
Regia – David Koepp (2004)
Più che Stagioni Diverse, la mia raccolta di novelle di King è Quattro dopo Mezzanotte, credo per un fatto puramente anagrafico: avevo 12 anni quando è uscita e l’ho letta all’età giusta perché ne rimanessi parecchio impressionata. La storia che preferisco, tra quelle contenute nella raccolta, è di sicuro Il Poliziotto della Biblioteca, ma sono certa che nessuno sarà mai così matto da trarne un film; de I Langolieri qui si è già parlato e, se lo avete rimosso, non vi biasimo, mentre Il Fotocane sarebbe perfetta per un episodio di The Twilight Zone o per un horror antologico sulla falsariga di Cat’s Eye, mentre non penso abbia le potenzialità per riuscire come lungometraggio autonomo. Finestra Segreta Giardino Segreto è, invece, il classico racconto in cui King ci parla di uno scrittore tormentato e, come spesso accade, rischia di scivolare nell’autoindulgenza e nel narcisismo, un po’ come Shining. Ma non è affatto da buttare, anzi, soprattutto perché, a differenza di Jack Torrance, Mort Rainey è un pallone gonfiato e pieno di sé con cui King si rivela essere piuttosto spietato, mentre Torrance era un pallone gonfiato e pieno di sé con un arco redentivo.
In fin dei conti, quando si tratta di usare uno scrittore come protagonista, cosa che King fa in continuazione, parliamo più o meno sempre dello stesso personaggio, ed è l’atteggiamento di King nei suoi confronti a fare la differenza.
Koepp, sia in veste di sceneggiatore che in veste di regista, non è nuovo agli adattamenti di opere letterarie di un certo valore, ma qui si trova di fronte a una sfida complicata: Secret Window è una vicenda molto statica, quasi tutta ambientata tra quattro mura e basata sulle elucubrazioni del suo personaggio principale, un autore di successo, nel bel mezzo di un divorzio doloroso e alle prese con un losco individuo che lo accusa di plagio per un vecchio racconto in cui il protagonista ammazza la moglie e la seppellisce nel giardino dietro casa. Mort ha un passato di alcolismo, la moglie lo ha lasciato per un altro e non è neanche la prima volta che la parola plagio fa capolino nella sua vita professionale. Non è un personaggio particolarmente piacevole o simpatico e stare dentro la sua testa per un centinaio di pagine ti fa venire voglia di lavarti via la sua presenza dal cervello. Insomma, non c’è moltissimo materiale, a livello cinematografico, su cui lavorare.
E infatti, Secret Window, il film, è una produzione kinghiana di prestigio, quelle con grossi nomi nel cast tecnico e artistico, che però finisce per somigliare a un thriller da cestone del DVD in offerta speciale che te lo tiro appresso perché a prezzo pieno non se lo compra neppure la mamma del regista.
È noto a tutti che le mie simpatie nei confronti di Johnny Depp rasentano lo zero, eppure credo di essere abbastanza obiettiva se dico che, persino in un ruolo che dovrebbe calzargli a pennello, quello dello stronzo borioso, sta in costante over acting e passa il 90% del film a specchiarsi nel suo bell’aspetto da finto trasandato con le ciocche tinte di biondo. Non ha niente dell’uomo dai nervi a pezzi, sconfitto dalla vita e tuttavia ancora convinto di essere un dono di Dio alla scrittura, che è invece il fulcro della novella e, in teoria, anche della sceneggiatura di Koepp.
Diametralmente opposta è invece l’interpretazione di John Turturro, il bifolco col pesantissimo accento del Mississippi che si presenta un bel giorno alla porta della villa sul lago di Mort, manoscritto in pugno, per accusarlo di avergli rubato la sua storia. Se non avessi già saputo dove andava a parare la vicenda, e se non ci fosse andato di mezzo un cane, avrei sicuramente tifato per lui, perché Turturro, conscio di trovarsi in un film di serie A per budget, ma di serie B per respiro, mira soprattutto a divertirsi un mondo, calca la mano, volando sopra le righe quanto il suo collega, ma lo fa con classe e consapevolezza.
Sono le scene in cui John Shooter è presente a rendere vivo il film, ma purtroppo il protagonista è Depp, e quindi ce lo dobbiamo sorbire languidamente adagiato sul divano in vestaglia per interminabili minuti, mentre il povero Koepp e il suo montatore ce la mettono tutta per movimentare un po’ la situazione, ma a parte il casting sbagliato, ci riescono solo fino a un certo punto.
Non sto dicendo che Secret Window non sia un film godibile: lo è, lo guardi comunque con piacere, tende a scivolare via senza grossi scossoni, e a essere dimenticato non appena i titoli di coda cominciano a scorrere sullo schermo. È un film istituzionale, se è chiaro l’uso che sto facendo del termine, un thriller fatto seguendo il manuale delle istruzioni; è pulito e impeccabile da un punto di vista tecnico, vuoto e piatto da quello artistico.
Ed è anche una cosa che accade spesso quando si ha a che fare con i divi. Depp, nell’anno del Signore 2004, era ancora un divo e usciva dall’enorme successo de I Pirati dei Caraibi, quindi dettava legge, sul set e in post-produzione.
Tornando a Koepp, credo che in questa circostanza abbia fatto un lavoro migliore come sceneggiatore che come regista: quasi tutte le modifiche apportate al testo di King sono apprezzabili, perché conducono tutte nella stessa direzione, rendere cinematografico ciò che in partenza non lo è. E così, ecco aggiunto il prologo con Mort che si precipita nel motel dove sua moglie lo sta tradendo, ecco tutta la faccenda della pistola scarica, ecco che Shooter, invece di essere una vera e propria incarnazione del senso di colpa dello scrittore per aver già plagiato qualcuno in gioventù, diventa la sua parte violenta, quella che il avrebbe messo i colpi nell’arma portata nel motel e avrebbe sparato. La novella di King va a parare nel soprannaturale, è quasi un caso di possessione, se vogliamo; il film di Koepp racconta invece di un uomo che sta perdendo la testa, perché incapace di accettare che sua moglie lo abbia lasciato.
C’è poi la questione del finale, completamente stravolto d Koepp per motivi a me ignoti. Qui non si tratta di operare degli aggiustamenti per adattare al meglio una novella dal sapore un po’ troppo letterario per un mezzo così prosaico come il cinema; il fatto che Mort crepi male non rappresenta, di per sé, un ostacolo per la messa in scena, anche perché sarà pure il protagonista, ma è più di tutto il resto il villain di questa storia. Non era necessario che avvenisse come nella novella, lo si poteva pure far ammazzare dalla moglie, così tanto per dar qualcosa da fare a una sprecatissima Maria Bello. Koepp, tuttavia, decide che Mort deve non solo realizzare gli obiettivi del suo alter ego malvagio Shooter, ovvero uccidere la sua ex, ma persino farla franca e vivere felice e contento a ingozzarsi di pannocchie nella sua casa sul lago.
Il che, intrecciato alla storia personale di Depp, ha un’eco abbastanza sinistra, ma ce l’avrebbe comunque anche se l’attore non fosse (cito da sentenza) un “wife-beater”.
È sinistra perché è complicato interpretare questo finale in maniera diversa da “aveva ragione Shooter e hai fatto bene a ucciderla, anzi, potevi farlo prima”. E no, non sono così pazza da pensare che in ogni film i buoni debbano vincere e i cattivi pagare a caro prezzo le loro malefatte, ma se si vuole far vincere il cattivo, si dovrebbe almeno avere la decenza di non ridurre tutto a burletta, si dovrebbe sottolineare, in qualche modo, la gravità di questa scelta.
E così, un thriller tutto sommato innocuo, negli ultimi dieci minuti assume delle connotazioni molto spiacevoli e, magari inconsapevolmente, chi lo sa, porta avanti delle istanze che danno i brividi.
Non sarebbe un buon film neanche privo della sgradevolezza della sequenza finale, ma con questa ulteriore zavorra, Secret Window diventa un artefatto di un’epoca molto meno civile di questa, e il favore più grande che tutti ci possiamo fare, è lasciarlo cadere nell’oblio che merita.
Lo vedemmo al cinema e non ci lasciò nulla..ero curioso perché il racconto mi aveva coinvolto molto,ma è un film che non funziona..sono assolutamente d’accordo con te su il poliziotto della biblioteca,uno dei racconti di King più originali e disturbanti…ma come si può tradurre in immagini?.. grazie ancora!
Il Poliziotto della Biblioteca è troppo scabroso perché qualcuno ne faccia un film, davvero eccessivo. Andrebbe edulcorato di quasi tutto, ma poi non sarebbe la stessa storia. Molto difficile.
Condivido la tua intolleranza per Depp(sopravvalutato in tutto,non è mai riuscito a staccare il cordone ombelicale da Tim Burton)
E quando è crollato Burton lui è sprofondato.
Io l’avevo già lasciato cadere nell’oblio, a dirla tutta: non è un film che venga voglia di rivedere per cogliere aspetti o sfumature eventualmente sfuggiti a una prima visione, almeno per me. Resta da capire perché Koepp abbia optato proprio per quell’a dir poco infelice finale…
Anche perché il finale di King concettualmente funziona molto meglio. Chi lo sa…