“As a woman, in particular, I find society tries to tell us to fear the world, to seek shelter in others, to place our trust in some big, strong, someone who will make all the monsters go away. So, what is the most frightening trope which horror employs? That a woman will be left to face the monsters on her own. That everyone who should be there to save her has not just gone away, they have died horribly.
But there is a twisted lesson of hope in horror: if she is willing to stand up for herself and fight, she will survive“
Queste parole vengono da un’intervista alla scrittrice Kate Danly, uscita proprio in occasione del quinto Women in Horror Month che viene celebrato ogni febbraio con diverse iniziative, tra blogger, cinema d’essai, mini festival e tutto ciò che può servire a dare visibilità alle donne impegnate nel cinema e nella letteratura dell’orrore. Ma non solo, in ogni ambito artistico legato in qualche maniera al mondo della paura. Per leggere l’intervista integrale alla Danly e sapere anche di chi stiamo parlando, andate qui. Se invece volete saperne di più sul Women in Horror Recognition Month, questo è il sito del progetto e questa la pagina Facebook.
Si tratta di un’iniziativa importante. Prima di tutto perché serve a conoscere nomi nuovi, e poi perché l’horror rimane un settore ancora a dominazione quasi esclusivamente maschile. Se nella narrativa le cose si stanno muovendo da qualche anno e abbiamo tantissimi nomi a cui fare riferimento (Caitlín R. Kiernan ha vinto il Bram Stoker Award per il miglior romanzo proprio nel 2013), nel cinema sono davvero dolori.
Facciamo un paio di calcoli: su 38 film dell’orrore distribuiti nel 2013, sapete quanti sono diretti da donne?
Due.
Sì, avete capito bene. Due. Il remake di Carrie, a opera di Kimberly Pierce, e l’ottimo Dark Touch, dell’irlandese Marina de Van.
Nel 2012 invece, su 64 horror,abbiamo American Mary, delle sorelle Soska e Black Rock di Katie Aselton.
Non sono buone notizie. Ma proprio per niente.
Se già il cinema, di per sé, è un ambiente in cui le donne vengono escluse in misura maggiore rispetto ad altri ambiti artistici, il genere di cui ci occupiamo qui dentro è davvero un circolo chiuso, un territorio interdetto.
Anche occuparsi di horror, scriverne, parlarne. per esempio gestire un blog a tema (una cosa a casaccio) non è comunissimo. Certo, all’estero è pieno zeppo e vi linko la mia solita musa ispiratrice, B.J. Colangelo col suo splendido Day of the Woman, e in più, come bonus, una mia scoperta recente: Real Queen of Horror, gestito dalla bravissima Zena, che oltre a blogger e critica cinematografica, è anche filmmaker ed è pronta a invadere il mondo con i suoi cortometraggi.
Ce ne sono anche altre. Basta fare rapide ricerche per accorgersi che di blog al femminile dedicati al cinema e alla cultura horror in toto è pieno il web.
E tuttavia, se leggete molti articoli con attenzione, vi renderete conto anche di un atteggiamento quasi sempre sulla difensiva. Perché, lo sappiamo tutti, l’horror non è roba da femmine. Quasi ci si deve sentire in colpa, come se ci fossimo intrufolate a una festa dove nessuno ci aveva invitato, dove stavano tutti tranquilli a guardare le tette della scream queen di turno, prima che arrivassimo noi a rompere le scatole.
Sì, sto esagerando. Lo sto facendo volutamente. Qui lo spazio è poco ed è necessario semplificare per essere il più chiari possibile.
Affrontare un discorso di genere sul cinema dell’orrore ti porta inevitabilmente su un terreno molto scivoloso. Cinema commerciale per definizione, molto spesso concepito per un pubblico maschile e accusato, nel corso degli anni, di offrire una rappresentazione della donna poco edificante, l’horror è stato spesso posto appena un gradino sopra la pornografia. Se il cinema d’azione, la fantascienza, il noir e il thriller sono stati in seguito nobilitati, l’horror non ha goduto dello stesso destino benevolo da parte della critica. È rimasto in quell’angolino buio dove risiedono le cose losche, da vedere di nascosto.
Certamente questo è un discorso valido sia per gli uomini che per le donne. Ma ha portato gli appassionati (che sono nella maggioranza uomini) ad assumere un preoccupante complesso di accerchiamento. I fan dell’horror sono diventati simili a una setta che perpetua gli stessi riti all’infinito, si bea di cliché e stereotipi identificativi, non ammette il cambiamento e sopravvive grazie alla ripetizione seriale di codici fortemente radicati. Se ti azzardi a toccarglieli, scatenano una vera e propria guerra di religione.
E uno di questi codici, uno dei più comuni, è quello del binomio boobs and blood.
No. Prima che fuggiate via tutti quanti in preda al panico, non sto facendo del moralismo d’accatto. Ho scherzato tante volte anche io sull’esibizione delle grazie di Linnea in molti film e non ho intenzione di rimangiarmelo adesso.
Però.
Però credo che l’horror sia molto più complesso di quello che vogliono farci credere e che ci si debba avvicinare al cinema dell’orrore con un atteggiamento diverso da quello del troglodita attento solo a quando e come la fanciulla in abiti discinti se li toglierà per poi venire squartata.
Credo anche che sarebbe ora di affrontare anche un discorso di genere relativo ai film dell’orrore, al modo in cui le donne vengono rappresentate, cercando di giudicare le varie pellicole anche in base alla costruzione dei personaggi femminili.
Perché solo quando si smetterà di guardare all’horror come quel luogo maleodorante dove ogni più basso e bieco istinto può essere liberamente sfogato, potrà esserci spazio per far emergere realmente una generazione di registe che si dedichino a mettere paura al pubblico, ognuna con la propria sensibilità e con il proprio sguardo personale. E sarebbe un grande arricchimento.
Certo, bisogna sfondare qualche muro e abbattere qualche resistenza. Troppe volte mi sono sentita dire che non ci sono registe horror perché alle donne l’horror, semplicemente, non interessa e va bene così.
Ovvio, lo sanno tutti: noi dobbiamo vedere solo commedie romantiche, al massimo qualche film drammatico, ma neppure troppo. Sia mai che ci impressioniamo.
in realtà sulla distanza del pubblico femminile dal cinema dell’orrore aveva ironizzato molto bene Craven nel primo Scream, quando Sidney parla della famosa “tettona che non sa neanche recitare e sale le scale invece di scappare dalla porta”. E poi aggiungeva: “è un insulto”.
Direi che ci stiamo avvicinando.
Un insulto.
Ho sempre amato l’horror, sin da bambina. Ma mi rendevo conto che molte volte era un amore sbagliato e poco corrisposto.
Non è la violenza, non sono le frattaglie, non sono i mostri che tengono lontane le donne dal cinema dell’orrore. La ragione è più sottile e profonda, quasi inconsapevole. Io penso che si sentano respinte. E il paragone che facevo poco prima con una festa a cui ti sei imbucato e vai a guastare il divertimento, non è campato in aria.
E se ci si sente respinte come appassionate, figuriamoci come ci si deve sentire a operare professionalmente nel settore.
La colpa, se così vogliamo chiamarla, è anche di quegli stereotipi che non solo identificano i film, ma che finiscono per identificare anche il pubblico di riferimento dei film stessi.
Stereotipi che molto spesso fanno riferimento a un’estetica e a un modo di approcciarsi al genere tipici degli anni ’80 e che in quel periodo avevano un senso ben preciso, e commerciale, e (perdonatemi il termine) a volte eversivo. La solita diatriba se l’horror sia un genere reazionario o tendente invece a scardinare la normalità e lo status quo in una prospettiva addirittura rivoluzionaria.
Non ho mai avuto una posizione chiara all’interno di questa diatriba. Posso solo dire che, nel corso degli anni, il cinema horror è diventato sempre più conservatore. Sia nelle sue incarnazioni mainstream che, purtroppo, in quelle indipendenti. Sto generalizzando e so bene che non sempre è così, altrimenti non scriverei su queste pagine.
Eppure, il tornare sempre a riproporre, in varie salse e gradazioni, gli stili e i personaggi che hanno fatto grande l’horror degli anni ’70 e ’80, ha portato il genere ad avvitarsi su se stesso in una spirale ripetitiva e sterile.
Tra le vittime di questa spirale ci sono sicuramente i personaggi femminili. E con loro il pubblico femminile. Ed è tra il pubblico femminile che andrebbero cercate le registe del futuro, dato che dedicarsi al cinema horror deriva da una fortissima passione per quel tipo di pellicole che si sviluppa nel corso degli anni.
E a me non verrebbe mai in mente di fare un film dell’orrore, se l’esempio che ho di fronte fosse Jessica Biel che corre e urla in canottierina succinta mentre Nispel bada bene a investirla di getti d’acqua e liquami.
Parafrasando Virginia Woolf (che Dio mi perdoni): “perché non esiste una sorella di John Carpenter?”
Io la risposta a questa domanda non ce l’ho. O ce l’ho in parte e ho tentato di mettere insieme una serie di idee confuse nel post. Sicuramente il rapporto tra donne e cinema dell’orrore (e, a ben guardare, tra donne e cinema in generale) andrebbe fatto oggetto di un’analisi molto più approfondita e complessa.
Magari si potrebbero fare una serie di articoli dedicati al tema, che trovo molto interessante, sia in quanto donna che in quanto appassionata di horror.
Intanto, bisogna dire che i talenti ci sono oggi come ci sono sempre stati, ma sono, il più delle volte, poco pubblicizzati e quasi del tutto invisibili. Altrimenti non ci sarebbe la necessità di iniziative, anche lodevoli, come il Women in Horror Recognition Month. La presenza di queste iniziative, ricordiamolo sempre, non è una vittoria. E come diceva una grandissima donna di cinema, Debra Hill: “I hope some day there won’t be a need for Women in Film. That it will be People in Film. That it will be equal pay, equal rights and equal job opportunities for everybody.”
Per il momento, celebriamo l’invisibile e il sommerso.
E cerchiamo di lavorare perché prima o poi non esista più la necessità di celebrarlo.
Io ti amo. Facciamo un horror insieme
ti amo anche io. Troviamo il budget e partiamo con le riprese.
92 minuti di applausi! *O*
Grazie Gianluca. È stato complicato scriverlo
Lo è stato di sicuro, ma hai efficacemente scritto quello che doveva essere scritto riguardo sia ai muri da sfondare che alle resistenze da abbattere, e le idee che hai espresso sono tutto tranne che confuse…la situazione è questa, piaccia o non piaccia e francamente no, NON può piacere in nessun modo.
E’ che davvero gli stereotipi -sia a livello di personaggi che di pubblico- son duri a morire…compreso quello -insopportabilmente idiota- che considera l’horror inadatto a priori a una altrettanto aprioristicamente presunta e generalizzata (ma dove?) impressionabilità femminile. Enorme stronzata, lo sappiamo tutti, ma che di fatto contribuisce a non rendere così facile la vita sia della regista/produttrice/sceneggiatrice in gamba che l’horror lo vuole e lo sa affrontare, sia della spettatrice appassionata che fruisce del prodotto finito (una brava ragazza deve andare avanti solo a sdolcinate commedie romantiche e blandi drammi intimisti, vero?)…
P.S. Ma io credo che esista una sorella di John Carpenter…commento regolarmente sul suo blog di cinema horror e velleità culturali! Per dire, oggi ha pubblicato un ottimo post dal titolo “Una Cinepresa tutta per sé”
Ecco, è successo ancora…cambia l’avatar e in contemporanea non mi riesce di inserire l’emoticon a fine post-scriptum. Ci riprovo, era questa
Ahahahahah! no no no, io non sono la sorella del Maestro. Al massimo una cugina di quindicesimo grado acquisita. 😀
Grazie, Giuseppe
Concordo in pieno con oni riga del tuo post anche perchè spesso gli horror scritti o diretti da donne sono in effetti una boccata d’aria fresca.
perché è un approccio inedito alla materia. e ci vuole qualcuno che offra punti di vista nuovi.
grazie 😉
Considerando che sia la fantascienza che l’horror hanno fra i propri testi fondanti il Frankenstein della Shelley, l’idea di marginalizzare le donne all’interno di un genere “per uomini” a me è sempre parsa una sciocchezza.
Mi sono però dovuto rendere conto che era una sciocchezza per me e per una minoranza.
E sono portato a credere che una parte del rifiuto, da parte di una fetta abbondante del pubblico, di autrici e registe, si debba ricercare proprio nella carica innovativa che portano al genere con la propria opera: gli appassionati di genere tendono ad essere molto conservatori, purtroppo.
In passato si è tentato (spesso con un certo successo) di “addomesticare” la componente femminile – operare in modo da poter esibire una donna come autrice e regista (“visto? siamo all’avanguardia!”), ma assicurandosi che produca qualcosa di normale, rassicurante, prevedibile (“Tranquilli, è tutto sotto controllo!”).
Penso all’effetto nefasto su fantascienza e fantasy di tante autrici che, per quanto dotate, si sono ritrovate a scrivere – su esplicita richiesta degli editori – cicli interminabili fatti con la fotocopiatrice, e farciti di elementi genericamente “femminili”.
Temo che presto vedremo qualcosa di simile anche in ambito cinematografico – registe finanziate per produrre “horror al femminile”, con gli ingredienti giusti perché gli spettatori possano dire “sì, beh, dai, si vede che l’ha fatto una donna.”
Sarà peggio che essere sotto-rappresentate.
(che bella ventata di ottimismo, eh? 😉 )
Sarebbe un incubo, ma sta già, in un certo senso, accadendo con il Paranormal Romance, che è un branca deviata dell’horror.
Alla fine sono romanzi scritti da donne, per donne. E di quelli ci dobbiamo accontentare.
E ricordiamoci anche che il primo film della serie tratta da Twlight è di una regista donna che gravitava in ambito indie, prima di essere inghiottita dal fenomeno dei vampiri glitteranti.
E via con altre ventate di ottimismo .D
Argomento “spinoso” per molti. Francamente non per me che ho un concetto estremamente “light” del problema. Che in molti/troppi ambiti esista una dittatura del testosterone è una triste e innegabile realtà e ne è dimostrazione tangibile la sovrabbondanza di coglioni che infestano il creato. La questione è: chissenefrega? Voglio dire, io amo follemente il genere e non mi interessa se il regista sia uomo o donna. Prendi la Bigelow. Il buio si avvicina è uno stupendo film di vampiri, indipendentemente dal fatto che sia stato diretto da una donna ma erano anche altri tempi.
Sì, il punto è proprio arrivare a un atteggiamento tale per cui un film può indifferentemente essere diretto da un uomo o da una donna.
Solo che per arrivare lì è necessario per prima cosa abbattere tutta una serie di discriminazioni.
Che ci sono, è inutile negarlo.
E cercare di non tenere distanti le donne dal cinema dell’orrore, ma farle avvicinare che non morde 😀
Anzi!
E il discorso si può generalizzare anche al mondo gay… A parte Barker, verso il quale ho sentito gente cambiare diametralmente opinione sui suoi libri dopo l’outing ma prendiamo i film di Bruce LaBruce, ai quali hanno appiccicato l’etichetta di horror gay!
Ah, poi sul cinema horror e l’omosessualità andrebbe aperto tutto un discorso a parte. Tema complicatissimo e totalmente sommerso.
Ma interessantissimo
brava, brava e ancora brava!
Grazie! 😉
vorrei provare a gettare un po’ di ottimismo: ho l’impressione che lo stereotipo della “tettona che non sa recitare e inseguita dal killer prende le scale invece della porta” non sia così diffuso..gli horror di carpenter,, craven, hooper, ma persino il primo venerdì 13, il primo saw e i due hostel e la casa dai mille corpi ne sono privi. E comunque certi stereotipi e clichè (come quello della final girl vergine) sono talmente stati presi in giro, decostruiti e irrisi nei vari scream e in maniera demenziale negli scary movie che oggi credo che non siano più rappresentabili se non in maniera ironica, è diventato impossibile prenderli sul serio.
Quanto al “blood and boobs” francamente le morti violente negli horror riguardano gli uomini come le donne (e a dirla tutta: negli slasher “canonici” è una lei l’unica che resiste e sopravvive al killer alla fine), e il sesso bè fa parte della vita, mi sembra legittimo che anche l’horror lo racconti e lo mostri se e come ritiene. .Non è horror ma una serie tv come Il trono di Spade si becca un sacco di polemiche ingiuste per i nudi e le scene di sesso, io dico che se uno spettatore vede solo quello e non si rende conto che quelle immagini fanno parte di un racconto e di un’atmosfera ben precisa in cui non c’è nulla di gratuito e offensivo, il problema è suo non della serie, e un discorso analogo si può fare per serie come Spartacus e anche per le scene erotiche e di nudo nell’horror., francamente non credo sia quello ad allontanare il pubblico femminile ammesso che ciò sia vero: io da appassionato di cinema amo sia l’horror sia le commedie romantiche, penso che esistano anche donne come me., francamente trovo insensato dividere i generi in base al genere se mi passate il gioco di parole: ammesso e non concesso che la rom-com abbia un pubblico prevalentemente femminile nulla impedisce a un uomo di apprezzarla, e lo stesso vale per l’horror mainstream o indipendente che sia.
Parlando di cinema in generale: le donne registe (e sceneggiatrici) ci sono, sono ancora poche forse ma ci sono. Detto questo, non credo che una regista donna non metterebbe Jessica Biel (che è comunque una brava attrice, protagonista anche dell’interessante The Tall Man) in canottierina succinta ammesso che questo sia degradante in sè e non credo. Forse sono un etero atipico (in realtà non credo) ma per me la Biel nel remake (bruttarello) di Nispel è una ragazza che cerca di sfuggire a una famiglia mostruosa e non una canottierina
Vedi, quando io parlo di una festa a cui ci siamo imbucate e che abbiamo guastato con le nostre rotture di scatole, mi riferisco proprio a questo: alla tendenza a dire che va bene così, che non c’è nessuna rappresentazione sbagliata della donna nel cinema dell’orrore, che non c’è discriminazione e che è tutto ok. In fondo siamo qui per divertirci.
Peccato che non sia così.
Non discuto che Jessica Biel sia o meno una brava attrice. Discuto il fatto che Nispel abbia voluto, per sottolinearne ancora (come se poi ce ne fosse bisogno) di più la carica erotica.
Sono segnali, anche sottili, ma inquietanti di un modo di intendere il cinema dell’orrore a uso e consumo di un pubblico di dodicenni con l’ormone a palla.
E no, una regista donna non avrebbe mai un atteggiamento come quello mostrato da Nispel nei confronti del corpo femminile. Ciò non significa che non metterebbe scene di sesso nel suo film, o che non farebbe spogliare una protagonista.
Lo farebbe solo in maniera molto diversa.
non volevo darti della rompiscatole nè difendere Nispel (è un regista mediocre e può darsi che abbia sbagliato), le tue riflessioni sono assolutamente legittime, è che ho sentito spesso osservazioni similari anche su film non horror e sono guardingo….su alcuni blog italiani ad esempio ho letto critiche secondo me ingiuste e moralistiche, accuse di maschilismo su the wolf of wall street come se rappresentare un ambiente maschilista e un certo modo di vivere (peraltro reale) volesse dire avallarlo…non è così
e secondo me sì quando guardando un horror o qualsiasi film uno spettatore si ferma alle “tette” e non vede altro non è detto che il problema sia il film, il problema è lui.
Non è horror ma mi viene in mente un film come American Hustle (diretto da un uomo) dove Amy Adams interpreta una ex spogliarellista diventata truffatrice nell’America degli anni ’70,, indossa spesso abiti scollati e senza reggiseno senza che nessun altro personaggio faccia commenti e battutacce su questo (mentre in una commedia italiana non so che sarebbe successo), ecco la cosa lì non è mai degradante non è messo lì per eccitare i dodicenni,, è sempre coerente col film.
E parlando di personaggi femminili nel cinema in generale io penso che ci siano dei notevoli miglioramenti: oggi ci sono moltissimi personaggi femminili forti o comunque complessi quanto quelli maschili nei film e sopratutto nelle serie tv.(ho citato Game of thrones e Spartacus ma potrei fare altri esempi)
No, aspetta, non ho mai voluto dire che tu mi hai dato della rompiscatole.
E concordo con te sul fatto che il cinema è pieno di ottimi personaggi femminili.
Per quanto riguarda l’horror e la nicchia ristretta che questo genere si è ritagliato, io credo che la questione sia molto più complessa.
Non è neanche un problema di vestiti sì/no. Più che altro si tratta di come tutto questo viene presentato.
E l’horror che soggiace a certi cliches da sempre, cade più facilmente in certe trappole rispetto ad altri generi. Per questo per una donna diventa complicato avvicinarsi al genere, e come semplice appassionata, e come professionista.
Pur mantenendo le mie riserve capisco il tuo punto di vista. Del resto come sai ogni genere narrativo e cinematografico ha i suoi clichè, i suoi temi ricorrenti, se un cineasta è bravo li sa maneggiare per raccontare la sua storia ma Nispel è un mediocre (poi en passant: io sono contrario a fare i remake di film che erano già belli. Non aprite quella porta di Tobe Hooper è un capolavoro, perchè gli spettatori di oggi non possono guardarselo ma hanno bisogno di un remake puramente commerciale e senza nerbo? )
Il tema delle vere o presunte differenze di sguardo tra artiste donne e artisti uomini è affascinante ma io resto perplesso, sono abituato a credere che in generale uomini e donne siano “pari” moralmente e intellettualmente nel bene come nel male e sì sono guardingo anche quanto sento dire che lo sguardo femminile sarebbe ontologicamente diverso da quello maschile o viceversa (. Mi viene difficile credere che una Rachel Talalay o una Mary Lambert (per fare i nomi di due registe horror) solo in quanto donne abbiano uno sguardo ontologicamente differente rispetto a quello di un collega uomo che fa horror..e fuori dall’horror, lo sguardo autoriale di Kathryn Bigelow o di Jane Campion o di Sofia Coppola quanto deriva dal fatto che sono donne e quanto dal fatto che sono appunto Bigelow, Campion e Coppola così come Scorsese è Scorsese, Oliver Stone è Oliver Stone, Ridley Scott è Ridley Scott eccetera? Non so rispondere, ma sono abituato a valutare le differenze poetiche e stilistiche tra i registi (e tra i loro film) senza badare al loro sesso.
anche se ho fatto delle critiche ci tengo comunque a dire che ritengo positivo che ad affrontare questi temi sia un blog come questo, fatto da una donna che conosce l’horror e lo ama e non una persona che ritiene l’horror pura spazzatura.
Detto questo, per me l’unico modo di rispondere a chi accusa l’horror di diffondere immagini poco edificanti (ma che vuol dire?) delle donne e più in generale di essere “diseducativo” (perchè è là tali critiche vogliono andare a parare) è questo: fesserie, e dico fesserie non solo perchè mi piace l’horror ma perchè mi piace il cinema tutto e non esiste genere cinematografico che non sia “dannoso” secondo qualcuno: non solo generi controversi e disprezzati come l’horror o in generale i film “violenti” ma persino i film disney di ultima generazione e le rom-com avrebbero il torto di diffondere “messaggi sbagliati” secondo gente che crede che il cinema debba “educare”invece di raccontare l’umano e la società nei suoi lati chiari come in quelli oscuri. Insomma,anche la fiction più “morigerata” ha il suo gruppo di detrattori più o meno moralisti, e francamente la cosa non mi piace per niente