Regia – Dan Berk, Robert Olsen (2019)
Prima recensione del 2020 dedicata a un duo di registi che aveva già fatto ben sperare un paio d’anni fa con l’ottimo (superiore al suo predecessore) e senza pretese seguito di Stake Land. Per l’opera seconda, scelgono di dedicarsi a un genere non facilissimo come la dark comedy e confezionano, tutto sommato, un prodottino pregevole, che non racconta nulla di nuovo, ma lo fa benissimo.
L’originalità, lo sapete, è una cosa sopravvalutata e sapete anche che si può suonare la stessa canzone in modi pressoché infiniti, basta solo essere consapevoli di cosa si sta facendo ed essere bravi a tenere desta l’attenzione anche di chi, quella vecchia canzone, la conosce a memoria. Berk e Olsen centrano entrambi gli obiettivi e, se volete passare 90 minuti spensierati (ma non troppo), in compagnia di un cast che dà l’impressione di essersi divertito un mondo e ha quindi dato il meglio delle sue possibilità, senza tuttavia aspettarvi di ricevere chissà quale sorpresa, ecco che Villains è proprio il film di cui avete bisogno.
E non c’è niente di male, a volte, ad avere bisogno solo di questo; nessuno ci obbliga a cercare il capolavoro a ogni angolo di strada. Spesso, anzi, direi nella maggior parte dei casi, è il cosiddetto “prodotto medio” a darci le più grandi soddisfazioni.
E così, andiamo a conoscere Mickey (Bill Skarsgård) e Jules (Maika Monroe), due ladruncoli caratterizzati da una tragicomica inettitudine, in viaggio verso la Florida, dove hanno intenzione di cominciare una nuova vita, dopo una rapina a una stazione di servizio. Il problema è che, oltre a essere catastroficamente incompetenti, sono anche un po’ sfigati, e la loro macchina rimane senza benzina in una di quelle strade tipiche della provincia americana, detta anche bucodiculoland. Ai due piccioncini non resta che cercare un’abitazione nei dintorni, sperare ci sia un’auto da rubare, o almeno del gasolio da estrarre da una qualche caldaia.
Purtroppo, a causa della sfiga di cui sopra, i nostri finiscono nella residenza di due psicopatici col botto, interpretati sette chilometri sopra le righe da Jeffrey Donovan e Kyra Sedgwick. Il resto del film, come avrete forse intuito, è lo scontro tra queste due coppie opposte e speculari, con sviluppi prevedibili, ma non per questo meno divertenti.
È logico che un film del genere poggi soprattutto su due fattori: le interpretazioni e il ritmo. Non abbonda infatti di azione, è girato per larga parte all’interno di una casa, spesso i protagonisti sono legati e gli scontri fisici sono ridotti al lumicino. Non faccio spoiler se vi dico che una delle sequenze più tese riguarda Mickey che deve liberare Jules da un paio di manette avendo a disposizione soltanto un piercing, ma vi posso anche assicurare che è una delle scene meglio montate del 2019, ed è in questo supportata da un recitazione di alto livello, né troppo seriosa né troppo ammiccante. Certo, Monroe si divora il collega surclassandolo ogni volta che i due sono insieme sullo schermo, ma la chimica tra loro è evidente, il rapporto che li lega credibile, l’affetto che si viene a creare nello spettatore nei confronti di questi due poveri disgraziati è costruito con sincerità, per cui alla fine scatta anche una mezza lacrimuccia.
Dal canto loro, i due psicopatici rimasti fermi agli anni ’50, nonché aguzzini dei nostri protagonisti, hanno una relazione complicata e improntata sulla totale follia di entrambi, ma ciò, al netto della recitazione molto caricata di Donovan e Sedgwick, non significa che non sia una relazione credibile, per cui si riesce persino a provare, non dico empatia, ma un minimo di umana comprensione.
E poi, come dicevo prima, c’è una gestione del ritmo interessantissima, e molto studiata, cui spetta il compito di ovviare alla staticità della situazione; se nelle due scene, chiamiamole così, “madri” del film, hai i tuoi due protagonisti impossibilitati a muoversi, o comunque molto limitati, e se, a parte l’inizio e la fine, hai sostanzialmente a disposizione tre ambienti in tutto dove far svolgere la vicenda, ecco che devi lavorare molto sia con la macchina da presa sia col montaggio, per non far cadere in catalessi lo spettatore. Aggiungete anche che, a differenza di altri home invasion “al contrario” (quelli dove i due individui inizialmente presentati come pericolosi sono in realtà le vittime), manca persino la truculenza, e che non si tratta di un film dai dialoghi così memorabili: il risultato è un doppio lavoro per dare dinamismo a una roba che ne ha poco.
Ora, si può arginare questo problema andando facilmente in over editing, ma non è il caso della bravissima Sofi Marshall; è la prima volta che la vedo all’opera, anche se ha un curriculum di un certo rispetto, e sono rimasta sinceramente sbalordita. Villains è uno di quei film dove ogni stacco è significativo, che è in grado di insegnare persino ai profani il peso del montaggio nell’economia di un racconto per immagini, perché è semplice ed elegante, quasi invisibile, eppure va avanti come un orologio caricato alla perfezione.
Ma, a parte queste note tecniche (potrebbero anche lasciarvi indifferenti), Villains è davvero un piccolo film in grado di intrattenere con una naturalezza e una mancanza di velleità invidiabili. Risulta tutto così spontaneo da sembrare facile, quando invece non lo è, quando a uno sguardo non superficiale (che comunque andrebbe benissimo, eh, siamo qui per divertirci) si nota una preparazione nell’impiego dei costumi, dei contrasti cromatici, dell’arredamento che denota uno sforzo creativo e soprattutto un ragionamento dietro la messa in scena, anche quello mai ostentato, ma determinante.
Rimane la domanda esistenziale sul perché Maika Monroe, che davvero si porta la guinzaglio tutto il cast, non sia già una star di prima grandezza, ma è un quesito destinato a rimanere senza risposta.
Per il momento, godiamocela finché dura nelle produzioni indipendenti, anche perché forse è quello che lei vuol fare davvero, e cominciamo l’anno cinematografico con brio.
dev’essere delizioso! segno subito, l’anno è iniziato talmente male che un film del genere ci vuole proprio 😀 confesso anche che mi attira vedere bill all’opera senza quintali di trucco addosso XD grazie come sempre 😀
Siamo in due ad aver avuto un inizio anno poco esaltante, e questo film può aiutare a ritrovare un po’ di buon umore!
Sembra veramente divertente. Mi piacciono gli attori e anch’io ho interesse nella coppia di registi.
Gli attori sono decisamente fenomenali!
Ma…ma…ma…ma….La locandinaaaaaaa! Macheccossè la locandinaaaaa! Poi per carità. Il film mi piacerà, mi divertirà, nella tua recensione ho già tutti i motivi per cui mi può piacere un horror indie a basso budget, la Monroe…ma la locandinaaaaa…Sono già addicted. Ogni tanto riscrollo verso l’alto, riguardo la locandina e rido.
Ma infatti è stata la locandina ad attirarmi. Si rimane imbambolati a guardarla. Ed è interessante notare che, dopo un periodo di faccioni e pochissima creatività, stanno ricominciando a fare le locandine belle.
Quella locandina in effetti sa catturare l’attenzione, cosa che, in base a quello che ho letto nella tua rece, credo sarà in grado di fare pure il film (e di buonumore ne ho davvero bisogno, eccome)… il quartetto di protagonisti, poi, è già di per sé una garanzia!
Temo che di un po’ di buonumore ne abbiamo bisogno tutti, eh…
Non è stato un inizio anno particolarmente felice 😦
Tutto vero, quello che scrivi.
Il film e’ davvero un gioiellino, non amo le horror comedy, ma in questo caso hanno azzeccato il dosaggio degli ingredienti, e’ fatto tutto a modino, con passione e attenzione per il genere.
Sebbene mi piaccia vederla in questi film, Maika Monroe meriterebbe di piu’. Tuttavia confesso che anche Skårsgard mi sembra talentuoso: pur ricorrendo a registri non proprio naturalistici, nelle altre occasioni in cui lo ho incrociato e’ sempre riuscito a dare un taglio personale alla sue interpretazioni. In questo caso Mickey ha una sorta di candore da bravo ragazzo che mi ha molto divertito.
C.