Regia – John Turteltaub (2018)
C’era una volta il blockbuster estivo, una specie di film nata nel 1975 grazie al talento di Spielberg e a uno squalo di gomma. Oggi, parlare di blockbuster estivo fa un po’ sorridere, dato che la stagione dei summer movies comincia a fine aprile, quando di solito arriva la Marvel a timbrare il cartellino, e prosegue fino a settembre: le uscite si affollano, i film si susseguono alla velocità del suono, altrettanto velocemente si dimenticano. Le stagioni cinematografiche sono una specie di giungla in cui i film sono obbligati a farsi una guerra spietata, se non vogliono sparire dalla circolazione. Un tempo non era così: l’estate hollywoodiana era riempita da due o tre film molto grandi o a volte anche soltanto da uno. Aliens è un blockbuster estivo, come lo è Ghostbusters e come lo sono anche Terminator 2 e Die Hard.
Persino IlBatmandiNolantuttoattaccato è un blockbuster estivo, e proviene da un’epoca pre-Marvel, in cui il dominio incontrastato del botteghino nei mesi caldi dell’anno non era appannaggio esclusivo di gente in tutina. Anche se il Batman bello, quello di Tim Burton, era, indovinate cosa? Un blockbuster estivo, esatto.
In Italia questa storia del film che sbanca il box office d’estate è arrivata molto tardi, perché da noi i cinema chiudevano che la gente doveva andare al mare. Al massimo, verso la fine di agosto, i distributori ammucchiavano un po’ di horror prima di aprire ufficialmente la stagione.
Poi la cosa ha preso piede anche da noi e abbiamo iniziato ad apprezzare il cinema anche in piena estate.
The Meg (mi rifiuto di chiamarlo con il ridicolo titolo che gli hanno affibbiato in Italia, che siate maledetti) esce in agosto, diciamo in tarda estate, e se è impossibile, dato che negli Stati Uniti e in Cina arriva oggi, parlare di incassi, è un film produttivamente molto interessante, perché è nato grazie alla perseveranza della sua produttrice, Belle Avery, che ha raccolto il budget necessario come se si trattasse di un film indipendente. Nessuno, infatti, voleva rischiare su The Meg i 150 milioni di dollari necessari a portare sullo schermo lo squalo preistorico noto come megalodonte.
Il romanzo di Steve Alten, di cui abbiamo parlato più volte, capostipite di una saga di best seller che è arrivata al settimo volume, era stato opzionato dal cinema addirittura 20 anni fa, ma non se ne è fatto più niente: troppo complicato da un punto di vista tecnico all’inizio; poi, quando cinque o sei anni fa, sembrava essere arrivato il semaforo verde, con Eli Roth alla regia, i produttori si sono di nuovo tirati indietro perché nel frattempo Hollywood era cambiata, i bei sgranocchiamenti dei mako di Blu Profondo erano un ricordo lontano, e investire una somma così ingente in un horror (perché il romanzo è un horror) non si poteva proprio fare.
A quel punto sono arrivati i finanziatori cinesi, è stato scelto il regista per famiglie Turteltaub, sono stati apportati dei cambianti radicali al libro in sede di scrittura e, dopo le riprese, al montaggio, una quantità ingente di scene gore è rimasta sul pavimento della moviola.
Questo per farvela il più breve possibile.
Il risultato è un film per bambini con uno squalo gigante. Non so se essere entusiasta o delusa o entrambe le cose a fasi alterne.
Me lo aspettavo, del resto: sono entrata in sala consapevole del fatto che del romanzo di Alten non ci sarebbe stato molto se non lo spunto iniziale. In realtà, per noi megheads (così si chiamano i fan di Alten) nel film sono presenti tanti omaggi, chicche, dettagli e citazioni almeno dai primi 4 libri: la struttura di ricerca è presa dal secondo, i sommergibili Manta-Ray (in italiano li hanno chiamati Alianti) arrivano dal quarto, la gabbia-tubo trasparente dal primo e così via, a dimostrazione che almeno gli sceneggiatori sapevano di cosa parlavano. Era anche logico che, dati i vent’anni trascorsi, il film fosse scientificamente e tecnicamente aggiornato, come del resto che, dati i finanziamenti dalla Cina, venisse cambiata la nazionalità di alcuni personaggi, giapponesi nei romanzi e qui cinesi. Mi sta bene tutto e, come lo stesso Alten (persona che stimo davvero) approvo ogni singola scelta fatta e mi limito a gioire con lui solo perché il film esiste, perché se lo merita, dopo tutto questo tempo e dopo tutte le sue tribolazioni personali.
Ma, lo stesso mi domando se The Meg, così com’è strutturato, avrà il successo che gli serve per diventare un blockbuster estivo degno di generare dei seguiti, che è quello cui tutti puntano, credo.
Il film comincia a ingranare davvero dopo la prima mezz’ora, ovvero dopo aver impostato i personaggi e i rapporti tra loro, aver introdotto Statham e aver dato i primi indizi della presenza del megalodonte.
Dal momento in cui il mostro preistorico appare, il film fa una cosa molto intelligente: butta nella spazzatura tutto quello che aveva fatto (maluccio) coi personaggi fino a quel momento e si concentra sulla caccia allo squalo. Insomma, l’inizio del film è basato sul dubbio che Jonas Taylor sia un pazzo visionario e metà del cast lo guarda con sospetto. Quando il megalodonte viene allo scoperto, ogni divergenza e ogni conflitto si appianano, lo sviluppo dei personaggi si arresta bruscamente (altrimenti detto: non ce ne può fregar di meno) e il gruppo si unisce, compatto e pronto a eseguire gli ordini di Taylor, nella missione di far fuori un predatore preistorico di 20 metri.
E The Meg decolla e non si ferma più. O meglio, rischia di fermarsi ogni volta che c’è un dialogo tra due personaggi che non riguardi direttamente lo squalo. Turteltaub sembra rendersene conto e affronta queste scene di raccordo con lo stesso entusiasmo con cui un dodicenne affronta i compiti per le vacanze. Tutto il cast non vede l’ora di tornare a mollo con il meg, il regista non vede l’ora di tornare a mollo con il meg, il pubblico non vede l’ora di tornare a mollo con il meg e il suo arrivo è salutato dagli applausi.
Perché, è inutile nascondercelo, con tutto l’amore che io posso provare per Jason Statham e Bingbing LI, la star del film è il meg e tutti gli altri hanno la funzione di sparring partner.
E il meg è divino e colossale, proprio come dovrebbe essere una bestia rimasta nascosta per milioni di anni e ritornata in superficie in tutta la sua preistorica magnificenza.
Ho apprezzato molto il fatto che non si siano limitati a farne uno squalo bianco sovradimensionato ma, seguendo anche le teorie più recenti, gli abbiano dato un aspetto tutto suo, più simile a uno squalo toro, ma comunque unico e specifico. Il megalodonte è bellissimo: vederlo muoversi in mezzo a una folla di bagnanti è una gioia, ogni sua apparizione una festa e io, che sono malata, credo potrei tornare a vederlo in sala solo per lui.
Quindi no, non mi lamento affatto e, da un lato, il pensiero che The Meg sia un film orientato verso un pubblico molto giovane, non è del tutto sconfortante, perché potrebbe avere l’effetto che Jurassic Park ha avuto sui ragazzini dell’epoca. Dall’altro, in Jurassic Park si vedevano braccia mozzate e gente divorata viva, mentre qui, in un film su uno squalo gigante assassino, non si vede una sola goccia di sangue umano.
Giuro, neanche una goccia.
Fosse uscito negli anni ’90, il meg avrebbe fatto pena, ma almeno sarebbe stata una mattanza. Avessero dato la regia a Eli Roth e gli avessero permesso di uscire con un film Restricted, la scena in cui lo squalo attacca un gruppo di bagnanti sarebbe stata una carneficina; e invece al massimo si vede qualche corpo risucchiato nelle fauci del bestione, con un paio di citazioni (piacevoli, per carità) da Jaws.
La serie di libri di Alten ti inchioda alle pagine anche perché è di una crudeltà impressionante e nessun personaggio è mai al sicuro. Qui pare che gli unici a rimetterci sul serio, da un’eventuale sopravvivenza del meg, sarebbero i cetacei, quelli sì macellati in computer grafica.
Per cui sì, il mio consiglio è di andarlo a vedere in sala, portarci i bambini, prendere una secchiata di pop-corn e goderselo senza farsi troppe domande.
Se poi The Meg non sarà il successo sperato, allora forse sarà il caso di porsele, un paio di domande, soprattutto di fronte ai successi, non più inaspettati, di film che esibiscono il marchio Restricted con orgoglio, proprio per distinguersi dallo strapotere disneyano sull’immaginario collettivo.
Forse era troppo chiedere a The Meg di fare una cosa del genere, ma se non la fa un film che parla di uno squalo preistorico, chi altri dovrebbe farlo?
mi ritrovo in questa frase che hai scritto: “non so se essere entusiasta o delusa o entrambe le cose a fasi alterne”. non ho ancora visto il film (non so neanche se uscirà qui in zona da me), quindi non mi azzardo ad esprimere giudizi per ovvie ragioni. c’è da dire però che speravo in un film un po’ più cattivo e bastardo, rispetto alla versione edulcorata che, mi pare di capire, sia il risultato finale. seriamente, che in un film su un megalodonte non si veda una sola goccia di sangue mi pare ridicolo, per non dire di peggio :O d’altronde, per chi come me é in crisi di astinenza da film sugli squali che non siano quelle cagate immonde alla sharknado, sempre meglio di niente…per questa volta mi toccherà accontentarmi 😉
Eh sì, tocca accontentarsi. Il film è innocuo, ma si lascia guardare a, alla fine, diverte persino. Magari se avessero avuto più coraggio…
Concordo pienamente con il giudizio “un film per bambini con uno squalo gigante”. Sapendo cosa aspettarmi sono andato ieri a vederlo con mio figlio di 11 anni, al quale senza dubbio qualche emozione il film lo ha dato. “Innocuo” è comunque una definizione azzeccata.
Nota: un braccio mozzato c’è, ed è quello di uno dei cattivoni pescatori e tagliatori di pinne di squalo. Ma forse quelli non sono considerati esseri umani (e invece purtroppo lo sono).
Quelli se lo meritano, il contappasso di essere pappati da uno squalo a cui, evidentemente, non sono riusciti a tagliare via la pinna dorsale 😀
…e persino il botolo insopportabile porta a casa la pellaccia…
Tra qualche giorno vado a vederlo (maledetta febbre!). Comunque immaginavo che avrebbero tolto le scene gore e mi ero informato sul fatto che fosse un film orientato ai giovani. Devo iniziare a leggere la serie di Alten e con l’uscita di questo film sono sicuro che inizieranno a uscire delle ristampe dei suoi libri.
La ristampa del primo romanzo è già disponibile sotto l’orrido titolo italiano (si tratta in effetti della versione rivisitata dall’autore nel 2005 e comprensiva della novella “Origins” apparsa solo in ebook, quindi migliorata rispetto a quella uscita nel 1996), mentre il 28 agosto dovrebbe uscire la ristampa del secondo (Minaccia dagli abissi). Per i successivi si vedrà, anche se onestamente ho poche speranze che vengano tradotti (comunque, come diceva Lucia in altro post, sono perfettamente digeribili anche in lingua originale).
Visto due ore fa.
E….niente, che dire, ogni volta ci ricasco. E ogni volta ne esco deluso.
Eppure alla mia età ne ho vista passare di acqua sotto i ponti (e film nelle sale).
Non sono più i tempi di Jaws, non si potrà più fare un film simile : troppi interessi in ballo per non scegliere come target i ragazzini brufolosi medio-cerebro dotati. Cioè di stampo americano.
Quindi ci dobbiamo sorbire sti filmacci pseudo-commedie (che di horror MEG non ha niente) per non dover alzare il divieto ai minori.
Te lo immagini cosa sarebbe venuto fuori da un un libro simile- che ho amato anche io – se avesse avuto la cupezza e il senso del mistero di alcuni film anni 70 ? Alla Esorcista, tanto per dire…
Un capolavoro.
E invece… altro giro, altra fregnaccia.
Tra l’altro, secondo me, con uno squalo fatto pure male a livello di effetti speciali.
Cercherò di accontentarmi pure io anche se speravo molto in qualcosa di diverso da un megalodonte “per famiglie”, il che molto difficilmente avrebbe permesso al film di mirare ad essere ben più che “solo” divertente: se poi alla fine sbancherà comunque al botteghino, sono praticamente certo che i sequel continueranno a edulcorare Alten in funzione del pubblico di riferimento (i ragazzini odierni, ovvio, da tenere bene al sicuro dalla pur minima scena cruenta. Noi, senza simili problemi ai tempi di Jurassic Park, siamo già belli che spariti dal sonar)… 😦
Il libro è finito nella wishlist! 🙂
Delusione. Complice forse di essere cresciuto con Jaws, piranha, Blu Profondo ecc ma mi aspettavo un prodotto diverso. Anzi non mi aspettavo, speravo, in un prodotto diverso; purtroppo Hollywood è cambiata e persino i film con mostri marini, che 40 anni fa avevano come risultato di spaventare generazioni intere, hanno ora l’unico scopo di guadagnare. Non puoi fare un film su un pesce di 23 metri, senza far grondare una goccia di sangue. Non puoi mettere Statham, e un equipe di carne da macello (tutti conosciamo “il gruppo” nei film horror, quello che serve al mostro per farsi i denti) e farmeli sopravvivere tutti.
La scena sulla spiaggia è stata il culmine della tragedia. Non che mi aspettassi qualcosa come un Piranha 3d (film pietoso si, ma la scena della festa sul lago è una goduria di gore non stop) MA NON UNA MORTE che si possa definire tale. Il megalodonte viene inquadrato SEMPRE, andando a far scemare quell’hype che Spielberg ha reso leggenda.
Per me è bocciato. Ha rovinato i sogni di un ragazzino, che sperava di intravedere qualcosa dell’Orca e di Brody a caccia di un enorme pesce. Qui ho solo visto Disney docet e Pg R-13 anni, così da guadagnare il più possibile.
Io non sono così severa, perché lo sappiamo come funziona oggi la censura, ricordando anche che è una co-produzione cinese e lì sono ancora più restrittivi che nelle major americane.
Non è che si tratta di guadagnare il più possibile: si tratta di guadagnare e basta. Se oggi vuoi girare un blockbuster (e spendere quindi qualche centinaio di milione di dollari, senza i quali il megalodonte neanche puoi realizzarlo) ti devi attenere a delle regole, altrimenti neanche lo realizzi in partenza.
Anche per questo ci sono voluti quasi 20 anni perché questo film vedesse la luce.
Se posso, da quando ti seguo speri nel vedere questo film: forse anche per questo sei più clemente. Imho l’ho trovato un film veramente deludente. Avrei preferito qualcosa a minor budget (risparmiare sull’attore? Sul cast (ruby rose)?
Oddio, non credo che il problema sia la paga di Ruby Rose, anche perché non è che sia questo grosso nome e gli unici grossi nomi sono quelli di Statham e Bingbing Li.
Io cerco solo di essere molto realista nel giudicare un film che nasce dal compromesso ed è destinato a un pubblico vasto per rientrare dei costi.
Avevo letto da qualche parte che The Meg sarebbe stato considerato un successo finanziario se avesse raggiunto i 500 milioni di incassi. Una cifra gigantesca, quasi irraggiungibile.
Non dico che sia giusto o sbagliato, sia chiaro, dico solo che è così, quando si parla di blockbuster. Prendere o lasciare.