The End? L’inferno Fuori

 Regia – Daniele Misischia (2018)

Chi mi legge da qualche tempo lo sa: credo non esista una persona meno campanilista della sottoscritta. Per motivi anche di natura personale, evito nella maggior parte dei casi, di parlare di cinema italiano, soprattutto se indipendente. Il più delle volte è perché non lo sopporto, ne detesto quella caratteristica che io definisco “poraccismo” e che rimane l’unica definizione possibile per dei prodotti che a difenderli ci si gioca tutta la credibilità accumulata nel corso degli anni; roba infima, orgogliosa di essere tale, perché tanto si cita il santo patrono del regista coatto, ovvero Dario Argento, e va tutto bene, W l’horror all’amatriciana e la sua rinascita.
Tuttavia, se arriva in sala un film come The End? lo vado a vedere, anche contenta di contribuire alla causa. Se poi capita pure che mi piaccia, sento come una sorta di dovere cercare di convincere anche quei quattro gatti che seguono il blog ad andare al cinema. Sì, anche ad agosto, soprattutto ad agosto, perché non è colpa mia se la distribuzione sciagurata ha fatto uscire The End? proprio quando tutti sono in ferie, invece di riservargli una collocazione più adatta, magari a fine ottobre.
Il risultato è che, qualche giorno fa, in sala eravamo circa sei persone, gli sfigati come me che quest’anno sono rimasti a Roma, credo.
Ecco, se anche voi siete sfigati, unitevi ad altri sfigati e provate a dare a un’operazione un po’ meno scontata del solito il sostegno che merita, dai.

The End? è un film di zombi, ambientato a Roma e che si svolge per un buon 90% del minutaggio, all’interno di un ascensore bloccato, con a bordo un solo personaggio. Scoppia l’apocalisse in città a causa di un virus e, proprio nel momento in cui orde di infetti (non sono tecnicamente defunti, ma non stiamo a sottilizzare) si riversano lungo le strade, il nostro protagonista, Claudio Verona (Alessandro Roja) si ritrova bloccato in ascensore, ignaro di quanto sta accadendo all’esterno, almeno fino a quando gli zombi non cercheranno di entrare anche nel suo rifugio.
Un’altra cosa di me che ormai dovreste sapere è che adoro i film da un’unica location e credo che l’idea di far assistere il personaggio principale a una specie di “fine del mondo” da una prospettiva molto limitata (una fessura che Claudio riesce ad aprire tra le porte dell’ascensore) sia non solo vantaggiosa per motivi di budget, ma anche azzeccata da un punto di vista narrativo, perché, smartphone a parte che continuano a farci da finestra sul mondo, non si sa mai con esattezza quello che sta succedendo lì fuori, e l’angoscia e il senso di spaesamento aumentano.

Optando per questa soluzione, The End? funziona meraviglia: è un film povero, ma non è un film “poraccio”; c’è una produzione alle spalle, c’è un linguaggio, c’è la voglia di raccontare una storia e di farlo sfruttando al massimo i mezzi a disposizione, ci sono gli attori, tutti oltre le soglie della decenza, anche quelli in piccoli ruoli; insomma, non spunta mai all’improvviso l’italico cane che ti fa rimpiangere i soldi del biglietto. Il film di Misischia, nonostante abbia un’ambientazione molto caratterizzata e riconoscibile, potrebbe benissimo trovare un pubblico fuori dagli asfittici confini di questo paesuncolo abitato da bestie in cui viviamo, perché è, più di tutto il resto, un film moderno, non il parto deviato di una nostalgia mal riposta, ma un’opera che si è accorta dei cambiamenti incorsi, negli ultimi 30 anni, nel genere horror e si è accorta che il cinema dell’orrore non è defunto nel 1990. Nessun tentativo, quindi, di resuscitare il “nostro cinema di genere che era il più bello del mondo”, finalmente. Al contrario, si cerca di andare avanti e, se la citazione c’è, è molto elegante e del tutto marginale, non rappresenta l’ossatura, la ragion d’essere del film.

Certo, forse il fatto di essere distribuito dalla 01 ha pesato un po’ sulla resa finale, perché mi sarei aspettata un po’ più di splatter, mentre qui siamo proprio al minimo sindacale, ed è un peccato enorme, perché gli effetti speciali e il trucco sono entrambi ottima fattura e, quando il film ci fa la grazia di premere sul pedale del gore, si vedono egregie cose.
Che poi, è una strategia sbagliata su tutta la linea, quella di smorzare la violenza e la frattaglie in un film di questo tipo, ma credo anche che, a più di vent’anni di distanza dall’ultima volta in cui un horror italiano ha potuto vantare in una grande distribuzione (la 01 è una grande distribuzione), sia difficile gestire un oggetto simile e nessuno sappia bene cosa farsene. Ecco il perché dell’uscita agostana e forse anche di questa violenza appena accennata, che può essere benissimo una scelta dello stesso Misischia, nella speranza di rivolgersi anche a un pubblico generalista che poi si impressiona. Ma tanto si impressiona lo stesso al primo tizio putrefatto che entra in campo, quindi tanto valeva mettere anche qualche eviscerazione come Cthulhu comanda.
Perché così The End? sembra procedere con il freno a mano tirato, con la macchina da presa che si allontana quasi sempre sul più bello e la sensazione diffusa di assistere a un prodotto innocuo.

Ma, a parte questo (e un paio di cali di ritmo nella prima parte), solo applausi per Misischia, che è pure nato nel 1985, quindi è giovanissimo e, se riuscirà a scappare da qui, potrà solo migliorare.
La cosa grave, se vogliamo fare un’analisi appena più allargata, è che un film come The End? è e resterà sempre un’eccezione, in parte per problemi endemici alla nostra industria cinematografica, di cui si è parlato tante volte fino alla nausea, un po’ per una mentalità tutta sbagliata (anche di questo argomento si è dibattuto a lungo), un po’ perché gli stessi appassionati remano contro, perché il loro unico e solo obiettivo pare quello di riportare in auge gli anni ’80 e tutto il resto è merda.
Quindi, teniamoci stretto The End? ma con poche speranze per il futuro. Perché da queste parti, futuro è una parola che viene sempre schifata per principio.

13 commenti

  1. Blissard · ·

    Interessante, del film non avevo proprio sentito parlare in giro. Se nel profondo sud lo distribuiscono un pensierino ce lo farei…

    1. Non so davvero come sia andata la distribuzione. Temo il film sia presente solo nelle grandi città, ma è prevista l’uscita del DVD ai primi di settembre. Quindi, almeno non ci vorranno mesi per averlo in home video!

  2. valeria · ·

    questo lo tenevo d’occhio da un po’, sia per la trama (quando l’ho letta la prima volta ho pensato: “ma siamo sicuri sia un film italiano?”, il che é tutto dire) che per l’attore, che adoro. ovviamente qui da me non si é visto nemmeno in cartolina, quindi dovrò aspettare la visione domestica. attendo comunque rincuorata dal tuo parere positivo 🙂

    poi per il prossimo film simile ci si rivede nell’anno 2000-e-mai.

    1. Ma infatti, se un film simile non inizia un movimento generale, c’è poco da stare allegri. Ma se un film simile lo fai uscire il 14 agosto, è difficile che incassi abbastanza da attirare un’attenzione generalista, e non solo quella della nicchia di appassionati. Solito circolo vizioso… 😦

  3. E’ piaciuto anche a me, soprattutto a livello di sceneggiatura e soprattutto la seconda parte. Gli ho trovato, però, un paio di difetti che mi hanno infastidita non poco. il primo è la colonna sonora che ho trovato inopportuna e fastidiosa (mi sottolinei l’inquadratura della valigetta come se avesse chissà quale significato ma poi non succede nulla). Il secondo (ben più grave) la recitazione e il trucco degli infetti che ha contribuito a renderli ridicoli invece che spaventosi (in sala si sono udite diverse risate).Peccato, altrimenti sarebbe stato davvero un film notevole!

    1. Il trucco, dici? A me il trucco è sembrato ottimo, al contrario. E più che la recitazione, ho avuto la sensazione che il doppiaggio dei versi degli infetti fosse spesso un po’ fuori sync e con tutta una serie di versacci ripetuti in loop, ma non so se è stata una mia sensazione o no.

  4. Appena tornato dal cinema. L’idea è discreta come pure la realizzazione. Niente di stratosferico o di originale, ma avercene. Un film onesto che mi ha regalato un paio d’ore di onesto intrattenimento.

    1. Potrebbe essere benissimo un film della Blumhouse, classico prodotto medio e divertente con cui passi il tempo in maniera disimpegnata ma non scema.
      Peccato non faccia parte di una catena, ma sia un esemplare unico.

  5. Mi interessa molto, però, appunto come dici, è uscito quando ero in vacanza e non ho avuto l’occasione di andarlo a vedere, ancora. A quanto pare nel mio cinema di fiducia rimarrà anche questo weekend, quindi penso che Domenica, tra la curiosità che avevo e la tua recensione che me lo conferma, andrò a vederlo

    1. Sì, finché lo tengono al cinema, è bene andarlo a vedere, se non altro per far capire a chi di dovere che, per questi film, esiste un pubblico.

  6. Giuseppe · ·

    Sì, il fatto di trattenere il gore in questo contesto può benissimo apparire -e, di fatto, lo è- come un limite non indifferente, ma credo che Misischia non avesse molta scelta a riguardo: o “censura” o grande distribuzione a rischio… e non è che gli abbiano comunque fatto un grande favore, con l’uscita agostana: quando mai riusciremo NOI a tornare ad essere un pubblico il cui numero pesa davvero, in queste condizioni? Il pubblico generalista contemporaneo (non quello ben più curioso e preparato di qualche decennio fa) un prodotto di questo tipo l’avrebbe snobbato pure a settembre/ottobre, mi sa 😦

    1. Lo avrebbero snobbato comunque, però, se non altro, NOI saremmo stati di più. Per quanto mi riguarda, è stato un puro caso che mi trovassi a Roma (o pura sfiga, dai 😀 ) e non credo che, se fossi stata in vacanza, sarei tornata per vederlo. Quindi l’uscita agostana è tesa a rivolgersi a una nicchia nella nicchia.

  7. altroquandopalermo · ·

    Visto completamente solo nella sala palermitana dove è stato programmato. Esperienza che ho adorato per comodità, ma che mi è dispiaciuta per le sorti del film. Fatico a capire l’accanimento discretamente diffuso sul make-up degli infetti. E’ un film essenziale, e oltre al fatto di essere a basso budget basa tutto sul ritmo e le invenzioni di regia. Oggi ci dicono che spingiamo la polvere dei difetti sotto il tappeto solo perché si tratta di un film italiano. Io direi: perché no? Non si tratta di affermare la perfezione del prodotto, ma di vedere il bicchiere mezzo pieno. Con tutti i suoi limiti, il film di Misischia è riuscito. Pertanto, perché non promuoverlo e sostenerlo?

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