There’s Something Wrong with the Children

Regia – Roxanne Benjamin (2023)

Non c’è niente di più salutare che cominciare la settimana con un horrorino Blumhouse scacciapensieri, leggero e facile, un vero e proprio comfort movie da guardare per rilassarsi e niente di più. Ennesima variazione sul tema bambini cattivi, There’s Something Wrong with the Children è il secondo lungometraggio di Roxanne Benjamin, che da queste parti seguiamo con passione dai tempi di Southbound, e che ha fatto una buona palestra in tv, con serie come The Chilling Adventures of Sabrina e Riverdale, prima di incontrare Jason Blum e poter contare su un budget decente e su un cast con almeno un nome di richiamo, ovvero Zach Gilford, esponente di spicco della Flanagan Family. Personaggio chiave di tutto il film, il suo, e vedremo perché. Per ora limitiamoci a sottolineare che, in uno sviluppo della storia molto classico e canonico, la sua presenza funge da elemento di novità e serve a Benjamin per dire la sua sui ruoli di genere e sulla loro sovversione. 

Due coppie di amici, una con prole e l’altra (ancora?) senza si apprestano a passare un fine settimana in mezzo ai boschi. Hanno affittato due casette una di fronte all’altra, vanno in giro a fare passeggiate ed escursioni e, nel frattempo, cercano di salvare le rispettive relazioni che, per vari motivi, sono abbastanza scricchiolanti: Ben e Margareth discutono sull’opportunità di avere o non avere bambini, mentre l’altra coppia, quella con pargoli al seguito, sta evidentemente scoppiando proprio per la difficoltà di gestione dei suddetti. Durante una gita lungo un sentiero tra gli alberi, il gruppetto trova delle antiche rovine dal sapore appena appena lovecraftiano. Dato che nessuno di loro è così intelligente da aver letto Lovecraft, decidono di esplorarle. I due bambini vengono attratti da un pericolosissimo strapiombo sul nulla. Stanno addirittura per tuffarcisi dentro, ma il padre li acchiappa al volo e la cosa finisce lì. Quella sera stessa, Ben e Margareth, per fare un favore agli amici in crisi, si offrono di tenere loro i bambini durante la notte, dando così inizio al peggior weekend della loro vita. 

Come dicevamo prima, il modo in cui la storia si muove è molto classico: qualcuno si accorge, come da titolo, che c’è qualcosa che non va nei bambini, nessuno è disposto a credere alle sue parole, perché la persona in questione ha un passato di problemi di salute mentale, prende delle pillole e quindi per forza si inventa le cose; come se non bastasse, i piccoli sono adorabili, non può esserci nulla che non va in loro, i teneri frugoletti. Insomma, non solo “ma come si può uccidere un bambino?”, ma anche “come si fa a pensare che un bambino non sia innocente per definizione?”. Lo abbiamo visto tante di quelle volte che ormai ci è venuto a noia: lo abbiamo visto in versione seria e angosciante con The Children, in versione camp con Orphan, in versione science fiction con Il Villaggio dei Dannati, e continueremo a vederlo molto spesso. 
Solo che, in questo caso, la persona che non viene creduta è Ben. Il ruolo, di solito affidato alle donne, passa in mani maschili. È Ben a subire l’accondiscendenza altrui, è Ben a essere preso per pazzo perché ha visto di cosa sono capaci le due pesti e si scontra quindi con dei genitori accecati dall’amore e con la sua compagna che non ha intenzione di ascoltarlo. 

In un’intervista recente al podcast Scarred for Life, Roxanne Benjamin ha detto che, in origine, la sceneggiatura (non sua) prevedeva che Margareth portasse il suo fidanzato Ben a questo fine settimana con gli amici pargolimuniti per “incastrarlo”, in un certo senso: passare del tempo con dei bambini avrebbe dovuto convincerlo che, sotto sotto, avere una famiglia sarebbe stata una cosa bella. Benjamin ha apportato qualche modifica, e nella versione che è poi stata messa in scena, la scelta di non avere figli è di Margareth, non di Ben. Per fortuna, nessuno dei due cerca di incastrare l’altro. Si limitano ad avere delle conversazioni, anche abbastanza tese, ma molto affettuose, sul tema figli o non figli. Questo, oltre a rappresentare una dinamica meno scontata e più interessante, perché paritaria e senza sotterfugi (che davvero, se dovete fregarvi a vicenda, che vi mettete insieme a fare?), torna poi molto utile in tutta la seconda parte del film, quando finalmente esce fuori che Ben aveva avuto ragione tutto il tempo e i ruoli dei due personaggi subiscono un’ulteriore smottamento. Insomma, sarà anche la solita storia di bambini che a un certo punto, e senza motivazioni, si mettono a far fuori gli adulti, ma è gestita con intelligenza e cognizione di causa, e tiene desta l’attenzione dello spettatore non tanto per la successione degli eventi, quanto per le dinamiche relazionali tra i personaggi. 

Non è un film eccezionale, sia chiaro, ma è l’ennesima dimostrazione di come anche le storie più risapute possano essere riverniciate di fresco e apparire nuove. Basta modificare, anche leggermente, il punto di vista, ed ecco una vicenda che non puzza di stantio. 
Inoltre, Benjamin è una che non si prende troppo sul serio e si diverte un sacco a giocare con un genere, l’horror, che conosce a fondo e del quale è appassionata. Di conseguenza, il film scorre che è una meraviglia, non annoia un secondo e, al netto di un problemino di continuità a un certo punto (si passa dal giorno alla notte in un lampo e non si capisce bene com’è messa la scansione cronologica delle giornate), è anche molto curato in tutti i reparti. 
I due ragazzini sono dei piccoli fenomeni, mai leziosi, inquietanti sin dall’inizio, ma non in maniera anomala: sono bambini, i bambini sanno essere fastidiosi, sanno dire cose sgradevoli, sanno mettere a disagio gli adulti in vari modi, anche senza essere posseduti o sostituiti da dei doppi malvagi o rapiti dagli alieni, insomma. Questo lato sardonico e un po’ crudele dell’infanzia è reso bene da Benjamin e dai suoi giovanissimi attori, per cui, pur essendo portati a credere a Ben dalla messa in scena e dal fatto di condividere la sua prospettiva, in alcuni momenti dubitiamo anche noi di lui. 

Poi sì, ve l’ho detto all’inizio: There’s Something Wrong with the Children è un horrorino, piccolo piccolo, poco ambizioso, un giocattolino da guardare in un freddo lunedì sera per non angosciarsi più di tanto, ma sperimentando comunque qualche brivido di inquietudine. Sullo stesso tema, ci sono decine di film migliori, da The Bad Seed al già citato The Children. Ma c’è anche molto, molto di peggio. Per essere un PG13 è anche abbastanza violento, anche se le cose più turpi commesse dai bambini avvengono sempre fuori campo, credo per l’annosa questione della sospensione dell’incredulità: due frugoletti alti un metro e venti e pesanti 15 chili bagnati, li metti a posto con uno sganassone, anche se ti inseguono con un machete. E questo, a parte rari e geniali casi, è il problema di tutti i film che trattano questo tema. Ci devi stare, ci devi credere e goderti il viaggio senza farti troppe domande. Alla fine, si viene comunque ripagati. 

4 commenti

  1. Di Zach Gifford si sta parlando molto anche per Criminal Minds: Evolution, oltreoceano su Paramount Plus e da noi su Disney Plus, dove interpreta il serial killer Elias Volt, che è anche un marito e padre modello, dagli un’occhiata se ti interessa, questa settimana in America uscirà il gran finale…

  2. La lista di questi tappetti dal cuore nero è una teoria lunga a non finire (aggiungiamoci Come Out and Play e Grano Rosso Sangue). A me There’s Something Wrong with the Children mi ha infastidito, l’ho trovato molto superficiale e, pure, a tratti anche noioso (sebbene la parte centrale, diciamo dal momento che risbucano i pargoli agli omicidi è ben costruita e coinvolgente). Coraggioso e generoso il tuo tentativo di trovargli qualche tematica che lo arricchisce (i rapporti di coppia, la genitorialità) o il ribaltamento di genere audace, se non sovversivo a cui fai accenno, peccato che Ben è in un certo senso un drug-addicted (e gli psicofarmaci fanno più danni del gioco d’azzardo, alcool o droghe pesanti peccato che si dimentichi) e così alla fine quell’originalità (dove non è la donna l’isterica – e non in senso etimologico – di turno) si viene subito a perdere nel solito binomio stantio fragilità emotiva (malattia mentale)/debolezza.

  3. Beh, essendo proprio un freddo lunedì sera, perfetto…

  4. Giuseppe · · Rispondi

    Dici sia quello il motivo principale dei fuori campo? Può essere, anche se in questo caso l’origine soprannaturale del comportamento dei bambini giustificherebbe, tra le altre cose, una forza superiore alla norma (e qui si ricade eventualmente nella casistica rara)… Ad ogni modo, io penso di riuscire a sospendere la mia incredulità anche in questo caso 😉

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