Regia – Craig William Macneill (2018)
Tra i film più attesi dell’anno, per quanto riguarda la sottoscritta ovviamente, c’era proprio Lizzie, un po’ perché la vicenda dei delitti Borden mi ha sempre affascinata, un po’ perché il regista è lo stesso della prima stagione di Channel Zero e un po’ perché ci sono due attrici che amo molto a ricoprire i due ruoli principali. E sì, se fate parte della squadra “Kristen Stewart è una cagna”, potete anche smettere di leggere e, già che ci siete, evaporate dalla mia esistenza, grazie, che da Twilight sono passati dieci anni e sarebbe ora di diventare adulti e giudicare gli attori con un briciolo di lungimiranza.
In realtà, qui Stewart è poco più di una spalla, perché il film lo regge tutto Chloë Sevigny, la divina, nel ruolo della presunta pluriomicida Lizzie Borden, un ruolo fortemente voluto dall’attrice, che figura anche tra i produttori del film e in questo progetto ci ha evidentemente sputato l’anima.
Lizzie Borden è una figura molto famosa negli Stati Uniti (esiste persino una filastrocca su di lei) e non è la prima volta che la sua vicenda viene portata sullo schermo: esistono l’adattamento televisivo del 1975 con Elizabeth Montgomery nella parte di Lizzie (anni dopo il film, si sarebbe scoperto che le due donne erano addirittura imparentate) e la serie del 2014 con Christina Ricci, The Lizzie Borden Chronicles, entrambi da vedere, perché ottimi, ma questa è la prima volta in cui si allude a una presunta omosessualità di Lizzie e a un rapporto con la cameriera irlandese Bridget che non fosse soltanto quello tra una domestica e la sua datrice di lavoro.
Ma, per chi di voi fosse a digiuno degli eventi accaduti i 4 agosto del 1892 a Fall River in Massachusetts, un piccolo riepilogo è d’obbligo. Lizzie era una donna di trentadue anni, un’anzianotta zitella, per i parametri d’epoca, e viveva con suo padre, sua sorella Emma e la sua matrigna Abby. Pare che il signor Borden fosse di una tirchieria ai limiti del patologico, nonostante possedesse un ingente patrimoni, che non fosse simpatico a nessuno e ci fossero parecchie tensioni in famiglia, relative alla gestione economica della casa. Il 4 agosto, fu Lizzie a trovare i due corpi del padre e della matrigna, uccisi a colpi di accetta.
Ci fu un processo, Lizzie venne assolta, ma solo perché nessun giurato volle credere che una donna fosse capace di compiere un atto di tale ferocia.
Alla fine, dichiarata innocente, Lizzie erediterà il patrimonio di famiglia.
Questi i fatti che tuttavia sono soggetti a svariate interpretazioni. Tutti i film dedicati a Lizzie partono dal presupposto che, a compiere gli omicidi, sia stata lei e la sua colpevolezza è ormai quasi universalmente riconosciuta. Neanche questo film ci prova a metterla in dubbio e, come gli altri, si concentra soprattutto sui motivi che hanno spinto Lizzie a massacrare la sua famiglia. La differenza sostanziale rispetto alle opere che abbiamo menzionato sta tutta nella scelta del regista di non volersi tanto concentrare sulla fase processuale, ma sulla vita dei Borden (e di Bridget) nei mesi precedenti gli omicidi.
Ci sono tante teorie su cosa abbia scatenato la furia di Lizzie nei confronti del padre e della matrigna. Alcuni suggeriscono che la donna sia stata vittima di abusi sessuali da parte del signor Borden, mentre altri che Lizzie sia stata sorpresa insieme a Bridget dal padre o dalla matrigna e le due, insieme, abbiano pianificato il delitto.
Quest’ultima ipotesi, presentata in un romanzo nel 1984, Lizzie, di Ed McBain, è alla base del film di Macneill. È curioso che non vi sia alcuna menzione al romanzo nei titoli di testa.
Che si tratti degli anni ’70 o del 2018, Lizzie ha sempre rappresentato, da un punto di vista cinematografico, una sorta di figura simbolo dell’oppressione, una vittima divenuta carnefice quasi contro la sua volontà. In questo caso, Lizzie è dipinta come una donna ai limiti della disperazione, obbligata a vivere in un contesto desolante, isolata dal mondo, con un padre incapace di dimostrare nei suoi confronti il seppur minimo affetto, disposto addirittura a rinchiuderla perché soggetta a frequenti svenimenti in pubblico (probabile epilessia), nonché pronto a ogni secondo a sottilineare la sua condizione di inferiorità.
In tutto questo, l’arrivo della cameriera Bridget costituisce un’occasione per uscire dalla continua frustrazione cui Lizzie è sottoposta. Come del resto, Bridget tende ad aggrapparsi a Lizzie perché è la sola a trattarla con gentilezza.
Il film si gioca anche la carta dell’abuso sessuale, ma la vittima è in questo caso Bridget, che di certo non può rifiutarsi di lasciare aperta la porta della sua stanza per far entrare il signor Borden nottetempo.
E allora, la reazione del padre di Lizzie quando scopre le due che si baciano nel fienile è più una questione di possesso e gelosia che di scandalo vero e proprio, il che aumenta a dismisura l’odio e il disgusto nei confonti del personaggio, tanto da tirare un sospiro di sollievo quando si prende un colpo d’accetta sul grugno.
Considerando che stiamo assistendo a una ricostruzione fittizia di una vicenda reale con parecchi aspetti che, temo, non saranno mai chiariti, è lecito affermare che è stato fatto un lavoro impeccabile: l’atmosfera opprimente di casa Borden è resa in maniera perfetta, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto riportato all’epoca con maggiore insistenza, ovvero la mancanza di elettricità a causa dell’avarizia del padre; la rozza ferocia degli uomini contrapposta alla rassegnata apatia delle donne; il sesso usato come un’arma e come uno strumento di potere.
Lizzie non ha diritti, non li ha sul patrimonio (il padre sta per lasciare ogni cosa a un viscido cugino), non li ha sui piccioni che accudisce e che il padre stermina perché non vuole attirino l’attenzione dei ladri, non li ha sulle sue relazioni, perché le viene impedito di frequentare Bridget, non li ha sul suo stesso corpo, in quanto le manca la libertà di movimento. La sua unica opzione è quella di invecchiare e spegnersi lentamente, sempre all’ombra di una figura maschile a caso. Non è neppure ritenuta una donna vera, perché alla sua età non è sposata. Alla fine, l’omicidio è la sua unica opzione, per quanto estrema possa sembrare e il film racconta così bene questa mancanza di alternative che ci sentiamo in trappola anche noi che guardiamo. Il solo momento in cui il film respira è la scena d’amore tra Bridget e Lizzie, ma anche quella dura poco, perché immediatamente vediamo il signor Borden assistervi e capiamo che le cose potranno solo peggiorare.
È un film scuro e soffocante, quasi tutto girato in interni, un horror psicologico sulla genesi di un’assassina per disperazione e, allo stesso tempo, una storia d’amore morta sul nascere, perché impossibile da portare avanti a quelle condizioni e in quel particolare contesto.
Non sapremo mai come si sono svolti veramente i fatti, non sapremo se tra Bridget e Lizzie ci fosse qualcosa o no, non sapremo mai se a impugnare l’accetta sia stata proprio Lizzie o, come lei stessa ha dichiarato all’epoca, qualcuno molto arrabbiato con suo padre, di certo un individuo parecchio sgradevole. Ma forse è proprio per questo motivo che una vicenda di cronaca di 120 anni fa ha ancora delle risonanze così forti nella nostra epoca: il mistero che avvolge Lizzie permette di attribuirle quasi ogni tipo di caratteristica e piegarla alle più svariate esigenze narrative. Credo che la sua storia sia destinata a essere raccontata ancora tante volte, almeno fino a quando avremo bisogno di figure simbolo dell’oppressione.
E si, Kristen Stewart e’ cresciuta.
Guardatevi gli altri film in cui ha recitato.
Questo Lizzie mi manca, ho visto tutti, la serie e i film.
Lo ricupero.
Off topic
Se siete in cerca di qualcosa di nuovo guardatevi questo video (in inglese con sub ita)
lei si chiama Sacred Riana, una illusionista indonesiana del genere horror,
si ispira al look a the Ring e altre icone jap,
molto molto brava e di talento, e inquietante.
su googlate trovate molto su di lei
Sembra fichissimo. E Chloe Sevigny è un’attrice meravigliosa… Conoscevo la vicenda ma non sapevo fosse in uscita un film, non avevo visto nemmeno il trailer! 😲 Brutto vivere murato dal lavoro e fuori dal mondo per diverse settimane, immagino… Ahimé, dissento sulla Stewart, che rimane cagna, cagna pure in foto (cit.). Mi riservo la possibilità di cambiare idea con il film, ovviamente… Le atmosfere del genere in questo periodo mi chiamano proprio.
Su Kristen Stewart, hai mai visto Personal Shopper? Io lì mi sono completamente ricreduta!
None! Il film vale? Ne hai scritto qui sul blog, per caso?
Sì, ne ho scritto, per me è uno degli horror migliori dell’anno scorso, anche se definirlo horror è abbastanza riduttivo. Splendido, davvero.
E io non vedo l’ora di vederlo al cinema (sperando che arrivi da noi). La Stewart è cresciuta parecchio come attrice.