Cinema degli Abissi – Black Water

 Regia – David Nerlich, Andrew Traucki (2007)

Cambiamo predatore, ma restiamo sullo stesso regista, anche se qui è corretto parlare di registi, perché Traucki ha diretto il suo esordio insieme a David Nerlich. In seguito, i due non hanno più collaborato e Traucki se ne è andato per la sua strada.
Non so voi, ma io con i coccodrilli ho dei seri problemi; ce li ho con i rettili in generale e con questi bestioni in particolare. Mai avuto seriamente paura degli squali, eppure il solo vedere un coccodrillo che si muove in acqua mi fa rizzare i capelli in testa.
Come i loro colleghi d’alta profondità, i coccodrilli non hanno avuto poi questa gran fortuna cinematografica; anzi, a loro è anche andata peggio, in un certo senso, perché non si possono neppure difendere con un capolavoro come Jaws.
I coccodrilli, sin da quando si è pensato di usarli come mostri (quindi si esclude Eaten Alive di Hooper, dove erano degli adorabili animali domestici, ma temo fossero alligatori), non sono mai stati presi troppo sul serio dal cinema. Si salva, parzialmente, Alligator di Teauge (che temo fosse un coccodrillo), in grado di bilanciare umorismo e terrore in maniera davvero efficace. Ma da lì in poi, tra produzioni scalcinate, trashate di ogni tipo forma e maniera, per i poveri coccodrilli c’è stato il nulla assoluto.
Poi c’è il caso tutto particolare di Lake Placid, film da me idolatrato, che però ha dato vita a una progenie di seguiti uno più imbarazzante dell’altro, senza considerare tutte quelle schifezze tipo giant croc vs mega anaconda e giù di lì.

Poi, nel 2007 esordisce questo ragazzino australiano, seguito a ruota, a distanza di qualche mese, da McLean e dal suo Rogue, e le cose, per i bestioni zannuti, cambiano. Con la distinzione importante che Rogue è un monster movie a tutti gli effetti, quindi comprensivo di tutte le esagerazioni e i momenti over the top del B movie coi mostri; Black Water è un film, girato come fosse un documentario, dove il coccodrillo si vede quattro volte in tutto, quando appare è quasi sempre un coccodrillo vero, ripreso a parte e poi inserito nel film in post-produzione, e dove si riesce a costruire un’atmosfera di terrore puro avendo a disposizione una palude, qualche mangrovia e tre attori.
A girare in Australia sei avvantaggiato: il luogo dove si svolge il 90% del film si trovava praticamente dietro casa del regista. Traucki, in mezzo a quelle paludi, ci è cresciuto, insomma. Terra meravigliosa, l’Australia.

Black Water racconta di tre giovani in viaggio nell’Australia del Nord: Grace e Adam, che sono sposati, e la sorella minore di Grace, Lee. Dopo aver passato il Natale dalla mamma delle due sorelle, si preparano a girare per due settimane nelle zone selvagge della loro terra. Prima visitano un fattoria di coccodrilli (Australia, ti amo) e poi decidono di andare a pesca guidata lungo il fiume Black Water. La loro guida li porta in un’insenatura, all’interno di una foresta di mangrovie allagata dall’alta marea e lì la barca su cui si trovano viene rovesciata da un enorme coccodrillo. Il poveraccio che li aveva accompagnati lì viene sbranato per primo e loro tre si rifugiano su un albero.
Il bestione che li attacca non è un semplice coccodrillo, ma un coccodrillo marino o estuarino, che sarebbe il più grande rettile vivente, perché in Australia non si fanno mancare nulla. Il mostro raggiunge anche i 6 metri di lunghezza e può vivere, come dice il suo stesso nome, anche in mare, ma lo si trova spesso nelle paludi di mangrovie. Lo so, sono meglio di SuperQuark. Tutto questo però è solo per darvi un’idea, seppur minima di ciò cui si trovano di fronte i tre disgraziati protagonisti di Black Water.

Come sarebbe accaduto per il film successivo di Traucki, anche questo è leggermente ispirato a eventi reali: nel 2003, un gruppo di ciclisti fu attaccato in una palude da un coccodrillo che uccise subito una persona e, per sfuggire al predatore, i superstiti dovettero rifugiarsi sugli alberi in attesa dei soccorsi.
Come vedete, Black Water di questa storia riprende soltanto le mangrovie, per cui il riferimento a fatti realmente accaduti è solo un’esca per prendere all’amo chi non resiste di fronte a certe cose, una mossa pubblicitaria che però si sposa bene con lo stile di Traucki, improntato al realismo più estremo, privo di abbellimenti estetici che non siano lunghe inquadrature fisse di raccordo sulla palude e la vita che la abita.
Questo realismo si estende anche a personaggi e situazioni: Black Water è un film frustrante perché non vedrete, come in parecchi monster movie, i protagonisti agire come un branco di deficienti e quasi gettarsi da soli nelle fauci del coccodrillo; al contrario, i tre personaggi hanno comportamenti molto razionali, valutano la situazione senza cadere troppo nel panico, compiono gesti avveduti. E, nonostante questo, il coccodrillo li tiene in scacco per un’ora, per il semplice motivo che, quando hai a che fare con una bestia simile nel suo ambiente naturale, non ti serve essere un coglione per fare una brutta fine.

Oltre a comportarsi in maniera coerente, il terzetto di protagonisti è formato da gente gradevole. Non sono personaggi che restano particolarmente impressi, ma sono simpatici, gentili, si curano gli uni degli altri e sono affiatati. Traucki non ha bisogno di buttarci dentro chissà quale drammone famigliare (magari una tresca della sorella maggiore col marito della minore) per rendere le cose più accattivanti. Inserisce solo un dettaglio, a inizio film, che aumenta sia la portata ansiogena dello stesso che la sua crudeltà estrema. E chi l’ha visto sa bene a cosa mi sto riferendo. Ma, a parte questo dettaglio, non ci sono conflitti, non ci sono lunghi dialoghi che risolvono rapporti, non ci sono rivelazioni in punto di morte. Il film si concentra solo sulla sopravvivenza e, proprio per questo motivo, regge molto meglio di altri film che devono per forza utilizzare riempitivi per arrivare al canonico minutaggio di un’ora e mezza.

E il bello è che, come abbiamo già accennato prima, Black Water tiene tranquillamente mostrando il coccodrillo sì e no 4 volte in tutto il film. Se si esclude lo scontro finale tra i superstiti e la bestiaccia, in cui viene usato un animatrone e, per forza di cose, il coccodrillo si vede un po’ di più, ciò che fa davvero paura qui è l’acqua torbida della palude, insieme a ogni minima increspatura sulla sua superficie e a ogni minimo rumore di sciacquio che potrebbe indicare l’approssimarsi del predatore, che poi il più delle volte si palesa come una scia nell’acqua e niente altro.
Se ci pensate, poteva essere una noia mortale: tre tizi abbarbicati sugli alberi e un coccodrillo che non si vede mai a far loro la posta. E invece tiene un buon ritmo per tutta la sua durata, grazie a una regia attenta a rendere minacciosa la palude, delle interpretazioni molto credibili e un montaggio efficace, soprattutto nelle sequenze degli attacchi che, come in The Reef, mischiano le immagini di coccodrilli reali con quelle degli attori.
Nella lunga tradizione australiana a base di natura ostile e animali selvatici (di cui l’esempio migliore rimane comunque Long Weekend), Black Water occupa un posto di tutto rispetto. Che l’Australia rimanga così in eterno e continui a regalarci tanto cinema.

4 commenti

  1. valeria · ·

    “lake placid”! “long weekend”! solo a leggere questi due titoli mi sono venuti gli occhi a cuore 😀
    “black water” l’ho visto solo una volta, proprio dopo “the reef”, che mi era piaciuto talmente tanto da spingermi a recuperare anche questo. devo dire però che lo ricordo poco, quindi credo sia giunto il momento di un rewatch 😀 e già che ci sono ci metto dentro anche “rogue”, che ho lì pronto da anni ma non ho ancora visto 😀

    1. Rogue ha almeno un paio di scene in cui stai con il culo stretto dalla paura. Te lo consiglio senza riserve, soprattutto d’estate! 😀

  2. Giuseppe · ·

    No, i rettili non m’impressionano, ma credo che con un bestione del genere nelle vicinanze sarei lo stesso MOLTO poco a mio agio 😉 Come presumo mi farà sentire Black Water (che non ho ancora visto), viste anche le sue azzeccate scelte di realistica messa in scena…

  3. The Butcher · ·

    Ricordo benissimo Lake Placid e invece mi manca sia questo sia Long Weekend. Dovrò recuperare questi due titoli.

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