Sisu

Regia – Jamari Helander (2022)

Quello dei nazisti che muoiono male è un filone a sé, molto prolifico, perché è sempre un piacere vedere marmellata di nazisti sparsa lungo tutto lo schermo. Insomma, difficile che il pubblico si stanchi di fronte alla faccia di un fascio che finisce maciullata dai cingoli di un carro armato. Specialmente in questo momento storico e in questo paese, son soddisfazioni che soltanto il cinema ci può regalare. 
Sisu è l’ultima fatica del regista di Rare Exports, un delizioso film natalizio del 2010. Helander non fa un film per il grande schermo da parecchi anni: la sua parentesi americana del 2014 non è andata nel migliore dei modi, anche se Big Game era un ottimo prodotto di intrattenimento. Così lui se ne è tornato in Finlandia, ha lavorato in televisione e finalmente è tornato a regalarci un lungometraggio. E che lungometraggio. 

Ambientato nel 1944, Sisu racconta di un ex supersoldato, Atami (Jorma Tommila), ritiratosi a vita privata in Lapponia dopo il conflitto con i russi. Se ne sta per conto suo a fare il minatore, quando trova un ricchissimo filone d’oro e deve partire alla volta della città per andare a cambiarlo con delle banconote. Lungo la strada, incontra un convoglio di nazisti che sta lasciando il paese. Il capo del convoglio (la star norvegese Aksel Hennie) vuole mettere le sue zampacce sull’oro di Atami, perché sa perfettamente che la guerra è ormai persa, e che quelli come lui non sono destinati a fare una bella fine. L’oro è la sua via di fuga, il modo per comprarsi la libertà. E così, dato che Atami sembra un vecchio e innocuo signore, ha le pessima idea di mettersi contro di lui.
Peggior decisione della sua intera esistenza.

Sisu è un’espressione finlandese intraducibile: indica una fiammata di coraggio e cieca determinazione, è lo spirito stesso della Finlandia, è un qualcosa che quasi di rende immortale. Ed è così che i finlandesi, che ne conoscono le gesta, chiamano Atami, L’Immortale. Non perché abbia qualche caratteristica soprannaturale, ma perché si rifiuta di morire. Atami non pronuncia una sola parola per tutto il film (tranne che nell’ultimissima scena), è una macchina di morte perfettamente efficiente e silenziosa, ma soprattutto implacabile. Roba che John Rambo è un survivalista della domenica, tanto per capirci, e Tom Cruise che si appende agli aerei in volo un dilettante allo sbaraglio. Normale che un uomo così esprima il suo disappunto per la seccatura di essere disturbato da un branco di nazisti facendoli fuori tutti, come in uno slasher, e anche con una certa creatività dettata non da qualche forma di sadismo, ma dalle circostanze e dagli strumenti che, di volta in volta, si trova a disposizione. 

Ad affiancarlo in questa strage di fasci (che, ricordiamolo, son buoni solo quando sono morti), abbiamo un adorabile cagnolino bianco e un gruppo di prigioniere finlandesi, protagoniste di una delle scene più belle ed epiche di tutto il film. Tranquilli, il cagnolino sopravvive, anzi, ci hanno impostato una buona fetta della campagna promozionale del film sulla sopravvivenza del cane. Qui, gli unici a non sopravvivere sono i nazisti (e un povero cavallo che però sarà opportunamente vendicato): sparati, calpestati, annegati nel loro stesso sangue, presi a sassate, impiccati, lanciati contro spigoli appunti, esplosi su mine antiuomo. Helander si diverte un mondo a mettere in scena questa mattanza, rigettando il realismo tipico dei film bellici contemporanei dal minuto numero uno. Sisu è un concentrato di tutto il cinema d’azione a d’avventura dagli anni ’70 a oggi, dalla nazixploitation a Indiana Jones e ai suoi vari rip-off, passando per Fast & Furious e Mad Max: Fury Road. Derivativo e poco originale quanto volete, ma bellissimo, liberatorio, gioioso. 

È uno dei rari esempi di cinema action puro, che non chiede altro se non di sedersi comodi e godersi uno spettacolo pirotecnico gestito con classe e consapevolezza. Tra stunt “impossibili”, combattimenti a mani nude e all’arma bianca, lunghe sequenze aeree e subacquee, esplosioni varie e sparatorie, Sisu è il paradiso per tutti quelli che hanno un disperato bisogno di una botta di adrenalina cinematografica, in dosi abbondanti e generose. Deve essere una festa da vedere su grande schermo, una di quelle esperienze da cui si esce galvanizzati.
Helander è un regista di grande mestiere: comprime tutta la vicenda in meno di 90 minuti, senza dare l’impressione di andare di fretta e prendendosi pure i suoi tempi per far respirare il film nella sezione centrale. Ha senso del ritmo, dello spazio, sfrutta l’ambientazione di una Finlandia ridotta a terra bruciata per mascherare i limiti di budget (Sisu è costato appena 6 milioni di euro), ma comunque gira tutto in location dal vero; fa un ottimo lavoro con gli effetti speciali, pratici e digitali e insomma, al netto dei costi molto differenti, non ha nulla da invidiare ai colleghi americani. 

Sisu, che ha vinto tutto all’ultimo festival di Sitges e ha avuto una buona distribuzione a livello internazionale, è l’ennesima dimostrazione di quanto sia vitale, oggi, il cinema europeo di genere. È evidente che il lavoro cominciato più di 15 anni fa è stato strutturale e non meramente episodico. Un treno che l’Italia ha perso, ma sul quale sono saliti a bordo un sacco di paesi del vecchio continente. E i risultati si vedono: hanno gli attori, hanno i tecnici, hanno le maestranze, hanno persino dei budget non faraonici, ma sufficienti a realizzare una visione. Con un pizzico di rammarico, un po’ di invidia e tanta, tantissima ammirazione, sono qui a celebrare Sisu come la cosa migliore che ho visto in questi primi mesi del 2023. Senza rivali. 

6 commenti

  1. Già solo per la magica formula “punch the nazi”, me lo recupero.
    A quanto pare, si sono vagamente ispirati al leggendario “White Death” https://en.wikipedia.org/wiki/Simo_H%C3%A4yh%C3%A4 , uno dei più letali cecchini della seconda guerra mondiale

  2. alessio · · Rispondi

    Documento storico tra il serio (oro e donne come bottino di guerra) e faceto (“i volenterosi carnefici di Hitler” mostri, così come i loro cani; e che persero la guerra perché con una mira di m…). Novanta minuti di piacevole e ruvido intrattenimento.
    p.s. Rimasto anch’io colpito dallo stesso fotogramma che hai riportato, immagine che fa il verso a quella iconica in b/n che ricorda le donne della Resistenza.

  3. Giuseppe · · Rispondi

    Sembra proprio essere una più che discreta bombetta: OK, lo compro 😉
    Il grande cinema di genere europeo, già. Mentre noi, purtroppo, tranne qualche sporadico (per quanto degno di nota) ritorno di fiamma seguitiamo a rimanerne fuori…

  4. Bello, bello. Meno male che c’è ilgiornodeglizombi perché altrimenti io questi titoli me li perderei tutti.

    1. È un piacere segnalare certi titoli, soprattutto quando i nazisti crepano male.

      1. Appagante, direi.

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