Regia – Pascal Laugier (2018)
Laugier soffre di quella che mi piace definire “sindrome del capolavoro prematuro”: fai un film talmente colossale, nei primi anni della tua carriera, che tutte le tue opere successive saranno destinate a un paragone perdente con esso. A volte questo capita con l’esordio, come è accaduto a Tobe Hooper che è rimasto, lungo oltre 40 anni di professione, il regista di Non Aprite quella Porta; altre con il primo film di successo, ed è questo il caso di Laugier, per cui Martyrs era l’opera seconda, dopo Saint Ange, visto da pochi e sottovalutatissimo.
Immagino la difficoltà nel trovare la propria voce, quando sei stato in grado di creare un qualcosa in grado di segnare profondamente l’immaginario. Potete pensare ciò che preferite a proposito di Martyrs, ma non potete negare la sua identità di classico contemporaneo, di pietra miliare.
Alcuni registi sopravvivono al loro capolavoro prematuro, ma non tutti ne hanno la forza o anche le capacità. Per Laugier la questione è ancora più complessa, perché Martyrs va inserito nel contesto del cinema horror francese del decennio scorso, argomento già trattato troppe volte da queste parti e che non mi pare il caso di riprendere: mi serve giusto per inquadrare una carriera che è stata affossata proprio quando sembrava sul punto di spiccare il volo.
Tramontato, o quantomeno appannato, il fenomeno dell’horror estremo francese, i suoi registi di punta sono stati chiamati all’estero, con alterne fortune. Quello a cui è andata peggio è stato proprio Laugier, che ha diretto The Tall Man in terra statunitense, con il risultato di essere completamente disinnescato dal cinema americano. Il film è del 2012 e da allora il regista francese non ha più fatto niente, eccetto l’episodio di una serie e un videoclip.
Ghostland, nonostante sia girato in inglese, non è un film americano, ma una co-produzione franco-canadese. Credo sia giusto sottolinearlo, non perché io abbia chissà cosa contro Hollywood, ma perché alcuni registi, da quel particolare sistema produttivo, ne escono con le ossa rotte. Per cui Laugier deve aver pensato che sarebbe stata una mossa intelligente tornare a casa, e infatti, puntualmente arriva il grande film.
Devo ammetterlo: io avevo molta paura di vedere Ghostland e mi ci sono avvicinata con un misto di diffidenza, ansia e aspettativa. Desideravo con tutto il cuore che mi piacesse, ma ero ormai arrivata a pensare che Laugier fosse uno di quei registi a cui riesce un film quasi per caso, e poi più nulla.
È stato bello appurare che non è così, che Laugier ha ancora tanto da dire e che, senza stare a tirar fuori scomodi e inopportuni paragoni, Ghostland è un’esperienza allucinante e dolorosa, un vero e proprio viaggio all’inferno, così brutale che pare di essere passati dentro a un tritacarne.
Ghostland comincia nella maniera più classica possibile, con una famiglia (mamma e due figlie) che si trasferisce in una vecchia casa ereditata da una zia defunta. C’è qualche attrito tra le due sorelle, Beth (Emilia Jones) e Vera (Taylor Hickson), che passano il tempo a battibeccare come tutte le adolescenti di questo mondo, e Beth è un po’ strana, con quella sua ossessione per Lovecraft e le storie dell’orrore che scrive e legge ad alta voce al resto della famiglia.
Le tre non fanno neanche in tempo a passare la loro prima notte nella nuova casa (sulle cui geografia e arredamento andrebbero scritti due post a parte) che vengono aggredite da una “strega” e un “orco”, ovvero un uomo vestito da donna e un energumeno alto due metri e largo come un armadio.
La mamma delle ragazze riesce a metterli fuori combattimento entrambi e, con una rapidissima transizione, ritroviamo Beth adulta, diventata un’affermata e ricca scrittrice horror, sposata con il suo fan numero uno e madre di un bambino a cui piace vestirsi da Arlecchino.
Una sera, Beth riceve una telefonata da sua sorella Vera che la supplica di tornare a casa.
Ghostland è un film che andrebbe visto più di una volta, magari ricominciandolo da capo subito dopo la fine del titoli di coda, per mettere insieme tutti i pezzi del rompicapo composto da Laugier; no, non si tratta di una trama complicata o con particolari colpi di scena. L’unico colpo di scena non lo si può neppure definire tale, proprio perché, se si fa caso a certi dettagli che Laugier non tiene affatto nascosti, lo si può intuire con parecchi minuti di anticipo e il suo fine non è sbalordire, ma colpire a livello emotivo, raccontare qualcosa di forte a proposito di amore e spirito di sacrificio, temi ricorrenti in Laugier a partire da Saint Ange. Solo che, nel caso di Ghostland, si insinua una tematica nuova nella filmografia del regista, quella della creatività, della costruzione di mondi alternativi nella nostra mente, che diventano storie, racconti, romanzi.
Lovecraft appare all’inizio del film in una foto, è la fonte d’ispirazione principale della scrittura di Beth e tornerà un’altra volta nel film, ma in veste più concreta. E Lovecraft è considerato uno dei grandi visionari della narrativa. Ghostland è, appunto, la storia di una visionaria che finisce prigioniera di una strega e di un orco.
Horror fiabesco e psicologico insieme, Ghostland è anche un film profondamente cinefilo, con rimandi che vanno da People Under the Stairs a Maniac, passando per il sempiterno Shining e lo stesso Martyrs, citato in maniera diretta in una sequenza in particolare.
Al posto della gelida eleganza del suo capolavoro, qui Laugier opta per un approccio furibondo, fatto di una violenza molto concreta e realistica, ma priva di eccessi gore. Questo non significa che Ghostland sia una passeggiata o un film innocuo, anzi, è l’esatto opposto: le due attrici principali, sia da ragazze che nella loro incarnazione adulta, hanno il volto tumefatto per tre quarti di film, e subiscono delle angherie difficili da sopportare. Non c’è delicatezza, non c’è reticenza nel mostrare, ma essendo tutto filtrato attraverso uno sguardo infantile, è anche tutto girato “ad altezza bambino” ed è forse questa miscela tra fiaba macabra e torture fisiche e psicologiche che colpisce davvero con grande forza, perché dà l’idea di essere prigionieri in un regno fantastico, ma fatto di pura malvagità, un mondo che non può essere il nostro, che sembra partorito dalla mente di uno scrittore di romanzi dell’orrore, ha tutte le caratteristiche proprie dell’incubo, mentre è, al contrario, tragicamente reale.
E quindi Laugier lascia perdere le geometrie perfette di Martyrs, il distacco nel filmare il dolore, e si avvicina come non mai ai suoi personaggi, alle sue vittime, con una ferocia inaudita. Il film è un’aggressione sonora e visiva continua, una cacofonia di grida, oggetti che si rompono, pugni che colpiscono volti e corpi, dove non c’è spazio per momenti di pausa o riflessione; Ghostland si guarda in apnea e anche tappandosi gli occhi, perché non sai mai cosa può nascondersi dietro le intercapedini della casa dove è ambientato per quasi tutta la sua durata. Una casa che fa personaggio a sé, dove la disposizione stessa delle stanze, delle scale, dei passaggi segreti nelle pareti non è chiara, dove bambole antiche si affacciano a ogni angolo e sembrano spiarti.
Non è un’opera facile, come non lo erano né Saint Ange né Martyrs, è un film che richiede una grande attenzione ai dettagli, perché si rischia di perdersi nella mole di informazioni che Laugier fa passare senza spiegare niente, ma è un’esperienza che vale la pena fare: il ritorno di Laugier ai suoi livelli dovrebbe essere un’occasione per uscire fuori casa a fare i caroselli. Ogni appassionato di horror dovrebbe festeggiare la rinascita di uno dei suoi autori più importanti e significativi.
Ben tornato, Pascal, grazie di tutto.
E ora una breve nota che non c’entra niente con la qualità del film: durante le riprese, l’attrice Taylor Hickson ha avuto un incidente che l’ha lasciata sfigurata, compromettendo seriamente la sua carriera. Considerando che si tratta di una ragazza di appena 21 anni, e che quando stava girando Ghostland ne aveva 19, è un danno enorme. Le dinamiche dell’incidente non sono molto chiare; pare che Hickson dovesse picchiare forte contro un vetro e il vetro si sia rotto, procurandole una ferita profonda sul volto. Ora, di solito, per girare scene di quel tipo, si usano vetri di sicurezza, ma è evidente che qualcosa non abbia funzionato. Non so quanto Laugier sia responsabile della faccenda, ma di sicuro la produzione lo è. C’è una causa in corso tra Hickson e i produttori e io spero che l’attrice tolga loro anche le mutande.
di laugier ho visto solo “saint ange” (che ho adorato) perché non ho la forza di vedere “martyrs”; prima o poi colmerò questa lacuna, ma dovrò essere in uno stato d’animo particolarmente cazzuto o temo che mi annienterebbe emotivamente. invece “ghostland” mi ispirava tantissimo già dal trailer, quindi la tua recensione non ha fatto altro che aumentare le aspettative 😀
certo che la storia dell’incidente alla hickson è veramente allucinante :O non ne sapevo niente, povera ragazza!
Ma guarda che questo non è poi meno forte di Martyrs, c’è solo meno sangue, quindi preparati, perché se ne esce male 😀
Infatti quando lo hai visto voglio il reportage qui nei commenti!
Ottimo horror, Laugier si è ripreso, ma considerate le circostante sospetto essere il suo ultimo film.
Mi chiedo quale altro produttore voglia rischiare i soldi, con un regista che non si cura della minima sicurezza dei suoi attori.
La povera Hickson si trova all’età di vent’anni con uno sfregio in faccia, degno di una guerriera vichinga del X secolo.
Considerando che da 25 anni esiste la CGI, mi chedo cosa abbia spinto la produzione ad usare una porta con vetri frangibili veri.
Ma io non credo che il responsabile sia Laugier. Di solito il regista si affida ai reparti ed è il reparto scenografia ad aver scelto il vetro. Deve esserci stata una svista o può darsi anche che sia stato un comportamento irresponsabile da parte della produzione che non si è curata della scelta sbagliata degli scenografi.
Non credo proprio che Laugier abbia nulla a che fare con questa storia.
Grazie, grazie, grazie Lucia. Non vedo l’ora di vederlo: ed esco a fare caroselli 🙂
Non posso evitare la domanda: ma dove lo trovo? Si trova? Suppongo di sì 🙂
Sì, sì, assolutamente, si trova senza alcuna difficoltà 🙂
Beh, mi sembra che Ghostland faccia ben sperare sul pieno recupero da parte di Laugier del tempo perduto negli U.S.A: a Hollywood era solo un ospite, e nemmeno trattato con il giusto riguardo. Speriamo non ricaschi nelle lusinghe d’oltreoceano…
P.S. Sapevo dell’incidente occorso a Taylor Hickson e, francamente, faccio parecchia fatica anch’io ad immaginarmi un Laugier tanto “irresponsabile” sul set 😦
Infatti io davvero, non riesco a credere che un qualunque regista, sapendo che quello contro cui doveva sbattere i pugni era vetro vero, avrebbe tranquillamente lasciato fare. Sono certa che neanche Laugier sapesse che non si trattava di vetro infrangibile. Se così non fosse, staremmo qui a parlare di un criminale.
Ciao Lucia,come sempre ottima recensione..pure io ho trovato il film valido e coinvolgente e l’ho apprezzato di più man mano che i giorni passavano..ok,il canovaccio della storia è già visto e rivisto,ma… attenzione!..cura del dettaglio, ottima recitazione e regia, scenografia che diventa personaggio e..un notevole colpo di scena ingegnoso, originale e,si.. anche doloroso!.. è un film coraggioso e molto attuale,di una violenza molto sottile ma non per questo meno incisiva!..
Questo film e’ stata una vera sorpresa per me, confesso che all’inizio pero’ mi stavo un po’ annoiando, ma dopo……. la svolta.. e da li in poi e’ diventato un capolavoro,un incubo dentro l’incubo, basta mi fermo, non dico altro, non voglino spoilerare, ma per chi non lo ha fatto guardatevi questo gioiellino.
Bentornato Laugier.
Voto: 10
Non mi è mica tanto piaciuto sai Lucia….ahimè…ma ne parliamo. C’è troppo Rob Zombie e troppo poco Laugier (on my opinion).
Ho adorato tutti i film di Laugier. Saint Ange è un film gotico stupendo che tutti hanno preso sottogamba come hanno preso sottogamba Crimson Peak e temo per lo stesso motivo: l’hanno confuso con un horror con i fantasmi quando in entrambi i casi i fantasmi sono secondari alla vicenda.
Martyrs è uno dei miei horror preferiti e uno dei miei più grandi traumi Neanche Frontiers o Inside mi hanno sconvolto come quel film. Eppure nella sua incredibile violenza era pieno di pura poesia. Semplicemente stupendo.
The Tall Man l’ho apprezzato per il fatto di aver stravolto l’intera trama dopo qualcosa come 4o minuti. Fin dall’inizio capivi che c’era qualcosa che non andava ma comunque ti lasciava a bocca aperta quando capivi il motivo.
Ghostland ho intenzione di vederlo e spero che arrivi anche in Italia.
Sfigurata Taylor Hickson? Ma quella cicatrice è fighissima! Io fossi in lei non me la farei togliere.
Comunque, di Laugì questo mi manca ancora, A dire il vero io ho apprezzato anche I bambini…
[…] Lucia nella sua come sempre ottima recensione su Il giorno degli zombie, voglio chiudere invitando tutti a seguire la causa lanciata da Taylor Hickson contro la […]
Ottimo film!