
Regia – Steven Spielberg (2005)
Il diciassettesimo giorno della challenge è dedicato al regista preferito. Ora, tutti e quattro i gatti che seguono questo blog sanno perfettamente chi è il mio regista preferito. Solo che Spielberg l’horror non lo ha frequentato troppo, nonostante in moltissimi suoi film non manchino gli elementi horror: pensiamo, per esempio, ai tre Indiana Jones. C’è poi Lo Squalo che è in teoria l’unico horror propriamente detto di Spielberg, ma a ben guardare non è proprio così, perché in un angolino della sua filmografia, sottovalutato in maniera criminale, e pure criticato per partito preso, se ne sta l’horror post 11 settembre per antonomasia, noto ai più come La Guerra dei Mondi.
Sì, l’ho rivisto ieri e sì, è un film dell’orrore in piena regola che si maschera molto bene da film di fantascienza, ma contiene almeno due tra le sequenze più spaventose del primo decennio del XXI secolo.
Mi ricordo anche molto bene l’esperienza di War of the Worlds su grande schermo: l’ho visto in un cinema bellissimo di Roma, che ormai ha chiuso i battenti da anni, e ancora oggi ho chiara la sensazione di un’intera sala, piena fino a scoppiare che, alla prima apparizione dei tripodi, smette simultaneamente di respirare.
C’è una differenza sostanziale tra un film divertente e caciarone come Independence Day e un esempio di grandissimo cinema come La Guerra dei Mondi, ed è il modo in cui l’invasione viene messa in scena. Non è tanto un problema di temi in gioco, i temi possono pure essere simili, espressi meglio o peggio, raccontati da un determinato punto di vista o da un altro. Si parla di una specie aliena che decide di sterminare l’intera umanità perché sì, ma è come la macchina da presa imposta la relazione tra l’umano e il non umano che dà un’identità specifica al film di Spielberg.
La macchina da presa ne La Guerra dei Mondi è sempre ad altezza uomo. Certo, gli effetti speciali sono straordinari, la Industrial Light & Magic ha fatto un lavoro di una precisione millimetrica, ma gli alieni e i loro tripodi non sono mai al centro della scena e di conseguenza il centro dell’azione è sempre ventre a terra, è sempre in basso, è sempre nel mezzo del panico, dell’impotenza, delle urla, della confusione e della morte.
Spielberg adotta uno stile realistico che agisce sullo spettatore in maniera diametralmente opposta rispetto agli altri due film con gli alieni da lui diretti. La Guerra dei Mondi è il “doppio malvagio” di Incontri Ravvicinati e di E.T., è un film che ti dice, urlando il più forte possibile, che non esiste alcun luogo sicuro, non c’è alcuna “casa” e, da un istante all’altro, ti puoi ritrovare ad abbandonare tutte le tue certezze, ti puoi ritrovare in fuga, non sapendo nemmeno cosa sia accaduto di preciso.
Il concetto di disastro, di catastrofe, sia essa naturale o derivata da un qualche tipo di azione ostile, è stato di rado trattato al cinema con questa capacità di coglierne l’essenza, di mostrare le reazioni genuine dell’umanità davanti a un evento di portata apocalittica. E ciò che salta agli occhi non è tanto, o non è soltanto, l’impatto dell’attacco alieno in quanto tale: è la mancanza di informazioni, che si innesta sul terrore e genera ulteriore terrore. Non avere nozione di quanto stia succedendo, andare alla ricerca di notizie che non arriveranno, dover rispondere a domande per le quali non si possiedono risposte e, in tutto questo, attivarsi per fuggire il più lontano possibile. Solo che un posto dove nascondersi non c’è.
La Guerra dei Mondi di Spielberg non è una storia di riscatto, non è il racconto di una battaglia vinta dall’umanità contro gli invasori: è la storia di un uomo che scappa, cercando di portare a casa la sua pelle e quella dei suoi due figli. Una fuga continua senza contrattacco, un’accettazione immediata di quanto siano sproporzionate le forze in campo, la rinuncia a combattere perché si è già perso. Poi lasciate perdere che gli alieni alla fine crepano tutti: non si tratta di una sconfitta sul campo, e pure il lieto fine non è decisamente ciò che resta addosso del film. Al contrario, è la sensazione di non avere alcun controllo o potere sulla propria vita, di essere sempre sospeso sull’orlo di un abisso, alla mercé del puro caso, perché La Guerra dei Mondi è sia orrore cosmico sia orrore politico o sociale, come preferite voi.
Riesce persino a rispettare senza tradirlo troppo, e ovviamente adeguandolo al 2005 e agli Stati Uniti, il discorso coloniale del romanzo di Wells. Poi, può darvi fastidio l’accento posto sull’importanza degli affetti, il fatto che il nucleo familiare si ricomponga, e ci può stare. Conosco un sacco di gente ammalata di cinismo. Ma, lo stesso, è un discorso estremamente coerente con tutto l’orrore che Spielberg ci ha fatto piombare addosso nell’ora e quaranta che precede il finale: da qualche parte, un minimo di sollievo per tutta questa paura lo devi trovare, e dove se non nelle persone a cui vuoi bene?
Sì, non ho parlato degli attori, di una Dakota Fanning spaziale, di un Tom Cruise che, quando lavora con Spielberg smette addirittura di essere un divo e diventa l’incarnazione dell’uomo comune, della particina di Tim Robbins che dà vita all’altra sequenza da incubo presente nel film. Perché, in fin dei conti, come ogni volta che da queste parti viene fuori il nome di Spielberg, tutto il resto si eclissa e rimane soltanto lui: sia che si tratti di stupire, di commuovere, di suscitare il famigerato sense of wonder (nessuno meglio di lui, al mondo), sia che, al contrario, si tratti di schiacciarti sulla poltroncina di un cinema con il sacro terrore di Dio, Spielberg è sempre lo stesso: il più grande regista vivente, che a voi piaccia o no.
Grandissimo film molto sottovalutato..fece anche a me una grandissima impressione e non solo per gli effetti speciali e nonostante lo abbia visto molte volte mi fa ancora un certo effetto.
Bellissimo film. Quando i miei figli erano piccoli li terrorizzava (giustamente, direi) l’idea di vederlo. Ma adesso che hanno una discreta scorza ci concediamo spesso una serata a base di tripodi.
Lo vidi al cinema, ricordo ancora che molte famiglie, forse per via di Cruise e Spielberg sul manifesto, portarono figli piccoli in sala. Quando inizia lo sterminio iniziò una sequela di urla e pianti di terrore da parte dei giovanissimi. Ma dico io, come vi viene in mente di portarli a vedere un film simile. Piccola parentesi a parte, “La guerra dei mondi” è uno dei film del regista meno compresi al tempo dell’usicta, forse perché è molto distante da quello a cui aveva abituato gli spettatori nel tempo (anche se di arti mozzati ne ricordo qualcuno pure in JP). Per quanto mi riguarda Spielberg riesce a fare con estrema lucidiatà quello che con “E venne il giorno” schiaccio completamente Shyamalan, ossia mettere in scena un pericolo inarrestabile da cui non c’è possibilità di scampo. Il finale lo trovo comunque congruo con la riunione familiare, ma non ho mai digerito che dopo aver visto un’america devastata per quasi due ore, mi si proponga un quartiere benestante di Boston in cui sembra non essere accaduto alcun dramma. Ma è una nota stonata su una partitura che annichilisce per qaulità narrative e pure tecniche.
Film molto bello e… spaventoso!
A me i lieto fine (se qui si può utilizzare questo termine) piacciono (dipende anche da come ci si arriva) e mi piace anche il finale che c’è qui.
Per “favourite director” io condivido un film del cuore per me era imperdibile da ragazzino (senza rendermi conto di chi fosse) e che rivisto oggi mi piace (e mi emoziona) ancora di più. Credo che sia il mio teen horror preferito (se la gioca con Scream) e uno dei miei preferiti in assoluto di questo (sconosciuto) autore: “Christine”.
Besos!
Al di là delle critiche gratuite dei soliti bastian contrari credo che molti, ai tempi, fossero tanto legati all’originale del 1953 da non ritenere così indispensabile farne un remake (un po’ come per “Il villaggio dei dannati” di Carpenter, un decennio prima), senza per questo nulla togliere allo spettacolare lavoro di Spielberg. Io stesso fui un tantino tiepido all’inizio, devo ammetterlo…
Concordo su tutta la linea sul film