalmente l’occasione di dirigere un film vietato ai minori di 14 anni, si è scatenato, confezionando un’opera con copiosi spargimenti di sangue, ossa rotte ed esposte, teste spappolate, tutto bello in campo, senza celare allo sguardo dello spettatore neppure un dettaglio. D’altronde lo ha dichiarato lui stesso: “There’s only so many PG-13 movies I can make before I get bored“.
E che fosse arrivato ad annoiarsi un po’ è evidente dallo spettacolo messo in piedi soprattutto nella seconda parte di Malignant, quando cade l’impalcatura da giallo sofisticato che il burlone ha fatto finta di dare in pasto al suo pubblico, e il film si rivela per quello che è: un otto volante di gioiosa macelleria. Ma cerchiamo di procedere con ordine, altrimenti non si capisce nulla di quello che sto cercando di dire.
Malignant è la storia di una giovane donna, Madison (Annabelle Wallis, qui trasformata per l’occasione nella sosia di Daria Nicolodi) intrappolata in un matrimonio con un uomo violento. Un bel giorno, Madison viene malmenata per l’ennesima volta dal marito che la manda a sbattere con la testa contro il muro. Più tardi, una strana figura si introduce nella casa dove vive la coppia e accoppa lui, con enorme soddisfazione degli astanti.
Purtroppo non finisce qui, e questo è soltanto il primo di una serie di omicidi che rimandano tutti al passato oscuro di Madison, adottata quando aveva 8 anni e senza alcuna memoria della sua vita precedente.
Con la trama è meglio non procedere oltre, perché Malignant è un film che va visto entrando al cinema in completa e beata ignoranza, com’è successo a me, magari pensando di essere così furbi e avvezzi al genere da aver capito sin dall’inizio dove la vicenda vuole andare a parare, per poi restare con la bocca aperta per circa venti minuti.
E tuttavia, per cercare di analizzarlo, dovrò per forza dire cose di cui poi potrei pentirmi. Vi consiglio di fermarvi con la lettura alla fine di questo paragrafo, se volete godervi sul serio il film.
Dicevamo prima che Wan è un artista visivo, e infatti tutte le trovate presenti in Malignant sono di natura puramente estetica e non narrativa, persino la rivelazione che dà il via agli ultimi allucinanti 20 minuti, è più un trucco della macchina da presa che una meditata scelta dello sceneggiatore; e tuttavia, è il modo in cui Wan te la mostra che la rende sbalorditiva: con una panoramica di pochi secondi, riesce a stravolgere del tutto la prospettiva del racconto, a far rivoltare lo stomaco ai presenti in sala, e a cambiare il genere stesso di appartenenza del film, che si trasforma in un body horror a tutti gli effetti. Il giallo, l’atmosfera soprannaturale, l’eleganza formale fatta di sentiti e doverosi omaggi ad Argento, e delle solite evoluzioni da funambolo di Wan, che quando si tratta di rendere dinamico e inedito un ambiente familiare all’horror come una casa vuota non ha un rivale in giro che sia uno, le arie da horror psicologico: tutto questo finisce dritto nella pattumiera e arriva, commosso, Frank Henenlotter, vera divinità nascosta dietro ai tranelli, alle trappole, ai depistaggi imbastiti da Wan.
Perché Malignant non possiede le ambizioni intellettuali di un Cronenberg, non è un film cerebrale, non va a pescare nella parte nobile del body horror, ma si va a posizione nella zona marcia, lurida, folle, tra Basket Case e il tenerissimo Elmer, con una punta di Stuart Gordon per quanto riguarda l’uso della luce e alcune sequenze ad altissimo tasso di gore che ricordano i deliri ospedalieri di From Beyond, il tutto distribuito in sala da una grossa produzione. Non parliamo di un filmetto indie da tre lire, parliamo di un horror, come piace dire a quelli che Wan lo schifano per principio, “mainstream”, dove però vedrete cose che vi faranno saltare sulla poltrona come dei bambini davanti al più bello e desiderato regalo di Natale mai ricevuto. Io così mi sono sentita quando hanno cominciato a scorrere i titoli di coda, e mi ci sento anche adesso.
A dimostrazione del fatto che ormai James Wan può permettersi di fare quello che vuole e nessuno osa azzardarsi a fermarlo.
E se dovesse andare male al botteghino Malignant (negli USA esce il 10 settembre)? Poco male, tanto Wan sta già girando il seguito di Aquaman. Questo film è per lui.
E per noi.
Accusato spesso di essere un regista horror troppo adagiato sul meccanismo del jump scare e troppo “family friendly”, Wan sembra quasi volersi prendere gioco della sua stessa reputazione con Malignant, che rimanda al mittente tutte queste accuse e riesce a spiazzare il pubblico perché tutto ciò che vi accade rema contro le nostre aspettative riguardo al marchio James Wan.
Gli effetti pratici e raccapriccianti sostituiscono i jump scare, per esempio, e questi ultimi brillano per la loro assenza, perché gli spaventi, pure numerosi, sono costruiti con un andamento climatico che non sfocia nello sbalzo di volume gratuito, ma nella secchiata di sangue dritta in faccia, nell’omicidio efferato e, nei momenti d’atmosfera più riusciti, nella paralisi da orrore puro.
È sempre un tipo di horror che somiglia a un giro sulle giostre, e in questo Wan è coerentissimo dagli albori della sua straordinaria carriera, ma se per le saghe di The Conjuring e Insidious tutti potevano salire sull’otto volante e farsi un giro, questa volta il giro non è affatto innocuo o asettico, e si scende dall’attrazione ricoperti di frattaglie.
Malignant è un film sfrenato, impazzito e privo di pudore, vergogna e decenza.
È bellissimo. Correte in massa a vederlo.
Lo sapevo,lo sapevo che ti sarebbe piaciuto! Io sono uscito dalla sala a fine visione esaltato come un tifoso a fine partita! Non mi faccio alcun problema a definirlo uno dei film piu belli in assoluto di James Wan,il problema e che ad esempio “Dead Silence” sia letteralmente un film ignorato nella filmografia di Wan,quasi nessuno lo ricorda! Ecco con Malignant ho rivisto il regista delle origini prima di darsi ai suoi bellissimi omaggi alle ghost story! Sentire etichettarlo in modo denigratorio “commerciale” mi fa male al cuore,ma come si fa a volere male a questo cineasta meraviglioso! James Wan e un regista che ha capito tutto di Hollywood,resta perfettamente nel contesto dei film dai grossi incassi,ma dirigendoli con grandissima classe,uno che passa con estrema disinvoltura dai film horror ai Fast and furios,per poi passare ai supereroi con il coloratissimo “Aquaman” facendomi tornare bambino,e il tutto con il sorriso sulle labbra,professionale ma anche entusiasta come un ragazzino,ma soprattutto senza quell’odioso senso di colpa che avrebbero tanti cineasti presuntuosi convinti che il cinema sia solo arte e non intrattenimento! Malignant e dannatamente fantastico,bellissimo il rapporto fra le due sorelle e la madre,super coinvolgente,ma piu di tutti il killer che non voglio rivelare,ma che per me e gia un mito! Ciao😁
Su Mike Flanagan penso di essere uno dei pochi esseri senzienti sulla faccia della terra ad aver adorato il suo “Doctor Sleep”,che a mio gusto personale è il suo film più bello! Tutta la scena dell’incontro tra il padre(l’ottimo Henry Thomas,ormai attore feticcio di Flanagan) e il figlio protagonista nel terzo atto era superlativa,per non parlare della sequenza del viaggio astrale di Rose Cilindro,scena che mi tolse letteralmente il fiato per la meraviglia visiva a qui stavo assistendo,potrei fare altri mille esempi di questo splendido film! Scusa se ho divagato dal film di James Wan Lucia,ma siccome hai tirato fuori il grande Flanagan ad inizio articolo,mi sono sentito in dovere di enfatizzare anche il suo cinema,che come quello di Wan è di estrazione popolare della migliore qualità,due approcci differenti ma con la differenza che Wan come ho già detto nel mio commento precedente, e forse maggiormente consapevole delle meccaniche commerciali di un horror,Flanagan è invece un regista che riserva molta attenzione anche alla commozione,cosa che a volte destabilizza il pubblico del cinema horror che si aspetta solo certe cose! Di “Doctor Sleep” tra le tante sterili lamentele c’era quella che lo indicava appunto come poco attendo a fare l’horror,come se il genere in questione abbia un solo ed unico approccio da seguire!
Doctor Sleep è bellissimo. Direi anche entusiasmante. Davvero non è piaciuto alla gente? E’ bello esteticamente, i personaggi spaccano, è horror ma anche avventuroso, colpisce allo stomaco ma rimane molto umano… L’ho visto questa estate così approfitto della citazione di Fabio (e del fatto che in questo periodo non riesco a seguire il cinema per cui mi attacco dove posso) 🙂
Doctor Sleep piace tantissimo anche a me, mi piace più del romanzo di King. Flanagan ha fatto un lavoro di sintesi eccezionale.
Purtroppo ha incassato poco. E infatti, se ci fate caso, Flanagan da allora ha lavorato solo per il piccolo schermo, il che a mio parere è un vero peccato!
Questo me lo sparo al cinema che per miracolo ho visto che passa dalle mie parti!
“Accusato spesso di essere un regista horror troppo adagiato sul meccanismo del jump scare”
questo è quello che dico di lui infatti^^
Con tutto quello che Wan dimostra di essere in grado di combinare qui, a maggior ragione spero che il progetto su Dylan Dog non cada nel vuoto (sulla serie si sta tacendo da un po’ troppo tempo, ormai)…
P.S. Io ero e rimango tutt’ora fra gli estimatori di Dead Silence, come già sai 😉
Dead Silence credo lo rivedrò a breve per parlarne nella rubrica su Prime Video, sempre che sia ancora in catalogo!
Wan cerca di discostarsi dal suo habitat di possessioni ed esorcismi cercando di mescolare il giallo all’italiana con molti riferimenti ad Argento e Bava ed il i b-movie anni ’80.
Alcune sequenze horror sono proprio in stile Wan quasi che potrebbero essere uscite da uni dei The Conjuring e funzionano benissimo come ad esempio il piano sequenza dall’alto ed i tempi allungati della suspance nella stanza all’ultimo piano del medico.
Ecco il cambio di registro che avviene soprattutto nel terzo atto potrebbe spiazzare lo spettatore e volendo l’impronta action va un po’ a mangiarsi le atmosfere create,va detto che anche l’azione è girata benissimo e Wan si vede che si diverte a girare determinate scene con ossa e sangue però nell’economia del film non so se la svolta sia stata troppo repentina anche se ripeto indubbiamente tecnicamente ben diretta.
I personaggi come hai ben scritto non brillano ma non era proprio negli intenti del film farlo,anche se non nego mi sarebbe piaciuto un maggior approfondimento per alcuni personaggi secondari come ad esempio Winnie che invece rimane un po’ una macchietta.
Per colpa vostra non ho resistito e… mi sono divertito abbestia.
All’inizio non capivo se stavo apprezzando o no (mi ricordava un sacco di film e situazioni già viste e mi sembrava un calco…) poi mi son lasciato andare e me lo son goduto.
Mi ha pure emozionato (parte da una situazione tremenda, pone interrogativi sulle scelte e sul modo di gestirle, c’è un rapporto familiare che va oltre la consanguineità… se si vuole ci si trova degli spunti niente male… però DAVVERO per un pubblico horror).
Ma… solo io ho percepito nel film anche certo retrogusto antiabortista?
Bello, mi ha stupito.
Mah,non so se sia effettivamente ricercata una chiava di lettura antiabortista,semmai se proprio bisogna trovarci una lettura “socio-politica” è che i legami affettivi non sono per forza quelli di sangue dunque di una famiglia “tradizionale”.
Ad un certo punto del film ho avuto questa sensazione… La tua lettura ci sta tutta e il finale, proprio su quello che dici tu, è bellissimo. La sua famiglia di adozione mi pare fosse comunque “tradizionale” ma senza pregiudizi sulla non consanguineità. Quanta roba in sto film…
Sì, non credo anche io che ci sia un sottofondo antiabortista, anzi: Gabriel andava estirpato pure prima, onde evitare tutto questo casino.
Anche a me è piaciuto molto e ci ho visto spruzzate di Argento e di Stuart Gordon. Non ho amato molto gli “inserti ironici”, ma al di là di questo ho apprezzato notevolmente il resto.
Appena tornato dal cinema. Ho un sorriso che non se ne vuole andare. 😀
Esattamente come me, fratello!
Mmmm… io l’ho trovato uno spreco di talento, devo ammetterlo.
Il regista è davvero bravo nel suo lavoro ma il film è fuori tempo massimo, la storia è fin troppo ingenua, non appassiona, non incuriosisce e non coinvolge mai. Dove sia nascosto questo fantomatico assassino è palese alla seconda macchia di sangue, e tolto quel minimo di sorpresa il resto non basta a compensare. Riconosco l’immaginario anni ’90 ricreato in pompa magna, ma non essendo una persona di quelle nostalgiche non me me faccio nulla, ma anzi vorrei dei film che mi parlassero dell’ “oggi”, e non si limitassero a essere favolette sanguinolente.
L’ho visto insieme alla mia compagna: io guardo horror da 30 anni, e ne ho visti di ogni tipo…. lei ha iniziato a vederli un anno fa, mentre prima ne era assolutamente digiuna. Siamo dunque due spettatori agli antipodi. Ebbene, il film – per le stesse ragioni – non è piaciuto a nessuno dei due, non ci ha spaventato, non ci ha “preso”, non ci ha trasmesso nulla. L’unica cosa davvero paurosa era la casa, smorta come il settimo giorno di enterocolite acuta, nella quale nessuno di noi due avrebbe mai abitato se fosse stato sano di mente.
Tra tutto, pietosa la scena della cella gigante con delle “cattivissime” donne, vere e proprie caricature di delinquenti, assolutamente non credibili.
Buono per ragazzini e nostalgici, per chi vuole andare al cinema per divertirsi con gli spaventoni, e stop. Non che sia un peccato, ovvio: il vero peccato è vedere tanto talento, stile, ed effetti speciali impegnati in un racconto così povero. E’ come prendere un Kubrik (sì, sto volutamente esagerando) e fargli girare Pierino Medico della Saub con Alvaro Vitali.