1999: Echi Mortali

 Regia – David Koepp

Does it hurt to be dead?”

Io non so se vi ricordate com’era il cinema horror soprannaturale americano alla fine degli anni ’90 e all’inizio del 2000, appena prima che Verbisnki rendesse tutti consapevoli dell’esistenza dei fantasmi giapponesi e prima che dalla Spagna arrivassero i vari Balaguerò e Amenabar a insegnare a tutti come si facevano i film. Se non ne avete memoria, ci penso io: brutta CGI da fine millennio e un sacco di imbarazzo per tutti. Certo, esattamente un mese prima di Stir of Echoes, esce Il Sesto Senso e qualcosina, nella percezione della ghost story al cinema, è sul punto di cambiare. Il problema del film di Koepp è che capita proprio nel messo di questo cambiamento ed è finito nel dimenticatoio, pur avendo conseguito risultati del tutto rispettabili al botteghino. Peccato per Koepp, che qui era al suo secondo film (dovreste recuperare il suo esordio, The Trigger Effect, già che ci siete) e poi non si sarebbe più ripetuto a questi livelli.
Koepp, prima che un regista, è lo sceneggiatore di alcuni tra i più grandi incassi della storia recente di Hollywood: Jurassic Park? Lo Spiderman di Raimi? Il primo Mission: Impossible? Tutta roba sua. Il minimo che si può dire di lui è che sa riconoscere una buona storia quando se la trova di fronte.

Koepp, grande fan di Matheson, voleva che il suo secondo film fosse un horror e la scelta ricade su questa atipica ghost story scritta negli anni ’50. Solo che, da bravo sceneggiatore, è consapevole di quanto il testo necessiti di alcuni cambiamenti per essere adattato a un’epoca diversa. Si consulta con lo stesso Matheson, che approva il copione, e con un budget di 12 milioni di dollari, comincia a girare a Chicago, nell’ottobre del 1998.
La storia del film è differente da quella del romanzo in tanti fondamentali snodi narrativi (e nel finale), ma mantiene lo spunto originale: ambientare una vicenda dal respiro gotico nei sobborghi americani della piccolissima borghesia, tra gente ordinaria, in un quartiere tranquillo, dove tutti si conoscono, dove si va a vedere la squadra di football del liceo locale e si fa il barbecue a casa dei vicini la domenica.
Il protagonista, Tom (Kevin Bacon nella sua migliore interpretazione), è un operaio, sposato, con un figlio piccolo e un secondo in arrivo, che forse avrebbe desiderato una vita diversa, ma ha finito per rassegnarsi e accantonare le sue ambizioni da musicista, soprattutto ora che sua moglie è incinta. Una sera, durante una festicciola a casa di amici, sua cognata, un po’ per gioco e un po’ per sfida, lo ipnotizza e, da quel momento in poi, Tom comincia a vedere cose strane, diventa una sorta di antenna che capta messaggi dall’aldilà e dal futuro prossimo.

Stir of Echoes non è tanto un film su un mistero da risolvere (chi è la giovane donna che appare a casa di Tom e che suo figlio pare vedere quasi sempre?), quanto sull’impatto che i fenomeni soprannaturali, fuori dall’ordinario, possono avere sulla vita quotidiana di persone normali. Questo è il motivo per cui, nel romanzo come nel film, è molto curata l’ambientazione e viene dato tanto spazio ai personaggi e ai rapporti tra loro, soprattutto alla famiglia di Tom che, entrando in contatto con l’impossibile, rischia di disgregarsi.
È un film che sembra reale: la recitazione molto spontanea di tutti gli attori, la scelta dei luoghi, il modo di parlare, tutto concorre a ricreare un’ambientazione il più possibile aderente al vero. Tom potremmo essere noi, i suoi vicini i nostri vicini. Non ti aspetti che cose del genere accadano in posti così, e quindi la presenza di un fantasma ha una forza ancora più dirompente. Soprattutto perché Tom vede in quello che gli sta capitando un modo per sfuggire a una vita quotidiana sempre più stretta.

In questo contrasto tra ordinario e straordinario sta, a mio avviso, la riuscita del film, nonché la sua anima horror, che lo mette su un piano differente rispetto alla produzione statunitense a esso contemporanea. Anche se pensiamo al film cui più spesso Echi Mortali viene accostato, ovvero Il Sesto Senso, notiamo davvero poche similitudini, a parte che in entrambi è presente un bambino che “vede la gente morta”: se Il Sesto Senso è un raffinato meccanismo abbastanza fine a se stesso e basato quasi esclusivamente sul colpo di scena finale, Echi Mortali è un racconto, una storia lineare a classica con al suo interno un immaginario fatto di tante piccole sequenze in cui l’orrore si avvicina a piccoli passi. Non c’è mai un briciolo di sensazionalismo, in Stir of Echoes, persino quando Koepp indulge in alcuni dettagli raccapriccianti, come nella scena del dente, si tratta sempre di suggestioni minime. I momenti in cui il fantasma appare sono centellinati, non viene mai utilizzato il jump scare e ogni secondo del film è un tassello utile alla narrazione. Per questo Echi Mortali si staglia, nella filmografia horror soprannaturale di fine anni ’90, come un pezzo unico e pregiato, ingiustamente caduto nel dimenticatoio.

O forse è caduto nel dimenticatoio proprio per il suo approccio molto concreto e prosaico al soprannaturale, privo degli orpelli tipici del gotico, che sono bellissimi, per carità (e Matheson li ha usati tutti in Hell House, tanto per restare sullo stesso autore), ma ogni tanto è interessante provare a raccontare una storia di fantasmi facendone a meno, andando sempre in sottrazione, restando così ancorati al quotidiano, e mostrare, in questo modo che i fantasmi funzionano anche quando sono radicati nel reale, quando infestano la familiarità di posti anonimi e banali, quando si affacciano e spalancano porte su altri mondi nella normalità di un piccolo quartiere periferico. Si direbbe una situazione molto kinghiana, se non fosse che Matheson ci era arrivato vent’anni prima.
È anche un modo per dare una prospettiva adulta al cinema dell’orrore e, lo sapete meglio di me, gli horror adulti scarseggiavano all’epoca. Stir of Echoes è invece un horror molto adulto, che racconta di persone alle prese con le piccole fatiche di tutti i giorni, come far quadrare i conti con un figlio in arrivo, rinunciare alle proprie ambizioni per la famiglia, avere problemi con la caldaia che non funziona e via così.

E ci si chiede cosa si sia disposti a fare per preservare questo microcosmo che a prezzo di tanti sforzi si è riusciti a costruire: “Questo è un quartiere per bene”, dice il vicino di casa a Tom, quando sappiamo tutti benissimo che non è così, che (e questo è tipicamente gotico) c’è un orribile segreto proveniente dal passato in grado di radere al suolo ogni cosa.
Nel “quartiere per bene” è morta una ragazza e la sua fine non interessa a nessuno; toccherà all’ordinario Tom far venire a galla tutto e, nel farlo, rischierà di perdere tutto. Perché al soprannaturale importa poco di quello che rappresenta il nostro intero universo, la nostra casa, la nostra famiglia, il lavoro, gli amici. I fantasmi vogliono solo la verità e, se ci eleggono loro strumenti e messaggeri, l’unica cosa che possiamo fare è dar loro ciò che desiderano.

Siamo arrivati alla fine: questo è l’ultimo sondaggio della rubrica, ma non preoccupatevi, perché ho già pronta una sorpresa per il 2019 e la nostra storia dell’horror non si ferma qui.
Intanto, ecco a voi le opzioni per il post finale di Dieci Horror per Decennio: partiamo dall’Australia, con il magnifico The Loved Ones di Sean Byrne, andiamo poi a trovare il nostro amico Ti West e il suo The House of the Devil e, infine, rendiamo il giusto tributo a uno dei film più sottovalutati di Sam Raimi (vai a capire perché), Drag me to Hell. Per i saluti, le lacrime e i fazzoletti, ci sentiamo tra quindici giorni.

15 commenti

  1. valeria · ·

    bellissima recensione che ha reso (finalmente!) giustizia ad un horror che meritava davvero di essere riconsiderato. ora mi è anche venuta voglia di rivederlo 😀

    il mio voto va a quel piccolo gioiellino di ti west 😀

    1. Anche il mio, ma non dirlo a nessuno! 😉

  2. Lorenzo · ·

    Felice di sapere che non solo io ho colto una leggera vena kinghiana. Io non l’ho mai dimenticato, è un film che mi è rimasto impresso proprio per la sua maturità rispetto agli horror del suo periodo. Kevin Bacon ottimo nella sua ossessione per il mistero (che regge bene il peso da protagonista).
    “Questo è un quartiere per bene”… questa frase pronunciata da Kevin Dunn (e i suoi occhi che dicono mille cose) mi fa salire un misto di rabbia e tristezza. Hai riportato a galla una gran perla!

    1. E che bravo che è Dunn, e che personaggio difficile che interpreta!

  3. A me Echi mortali piacque tantissimo! E’ uno dei dvd che conservo gelosamente e che volli, fortissimamente volli. E poi a me fece una paura boia e ancora oggi mi inquieta non poco. E’ uno di quei film che guardo solo di giorno, per intenderci.

    1. Io ancora sto rimpiangendo di non averlo visto in sala, perché hai ragione tu: fa davvero paura!

  4. Bellissimo film, davvero notevole e inquietante!.. visto al cinema all’epoca e diverse volte in DVD..un gioiello di tensione e mistero… Splendida recensione 👍🙂

    1. Sì, è un vero gioiello e molto inusuale per il periodo storico in cui è uscito, con ancora l’onda lunga del teen slasher a farla da padrone e l’horror soprannaturale ridotto a fenomeno da baraccone!

  5. Come immaginavo, una signora recensione come sempre ❤

    Il mio voto va a The Loved Ones

    1. Che è una scelta ottima, ma del resto, lo sono tutte 😀

  6. Giuseppe · ·

    Eh, me lo ricordo sì l’horror soprannaturale USA tra fine ’90 e inizio 2000 e di qualcosa di (molto) differente c’era davvero bisogno, come appunto questo fin troppo sottovalutato Echi Mortali… Koepp in forma smagliante, Kevin Bacon protagonista ideale e Jennifer Morrison eccellente nella sua rarefatta e ben dosata performance spettrale (compreso il tragico antefatto che l’ha portata ad essere un fantasma senza pace): ripenso, a proposito, alla terrorizzante scena del teatro nero con quell’unica poltrona occupata verso cui Tom non può fare a meno di andare (e noi con lui) o ancora al “guasto” della lampadina, in un momento e in un posto in cui di solito speri con tutte le tue forze che non vada mai via la luce.
    Un film, questo, che avrebbe meritato miglior fortuna ai tempi, diversamente terrificante rispetto al blasonato Il Sesto Senso ma di certo non meno valido.

    Con un occhio di riguardo per i film ingiustamente sottovalutati, il mio voto di oggi non potrà che andare a Drag me to Hell…
    P.S. Rimanendo in tema spettrale, Full Circle lo aspetto sempre fiducioso, eh 😉

    1. La sequenza dell’omicidio tutta in soggettiva è davvero straziante. Un film di piccolissimi dettagli, che si fa amare di più a ogni visione.

  7. Tifone87 · ·

    Noooo ma come si fa a scegliereeee 😥

    1. Eh, lo so… ma avremo altre occasioni!

  8. The Butcher · ·

    Ero sicuro che lo conoscevi. Non saprei dire neanch’io perché un film così bello sia finito nel dimenticatoio (forse sarà veramente per via del successo de Il Sesto Senso) ma comunque è bello sentire qualcuno che ne parla in maniera così matura e dettagliata.

    Comunque hai messo tre film che adoro e non so quale scegliere!

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