1948: Daughter of Darkness

 Regia – Lance Comfort

“No, no you mustn’t kiss me.”

Capita di rado che io veda un film per la prima volta, quando mi occupo di questa rubrica, perché se devo farvi scegliere tra varie pellicole, preferisco sapere a cosa vi mando incontro. Purtroppo, nel caso di Daughter of Darkness parliamo di un’opera talmente sconosciuta che ho avuto serie difficoltà a trovare una locandina su internet. Siamo andati a rimestare nell’infimo, ma dato che nel 1948 pare si fossero dimenticati del nostro genere preferito, dobbiamo essere di bocca buona e accontentarci.
Alla fine poi, il film non è neanche così male: una variazione sul tema de Il Bacio della Pantera, senza un briciolo dell’acume psicologico di Tourneur, ma molto ben girato e benedetto da una fotografia in bianco e nero tutta ombre e tagli di luce sui volti dei personaggi che a me fa sempre impazzire di gioia. Inoltre, ci sono due ottime interpretazioni femminili, quella di Anne Crawford nel ruolo di Bess e quella di Shioban McKenna nel ruolo di Emily. Insomma, per essere andati alla cieca, non ci ha detto proprio male.

In un piccolo villaggio irlandese, vive e lavora come domestica del parroco la giovane Emily. La ragazza è molto dolce, un po’ infantile, di sicuro ingenua e indifesa. Il prete le è affezionato, ma la stessa cosa non si può dire delle donne del paese, che la odiano con tutte le loro forze. Pare infatti che Emily eserciti un fascino irresistibile sugli uomini e che abbia qualcosa di sbagliato di cui solo le donne si accorgono. Il prete è quindi obbligato a licenziarla, ma si assicura di trovarle un altro posto dove stare e un’altra occupazione, in una fattoria inglese di proprietà di una famiglia di sua conoscenza, gli Stanforth.
Una volta lì, Emily sembra trovarsi bene e andare d’accordo con tutti, ma Bess, la maggiore dei tre fratelli Stanforth, inizia a essere diffidente nei suoi confronti e, in breve, arriva all’ostilità aperta e dichiarata. Contemporaneamente, alcuni uomini del circondario cominciano a morire in circostanze misteriose e i sospetti di Bess cadono su Emily.

Parlavamo prima delle somiglianze tra questo film e Cat People. In entrambi i casi, infatti, è la sessualità a innescare un comportamento aggressivo nella protagonista che non vediamo mai uccidere qualcuno in campo (siamo nel 1948, la censura britannica era molto severa), ma vediamo sfregiare un uomo che stava cercando di baciarla, in una sequenza molto simile a quella di un tentato stupro, per quanto potesse essere possibile all’epoca, filmare situazioni del genere. Per tutta la durata del film non sapremo mai come Emily uccide e il soprannaturale, a differenza che in Cat People, è a malapena una sottotraccia, che accenna a un qualcosa di demoniaco nella giovane donna, mai specificato. L’attrazione che gli uomini provano nei suoi confronti è un qualcosa di molto simile all’ipnosi, ed è involontaria, perché Emily non è una femme fatale o una seduttrice, anzi, è una creatura del tutto innocente e, se si consacra al male, è solo per reagire all’ostracismo cui è condannata.

La domanda principale che ci si pone guardando il film è: “Che cos’è Emily?” e la risposta non è affatto univoca. Potrebbe essere una serial killer in un’epoca in cui la filmografia sui serial killer non esisteva neanche (e non esisteva il termine); potrebbe essere una specie di sirena di terra o un’incarnazione di Lilith; oppure potrebbe solo essere la vittima del pregiudizio di due piccole comunità, le cui donne vedono in lei il nemico, colei che va lì a “rubare” i maschi alle brave massaie che, si sa, sanno essere piuttosto vendicative. Più di tutto, Daughter of Darkness è la storia di donne che odiano altre donne nel nome di un atteggiamento sessuofobico che Emily non comprende perché lei non fa altro che seguire la sua natura.
Da questo punto di vista, si tratta di un’opera molto moderna e anche molto sottile, anche se è vero che, per cogliere tali sottigliezze, è necessario leggere tra le righe, perché Comfort (non un campione di raffinatezza) taglia un po’ tutto con l’accetta e gestisce in maniera un po’ troppo repentina il passaggio di Emily da fanciulla innocente, spaventata e inconsapevole a consumata assassina.

Tuttavia, è molto bravo a tenere sempre la simpatia dello spettatore su Emily e non sulla sua antagonista Bess che, lo sappiamo, alla fine sarà destinata a debellare la sua comunità dal maligno e far tornare tutto alla normalità, ma non è proprio presentata come un mostro di simpatia, tutt’altro.
E i personaggi maschili?
Loro vagano smarriti tra l’attrazione per Emily e il richiamo all’ordine rappresentato da Bess, sono quasi tutti dei fantocci nelle mani delle donne e non sembrano possedere la facoltà di decidere da soli. Anche questo, per un film del ’48, è particolarmente audace. Ma nel magnifico regno del basso costo e della serie B ci si potevano permettere lussi preclusi a un cinema più alto.

C’è un altro film a cui non riuscivo a smettere di pensare mentre vedevo Daughter of Darkness, ed è il successivo Outrage, diretto da Ida Lupino. Ovviamente, non si tratta di mettere a paragone due film, uno di livello stellare e l’altro appena buono. Ma ci sono tematiche comuni e, soprattutto, c’è una scena di Daughter of Darkness che ricorda quella della festa di paese di Outrage, quando la protagonista viene nuovamente aggredita e, per difendersi, uccide il suo aggressore con una chiave inglese.
Anche in questo film siamo in un contesto festoso: una fiera itinerante, con giostre e spettacoli. Emily conosce un pugile, Dan e i due si appartano. Quando Dan prova a baciare Emily dopo una serie abbastanza decisa di rifiuti da parte di lei, la ragazza lo graffia sul volto e scappa.
Se questo è da considerarsi come l’evento che porterà la psiche di Emily a deteriorarsi sempre di più, diventa evidente che Emily sia solo una vittima. Ma poi peggiora: durante la sua fuga, la giovane donna viene bloccata da un gruppo di uomini che la accerchia, la vuole toccare, le impedisce di continuare a correre via. Dura un attimo, ma è agghiacciante, e lo diventa ancora di più se si pensa che, il giorno dopo, Emily verrà cacciata dal villaggio.
Sottigliezze sparse, dicevamo prima, e non so neppure quanto fossero volontarie. Certo, la sceneggiatura del film, scritta da Max Catto e tratta da una sua opera teatrale è estremamente ambigua e intelligente e, per essere un B-movie degli anni ’40, regge con tutta tranquillità anche oggi.
Alla fine, trovarsi nei guai per mancanza di film famosi da recensire, mi ha portato a fare una preziosa scoperta e spero che anche voi facciate la stessa cosa.

Per il 1958 ci troviamo di fronte a un problema di opposta natura: ci sono troppi film e il sondaggio sarà un sondaggione. Dato che rischiamo seriamente la parità, in caso di ex aequo, decido io, perché ogni tanto devo sfogare le mie tendenze dittatoriali e su questo blog c’è un eccesso di democrazia.
Cominciamo con Dracula il Vampiro di Terence Fisher, che è il primo Dracula della Hammer, robetta di poco conto, insomma; proseguiamo con un altra botta di cultura, ovvero L’Esperimento del Dottor K di Kurt Newman; sempre sul confine tra fantascienza e horror, Il Giorno degli Zombi è orgoglioso di presentarvi The Blob di Irvin S. Yeaworth Jr.; sullo stesso crinale abbiamo anche Ho Sposato un Mostro Venuto dallo Spazio di Gene Fowler Jr.; concludiamo con un deciso ritorno all’horror puro, ovvero Macabro di William Castle.

 

5 commenti

  1. Ho votato Macabro poter il semplice motivo che è quello che ho visto meno volte nella mia vita di horror fan

    1. Ed è un bel film tipicamente Castle!

  2. Giuseppe · ·

    Film forse non al top del top -ma va bene così- che vale la pena riscoprire, con un’indecifrabile Emily/Siobhan McKenna (che ricordo, più di trent’anni dopo, nei televisivi panni della terribile affittacamere di Roald Dahl) protagonista…
    Con un sondaggio(ne) del genere mi piacerebbe ci fosse la possibilità di esprimere cinque preferenze ma, visto che sono costretto a darne una sola, vado a fare compagnia a “L’esperimento del Dottor K” anche se so di avere un’altissima probabilità di rimanere con un pugno di mosche 😀
    P.S. A proposito del bellissimo Nightbird, ho appena finito di pedalare… star dietro alla viva Irene e alla spettrale Giada con le loro tormentate battaglie (sentimentali e soprannaturali, contro mostri di questo -i pregiudizi- e di altri mondi) è stato divertente, pauroso, malinconico, dolce, doloroso e ne è valsa la pena ogni singolo momento. E lo rifarei. Sì, perché adesso già manca tanto anche a me, quell’adorabile sorriso storto 😉

    1. Grazie per averlo letto, sono contentissima che tu abbia apprezzato. E ti dirò, quel sorriso storto manca persino a me ❤

  3. Il mio voto va per Ho Sposato un Mostro Venuto dallo Spazio, m’incuriosisce e non lo conosco

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