King al Cinema: Ep 11 – I Sonnambuli

Regia – Mick Garris (1992)

Prima regia Kinghiana per il fedelissimo Garris e prima sceneggiatura originale scritta dal Re appositamente per il cinema. Poteva andare meglio, dai, ma la storia degli adattamenti da King ci insegna che poteva anche andare molto peggio. Se non altro, I Sonnambuli pare una festa tra amici, con le varie comparsate di (rigorosamente in ordine di apparizione) Mark Hamil, Tobe Hooper, Clive Barker, John Landis e Joe Dante, oltre allo stesso King che interpreta, tanto per cambiare, un bifolco. In un piccolo ruolo abbiamo persino Ron Perlman, quindi non può essere un brutto film, non del tutto, almeno.
E infatti non è ignobile e insalvabile come A Volte Ritornano o la miniserie di IT: ha una buona prima parte, può contare sulla presenza di Alice Krige, che fa sempre la sua figura e qui è particolarmente sensuale e spietata, mentre Mädchen Amick nelle vesti di final girl si fa sempre apprezzare. Soprattutto, I Sonnambuli è un film pieno zeppo di gatti, e in cui le bestiole giocano la parte degli eroi, addirittura, anche se molti di loro finiscono in orribili tagliole (non li vediamo, ma li sentiamo urlare) o fatti fuori a mani nude dai sonnambuli del titolo, tanto più detestabili in quanto assassini di gatti. E sapete che, da queste parti, esistono pochi peccati più gravi.

In compenso, Brian Krause e la recitazione si trovano in due universi paralleli e il film, dalla metà in poi, decide di deragliare in un delirio camp che distrugge tutta l’ottima atmosfera costruita nella quarantina di minuti precedenti. Chi ne esce abbastanza bene è proprio Garris, che ai tempi aveva messo mano alla regia di Critters 2 e del tv movie Psycho IV, oltre ad aver scritto la sceneggiatura del sottovalutato e bellissimo La Mosca 2. Garris fu voluto fortemente da King e, da quel momento in poi, sarebbe diventato un assiduo frequentatore delle trasposizioni kinghiane, con risultati molto altalenanti. Di solito, lo stile di Garris è di stampo televisivo, privo di guizzi, appiattito sul materiale originale. Non è un caso se King lo ha scelto per rifare Shining dopo l’onta ricevuta da Kubrick. Ma, in questo caso specifico, forse perché era ancora giovane, forse perché ancora non era ridotto a mero esecutore degli ordini dell’ego ipertrofico dello scrittore, si comporta molto bene e tiene in piedi la baracca fluttuando sulle assurdità inserite da King nella seconda parte della sceneggiatura e tentando alla disperata di mantenere un certo decoro.

Perché la vicenda narrata ne I Sonnambuli è molto, molto confusa e si fa sempre più confusa con l’avanzare dei minuti: c’è questa coppia incestuosa di mutaforma madre/figlio il cui unico scopo è “nutrirsi della virtù” e non farsi scoprire.  Sono infatti gli ultimi della loro specie e logica vuole che abbiano uno spiccato istinto di sopravvivenza. E fin qui tutto bene; Charles, il figlio, individua una fanciulla “pura” di cui conquistare la fiducia con il suo bell’aspetto e l’aria da bravo ragazzo, mentre la madre se ne sta a casa a tentare di ammazzare, senza troppo successo, a dire il vero, tutti i gatti randagi della zona, unici ad accorgersi che c’è qualcosa di strano nei nuovi arrivati in città.
Bisogna ammettere che si prova anche un briciolo di pena per questi due reietti, obbligati a cambiare continuamente città, a vivere nascosti, a essere perseguitati e così via.
L’atmosfera è autunnale e sinistra e Garris riesce persino a mantenere un certo alone di mistero su suoi personaggi, facendo presagire un conflitto tra madre e figlio, che di certo avrebbe reso un po’ più interessante proseguire nella visione del film.

E invece no: Charles che, lo abbiamo detto prima, deve non farsi notare dalla comunità, prima fa secco un insegnante e poi si ingarella (dialettale per mettersi in competizione, gareggiare) con un poliziotto, in una scena di inseguimento in auto lunghissima, inutile (anche se diretta bene) e che, oltre ad avere l’effetto di spezzare la bella atmosfera di cui sopra, fa scivolare lungo lo scarico del gabinetto l’ambiguità del personaggio di Charles, da quel momento in poi mostro cattivissimo senza sfumature di sorta e, come tutto questo non fosse sufficiente, comico improvvisato, dato che spara battute a raffica, cui non ride neppure sua madre. Ma non preoccupatevi, anche lei passa da femme fatale a cabarettista nel finale del film. Perché sì, perché King, evidentemente alla sua prima esperienza nella scrittura di una storia pensata solo per il cinema, non riesce ancora a distinguere tra ciò che può funzionare su carta e ciò che può funzionare su schermo, e non si rende conto di quanto spesso le due cose siano agli antipodi.
Quindi, I Sonnambuli è gestito come un racconto breve della produzione kinghiana dei suoi primi anni, uno particolarmente moscio, tuttavia, uno che sarebbe tornato indietro con una lettera di rifiuto e dei suggerimenti per migliorarlo quando il Re era un giovanotto squattrinato che viveva in una roulotte.

Il problema de I Sonnambuli è che non sa bene quale tono utilizzare e, nel dubbio, prova a usarli tutti, creando un pappone dalla digestione difficoltosa, per di più mortificato da svariati momenti di ridicolo involontario. Quando gli intermezzi comici del tuo film mettono in imbarazzo, e quelli che vorrebbero essere drammatici, scatenano l’ilarità degli astanti, c’è qualcosa che non va.
Però, a differenza di quell’esperienza noiosa ai limiti della tortura auto-inflitta di A Volte Ritornano, I Sonnambuli è un film molto divertente, di sicuro per i motivi sbagliati, ma con King e gli anni ’90 non possiamo permetterci di andare troppo per il sottile e dobbiamo sempre ricordare che poteva andarci peggio, poteva essere I Tommyknockers, da cui comunque non possiamo fuggire: ci toccherà a breve, e nel mezzo, ci aspetta un orrore ancora più grande, e non nell’accezione positiva del termine.

La vera star del film è ovviamente il micione tigrato Clovis, che salva la nostra final girl in due circostanze e ne esce anche vivo, lusso che a molti suoi colleghi felini attori di film horror è concesso di rado. Sarà per questo che, nonostante tutto, io a I Sonnambuli un po’ di bene lo voglio, nonostante la struttura scricchiolante e l’andamento ondivago. Certo, il morphing che trasforma i volti di mamma e figlio in creature mostruose è un’aberrazione anni ’90, ma il trucco e le protesi non sono affatto male, mentre quei due o tre effettacci splatter inseriti all’interno di un film stranamente poco esplicito, fanno la loro porca figura.
Dai pochi elementi a mia disposizione (non ho ancora visto né Riding the Bullet né Desperation), I Sonnambuli resta il miglior lungometraggio di Garris. Al che voi direte: non ci vuole poi molto, Lucia. Ma noi Garris siamo destinati a incontrarlo parecchie volte nel corso di questa avventura, e quindi sperate con tutto il vostro cuore che io mi stia sbagliando.
Nel caso, gli chiederò scusa.

5 commenti

  1. Anche questo visto al cinema. Da ragazzino lo considerai men che mediocre, ma mi garbò il fatto che i buoni fossero i mici.

    1. È che quando si tratta di adattamenti kinghiani standard anni ’90, anche la mediocrità è un lusso 😀

      1. Giuseppe · ·

        Per fortuna qui ci sono Clovis e tutti i suoi amici mici a salvare la baracca 🙂
        Una baracca che, come giustamente fai notare, qualche elemento per non farla crollare del tutto in effetti ce l’ha (adorabili felini in primis): comparsate di lusso, un Garris decente, Alice Krige e Mädchen Amick in gran forma, una prima parte che funziona bene, effetti prostetici niente male, un sempre gradito Ron Perlman a cui oltretutto è riservata una dose di quel raro splatter presente nel film… poi c’è tutto il confuso e assai claudicante resto, vero, ma direi che tutto sommato ci si può accontentare 😉

  2. dinogargano · ·

    Ciao , bel post , al solito .. .
    Film visto e piaciucchiato, onesto prodotto, come hai sottolineato tu . Desperation per me non è malaccio , almeno non disorienta i lettori del romanzo , poi ci sono Perlman che è perfetto per iniziare e Skerrit che risulta sempre credibile in quello che interpreta .
    Tratto da un romanzo del periodo di transizione tra coca e niente coca …quindi confuso di suo , e che deve parecchio ad un racconto do H.P.L. … saluti

  3. I Sonnambuli era un film che in certi punti annoiava mentre in altri tirava fuori il meglio di se. Nonostante non sia un buon prodotto, mi ci sono sempre divertito e lo trovo comunque migliore di tanti altri lavori basati sulle opere di King. Il tuo progetto di parlare delle trasposizioni di King è davvero interessante. Io oggi, visto che siamo a Ottobre, ho iniziato il progetto di parlare di tutti i film dedicati alla saga di Halloween usciti fin’ora. E ammetto che mi sto divertendo.

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