Strappato alla pace oscura e silenziosa. Ora la luce è troppo forte. Il calore addosso straziante. Non riesce a respirare, si contorce, non capisce, ha paura. La paura è gialla come quella palla in alto che lo acceca. Apre e chiude la bocca e sbatte sulla sabbia bagnata. Ha perso i suoi fratelli in una grotta, la corrente se lo è portato via e lo ha scaraventato qui, dove non c’è riparo, dove è solo e indifeso. Dove sta morendo.
Vorrebbe chiamare gli altri, ma non li sente. Lancia grida nel vuoto arido macchiato di giallo. Giallo dappertutto, dentro di lui, intorno a lui, gli si secca sulla pelle e gli chiude la gola.
Percepisce a stento una presenza confusa, un’altra chiazza di colore. Più scura. È rossa. Gli attraversa il cervello con la stessa intensità dei suoi fratelli. Solo che non è come loro. È diversa, è altra carne e altro sangue. La sente pulsare sempre più forte, sempre più vicina. Il suo grido muto la raggiunge e la colpisce. E la macchia rossa ha adesso una voce, che sovrasta gli altri suoni di questo mondo asciutto e rovente.
Sara alzò la testa di scatto e il rastrello verde a cui mancava qualche dente con cui stava scavando il fossato del suo castello le cadde di mano. La mamma stava leggendo un libro seduta su una sdraio, due o tre file dietro di lei, mentre Sara era seduta sulla riva. Ogni tanto il mare arrivava a sfiorare la sua costruzione, così aveva deciso di erigere un muro. Aveva badato bene a imbrattarsi di sabbia dalla testa ai piedi, così sarebbe stato inevitabile un bagno prima di andare via. Ce l’aveva sotto le unghie, tra i capelli, nel costume e persino tra i denti.
La luce del tardo pomeriggio aveva allungato le ombre e sembrava che i castelli fossero due, uno fatto di sabbia e ancorato alla terra, e l’altro proiettato sull’acqua bassa e trasparente del bagnasciuga.
Stava pensando di mettere qualche squalo di plastica nel fossato, quando lo aveva sentito.
Pensò di essersi sbagliata. Non le era mai successo fuori dall’acqua. Poteva al massimo ricevere un riflesso sbiadito da qualche animale che passava molto vicino alla costa, ma il più delle volte neanche quello.
Era stato un impulso forte, simile a un grido. Le era esploso per un attimo nelle orecchie e aveva pensato che qualcuno si fosse sentito male, o stesse annegando. Poi aveva capito che era solo nella sua testa.
Si guardò intorno. All’improvviso del castello non le interessava più niente. La madre continuava a leggere. Da un po’ di tempo aveva smesso di controllare Sara a ogni passo. Era una bambina grande, aveva otto anni e aveva imparato tante cose. Soprattutto sapeva come impedire alla musica dentro di lei di attirare tutte quelle bestie, a meno che non lo volesse.
Sara chiamava a sé pesci e altre creature. Non il contrario. E non sulla terra. Sulla terra era al sicuro.
Si concentrò sul suono delle onde che levigavano la striscia di sabbia scura del bagnasciuga. Avanti e indietro, come un gigantesco sospiro.
Il vocio della folla che riempiva la Feniglia in quel mercoledì di metà agosto sfumò e divenne un lieve sottofondo. Sara si portò le mani ai lati della testa e si tappò le orecchie, si chiuse in una bolla isolata per ascoltare meglio.
Un bagliore giallo la accecò, la temperatura intorno a lei sembrò crescere come in una fornace e le mancò l’aria. Aprì la bocca, la richiuse, la aprì di nuovo. Stava soffocando.
Si alzò. Non era vero che stava soffocando, stupida che non era altro. A lei non stava succedendo niente. Guardò verso il punto in cui la spiaggia finiva in una scogliera bassa dove avevano costruito ville affacciate sul mare. Le rocce scendevano fino a scomparire nell’acqua e a riemergere e congiungersi con il braccio del porto di Cala Galera. Lì la marea era bassa e si formavano tutta una serie di piccole secche, dove era facile trovare cadaveri di meduse, stelle marine e conchiglie.
Diede una rapida occhiata alla madre, ancora immersa nella lettura del suo libro e si allontanò in quella direzione.
Non avere paura, pensò, sto venendo a prenderti.
Lo trovò in una conca di sabbia scavata dalla corrente. Una murena circa un metro e mezzo che si dibatteva sollevando manciate di terriccio bagnato. Il corpo era bruno come i tronchi degli alberi della pineta intorno alla Feniglia. Sara gli si avvicinò, scavalcando uno scoglio ed entrando nella conca. Le mascelle della murena si chiusero a pochi centimetri da un suo piede, ma Sara sapeva che non aveva alcuna intenzione di morderla. Era solo terrorizzato. Protese una mano verso di lui e lo toccò. Era scivoloso, ricoperto di una specie di muco.
Sara lo vide nuotare insieme ad altri cuccioli come lui, lo vide allontanarsi dal branco distratto da un odore e lo vide perdersi nei pochi centimetri d’acqua vicino alla spiaggia e poi arenarsi lì.
Le sfiorò le dita col muso e poi le si avvolse intorno al braccio, stringendola così forte da farle quasi male.
Calmo, stai calmo.
La morsa si allentò. Sara si diresse verso il mare con la murena attorcigliata addosso come un grottesco bracciale.
Si immersero insieme nell’acqua. Quando le arrivò alla vita, la murena sciolse la stretta e prese a nuotare con cautela, arricciando e distendendo il suo corpo a elastico, girando intorno a Sara, passandole tra le gambe e colpendola ogni tanto con la coda.
“Vai, no? Che ci stai a fare ancora qui?”
Ma non se ne andava. Sara mise la testa sott’acqua e si distese con la pancia che le aderiva al fondale. La murena la fissò negli occhi, immobile, a metà tra la superficie e il letto di sabbia. Poi un qualcosa la spaventò e la fece sgusciare via velocissima, a largo.
Una mano afferrò Sara e la tirò fuori dall’acqua.
“Quante volte ti ho detto che non ti devi allontanare?”
“Scusa mamma”
“Un giorno di questi mi farai prendere un infarto. Si è fatto tardi, dobbiamo tornare a casa”
La prese per mano e la accompagnò a riva. Sara ogni tanto si guardava indietro, ma la murena era sparita.
“Che succede, Sara? Che cerchi?”
“Niente”
Il sole stava iniziando il suo lungo declino estivo verso il tramonto. La gente chiudeva gli ombrelloni, scrollava gli asciugamani e si avviava verso le macchine parcheggiate all’ingresso della pineta.
Le barche rientravano disegnando scie bianche con le eliche e sollevando onde che si trascinavano fino alla spiaggia.
Oltre il braccio del porto, in un anfratto dell’isolotto a forma di tartaruga, la murena si nascondeva in una nuova tana. Aveva fame. E aveva di nuovo paura.
Non era riuscito a trovare i suoi fratelli. Ma continuava a percepire quella presenza, quella macchia rossa che adesso aveva un volto e un corpo e un cuore che aveva sentito battere quando le si era avvolto intorno, tremante e disperato. Era diversa da lui, era calda e non moriva sotto quella sfera gialla, come sarebbe morto lui. Ma era anche uguale. Lei gli aveva parlato. Era venuta a lui. Non era più solo.
“Mi prometti che non lo fai più?”
“Sì, mamma. Stai tranquilla”.
Altri Capitoli qui
Il livello è sempre ottimo, la scena dell’incontro è descritta con semplicità e naturalezza, dandole una patina di verosimiglianza senza troppi sentimentalismi. Aribrava!
Perché Sara è un tipetta tosta, niente sentimentalismi 😀
Grazie, Massimo. Ce la sto davvero mettendo tutta.
Bello come sempre. 😀 Poi mi piace come hai reso l’incontro in modo asciutto ma sentito, senza pucciosità infantili. Perché Sara è una bimba ma non una bimbetta, oh yeah.
Sara è una bimba d’acciaio, fuckyeah! 😀
Sento davvero il tuo amore per il mare e le sue creature. Quanta Sara c’è in te? 😉
Un pochino 😉
Lei è un po’ più vivace e tendente al pestifero 😀
Ah, ma io scommetto che ci riesci pure tu a parlare con le murene 😀
Molto bello il modo in cui hai descritto il contatto prima mentale e poi fisico fra Sara e il suo nuovo amico (l’affinità fra due esseri di specie differenti, che aiuta ad affrontare reciprocamente i mondi d’appartenenza, dei quali la vera conoscenza -reciproca- è appena agli inizi…e chissà che succederà poi 😉 )
Magari ci riuscissi 😉
Ti ringrazio, ho provato a immaginare come si potesse comunicare tra due esseri così diversi. Vedremo per il futuro come si evolverà il rapporto…
Io cerco di intuire dove voglia andare a parare la linea temporale del presente, con la Sara ottuagenaria… E conoscendoti… mmmhh.
Ottimo, Lucy.
Terremoto e traggggedia. Un lago di sangue 😀 😀
Grazie Cap ❤
Mi piace molto Lucy, davvero brava! Questo merita un ebucco quando finirà…
Infatti stavo pensando, una volta portato a termine (e ce ne vorrà) di dargli un po’ più di coerenza, di sistemarlo e infine, di ibuccarlo 😀
Iess!!!
da cosa capisce sara che la murena è un lui?Nel senso da cosa si differenzia una murena maschio da una femmina?Scusa sta domanda stile super quark,ma è una mia curiosità.
Per il resto,sei la migliore scrittrice fantasy italiana,altro che la Troisi 🙂
ciao e buona serata
In realtà le murene spesso sono ermafrodite.
Quindi il sesso è difficilmente identificabile.
Lui è maschio perché sì 😀
Grazie!!!
il perchè si è la risposta che preferisco sempre eh
ps:ho visto e recensito The Divide,filmone che però non mi ha convinto del tutto,se ti va di lasciar una tua impressione,ne sarei lietissimo anche perchè magara ho capito le cose alla cazzo eh,chiaramente vale anche per i tuoi gentil commentatori.
Colonna sonora però da pelle d’oca e grande Micheal Biehn!
Bella scena! 🙂
Grazie Gianluca *O*