
Regia – Jaume Balagueró (2022)
Sta passando un po’ troppo silenzio il fatto che Balagueró abbia diretto un nuovo film, che è anche un ritorno a un tipo di orrore di stampo decisamente soprannaturale e condominiale, come ai bei tempi di Rec. Sta passando sotto silenzio anche il fatto che a produrlo ci sia Alex de la Iglesia con la sua The Fear Collection, un marchio dedicato ai film dell’orrore che de la Iglesia fonda nel 2020 insieme a Carolina Bang e in collaborazione con Prime Video e Sony Pictures. Il primo film uscito sotto l’egida di The Fear Colletion è stato Veneciafrenia, che però io ancora non sono riuscita a vedere; il secondo è, appunto, Venus, che è uscito su Prime Video in Spagna, dopo essere stato distribuito in sala, ma soltanto lì, purtroppo.
L’ultimo horror di Balagueró risale al 2017, il non esaltante (a voler essere generosi) La Settima Musa. Nel mezzo, c’è stata la co-produzione franco-spagnola di Way Down, che a me ha divertito parecchio, ma è un heist movie e non ha nulla a che spartire con la filmografia precedente del regista.
Io ho appreso che Balagueró era tornato all’horror sotto la metro di Barcellona: ho visto la locandina che vedete anche voi in testa al post e per poco non mi sono messa a urlare di gioia. Non sono stata in sala perché, nel mio frequente andirivieni, non ho beccato la finestra temporale giusta, ma signori, non esiste che io mi perda un film del mio ragazzo, e così eccoci qua, ora lo sapete anche voi che Venus esiste e, se riuscirete a metterci le mani, ve lo assicuro, mi ringrazierete.
Venus è la storia di Lucía, una ballerina in un locale di spogliarelliste, gestito tuttavia da malavitosi e spacciatori, che riesce a rubare una grossa partita di ecstasy ed è intenzionata a scappare col malloppo per rifarsi una vita. Purtroppo, viene beccata, ferita e, con gli scagnozzi del boss locale che le danno la caccia, non le resta che chiedere ospitalità a sua sorella Rocio, con la quale (si comprende dopo un paio di scambi di occhiate tra le due) non si vede da un sacco di tempo e non è in ottimi rapporti. Rocio vive in un grande condominio alla periferia di Madrid, il Venus, appunto, che tuttavia è fatiscente e quasi disabitato. Gli unici appartamenti occupati sono quelli di Rocio, che vive lì con la figlia Alba, e quelli di tre signore di una certa età un po’ bizzarre, ma tutto sommato simpatiche. Ora Lucía vorrebbe solo nascondersi lì in attesa che il suo complice arrivi a tirarla fuori dai guai, ma ci sono un paio di cose che non tornano.
Tipo un corpo celeste sconosciuto che da un paio di giorni si avvicina al nostro pianeta.
O che Rocio sparisce nel nulla lasciando da sola Lucía a prendersi cura di Alba.
O che la bambina racconta di un’entità che permea l’intero condominio e che le fa degli strani e macabri regali.
Venus è interessante perché dà l’impressione che Balagueró, nel metterlo in scena, abbia simbolicamente ripercorso le tappe principali della sua carriera, da Nameless a Rec, passando per l’action scatenato di Rec 4, fino appunto alla sua ultima fatica non horror, l’heist movie, aggiungendo al tutto tonnellate di gore e violenza gratuita che fanno sempre un gran piacere. Non è mai stato un regista famoso per la quantità eccessiva di emoglobina, ma Venus vi lascerà, da questo punto di vista, deliziati. E un film pieno di tagli, ferite, teste schiacciate come frutti maturi, mutilazioni varie, rasoiate in faccia e chi più ne ha più ne metta. A partire dalla sequenza d’apertura, in cui Lucía viene scoperta e si becca una bella pugnalata nella coscia, Venus è un crescendo di azione rapida e ad alto pompaggio di adrenalina, condita con sangue a profusione e morti ammazzati come se non ci fosse un domani. Dopo aver messo piede nel condominio che dà il titolo al film, il signor Balagueró non ci risparmia niente e abbraccia l’assurdità della situazione senza alcun compromesso. In questo si sente di certo la mano della produzione di de la Iglesia, che con il suo stile barocco e spesso surreale deve aver avuto un suo peso nella realizzazione del film, ma c’è anche un certo divertimento da parte di Balagueró, che abbandona i toni seriosi che da sempre lo hanno contraddistinto e si lancia in questa corsa folle e sopra le righe a metà tra Revenge di Coralie Fargeat e una versione diretta con cognizione di causa di The Lord of Salem.
Venus è un film costruito intorno alla sua protagonista, Ester Expósito, e al suo corpo martoriato, squarciato, violato in ogni modo possibile e, infine ricucito e trasfigurato in una rinascita cosmica e pagana dai toni apocalittici. Ogni elemento del film le ruota intorno e l’attrice sprigiona un’energia fisica così prorompente da eclissare tutto il resto. Expósito, come Manuela Velasco nel quarto capitolo di Rec (che tante cose ha in comune con Venus) è il cuore del film, la ragione per la quale ci restiamo agganciati: è ottima nella parte iniziale, quando è soltanto una ballerina molto spaventata, cosciente di essersi messa contro personaggi molto pericolosi e di essere finita in una situazione più grande di lei, è straordinaria nel costruire un rapporto molto stretto in un lasso di tempo brevissimo con la nipotina Alba, ed è semplicemente divina quando, nastro adesivo messo a rattopparle le ferite, diventa l’angelo della vendetta a cui spetta la decisione di vita e di morte su chiunque sia così incauto da aggirarsi nel condominio maledetto.
Inutile sottolineare la bravura di Balagueró nel far volteggiare la sua macchina da presa tra corridoi, scale e appartamenti piccolo borghesi: lo sappiamo dal 2007 che questo è il suo campo di battaglia preferito. Eppure, qui ha molta più libertà di movimento, non è vincolato dal linguaggio del found footage e nemmeno dall’eleganza formale imposta da un thriller di stampo classico come Mientras duermes. Come ho detto prima, si sta divertendo come un matto, getta alle ortiche qualunque pretesa di verosimiglianza o di realismo, e anche l’estetica del film, soprattutto nell’ultima mezz’ora si fa sempre più anarchica e folle. Venus comincia come un neo-noir e si trasforma in corso d’opera in un film dell’orrore che parla di entità esterne arrivate dai recessi più oscuri dell’universo a mettere fine al mondo così come noi lo conosciamo. Un bel salto mortale, gestito benissimo. Nel mezzo, vari siparietti grotteschi, improntati a un’ironia macabra e feroce, che accompagnano l’evoluzione di Lucía dallo stereotipo di “pupa del gangster” a dea, intesa nel senso letterale del termine.
Dopotutto, e correggetemi se sbaglio, il cinema di Balagueró è sempre stato, in qualche modo, apocalittico, anche se un’apocalisse vera e propria non ha mai avuto modo di raccontarla (e pare sia il suo sogno). Ciò che esce fuori dalla visione di Venus è l’impressione di un regista molto coerente, con una enorme padronanza dei mezzi a disposizione e una conoscenza tale del cinema di genere da permettergli di fare un film solo per divertirsi e divertire il suo pubblico. Questa consapevolezza raggiunta potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase nella carriera del regista, che insieme al collega Paco Plaza sta continuando a mostrare al mondo la vitalità dell’horror spagnolo.
Il corpo di Ester Expósito è il grande protagonista di questo film. Un corpo, inizialmente, raccontato come mero mezzo per sbarcare il lunario e che poi – offeso non più solo simbolicamente ma fisicamente – si prende la rivincita su un gruppo di villain invero alquanto stolti e un po’ caricaturali. In questo la Lucía di Venus mi ha ricordato molto anche la Arlen di The Bad Batch. Anche la contrapposizione tra i riti pagani delle tre vecchie del fatiscente palazzo e la piccola Alba che vuole solo ballare può essere letta come una riflessione sul corpo, il suo decadimento fisico nel tempo. Lucía è una delle eroina più interessanti e cazzute degli ultimi anni così come Venus è uno dei film più femministi degli ultimi tempi con una proposta di maternità, qui per necessità accolta – ma consapevole e voluta – diametralmente opposta da quella imposta e accettata da Marta Etura in Mientras duermes.
Guarda ti amo! Se non fosse per te ci avrei messo un po’ di tempo nel trovare questo film, io sono un fan di Balaguero e pure mi piace assai la Esposito. Mi hai venduto questo film senza che abbia neanche letto la recensione. Ripasserò poi per vedere la tua disamina. Grazie Lucia!
Ma grazie! Io non avrei saputo nulla di questo film se non avessi visto la metro di Barcellona tappezzata dai poster.
Che figo!
Io ovviamente non ne sapevo niente e grazie a voi ora so!
Alcuni film di Balaguero mi sono piaciuti molto (tanto da rivederli).
Su Alex de la Iglesia… beh, mi tiene compagnia da Azione Mutante, insomma… non se ne parla mai abbastanza!
Besos!
Di de la Iglesia davvero non se ne parla mai abbastanza. È una potenza del cinema spagnolo e qui lo ignoriamo.
Oltrettuto quest’anno “Las brujas de Zugarramurdi” fa i suoi bei dieci anni! Tra le altre cose, quel film hasuggellato l’effettivo matrimonio tra lui e Carolina Bang.
Balaguero + de la Iglesia + un pizzico di Lovecraft = dinamite pura! Ah, ovviamente, nemmeno io ne sapevo nulla e quindi grazie della tua dritta 😉
Da quanto conosco è u soggetto che abbiamo già visto adattato tempo fa per la televisione, nella prima stagione di Masters of Horror, quello diretto da Stuart Gordon era basato su quel soggetto.
Ma da quel che ricordo io, Gordon per Master of Horror ha diretto due adattamenti, uno da Lovecraft (Dreams in the Witch House) e l’altro da Poe (Il Gatto nero). O la mia memoria comincia a essere un colabrodo data l’età?
Ecco, adesso ho un’ idea un po’ più precisa di quello che posso aspettarmi qui da Balaguero, lovecraftianamente parlando 😉
Non sapevo di questa uscita e vedo di recuperarlo
Che bomba di film!..non ha un attimo di cedimento e il finale è, a mio avviso, in parte consolatorio..ci sono evidenti citazioni da altri suoi film (l’eclissi come in Darkness) ma ha un piglio adrenalinico che non ti molla un attimo.. Ricordo che Muse non mi era affatto dispiaciuto, dovrei rivederlo 😊👍
Ricordi bene, quello che ha lo stesso soggetto di questo film (di cui ti ringrazio ancora per averlo tirato fuori) è nella prima stagione, quello di Poe nella seconda.
A me invece non ha lasciato nulla. Strano perché ero ben disposto, da Balaguerò mi aspetto sempre belle cose. Ho trovato sinanche stucchevole tutto il finale col montaggio alternato, in sincronia con l’eclisse. No. Però complimenti per il tuo blog che scopro, colpevolmente, solo adesso.
commento in liberta’, pieno di parentesi, incisi e indecisi…non mi ha lasciato molto. c’e’ una componente ‘cazzona’ [SPOILER] in particolare nella scena in cui si pinza l’addome squarciato con la pistola sparapunti [FINE SPOILER]. Ma a me non ha disturbato quello. Ha disturbato la dimenticabilita’ della protagonista. E’ bravissima ed in parte, ma anche bellissima in maniera molto anonima. La sua immagine non buca lo schermo, anche per come e’ mal costruita in termini di vestiario. Mi viene in mente The Woman. Li Pollyanna McIntosh e’ indimenticabile, iconica, sia per la sua bellezza irregolare, sia per come viene vestita. Alla fine di The Woman ho pensato ‘…questa si merita di entrare nel pantheon dei cattivi iconici, di diventare una maschera di halloween, a livello di impatto visivo e’ degna sorella di Freddy, Michael e Jason’ (lo so, il motore dietro la ‘cattiveria’ di The Woman c’entra come i cavoli a merenda con le motivazioni dietro le efferatezze di Freddy, Michael e Jason…ma sto parlando di impatto visivo). Qui, la protagonista e’ dimenticabile anche per come e’ vestita (nella scena della vestizione, quando si trasforma in dea, la fasciatura addominale di scotch argentato non mi ha rubato l’occhio, per niente). Sembra una catzata, ma per me in un film horror come questo, che ho percepito come molto pop (e per questo le scene cazzone ci possono stare e non disturbano), e’ una mancanza di grande grande rilievo (e comunque il parallelo con The Woman mi e’ venuto in mente anche per il finale. Lei se ne va portando in salvo la bambina…con tutti i significati che ne conseguono…). Per l’avvenenza della protagonista ed il mischione multigenere, mi e’ anche tornato in mente Space Vampires…