WiHM: Lo strano caso di The Slumber Party Massacre

C’era una volta una scrittrice e attivista femminista di nome Rita Mae Brown che, tra le altre cose, si dilettava come autrice di gialli e mistery, nonché di romanzi a sfondo omosessuale. Scriveva anche sceneggiature e il caso volle che capitasse sulla scrivania di Roger Corman un copione con la sua firma dal titolo Sleepless Nights.
Erano i primi anni ’80 e già la lo slasher era un filone fortemente codificato, così tanto da essere già oggetto di parodia. E proprio una parodia intendeva essere Sleepless Nights, in particolare delle dinamiche di genere dello slasher, considerate da Brown misogine. Ora, non è questa la sede per discutere di nuovo se e quanto lo slasher sia un genere misogino, anche perché finirei per venirvi a noia, dato che ne ho già parlato a sufficienza e non starei qui a recensire slasher appena mi è possibile, se non pensassi che no, non è il genere in sé a essere misogino, ma semmai lo sono i singoli film e la mentalità che sottende certi tipi di operazioni. Oggi, io sono qui solo per farvi la cronaca di come la sceneggiatura femminista di Sleepless Nights sia diventata The Slumber Party Massacre, primo capitolo di una breve saga (tre film in tutto, l’ultimo dei quali uscito per il mercato home video nel 1990) di slasher interamente scritta e diretta da donne, caso più unico che raro nel panorama dei B movie.

A Roger Corman di produrre una parodia in chiave femminista interessava poco o nulla, ma l’affare slasher stava diventando una faccenda molto remunerativa (anche se controversa, tra crociate di genitori e di critici uniti contro la corruzione dei giovani) e noi sappiamo tutti quale sia l’unico motore in grado di spingere Corman a finanziare un film. Sì, bravi, risposta esatta: i soldi.
Per puro caso, il film finisce nelle mani di Amy Holden Jones. Pare sia stato Scorsese in persona (Jones gli aveva fatto da aiuto su Taxi Driver) a consigliare a Corman di farla esordire. Jones, che sapeva come fosse facile lavorare con Corman, a patto di rispettare due o tre semplicissime regole (tette, culi, sangue), accetta e mette mano alla sceneggiatura durante le riprese, perché la produzione non voleva una parodia, voleva uno slasher vero e proprio, con tutti i cliché e tutte le dinamiche rispettati alla lettera.
Il risultato è un film molto bizzarro perché, da un lato, gli intenti di critica e rielaborazione presenti nella sceneggiatura originale rimangono sostanzialmente invariati; dall’altro, Jones dirige con serietà estrema tutte le sequenze horror e le scene di morte e aggiunge un discreto ammontare di nudi femminili completamente gratuiti per far contenti Corman e gli altri produttori coinvolti.

Ciò nonostante, The Slumber Party Massacre resta un film in larga parte sovversivo che dimostra quanto sia stata intelligente Amy Jones a fregare Roger Corman e compagnia bella, dando loro quello che volevano con una mano e sottraendoglielo con l’altra. E tutto questo senza neanche andare troppo per il sottile, perché pur sempre di uno slasher si tratta, che dura anche meno di 90 minuti e ha un body count molto, molto alto.
Quindi non c’è proprio tempo di essere raffinati e tutte le metafore sono di grana grossa e vengono esposte in modo grossolano, così evidenti da essere a prova di idiota: il killer è armato di un grosso trapano che, a partire dalla locandina, viene quasi sempre inquadrato in mezzo alle sue gambe, tanto per fare un esempio.
Insomma, non ci muoviamo propriamente nel regno degli arditi simbolismi e degli eleganti sotto-testi, e questo è a partire dalla sceneggiatura che, ribadiamolo, non doveva essere una satira, ma una parodia.

Si crea così un cortocircuito culturale, a dire il vero piacevolissimo, tra la formula classica dello slasher e lo sguardo molto consapevole e smaliziato della regista. The Slumber Party Massacre è quasi meta-cinematografico in alcuni frangenti (le ragazze canticchiano il tema di Ai Confini della Realtà) e pieno di umorismo volontario che, a volte, va proprio a incidere sugli stereotipi di genere e sul sessismo di tanto cinema exploitation dell’epoca. Il film è ambientato in un universo in cui gli uomini hanno la sola prerogativa di essere assassini psicopatici o guardoni e le donne, al contrario, ricoprono dei ruoli di solito appannaggio maschile, come il tecnico telefonico e il carpentiere, quasi che la città dove la storia si svolge fosse una sorta di tiaso dove un killer armato di trapano vuole andare a ristabilire una supremazia che sta sfuggendo di mano, fino a quando la final girl di turno non arriva a “castrarlo” (taglia la punta del trapano) con un machete, rendendolo inoffensivo.

È un film dove si ride spesso, perché Jones piazza quelle quattro o cinque situazioni dai tempi comici efficacissimi e gestite in maniera tale da instaurare un canale privilegiato di comunicazione con un pubblico che conosceva i meccanismi dello slasher, avendone già visti a pacchi nel 1982. E così abbiamo una serie quasi infinita di falsi spaventi, reiterati, insistiti, sempre più improbabili e vere e proprie gag come quella del cadavere in frigorifero, della ragazza che mangia una fetta di pizza sul cadavere mutilato del fattorino o della final girl che ci mette sei anni a scegliere un’arma per difendersi, per poi prendere quella sbagliata.
Dissacrante senza essere parodistico, realizzato con un vero amore per il genere, ma anche con il distacco necessario a sgrossarlo dalle sue ingenuità più manifeste (o a usarle in chiave comica), The Slumber Party Massacre è una piccola delizia che consiglio a tutti, soprattutto a chi ha un’idea dello slasher troppo legata a interpretazioni critiche troppo restrittive.

Il film si comporta abbastanza bene al botteghio, pur avendo una distribuzione limitata, e diventa un piccolo cult. Nel frattempo, lo slasher passa attraverso un paio di grossi cambiamenti: prima di tutto, la bufera delle proteste di associazioni di genitori indignati e femministe sul piede di guerra e, in seconda battuta, ma ancora più importante da un punto di vista economico, la perdita della presa commerciale sul pubblico delle sale cinematografiche. Si può dire che Nightmare abbia ucciso lo slasher nel 1984 e che il filone sia entrato in una nuova fase, quella del DTV. Corman, sempre attentissimo a questi smottamenti, produce allora il seguito di The Slumber Party Massacre direttamente per il mercato dei VHS.
The Slumber Party Massacre II, scritto e diretto da Deborah Brock, è un delirio totale, nonché uno dei film più folli, spudorati e senza vergogna che io abbia mai visto. E sì che io di puttanate ne ho viste tante, così come assurdi filmetti di serie Z. Ma niente può avvicinarsi a questo, niente.
Prima che pensiate male del film: sto parlando in accezione positiva. Se non vedete The Slumber Party Massacre II vi perdete una gran cosa e, se non vi piace, non avete un’anima.

Protagonista del sequel è Courtney, la sorellina minore della final girl per primo capitolo che è cresciuta, è arrivata all’ultimo anno delle superiori e suona la chitarra in una band composta da sole donne, tutte sue compagne di scuola. Sì, sentiremo parecchie delle loro canzoni e sì, sarà uno spasso, anche se le attrici fanno chiaramente finta di suonare e gli anni ’80 scorrono potenti in loro, a partire dalle capigliature, passando per i costumi, per poi finire com’è ovvio nella musica.
Il gruppo, con fidanzati al seguito, parte per un fine settimana nella casa fuori città di una di loro e lì diventa il bersaglio di un assassino armato di una chitarra-trapano, uscito dritto dritto da qualche film di motociclisti anni ’50, e che ha addirittura il suo numero da musical personale mentre ammazza a tutto spiano, con enorme dispendio di gore.
Ma è anche meglio di così perché Courtney, traumatizzata dagli eventi del primo film, soffre di allucinazioni per tutto il weekend: vede la faccia di una delle sue amiche che esplode, viene aggredita da un pollo surgelato, è convinta che, al posto di un hamburger, nel suo panino ci sia una mano mozzata e via così, di delirio in delirio, senza alcun senso della coerenza, della verosimiglianza o della decenza.

Ma non dovete affatto pensare che sia un film incompetente o girato male: è un B movie a basso costo, questo è certo, ed è alla continua ricerca dell’effetto più bizzarro o più assurdo, ma non lo si può definire brutto, anzi. A livello di regia, è anche superiore al capostipite, in quanto strambo ibrido tra musical rockabilly e slasher violentissimo. Di sicuro The Slumber Party Massacre è concettualmente più interessante, ma in quanto a puro divertimento misto a incredulità, questo lo batte di parecchie lunghezze e, se vi accaparrate il blu ray della Scream Factory, stare certi che diventerà uno dei vostri film preferiti, senza proprio rivali.
Ora mi piacerebbe dirvi che anche il terzo capitolo, uscito nel 1990 sempre senza vedere neanche di sfuggita una sala cinematografica, e sempre prodotto da Corman, è una perla rara di pazzia assoluta, ma purtroppo non è così.
A dirigere troviamo una veterana produttrice di serie B che più serie B non si può, qui al suo primo e unico film da regista, Sally Mattison, mentre alla sceneggiatura c’è, anche lei al suo esordio, Catherine Cyran, che poi avrebbe avuto una rispettabilissima carriera tra horror e commedie televisive.

The Slumber Party Massacre III è uno slasherino piccolo piccolo, di zero pretese, quasi un remake del primo e con il parco attori peggiore della storia di questa saga, praticamente un canile. Non che nei film precedenti ci fosse Bette Davis, per carità, ma si manteneva un livello tutto sommato accettabile. Qui siamo proprio al grado zero dello slasher, con tutti gli ingredienti più biechi e triti, privi anche dell’usuale ironia o di un briciolo di senso dell’umorismo consapevole.
Non è un film noioso, perché dura poco e ha un’introduzione talmente breve che non si fa in tempo neppure a distinguere un personaggio dall’altro ed eccoli già tutti macellati a colpi di trapano. C’è anche un omicidio particolarmente crudele e insistito, ma non si raggiungono mai gli eccessi gore del secondo capitolo. In più, si è cercato di dare all’assassino una sorta di motivazione legata a un trauma infantile che è del tutto fuori posto, in una serie basata sull’assenza di caratterizzazione del suo killer.
Solo per completisti e feticisti, ma dato che il già menzionato blu ray contiene The Slumber Party Massacre II e III, fateci un pensierino. Magari vi divertite.

 

4 commenti

  1. valeria · ·

    alla frase “viene aggredita da un pollo surgelato” ho cominciato a ridere, ma da lacrime agli occhi proprio xD già mi avevi incuriosita a vedere il primo film, dopo il mitico pollo credo proprio mi toccherà vedere anche il seguito xD

    1. Quella è tra le scene più epiche della storia del cinema. Imperdibile. The Slumber Party Massacre III è un antidepressivo. 😀

      1. Giuseppe · ·

        E allora mi sa che me lo sparerò anch’io (forse non nell’immediato, vista la montagna -anzi la catena montuosa- di arretrati), visto che The Slumber Party Massacre fa già parte del mio bagaglio splatter dai tempi di quella tua Top 5 sulle Signore dietro la MdP quasi coincidente -poco più di una settimana- con la nascita dell’Angolo di Briarcliff 🙂
        P.S. A volte mi piace pensare che Corman se ne fosse anche accorto della cosa, ma non potesse lo stesso fare a meno di riconoscere e ammirare la sagacia con cui Amy l’aveva fregato 😉

  2. Blissard · ·

    The Slumber Party Massacre quando lo vidi mi deluse moltissimo, mi sembrò girato coi piedi, per questo non ho approfondito i successivi capitoli; però mi hai incuriosito parlando del secondo, mi sa che me lo procuro.

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