I Dimenticati: Gemini Killer di William Peter Blatty

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È scomparso poco più di un mese fa, Blatty. Per la precisione, lo scorso 12 gennaio e io non ho scritto neanche una riga, qui sul blog, a lui dedicata. Questo perché non volevo fare un necrologio, ma volevo rendere omaggio a un autore che mi ha formata come lettrice parlando di uno dei suoi romanzi. E così mi sono andata a cercare le edizioni italiane di Legion e ho scoperto che l’ultima risale al 1995, il che lo rende un libro perfetto per la nostra rubrica. Certo, L’Esorcista esce in una nuova edizione almeno una volta l’anno, ma il resto della produzione letteraria di Blatty qui da noi latita, quasi non avesse scritto altro. Non fraintendetemi: non sto dicendo che L’Esorcista non meriti il successo che ha avuto, ci mancherebbe altro, è un romanzo capolavoro che non è invecchiato di un giorno ed è ancora insuperato, come anche il film che ne è stato tratto da Friedkin. Curiosamente, libro e film condividono lo stesso primato, quello di aver detto la parola definitiva sull’argomento possessione demoniaca e di vincere ogni possibile confronto con i testi che dopo di loro sono arrivati.
Ma, come Friedkin ha diretto tanti altri film meravigliosi, così Blatty ha scritto altri romanzi degni di nota. Uno di essi è Legion o, se preferite il titolo italiano, Gemini Killer, seguito diretto proprio de L’Esorcista e di cui lo stesso Blatty ha curato la trasposizione cinematografica (vi ricordate? Qualche anno fa ne parlammo qui).
Si trova in ebook e cartaceo in inglese con la solita facilità impressionante, mentre in italiano è oramai materia per bancarelle e mercato dell’usato. Per quanto riguarda il film, L’Esorcista III, da pochissimo è uscito il Director’s Cut così come lo avrebbe voluto Blatty in persona, a opera della sempre meritoria Scream Factory. Una versione più lunga e più attinente al romanzo. Soprattutto, una versione priva di quell’esorcismo messo in coda al film e attaccato lì con lo sputo per giustificarne il titolo.

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Legion esce nel 1983, dodici anni dopo il suo predecessore e vede la presenza di due personaggi de L’Esorcista: il detective Kinderman, che qui è il protagonista assoluto, e Padre Dyer. In teoria ce ne sarebbe anche un terzo, Padre Karras, e qui la faccenda si complica, dato che Karras è morto alla fine de L’Esorcista.
Kinderman sta indagando su una serie di delitti a sfondo religioso, che sembrano essere opera di un serial killer (il Gemini del titolo italiano) defunto anni prima, ma il cui corpo non è mai stato ritrovato. Sono omicidi molto efferati e le prime due vittime sono un bambino, trovato crocifisso, e un prete, decapitato nel suo stesso confessionale.
Le indagini portano Kinderman in un ospedale psichiatrico, dove è rinchiuso un paziente molto particolare: nessuno conosce il suo vero nome, ma medici e infermieri lo chiamano Tommy Sunlight. È sempre stato un paziente tranquillo, ai limiti del catatonico, eppure, in concomitanza con l’inizio della serie di omicidi, ha cominciato a comportarsi in maniera strana, affermando di essere il Gemini Killer e di essere lui l’autore dei delitti. Peccato che sia impossibile, dato che dalla sua cella in ospedale lui non è mai uscito. Come se non bastasse, il suo aspetto fisico è identico a quello di Karras, il che manda in gran confusione Kinderman.

Questa è, per sommi capi, la trama di un romanzo a metà tra l’horror soprannaturale e il giallo investigativo, ma con delle implicazioni ancora più profonde e radicali rispetto a L’Esorcista, che era un meccanismo perfetto di puro terrore. Qui il meccanismo in quanto tale funziona peggio, perché è evidente che non sia la principale preoccupazione di Blatty. Legion può apparire come un libro episodico, senza un centro vero e proprio, sbilanciato a favore di alcuni elementi e personaggi e con una trattazione superficiale di altri. L’intrico investigativo se ne sta in secondo piano e la soluzione del caso non è il motivo per cui il romanzo va letto. Quello che resta, più di tutto, di Legion sono le riflessioni continue compiute da Kinderman sul male, sul libero arbitrio, sulla presenza di Dio nel mondo. Riflessioni che possono assumere la forma di monologhi interiori o di dialoghi con il sempre più attonito vice di Kinderman o con padre Dyer, o anche con qualunque poveraccio capiti a tiro del detective e sia disposto ad ascoltarlo.

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Kinderman, un ebreo il cui migliore amico è un prete cattolico, cerca la verità nella contemplazione del male. Con il lavoro che fa, questa contemplazione è quotidiana e il tentativo di trovare Dio è un qualcosa che sfiora l’ossessione.
Ma non pensate che Legion sia un lungo pippone teologico dalla noia mortale: Legion è un libro divertentissimo, dove si sorride spesso e, a volte, si ride addirittura. E qui bisogna ricordare una caratteristica ben precisa della scrittura di Blatty, forse non riconosciuta da più perché un po’ in ombra nella sua opera più famosa: l’umorismo. Blatty nasce come scrittore umoristico, spesso comico. È agli atti la sua lunga collaborazione con Blake Edwards, un po’ meno il fatto che le sue prime prove letterarie fossero dei romanzi comici.
E c’è un sottile e vibrante umorismo che permea una vicenda cupa com’è quella di Legion, una leggerezza nell’affrontare grandi temi, che rappresenta una costante sfida all’orrore: Kinderman stesso è un personaggio più comico che tragico (tratto, questo, che andrà quasi perduto nella trasposizione cinematografica), a cui piace mischiare sacro e profano per spiazzare i suoi interlocutori, metterli in difficoltà, far abbassare loro le difese. Quasi uno zimbello consapevole, perennemente sottovalutato da tutti, ma dall’intelligenza brillante e acuta e soprattutto, dotato di un senso morale profondissimo.

Forse Legion è un romanzo ancora più religioso de L’Esorcista, anche se il suo protagonista non è cattolico e i sacerdoti hanno un ruolo accessorio, anche se il diavolo, in fin dei conti, si vede persino poco. È interessante mettere a confronto il film con il libro, perché c’è la stessa mente dietro e perché sono due opere davvero diverse. Forse i sette anni che li separano (il film è del 1990) hanno pesato sulla visione delle cose di Blatty, che nel film si è fatta più dolente e disillusa, mentre il romanzo lascia aperto uno spiraglio di luce e si conclude con l’enunciazione, da parte di Kinderman, della sua teoria sulla presenza del male nel mondo e sul silenzio di Dio. La fine di Legion è anticlimatica, sommessa, priva di avvenimenti macroscopici, tutta interiore. C’è una citazione, bellissima, de I Fratelli Karamazov, il libro preferito di Kinderman, e la certezza che, nonostante tutto il dolore, tutta la violenza delle pagine precedenti, ne valga comunque la pena, di difendere questa umanità così sola e perduta.
Alla fine del film, Kinderman è invece un uomo sconfitto. Non può essere casuale, specialmente se si considera il percorso artistico di Blatty, nei film e nei libri, un qualcosa di coerente e molto consapevole.

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Un lettore alla ricerca di un classico seguito de L’Esorcista resterebbe deluso da Gemini Killer: avrebbe l’impressione di un romanzo che gira a vuoto, senza un centro vero e proprio, senza un filo conduttore, che procede a strappi e quasi per associazione di idee, come i pensieri del protagonista. Ma sottovalutare Legion e considerarlo solo nell’ombra del suo predecessore sarebbe un grave errore.  Probabilmente lo scopo di Legion non è neanche quello di spaventare, sebbene ci siano delle pagine che fanno gelare il sangue, ma di porre domande di un certo peso sul concetto stesso di male, modificato nella sostanza rispetto a L’Esorcista, molto più elaborato, sfuggente, difficile da cogliere. Un male che va al di là della mera possessione demoniaca, pur presente, anche se in maniera diversa.
Leggere Legion è come assistere al logorio di una mente rosa dal dubbio. Quello che resta, anche a distanza di anni, è la percezione della fatica della ragione e una splendida sensazione di pace quando questa fatica si esaurisce e la ragione trionfa, non cede alla disperazione, non cede al male.
Questo è Legion. Può anche non piacervi, per carità. Ma è un’esperienza che consiglierei a chiunque di fare.

4 commenti

  1. recupero subito, ho adorato l’Esorcista III e sono curioso di vedere lo scarto di tono nel tempo trascorso tra la pubblicazione del romanzo e le riprese del film.

    Btw, di WPB ho visto ultimamente “La nona configurazione”; non so se sia tratto a sua volta da un romanzo, ma rimane una delle cose più strane e inquietanti mai viste.

    1. Sì, La Nona Configurazione è tratto da un suo romanzo, scritto per la prima volta nel 1971 con il titolo Twinkle Twinkle Killer Kane e poi riscritto e uscito qualche anno dopo come La Nona Configurazione.
      Bellissimo film.

    2. La Nona Configurazione è in effetti un sequel de L’Esorcista – il protagonista è l’astronauta che ne l’Esorcista si sente predire che se andrà nello spazio moritrà.
      Il film con Stacy Keach è notevole – e riprende gli elementi da commedia surreale del romanzo, del quele esistono due edizioni, inquanto Blatty ne riscrisse alcune parti. L’Originale è Twinkle Twinkle Killer Kane, mentre la versione riveduta è The Ninth Configuration.
      Sia il film che il libro sono vivamente consigliati – ma non so se il romanzo sia mai uscito in Italia.

  2. Giuseppe · ·

    Se vogliamo considerare Kinderman come una sorta di alter-ego letterario di Blatty allora sì, non credo neanch’io ci sia da sorprendersi del cambiamento -una ulteriore e più amara presa di coscienza dei limiti della sua ricerca della verità, potremmo dire- che intercorre fra il detective del romanzo e quello del film… spero di nuovo in qualche bancarella ben fornita, che mi piacerebbe recuperare l’edizione italiana del ’95 (o, in alternativa, quella del ’92, visto che la traduzione è identica).

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