La mia identità, i miei horror

I don’t know much about myself: I know I’m an orphan, I know I’m a freak

Quando vi dicono che, con questa storia della rappresentazione e dell’inclusione delle minoranze nel cinema, nei fumetti e in vari mezzi di comunicazione legati alla cultura pop, femmine negri e froci si stanno allargando un po’ troppo, di solito è perché a esprimere questo fastidio sono uomini, bianchi, eterosessuali, abituati a trovarsi, da sempre, al centro della scena, a essere i protagonisti assoluti.
Non è solo una questione di cattiveria, da parte loro (spesso sì, spesso sono personaggi crudeli, il cui unico intento nella loro esistenza è ferirvi): non se ne rendono proprio conto di cosa significhi essere cresciuti in un universo immaginario dove i protagonisti erano gli altri e non loro; non sanno che vuol dire raccogliere le briciole e doversi accontentare di quelle; una Ripley qui, una Sarah Connor lì; neanche comprendono che, fino a quando la stragrande maggioranza dei film sarà scritta, diretta e prodotta da maschi, bianchi ed eterosessuali, il centro del potere creativo sarà sempre e soltanto nelle loro mani, e tutti quelli che come loro non sono, dovranno applaudire come scimmiette ammaestrate a contentini elargiti dall’alto.
Per questi personaggi, fare un passo indietro equivale a uno sforzo immane, e troveranno ogni scusa e cavillo per dirvi che voi siete quelli sbagliati, che si stava benissimo vent’anni fa, che il problema non esiste e ve lo state inventando voi a causa della vostra agenda politica (adorano sproloquiare di agende), i cui oscuri scopi mi sono attualmente ignoti, perché quando si tratta di spiegarli, diventa tutto molto nebuloso. Vi spiegheranno anche come dovreste comportarvi e come dovreste sentirvi.
Ma non è di questo che voglio parlare, quanto del fatto che la rappresentazione serve ed è importante, è formativa.
È giugno, il mese del Pride. Ho pensato che sarebbe stato il caso di scrivere un post, solo che non trovavo la formula adatta. Poi sono inciampata in un blog, Gayly Dreadful, che al mese del Pride sta dedicando una serie di articoli, scritti da svariati autori, e questo, in particolare, mi ha dato la spinta necessaria. Ho capito che avrei dovuto parlare di me, del perché io sia così legata all’horror, del perché l’horror sia stato fondamentale nella scoperta della mia identità, e quindi avviso che si andrà sul personale e che, al primo stronzo che rompe i coglioni, chiudo i commenti.
Ah, sarà anche un post lungo, quindi siete padroni di smettere di leggere qui.

Nel cinema horror la devianza è la norma. È così dall’inizio del secolo scorso e credo resterà così finché il sole risplenderà sulle sciagure umane (cit.).
Girando per diversi blog, siti dedicati, account Twitter di appassionati, ho scoperto una community enorme di gay, lesbiche, transessuali e bisessuali appassionati di horror. Ovviamente parlo dell’estero, qui in Italia non conosco praticamente nessuno.
La cosa più sorprendente è la quantità di esperienze che abbiamo in comune, in particolare quando si tratta di persone che si sono formate culturalmente in quel “periodo meraviglioso” in cui i SJW non esistevano, e femmine, negri e froci sapevano stare al posto loro: non trovando quasi nulla a rappresentarci nei media tradizionali, ci siamo rivolti a quel coacervo di perversioni, reietti, freak, sgorbi che era il cinema dell’orrore per cercare delle risposte, per sentire che non eravamo soli.
E l’horror ci ha aiutati, ci ha offerto un posto sicuro dove nasconderci, ci ha accolti come Midian fa con i mostri.

Io sono arrivata a realizzare e, soprattutto, ad accettare la mia omosessualità, piuttosto tardi. A 22 anni ho preso la prima cotta per una donna di cui avessi consapevolezza, ma non ho abbracciato pienamente il fatto di essere lesbica fino a pochissimo tempo fa.
Nel corso di tutti questi anni di paure, incertezze e confusione, l’horror è sempre stato lì, ha rappresentato la vera costante, il punto fermo essenziale della mia vita e dei miei goffi tentativi di capire chi fossi, che cosa fossi.
Quando ero molto giovane, il mio primo impatto con una storia dalle sfumature evidentemente omoerotiche è stato rappresentato da Carmilla, il racconto di Le Fanu, comprato nei volumetti a mille lire che si trovavano in edicola. Nulla di esplicito, per carità, ma c’era questa risonanza, forte, impossibile da tacere, con le mie esperienze personali e con quello che sperimentavo ogni singolo giorno della mia vita.
Per gli altri libri che leggevo a 13 o 14 anni, noi non esistevamo. Quando ci capitava di esistere in qualche classico della letteratura studiato a scuola, venivamo prontamente stralciati con sommo imbarazzo del corpo docente. Quindi la conseguenza era la stessa: non esistevamo. Ho scoperto l’omosessualità di Virginia Woolf quando ero già all’ultimo anno di liceo, per dire, e solo adesso sta venendo fuori da studi recenti che, con ogni probabilità, Emily Dickinson era molto diversa da quello che la storia ci ha tramandato.
Ma, per quel libriccino preso quasi di nascosto in edicola, qualcuno di simile a me esisteva. Finalmente, da qualche parte, c’ero anche io, o c’era quella parte di me che stava cominciando a emergere e che sapevo essere sbagliata.

Perché poi, a un certo punto, più o meno tra la fine degli anni ’90 e i primi del nuovo secolo, abbiamo anche cominciato a esistere, da qualche parte: solo che facevamo una fine orrenda come in Boys Don’t Cry, o eravamo dei serial killer destinati a finire la nostra misera esistenza con una bella iniezione letale, come in Monster.
In qualunque modo la rigirassi, c’era sempre e comunque qualcosa di sbagliato in me.
Ma nell’horror era tutta un’altra cosa. Sì, certo, eravamo comunque cattivi, predatori e deviati, ma eravamo potenti, eravamo feroci, eravamo pericolosi ed eravamo fieri.
Quanto era bella Ingrid Pitt in Vampiri Amanti, e quanto potere emanava la sua figura, quanto terrore incuteva e quanto fascino esercitava sulle sue vittime innamorate.
Perché, e lo abbiamo detto tante volte, l’horror possiede una fantastica, duplice natura: è il genere più conservatore e, allo stesso tempo, il più eversivo. I suoi contenuti metaforici e simbolici procedono oltre le apparenze che vogliono la restaurazione dello status quo una volta eliminata la minaccia. L’horror è la scheggia impazzita, è la nostra finestra sull’Altro, e ci sussurra all’orecchio che il mondo è molto più grande, strano, misterioso e oscuro di quello che crediamo; ci dice che esiste un luogo dove le regole imposte non hanno alcun valore, che per un’ora e mezza i marchi d’infamia diventano medaglie da sfoggiare con orgoglio. Soprattutto, ci insegna che i mostri si vendicano, risorgono, non muoiono, esistono da sempre e per sempre.
Non stupisce che molte categorie costrette all’emarginazione sociale si siano, nel corso degli anni, riconosciute e specchiate nel cinema dell’orrore.

E infatti, il fandom horror è quello meno tossico tra tutti i fandom. Lo si vede nel piccolo, su questo blog, dove i problemi maggiori con i commenti li ho avuti quando mi sono allontanata dal genere (e non ho mai avuto il coraggio di dire una parola su Star Wars, Dio me ne scampi), e nel grande, quando ci si rende conto della facilità con cui gli spettatori avvezzi al cinema dell’orrore sanno accettare il cambiamento e le trasformazioni subite dal mondo dell’intrattenimento, senza opporre quell’ottusa e strenua resistenza che si incontra in altri ambiti. Un caso Capitan Marvel dalle nostre parti non si è mai verificato, per esempio.
Ci bollano come potenziali assassini, adoratori del demonio; siamo quelli con qualcosa di anormale nella testa, se ci divertiamo a vedere certa spazzatura; i film horror sono spesso stati il principale capro espiatorio per vari episodi di violenza; nel nostro putrido paesuncolo, abbiamo assistito a interrogazioni parlamentari contro i fumetti dell’orrore. Eppure, non c’è una comunità di appassionati più gentile e inclusiva della nostra.

Non rimpiango niente di quel periodo triste e opaco in cui ho cercato di negare me stessa; non rimpiango di quando mi ero fissata che, se fossi nata uomo, tutto sarebbe stato più semplice e ho passato almeno un paio d’anni a odiare il solo fatto di essere nata femmina; non rimpiango il terrore, quello reale, di confessare a qualcuno che mi sentivo attratta dalle persone del mio stesso sesso; non rimpiango quella volta in cui ho avuto il coraggio di dirlo a una mia insegnante al liceo e la risposta è stata che era soltanto una fase, perché altrimenti sarei stata malata e da curare. Sono fortunata, perché alla mia famiglia non è mai fregato niente di chi mi piacesse, e ogni donna entrata nella mia vita, anche per poco tempo, è stata accolta dai miei genitori come una terza figlia, e da mia sorella come un’amica.
Però mi sono spesso sentita sola, incompresa, accerchiata.
Ed è stato allora che il cinema horror è venuto in mio soccorso: The Hunger, Sleepaway Camp, Alta Tensione, The Vampire Lovers, Hellraiser, Seed of Chucky, e potrei andare avanti per ore. Secondo voi, da dove nasce il mio amore incondizionato e viscerale per Tony Scott? Ed era il 1983, ci voleva fegato per raccontare di personaggi apertamente bisessuali in un film nel 1983.
Oggi è tutto più facile, grazie a Cthulhu, e molti ragazzini possono contare su un modo differente di rappresentare una sessualità non eteronormativa nei principali canali di intrattenimento. Siamo ancora mostri e reietti, ma non per tutti, e forti di una visibilità maggiore. Se non altro la nostra esistenza è accertata e riconosciuta, anche se in una fetta di mondo troppo piccola, e i diritti sono sempre a rischio.
Per questo, quando qualcuno vi dice che con questa storia dell’inclusione ci si sta spingendo un po’ troppo oltre, il vostro preciso dovere è di accompagnarlo alla porta: il mondo è vasto, è diversificato, non ha un solo colore e un solo orientamento, e cinema, fumetti, narrativa, videogiochi, devono riconoscerlo. Se c’è una coppia formata da due uomini nella nuova serie di Star Trek, non è per “forzare” qualcosa, è perché è normale che ci sia, è perché esistiamo, che vi piaccia o no.
Per noi, cresciuti con Clive Barker, è sempre stato così, e io di questo ringrazio l’horror in ogni sua forma, lo ringrazio per non avermi mai fatto vergognare di quella che sono e di avermi accolta e amata quando ero io la prima a non esserne capace.

41 commenti

  1. Hai perfettamente espresso quanto il cinema in generale e l’horror in particolare siano fondamentali per la formazione degli individui, come ti dissi in privato, per me è tutto cominciato da Twin Peaks, poi sono arrivati tutti gli altri 🙂

    1. Sì, una buona dose di horror è importantissima per la formazione di un individuo sano.

  2. perfettamente d’accordo 🙂
    film da ricuperare
    Bound – Torbido inganno (Bound) 1996
    di da Andy e Larry Wachowski
    https://m.media-amazon.com/images/M/MV5BODE0YzdiOGItYWVkZS00NDc1LTg0NjQtNjcxMTQwZTM2YjAzXkEyXkFqcGdeQXVyMTE2NzA0Ng@@._V1_.jpg
    concludo
    “Mi dispiace non sono venuta a messa. Ero occupata a far pratica di stregoneria e a diventare lesbica.”

    1. Bound era uno strano esempio di noir gay. Bellissimo, comunque.

  3. Post splendido, davvero. Per me, l’horror, è sempre stato una terapia contro le brutture della realtà, una decisamente strana consolazione che, ancora oggi, salva le mie giornate. È stato bello scoprire che anche per qualcun altro è così.

    1. Grazie.
      È vero, l’horror è una grande forma di consolazione. Quel circo di freak ci fa sentire sempre bene. 🙂

  4. valeria · ·

    ❤ abbraccio virtuale. articolo meraviglioso.

    1. Ricambio l’abbraccio ❤

  5. Dopo un post così sentito e personale, qualunque commento rischia di essere banale o ridicolo.
    Tanto vale rassegnarsi… scelgo il ridicolo:
    ” il fandom horror è quello meno tossico tra tutti i fandom”
    Amica mia, è perché non hai mai provato ad andare ad una convention di appassionati horror indossando una camicia aloha anziché la maglietta dei Motorhead d’ordinanza 😉

    1. Ma io non ho mai posseduto una maglietta dei Motorhead, anche se ne volevo tanto una 😀

  6. Flavio Troisi · ·

    Grazie di questo post, cara. Mi hai dato molto cui pensare. Mi hai ricordato la mia epoca aurea dell’horror, quando tutto ciò che volevo era chiudermi in casa con le tre o quattro videocassette noleggiate nella sola videoteca disponibile nel raggio di una decina di chilometri, e fumare le mie sigarette passando da un Venerdì 13 a un Hellraiser, passando per un Freddy. Quella sensazione di essere nati sul pianeta sbagliato e di avere un perenne urlo di terrore nella testa. Di trovare almeno in quei film e libri uno specchio del mio disagio.

    1. Già, almeno quei film sembravano capirlo, l’urlo di terrore che avevamo dentro, e sembravano anche condividerlo.
      Grazie a te.

  7. Post splendido. Esperienze che fanno riflettere, e che mi fanno amare ancora di più l’horror ❤

    1. Il genere che ha fatto più bene al mondo ❤

  8. Già parlare di cinema con le persone è difficile. Parlare di cinema horror peggio ancora. Ma parlare di sé, in un modo cosi intimo, parlando di cinema horror, è un atto di coraggio. Cuori giganti per te e per l’orrore.

    1. Cuori giganti ricambiatissimi ❤
      E che l'horror sia con noi per sempre.

  9. altroquandopalermo · ·

    Mi riconosco in molti punti di questo post. Anche perché mi sono riconosciuto e accettato ancora più avanti negli anni. Come gay e come orso, attratto da una tipologia maschile (i miei simili) che non vedevo (almeno allora) rappresentata da nessuna parte. Non a caso, nell’ambito della fiction, ho coniato l’espressione “sindrome del grosso cadavere”, per indicare che un uomo grasso nelle storie rivolte al vasto pubblico è quasi sempre una vittima, giacché si presume che possa ispirare solo ilarità o pietà, non immedesimazione. Questa assenza di punti di riferimento mi allontanava ancora di più dal prendere coscienza della mia identità, in un gioco a nascondino con me stesso che è finito solo con la scoperta di certe comunità su Internet e soprattutto con l’incontro di chi è diventato il mio compagno per tredici lunghi anni. La passione per l’horror, inoltre, l’ho sempre intesa come un interesse per persone miti (come tendo a definirmi) che necessitano di forti scosse. Oggi, come attivista, come youtuber attempato e gaio, ti ringrazio per questa testimonianza. Un abbraccio e buon Pride.

    1. Certo, perché l’uomo (o la donna) sovrappeso sono sempre utilizzati come alleggerimento comico in ogni storia. C’era pure un horror, Zombieland, che io ho sempre chiamato “Natale con gli zombie”, dove all’inizio il protagonista dettava le regole per sopravvivere a un’apocalisse zombie, e la prima era quella di essere magri se non si voleva essere sbranati.
      Anche questo è un problema enorme nella rappresentazione della diversità.
      E anche qui, un certo tipo di horror, ha avuto la sua parte nel dare una mano. Penso a Ben di IT, per esempio.
      Un abbraccio a te e buon Pride.

    2. Ben di It da adulto è (giustamente) dimagrito

  10. Un post meraviglioso che mi ha molt colpito e in un certo senso commosso. Per molti anni anch’io sono stat considerato diverso o strano e negli horror mi ci sono ritrovato per gli stessi motivi. Vedere queste persone emarginate, questi mostri che nonostante tutto riuscivano a mostare un enorme potere ed erano i protagonisti incontrastati di certe pellicole. Ho sempre amato i mostri più che le persone.

    1. I mostri sono sempre migliori 🙂

  11. Alberto · ·

    Benchè pubblico, questo post è così intimo che ci si sente un po’ spioni a leggerlo. Mi auguro che tu non ti senta mai più sbagliata nemmeno per un giorno, e che questo non comporti la chiusura del tuo blog, perchè anche gli eteroappassionati di horror ne hanno un gran bisogno 🙂

    1. Il blog è mio figlio, quindi non credo sarò mai in grado di chiuderlo 🙂
      E l’horror è meraviglioso proprio perché è di tutti e per tutti.
      Grazie ❤

  12. Il genere horror è superlativo, purtroppo chi non lo segue non riesce a capire quello che viviamo noi che lo apprezziamo.
    Chi si lamenta di troppa inclusione non è neanche da commentare ma solo da allontanare per sempre, concordo.

    1. Ma perché per noi l’inclusione è normale, per questo non capiamo quelli che non la vogliono. Siamo cresciuti in un circo di freak, di sicuro non ci scandalizziamo per una rappresentazione più ampia dei tipi umani 😀

      1. Anzi. Quando ci sono poche tipologie di personaggi ci sembra tutto un po’ smorto. Uno dei difetti palesi di TWD è anche la scarsa varietà dei personaggi (che ciclicamente si somigliano tutti), per esempio.

        Io odio TWD.

        1. Lo odio anche io. O meglio, l’ho odiato dal terzo episodio della prima stagione in poi.

          1. Io la prima stagione l’ho sopportata. Poi ho visto sperando morissero personaggi attori sceneggiatori registi etc etc…
            Poi ho detto basta, non posso vedere una cosa soltanto per sperare in una distruzione che non avverrà mai.

  13. Blissard · ·

    Bellissimo post, trovo molto poetica la tua descrizione del valore quasi “terapeutico” dell’horror nel lenire la sensazione di sentirsi diversi, inadeguati, “sbagliati”. Onestamente non so ricostruire con esattezza quando e perchè sia esplosa in me la passione per l’horror, ma non posso assolutamente escludere che sia legata al mio sentirmi, soprattutto durante l’adolescenza, fuori posto, poco attratto da ciò che appassionava buona parte dei miei coetanei.
    Ci terrei però a precisare che, pur considerando un segno di civiltà l’inclusione delle minoranze (con una funzione di primo piano e non semplicemente “decorativa”) nel cinema contemporaneo, penso che non sempre questa inclusione venga realizzata in maniera efficace, talvolta sembra un sorta di concessione ipocrita volta a creare e/o potenziare nuove fasce di mercato; ma il cinema è soprattutto business, quindi penso sia un problema insito in questa forma artistica, in particolare in tempi di magra economica come i nostri.

    1. L’inclusione nei media mainstream è cominciata quando negli uffici marketing delle grosse produzioni si sono accorti che si potevano vendere dei prodotti a un pubblico più ampio. Quindi sì, le ragioni sono assolutamente di natura commerciale, ma è che vero che, a un ragazzino fa bene vedere un eroe che lo rappresenti.
      Per il resto sì, credo sia stato terapeutico per tutti quanti noi.

  14. Bellissime e profonde parole, grazie. Da Freaks di Browning ho capito che il cinema che conta, almeno per me, è quello che nasce dall’urgenza di raccontare verità inaccettabili ai più. Da qui l’amore per il nostro genere preferito, la cui linfa è appunto la diversità, l’elevazione degli ultimi, il raccontare la vita attraverso il dolore, la frustrazione e la presa di coscienza di noi stessi tramite l’accettazione dei nostri lati sopiti da una normalità venduta come unica via. L’horror è anarchia, è amore per l’essere umano come individuo unico e diverso, è un bambino che scopre che babbo natale non esiste e che la fatina è una senzatetto con figli da sfamare. Non potrà mai essere mainstream per il semplice fatto che non siamo disposti a guardarci realmente allo specchio. LUNGA VITA AI MOSTRI ! 🙂

    1. Come disse Guillermo del Toro quando ritirò il suo Golden Globe: lassù, da qualche parte, Lon Chaney ci sta sorridendo.

  15. Grazie di averci raccontato un po di te, rimanendo nel mondo dell’horror.
    E’ vero, spesso questo genere ha mostrato molto più le varie sfaccettature umane di molto del cinema o della letteratura “normale”.

    Un piacere averti scoperto anni fa ❤

    1. Grazie a te.
      L’horror è parte di me, in un certo senso è quello che sono.

  16. Giuseppe · ·

    Questo tuo intimo e toccante post mi riporta ad un momento del passato di questo blog, dove c’era tuo padre che partecipava ai commenti, e io ti dissi che fin da piccola (già orrorofila D.O.C, quando ti beccavano a vedere Romero in tv con un colorito verdognolo) eri tu quella giusta: avevo ragione, ovviamente. ❤
    P.S. 1) Ricordo ancora che il papà rispose al mio commento con un "Non so come si mettano le faccine, per cui scegline una che ti sorrida e ti faccia OK"… e io lo faccio pure oggi, con dedica personale a tutt'e due 😉 🙂
    P.S. 2) Non solo Star Trek ha fatto la sua parte (e, del resto, la webserie New Voyages l'aveva già preceduta) ma, fumettisticamente parlando, pure Star Wars: hai mai letto le avventure riguardanti l'archeologa Chelli Lona Aphra e l'ispettrice imperiale Magna Tolvan? 😉

    1. NO, purtroppo sui fumetti di Star Wars mi cogli impreparata, però giuro che cercherò di colmare questa lacuna il prima possibile!
      Quanto a mio padre, credo che alla fine sia riuscito a venire a patti col fatto di avere una figlia a cui piacciono gli squartamenti 😀

  17. Andrea · ·

    Beh..mi hai toccato, davvero!..hai espresso perfettamente una marea di sensazioni ed emozioni che ho provato pure io..il cinema e la letteratura horror non erano e non sono una via di fuga,ma una via di salvezza per chi,come me,si è sentito solo e in alcuni casi sconfitto..per questo lo amo e ti ringrazio davvero per avere condiviso questo con noi.. grazie 🙏🌈😊

    1. Ma grazie a te per il commento, ennesima prova che noi appassionati di cinema horror abbiamo tante esperienze in comune. Il che cementa il senso di appartenenza 🙂

  18. A volte ci sentiamo tutti dei Johnny Freak, rifiutati dalla societa’,
    ma noi, come nella storia di Dylan Dog, dentro siamo puri di spirito, forse i mostri sono gli altri

  19. Stefano69 · ·

    Mi hai fatto commuovere e riflettere, molto. Sì, l’horror è tutto ciò che hai scritto. Non ho altro da dire a parte questo, ma ritenevo doveroso farlo. Anzi no, devo aggiungere ancora una parola, tanto semplice ma altrettanto sincera: grazie.

    1. No, grazie a te. ❤

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